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Marcella Tarozzi Goldsmith, Invece di un trattato

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E’ appena uscito presso Genesi (editore di Torino che negli ultimi tempi si è mostrato particolarmente attento al genere aforistico) un nuovo libro di Marcella Tarozzi Goldsmith, dal titolo Invece di un trattato.

Come scrive molto bene Sandro Gros-Pietro nella bandella del libro: “Si tratta di pregevoli esercizi da tastiera, incantevoli divertissement della ragione. Marcella Tarozzi Goldsmith ha riunito insieme queste piccole e grandi prove d’autore, che sono le strutture di base delle architetture intellettuali della nostra civiltà. Un poco come sono i mattoncini del lego, ognuno con una sua autonomia e con una portata di carico limitata, ma se opportunamente legati tra di loro possono dar luogo a delle realizzazioni imponenti. Marcella Tarozzi Goldsmith ha chiamato la sua scatola di mattoni “Pensiarchia & fantasmata“, nel significato letterale di “governo del pensiero e fantasia di creazione”. Ma prima di consegnare “la scatola delle costruzioni mentali” ai suoi lettori, l’autrice ha pensato, come si usa fare nei migliori kit di gioco, di fornire alcuni modelli di assemblaggio dei mattoncini, organizzandoli su dei percorsi argomentativi bene individuati, e così ci ha proposto una serie di “categorie astratte della mente”, che formano le sezioni introduttive alla grande scatola mentale: silenzio, linguaggio, musica, psiche, noia, arte, immaginazione, felicità e infelicità, pensiero/aforismi, natura, desiderio, tempo, poesia, ragione, pessimismo/ottimismo, corpo e mente.

In questa nuova raccolta (davvero imponente, più di 200 pagine con oltre un migliaio di aforismi) la scrittura di Marcella Tarozzi Goldsmith continua a seguire il percorso tracciato nelle raccolte precedenti, con uno stile che – nel panorama aforistico italiano contemporaneo – si evidenzia per la sua originalità e per la sua raffinatezza.

Come ho già avuto modo di scrivere nel mio precedente articolo, Marcella Tarozzi Goldsmith nella costruzione del suo aforisma utilizza la forma classica della sentenza e dell’apoftegma, ma la svuota dei suoi tratti moralistici e didascalici. In perenne bilico tra la trattazione discorsiva (tipica del saggio filosofico ed estetico) e il bianco ineffabile dei margini, tra la logica dell’argomentazione e il lampo dell’abbreviazione, l’aforisma della Tarozzi muove non dal senso, ma dalla sua indecifrabilità, non è assertivo, ma oracolare, talora enigmatico. Il lettore è così chiamato più che a una riflessione, a una intuizione, più che a un giudizio a un ascolto. In questo senso è davvero emblematico il titolo del libro, Invece di un trattato, che – attraverso il lampo dell’aforisma – propone un’alternativa alla struttura logica del pensiero.

Propongo qui di seguito una breve selezione tratta dalla prima parte del libro (sull’aforisma Marcella Tarozzi Goldsmith scrive molto bene: “Non è un genere sommo quello degli aforismi, ma il loro linguaggio scalpita come pochi altri” e anche, più ironicamente, “Gli aforismi sanno tutto e niente”).

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Raccomandiamoci al silenzio, non c’è utopia migliore.

La poesia è silenzio lavorato al cesello, parola dopo parola.

Mettere insieme un linguaggio è portare alla luce i rivestimenti di ciò che ci circonda.

La storia trascorre i suoi anni, secoli e millenni mettendo in atto eventi da decifrare in contumacia.

Non ci fa ragionare la musica però ci fa capire se e quando val la pena di ragionare.

O è celeste la musica o è orecchiabile.

Vinti dalla noia non la possiamo nemmeno passare a qualcun altro; ci rimane vicina, inconsolabile.

L’incalzare dell’ansia: buon antidoto contro la noia dalla quale non si impara nulla.

Permettersi la felicità richiede un passo precedente: interrogarla e non falsificarla.

All’ìnsegna della felicità: si nota l’assenza di un logo.

A chi vuole imparare la felicità: cominci col disfarsi dei lati parassitari della stessa.

L’assegnazione del bene: per la felicità di tutti esso è suddiviso in parti minuscole.

Non è un genere sommo quello degli aforismi, ma il loro linguaggio scalpita come pochi altri.

Radicata nel mondo la natura, ma insomma, di cosa si occupa se si escludono gli atomi accartocciati gli uni sugli altri?

Circa i violenti: pare che la natura non chieda di meglio o di più adeguato.

Che ingenuità credere che ci si possa limitare a dei desideri descrivibili.

Immani le fatiche di quanti si ingegnano a cambiare i loro desideri per offuscare quelli dei loro nemici.

Di frequente capita che si scambi il tempo per un portatore di futuro: talora lo si agita prima dell’uso.

Gradualmente si impara a vivere, con anni di ritardo rispetto alla temporalità.

Lo spazio è in libertà, non così il tempo.

La poesia: ogni parola la definisce, ma dopo si fa avanti la parola successiva.

Sentirsi nelle mani del proprio essere, un corpo intonato o stonato alle prese con l’intangibile: la realtà.

Il corpo: se ne parla ma rimane inascoltato.

Chissà perchè rispettare il corpo non è lo stesso che rispettare la mente.

Che cosa ha in mente il nostro cervello quando si sforza di estromettere la nostra persona?

Trattenere la follia che è in noi: un pendolo che oscilla indesiderato.

Consuma il cervello la follia, ma non lo fa sparire.

Il riso – in sé – non è spiritoso.

Fonte di piacere l’alterità? La si metta alla prova e dopo di che si faccia il bilancio: sono vittorie risicate.

Vasti il mondo e la terra e quindi, in fondo, introvabili.

Ogni mattina il mondo resta da fare, non da completare.

Che cosa ci racconta l’esistente? che il mondo, diversamente da dio, non si è assopito.

L’accettazione del nulla è inutile quanto il nulla.