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A quasi quattro anni di distanza dal mio primo libriccino Contagocce, ho deciso – dietro la sollecitazione di Anna Antolisei – di raccogliere i miei aforismi sparsi qua e là in riviste e antologie italiane e internazionali o nascosti nel cassetto e di pubblicare un nuovo libro di aforismi dal titolo Linee di seta.

Nell’epoca della produzione in serie delle opere letterarie, dove ogni giorno vengono sfornati centinaia e centinaia di libri di narrativa e saggistica, ho sempre avuto la sensazione che un libro di aforismi – sia per le tirature basse sia per la disposizione grafica dei caratteri di stampa circondati dal bianco – sia un libro fatto a mano, da sfogliare e toccare prima ancora che da leggere. Per questo motivo ho deciso di pubblicare Linee di seta presso l’editore Lietocolle specializzato nei libriccini da collezione, nella elegante collana “Et nunc imprimatur” di Anna Antolisei.

Linee di seta esce in una tiratura di 99 copie, numerate a mano, ed è un libro nato per gli amici e per gli appassionati dell’aforisma.

12 Comments

  • Avevo già letto alcuni aforismi di Fabrizio che ho piacevolmente ritrovato nel suo nuovo libro.
    Mi riservo un commento a lettura completata; nel frattempo mi limito a fare dei complimenti “estetici” per la splendida copertina che riflette in qualche modo anche il titolo della raccolta.
    Un caro saluto

  • M. ha detto:

    per ora ho avuto modo di dare solo una scorsa velocissima al libro, volevo solo condividere un pensiero sull’ultimo della raccolta (posizione fortissima l’explicit!) perchè mi sembra quasi meriterebbe un articolo da sè:
    le cose che mi hanno colpito sono almeno due:
    1) la prima (che mi ha persino un po’ “disturbato”, a pelle) è il fatto di come sia meno riuscito in sè rispetto tutti i precedenti (con questo in sè intendo dire fuori dal suo valore di posizione: come chi lo leggesse casualmente fuori contesto; prova che gli altri aforismi del libro che ho letto finora reggerebbero bene, quello in questione invece molto meno – sempre la mia prima impressione a pelle, ovviamente), mentre riesca bene nella funzione di coda che gli è consegnata, perchè nel gioco fogliofoglia ribadisce nuovamente un generale superamento della parola verso l’evidenza del dato “naturale” (naturale usato in senso esteso, visto che il gioco su cui si basa riesce in corrispondenza con l’oggetto “libro”, che è quasi l’esempio canone di oggetto assolutamente artefatto – forse risulterebbe migliore il termine “concreto”, ma penso si presterebbe comunque a incomprensioni) che si ritrova per buona parte del testo
    2) la seconda riguardo la sua dimensione etica (penso si possa usare il termine senza virgolette ne altro), nuovamente (in parallelo al livello letterario di cui sopra) giocata sul superamento, l’esulare, dalla dimensione scritta; rispetto al quale ho da fare una domanda: se ricalchi volontariamente o meno l’aneddoto zen sul precipizio e le due tigri (si trova in diverse raccolte di parabole zen), dato come in un altro articolo avevamo potuto parlare quasi di un rapporto con forme orientali come l’haiku o se la somiglianza sia soltanto casuale?
    per dire poi che il libro in generale è una ben piacevole lettura

  • Da sempre concordo con quel paradosso di Umberto Eco che dice che un autore non dovrebbe mai parlare della sua opera perché è l’unico che potrebbe dire stupidaggini! Se mi riesce facile commentare le opere altrui, faccio invece molta fatica a commentare le mie. Quindi dirò poche parole.
    Sì è vero, l’ultima aforisma ha un senso e una funzione solo se messo in coda. Ed è vero che l’atto di scrivere sulla foglia sottolinea un generale superamento della parola verso l’evidenza del dato “naturale. Credo che la somiglianza con le due tigri e il precipizio sia invece casuale, però se il lettore percepisce questo legame con le forme orientali come l’haiku, vuol dire che questo legame esiste e come tale deve essere letto.
    Grazie per la lettura.

  • luca ormelli ha detto:

    La tua raccolta Fabrizio è doverosa. Doverosa perché oltre ad essere un infaticabile cultore e propugnatore dell’aforisma sei un assai dotato aforista in proprio. Ragione per cui una antologia della tua produzione è la benvenuta.
    Come Giuseppe mi riservo anch’io una valutazione complessiva a lettura ultimata.
    Per l’oggi sono ben lieto di poter leggere un libro “amico”.
    Un saluto, L.

