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L’haiku è un componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo. Generalmente è composto da tre versi per complessive diciassette more (e non sillabe, come comunemente creduto), secondo lo schema 5/7/5. Come scrive Roland Barthes l’haiku “racchiude ciò che vedete, ciò che sentite, in un minimo orizzonte di parole”.

L’haiku ha in Matsuo Basho (in giapponese Bashō) uno dei quattro maestri riconosciuti – gli altri sono Yosa Buson, Isa Kobayashi e Masaoka Shiki. Ma Basho è sicuramente il primo a innovare il genere tipico della poesia giapponese, traghettandolo verso una forma più raffinata. Matsuo Basho nasce nel 1644 e muore nel 1694 al termine di un pellegrinaggio a causa di febbri contratte durante lo stesso. I suoi resti riposano nei pressi di un monastero buddista presso il lago Biwa. Prima della sua morte scrisse il suo ultimo haiku:

“Malato durante un viaggio –
sui campi riarsi i sogni
vanno errando”

Alla sua morte Matsuo Basho poteva contare più di duemila discepoli.

Presento una raccolta dei 60 haiku più belli di Matsuo Basho. Tra i temi correlati si veda la sezione Proverbi e poesie.

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I 60 haiku più belli di Matsuo Basho

Matsuo Basho

Nello stagno antico
si tuffa una rana:
eco dell’acqua.

Verrà quest’anno la neve
che insieme a te
contemplai?

La notte di primavera è finita.
Sui ciliegi
sorge l’alba.

L’erba estiva!
È tutto ciò che rimane
del canto dei guerrieri

Silenzio.
Graffia la pietra
un canto di cicale.

Vieni, andiamo,
guardiamo la neve
fino a restarne sepolti.

Su un ramo spoglio
si posa un corvo
nel crepuscolo d’autunno.

La prima neve
piega appena
le foglie dell’asfodelo.

E’ sera ormai.
Tra i fiori si spengono
rintocchi di campana.

Luna veloce:
le cime degli alberi
sono impregnate di pioggia.

Languore d’inverno:
nel mondo di un solo colore
il suono del vento.

Della frescura
faccio la mia casa,
e qui riposo.

Tutta la voce
consumata nello strillare:
resta il guscio della cicala.

Foglie cadute
sul giardino che sembra vecchio
cent’anni.

Amico, accendi il fuoco
ti mostrerò
una palla di neve.

Il mare si oscura.
Il grido delle oche selvatiche
qualcosa di bianco.

Porterò a Yedo in dono
il vento del Fuji
nel mio ventaglio.

Un cuculo.
La grande notte di luna
penetra il bosco di bambù.

Affaticato,
mentre cerco albergo,
mi scopro sotto i fiori di glicine.

Giorno d’inverno –
sul cavallo
un’ombra di gelo.

La pesca del cormorano:
quanto è eccitante,
quanto è triste.

Il profumo dell’orchidea
penetra come incenso
le ali di una farfalla.

Autunno:
persino gli uccelli
e le nuvole sembrano vecchi.

Inizio d’autunno:
nel mare e nei campi
un verde solo.

Steli di iris
si aggrovigliano ai miei piedi
come lacci di sandali

Profumo di fiori di pruno:
sorge improvviso il sole
sul sentiero di montagna.

Il verme del ravizzone
tremola al vento d’autunno
senza mutarsi in farfalla.

Melone
nella rugiada del mattino –
fresco di fango.

Passero amico
non beccare il tafano
che succhia i fiori.

Stagione delle piogge:
i miei capelli di nuovo
intorno al pallido viso.

O cuculo!
Guida il mio cavallo
attraverso i campi

Sul passo montano
stanco riposo
al canto dell’allodola.

Chiare cascate:
tra le onde si infilano verdi
gli aghi dei pini.

La primavera se ne va.
Piangono gli uccelli,
sono lacrime gli occhi dei pesci.

Un’altea sul bordo della strada:
l’ha inghiottita
il mio cavallo.

Un banano nel temporale;
il gocciolio dell’acqua nel catino
scandisce la mia notte.

Le nubi di tanto in tanto
ci danno riposo
mentre guardiamo la luna.

Quale dita toccheranno
in futuro
quei fiori rossi?

Maestà della quercia
noncurante
dei fiori!

Pioggia di primavera:
gocciola dal vespaio
l’acqua della gronda.

Ancora vivo,
e il viaggio è finito!
Sera d’autunno.

A un peperone
aggiungete le ali:
una libellula rossa.

L’allodola
canta per tutto il giorno,
ed il giorno non è lungo abbastanza.

Tempio di Suma. Ascolto
un flauto che nessuno suona
nel bosco scuro d’ombre.

Anche i cinghiali travolge
l’uragano
d’autunno!

Non un grano di polvere
a turbare il chiarore
del crisantemo bianco.

Oltre le tende
una quieta profondità –
fiori di prugno del Nord.

Dormire profondo
sul dorso della pietra
dove sbocciano i garofani!

Forse, nascosti fra gli alberi,
stanno ascoltando il cuculo
anche i raccoglitori di tè.

Sul sentiero di montagna
scorgo un non so che di grazioso,
un fior di violetta.

Lacrime di venerazione
tingono le foglie
rosse che cadono.

Sotto l’albero tutto si copre
di petali di ciliegio,
pure la zuppa e il pesce sottoaceto.

Nuvole di fiori:
il suono della campana arriva
da Ueno o da Asakusa.

Rifugio di fiori.
La lucciola degli alberi
ne farà la sua luce?

Ho rimpianto
con gli amici di Omi
la fugace primavera.

Il fiume Mogami ha tuffato
le fiamme del sole
nel mare.

Nobiltà di colui
che non deduce dai lampi
la vanità delle cose.

Brughiera:
dirigo il mio cavallo
dove cantano gli uccelli.

Scendono le ali delle farfalle,
che si spingono
fino ai crisantesimi selvatici.

Pioggia di primo inverno:
sarò forse chiamato anch’io
viaggiatore.

Lo specchio è chiaro
e terso
tra i fiori di neve.

Fine d’anno
tutti gli angoli
di questo mondo galleggiante, spazzati via.

Malato durante un viaggio –
sui campi riarsi i sogni
vanno errando.