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E’ appena uscita presso la collana aforistica L’istrice, diretta da Roberto Morpurgo per la Puntoacapo editrice, la raccolta Manuale di scetticismo di Amedeo Ansaldi. I lettori più attenti del mio blog ricorderanno sicuramente l’intervista che Amedeo Ansaldi mi aveva concesso nel 2010 all’indomani della vittoria del Premio Torino in Sintesi, sezione inediti. Per chi non l’avesse letta qui c’è il link. Amedeo Ansaldi è nato a Milano nel 1957. Abita sulla sponda piemontese del Lago Maggiore e di mestiere fa il traduttore. Oltre al Premio Torino in Sintesi, l’autore ha vinto nel 2014 il premio “Le Figure del Pensiero” (sezione aforismi) organizzato dalla Associazione Nazionale Pratiche Filosofiche di Certaldo. Recentemente i suoi aforismi sono apparsi nell’antologia bilingue italiano-inglese The New Italian Aphorists che è stata pubblicata negli Stati Uniti con il patrocinio della Associazione Italiana per l’Aforisma.

Sono molte le raccolte di aforismi dove brillano l’arguzia, l’ironia e il paradosso. Ma sono poche quelle dove è riconoscibile uno stile, una voce, un’impronta. Molti degli aforismi che ho letto recentemente sembrano freddi giochi da salotto, frecce e aculei dove la cosiddetta “pointe” nel pungere mostra la sua artificiosità, blocchi di frasi prigioniere di uno schema semplice e arcaico dove quasi sempre – come in una stanca equazione – x non è y ma z ovvero x è y ma potrebbe anche essere z. Quello che invece ho sempre ammirato in Amedeo Ansaldi – via via che leggevo i suoi aforismi che periodicamente mi inviava a blocchi – è la capacità di dare un timbro, di costruire uno spettacolo della parola e del senso che ogni volta mi faceva dire: “Ecco è proprio lui”. Sarà per certi arcaismi verbali, per certe inversioni stilistiche, sarà per la durezza e la lucidità con cui proferisce certe verità, sarà per quel tono che non asseconda la vita ma ne denuncia il suo vuoto in modo disillusivo e demistificante, quello che posso dire è che potrei riconoscere senza alcun dubbio gli aforismi di Amedeo Ansaldi mischiati in mezzo agli aforismi di altri autori.

Già nel titolo della raccolta, “Manuale di scetticismo”, si coglie quella che è l’essenza della scrittura aforistica di Amedeo Ansaldi. Nell’intervista apparsa nel 2010 su Aforisticamente, l’autore molto lucidamente spiegava: “Fondamentalmente ritengo che la funzione dell’aforisma (se mai ne ha una) debba essere non già di infondere nozioni, o trasmettere certezze, bensì, al contrario, di alimentare il dubbio su qualsiasi cosa, di ‘obbligare’ il lettore a rimettere in discussione opinioni, convinzioni, tutto. Non credo sia intellettualmente lecito, a questo mondo, abbracciare alcuna certezza, dottrina o ideologia; a mio avviso può esistere solo una pars destruens nell’aforisma (e nel pensiero in genere). Non si dovrebbe mai cedere alla presuntuosa lusinga di proporre una propria visione delle cose”.

Amedeo Ansaldi, in modo quasi chirurgico, si propone di disilludere, sgonfiare, smascherare quelle che sono le apparenze del mondo. La realtà non esiste che a partire dal momento in cui si coglie esattamente ciò che essa nasconde e l’aforisma è una sinusoide che passa continuamente dall’apparenza alla realtà nascosta, dai comodi schemi mentali al loro disvelamento, dall’ipocrisia all’onestà. Già a partire dal primo aforisma della raccolta “Scegliamo sempre i nostri nemici fra coloro che avremmo voluto diventare. Essi sono la nostra immagine perduta” si coglie questa intimazione a guardare dentro noi stessi, ad alimentare il dubbio, a cercare il negativo delle false immagini che ci siamo fatti. In questo “negativo” fotografico che Ansaldi costruisce aforisma dopo aforisma si coglie una vertigine del nulla, come se sotto l’involucro del mondo non ci fosse più qualcosa ma solo una via infinita di disinganno, uno scheletro di passioni e convinzioni defunte, il fantasma di un tutto che ora è diventato niente.

Ma quello che colpisce in Amedeo Ansaldi non è solo la parte “destruens” vale a dire la distruzione delle certezze e dei falsi miti, ma anche la grande capacità di introspezione psicologica, attraverso una lucida analisi dei più sottili e nascosti meccanismi psicologici che si nascondono dentro l’uomo, con le sue passioni, i suoi vizi, le sue virtù. In tal senso, come suggerisce il titolo della raccolta, negli aforismi di Ansaldi non troviamo solo lo “scetticismo”, ma anche un “manuale” che, con i suoi ammaestramenti, ci porta a esplorare i labirinti psicologici dell’uomo, dentro le sue turbe, le sue manie e i suoi pensieri più inconfessabili.

Presento una breve selezione di aforismi tratti da Manuale di scetticismo:

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Amedeo Ansaldi, Manuale di scetticismo

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Scegliamo sempre i nostri nemici fra coloro che avremmo voluto diventare. Essi sono la nostra immagine perduta

Ricordate che una meretrice non cambierà mai mestiere.
Al massimo, cambia marciapiede.

La caduta del comunismo è stata una liberazione, in primo luogo, per i comunisti.
I suoi oppositori hanno perso infinitamente di più.

La regola vuole che il colpo d’avvertimento sia sparato contro un innocente.

Le idee, per propria natura, si radicano in modo più esclusivo e settario nella testa di coloro a cui sono state trasmesse, che in quella dove hanno visto la luce.

Le verità sono vecchie come il mondo: non possono reggere il confronto con la freschezza di una menzogna!

Fate attenzione ad incarnare valori eterni: entrereste in rotta di collisione con il presente…

Non c’è nessun motivo per temere un uomo pieno di manie: a me fanno paura quelli che ne hanno una soltanto.

Nascondendola, costringete gli altri a indovinare, ed è davvero difficile che la vostra colpa sia più grande della loro immaginazione.

Non sono così intelligente da potermi permettere un’opinione, e comunque non sarei abbastanza stupido da saperla difendere.

Tenete nella debita considerazione le persone che si arrogano diritti immaginari, ma soprattutto guardatevi da quelle che si attribuiscono immaginari doveri.

Spesso le vecchie idee debbono ancora dare il meglio di se stesse, più che le nuove.

Ci sono virtù delle quali i moralisti non sospettano l’esistenza.

Finché scrivo, forse c’è un altro dentro di me che lo fa al mio posto; ma se leggo, no: sono proprio io.

Consiglio a tutti di leggere: non c’è libro dal quale non si possa disimparare qualcosa.

Se sono uno spirito libero, chi mi potrà togliere la libertà?
E se non lo sono, chi potrà darmela?

La decadenza dell’umanità è incominciata con la misurazione del tempo, le meridiane, il calendario, la clessidra… fino alle tristezze inoppugnabili dell’orologio.
Nessuno stato di grazia sopravvive alla coscienza di che data o che ora siano.

Poiché mi sforzo di imitare questo o quel grande uomo, proprio perciò non assomiglio a nessuno di loro; gli assomiglierei di più se somigliassi di più a me stesso.

Nessuno è più egoista di chi non può fare a meno degli altri.

Per salverne uno, quanti ne dovrai perdere?

Temere e sperare: le due facce di una stessa, fondamentale ignoranza.