  • Donato Di Poce ha detto:

    Bravo Fabrizio…visto che non sei un autore di un solo libro…? ma forse lo siamo tutti in quanto ogni libro non è che una variante (anche Pasolini scriveva variazioni…) del nostro pensiero. La tua ossessione è l’aforisma e l’aforisma ti ricambia con alito di vento leggero. Ho trovato il tuo libro essenziale, (quasi gocce d’acqua sporcate da lacrime di farfalle), enciclopedico ( ricco di senso)…aurorale( ti apre a nuovi orizzonti espressivi). Incipit folgorante e detonativo…poteva lui si, solo essere il prologo, testo e chiusa di un solo libro:
    ” L’aforisma: l’implosione delle parole, l’esplosione del senso”.
    Grazie…
    Un abbraccio
    Donato

  • Per Luca. Adesso tocca a te pubblicare!
    Per Donato. “Quasi gocce d’acqua sporcate da lacrime di farfalla”. Molto bella questa immagine. Ti ringrazio per gli apprezzamenti e le osservazioni. Aspetto il tuo nuovo libro di aforismi. Il tuo aforisma – anzi poesisma – “Anche gli alberi a primavera scrivono poesie. E gli stupidi pensano che siano fiori” avrei sempre voluto scriverlo io. Te lo invidio davvero!

  • Arturo ha detto:

    Le linee di seta sono sottili ma forti. Non demarcano, non separano – sottolineano. E le parole si evidenziano diventando immagini.
    Le delicate e malinconiche:
    “Il cordone ombelicale: la prima catena che abbiamo conosciuto, l’unica che rimpiangiamo.” o “La pozzanghera: si sente ancora più sporca pensando di essere stata neve.”
    Le crude e taglienti:
    “La menzogna appartiene al sempre, la verità all’istante.” o “La giovinezza, nella vecchiaia, ci ricorda continuamente di dimenticarla.”
    Man mano che si va avanti nella lettura, le linee di seta avvolgono come in:
    “La felicità tracima appena, l’infelicità inonda.”
    Fino ad arrivare a stringere un nodo alla gola nella lirica:
    “Le parole si parlano, ma i silenzi si toccano.”
    Grazie Fabrizio. Queste linee di seta adesso ci avvolgono.

  • Caro Arturo, ti ringrazio davvero per la recensione. Ho pubblicato Linee di seta, in una edizione a tiratura limitata (anzi limitatissima) per amici e appassionati dell’aforisma, cercando di sperimentare un aforisma dello sguardo (uno sguardo pensante) lontano anni luce dall’aforisma tradizionale. E il tuo giudizio, come quello di altri colleghi di penna, mi conforta ad andare avanti per questa strada.

  • M. ha detto:

    torno a scrivere dopo un bel pezzetto che “lurko” semplicemente il blog anche perchè mi sento un po’ in debito (di riconoscenza) nel poter essere riconosciuto come “appassionato dell’aforisma” quando è un genere che frequento da poco, di certo superficialmente… ma anche perchè ho avuto modo di leggere più attentamente il libro (o forse solo più a lungo) e ora credo d’avere un paio d’idee in più al riguardo che intendo postare (col pericolo di dire grosse grossissime stupidaggini!) non tanto per cercare d'”aggirarlo”, “ingabbiarlo” in un’interpretazione o “criticarlo” quanto perchè mi sembra un buon modo di ripagare in attenzione tale debito (sperando non sia invece da parte mia solo soppruso e superbia);
    tornando sempre a legarsi al discorso dellhaiku volevo aggiungere che a me pare sempre più che la vicinanza dell tua scrittura a tale forma sia principalmente etica e che questa si realizzi (tra l’altro quello dell'”inghippo” fogliofoglia di cui ho scritto nel precedente commento credo sia uno) nel tentativo di costruire un linguaggio quasi “pre-babelico” in grado quasi di sottrarre ambiguità al linguaggio attraverso l’uso di un’ambiguità maggiore: soprattutto attraverso l’uso della visività come mezzo da opporre alla parola (mi sembra sia un’opposizione ribadita e piuttosto evidenziata), quasi la prima sia ancora in grado (o si sforzi a) ricostruire un’immagine “cosmica” del mondo che descrive (o che lascia semplicemente vedere);
    che sempre riguardo a questa chiave di lettura parziale mi sembra tu faccia un uso interessante di una struttura simmetrica dei tuoi aforismi in grado di portare a una sostantivazione di tutti i termini grammaticali della frase che accanto alla “semplicità” delle scelte lessicali (corrispettivo delle metafore naturali con cui permei tutto il libro) riesca davvero in quell’intento di poetica suggerito dal primo aforisma di fare “esplodere il senso”; oltre a quelle altre scelte immediatamente più concrete (addirittura tipografiche) come l’uso del corsivo…
    quello che invece – limite mio – non riesco a trovare pienamente nella raccolta mi sembra sia l’aspetto sovversivo dell’aforisma di cui mi parlavi in una mail: anche se forse il problema è riguardo il valore del termine “sovversivo” che non riesco facilmente a legareattribuire ad una linea di lettura come quella che ho esposto che mi sembra renda le linee più attente a ristabilire una visione “circolare” del mondo perduta (ma forse è il loro attributo “di seta” ad avermi ingannato in questo impulso iniziale); a meno che la sovversività di cui mi parlavi non sia piuttosto il motore della costruzione precisa – anche “dolce” – da te fatta, nella misura in cui compare nelle linee una vena malinconica o una traccia di ironia (?) nella scelta di tanti elementi naturali rispetto una nostra realtà che non li trova più così a contatto
    non so se avrei dovuto pubblicare questo post :S

  • Il tuo commento è davvero molto articolato e profondo. Dovrei rifletterici a lungo prima di rispondere, così come tu hai letto più attentamente Linee di seta. Condivido tutto quello che scrivi e sono d’accordo sul fatto che i miei aforismi non siano propriamente “sovversivi”.
    E’ sempre difficile tracciare degli schemi, tanto più se l’oggetto di questi schemi è un oggetto sfuggente come l’aforisma.
    Nella mia visione schematica ci sono due modelli di aforisma:
    Nel primo modello l’aforisma è il frammento che evoca il Tutto, la parte che rappresenta la totalità. L’universo in un granello di senape come scrivevano gli orientali. E’ un aforisma circolare in cui la parte, il frammento sogna di ricongiungersi al Tutto
    Nel secondo modello l’aforisma è il frammento che dissente dal Tutto. Una lacerazione, un resto di rovina, per sua natura incompleto e separato dal Tutto che si serve dell’ironia e del sarcasmo per sottolineare questa sua diversità rispetto al Tutto.
    Il mio aforisma guarda più al primo modello (sferico) che non al secondo (sovversivo). Quindi concordo con la tua analisi finale, così come concordo sui concetti di “visività” e di “esplosione del senso”.
    Ed è molto interessante il riferimento che tu fai a un linguaggio pre-babelico. In effetti nella mia scrittura c’è una nostalgia del linguaggio dimenticato, quello adamico, di cui i bambini e gli animali e gli alberi (così presenti nei miei aforismi) conservano ancora qualche traccia. Nella seconda edizione di Linee di seta, in cui ho intenzione di aggiungere qualche aforisma nuovo e di toglierne qualcuno vecchio, sto proprio lavorando su questo registro linguistico.
    Complimenti e grazie per la tua analisi.
    Fabrizio

  • Una selezione di aforismi di “Linee di seta” è spuntata stanotte, come un fiore, sulla rivista letteraria messicana “Cuadrivio”. Sono in italiano e spagnolo (la traduzione è di Jorge Hiram Barrios Santiago Barrios, studioso dell’aforisma).
    http://blog.cuadrivio.net/?p=3029

  • Complimenti Fabrizio, ottimo risultato e mi auguro che sia viatico per una meritata e più ampia diffusione dell’opera.
    Il tuo recuperare la dimensione naturale, direi primitiva, di un’umanità perduta, forse irrecuperabile, rimanda alle poesie di Pascoli, nonostante le evidenti differenze stilistiche.
    C’è nei tuoi aforismi qualcosa di limpido, di esteticamente puro, un giocare (a volte melanconico, altre volte ironico, il più delle volte contemplativo) con la semplicità di una natura osservata sempre con grande perspicacia.
    Aforismi quasi terapeutici che invitano a riscoprire se stessi, guardando il mondo esterno con un costante sentimento di sorprendente meraviglia.