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Frasi, citazioni e aforismi di Umberto Eco

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Presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi di Umberto Eco, scrittore, semiologo, filosofo ed esperto di media (Alessandria, 5 gennaio 1932 – Milano, 19 febbraio 2016). Di lui il giornalista Ferruccio De Bortoli scrive: “Addio a Umberto Eco. Scopritore di quello che siamo e inventore di quello che vorremmo essere. Il senso delle parole, il senso della vita”. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sul libro e la lettura, Frasi, citazioni e aforismi sulla filosofia e Frasi, citazioni e aforismi sull’arte.

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Frasi, citazioni e aforismi di Umberto Eco

Umberto Eco

Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.
(Perché i libri allungano la nostra vita, L’espresso, 2 giugno 1991)

Si può essere colti sia avendo letto dieci libri che dieci volte lo stesso libro. Dovrebbero preoccuparsi solo coloro che di libri non ne leggono mai. Ma proprio per questa ragione essi sono gli unici che non avranno mai preoccupazioni di questo genere.
(La bustina di Minerva)

I libri si rispettano usandoli, non lasciandoli stare.
(Come si fa una tesi di laurea)

L’umanità non sopporta il pensiero che il mondo sia nato per caso, per sbaglio.
Solo perché quattro atomi scriteriati si sono tamponati sull’autostrada bagnata. E allora occorre trovare un complotto cosmico, Dio, gli angeli o i diavoli.
(Il pendolo di Foucault)

La televisione dà la cultura a chi non ce l’ha e la toglie a chi ce l’ha.
(Attribuita a Umberto Eco)

Per me l’uomo colto è colui che sa dove andare a cercare l’informazione nell’unico momento della sua vita in cui gli serve.
(Stefano Bartezzaghi a colloquio con Umberto Eco)

Si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo.
(Il pendolo di Foucault)

Ciascuno di noi ogni tanto è cretino, imbecille, stupido o matto. Diciamo che la persona normale è quella che mescola in misura ragionevole tutte queste componenti, questi tipi ideali.
(Il pendolo di Foucault)

C’è una sola cosa che si scrive solo per se stesso, ed è la lista della spesa. Serve a ricordarti che cosa devi comperare, e quando hai comperato puoi distruggerla perché non serve a nessun altro. Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno.

Una delle prime e più nobili funzioni delle cose poco serie è quella di gettare un’ombra di diffidenza sulle cose troppo serie.
(Diario Minimo)

Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti, mentre non si preoccupava di educarci. Ci si forma su scarti di saggezza.
(Il pendolo di Foucault)

Il comico e l’umorismo sono il modo in cui l’uomo cerca di rendere accettabile l’idea insopportabile della propria morte o di architettare l’unica vendetta che gli è possibile contro il destino o gli dei che lo vogliono mortale.
(Tra menzogna e ironia)

Anche una guerra santa è una guerra. Per questo forse non dovrebbero esserci guerre sante.
(Il nome della rosa)

Sì, c’è una lussuria del dolore, come c’è una lussuria dell’adorazione e persino una lussuria dell’umiltà. Se bastò così poco agli angeli ribelli per mutare il loro ardore d’adorazione e umiltà in ardore di superbia e di rivolta, cosa dire di un essere umano?
(Il nome della rosa)

Un romanzo è una macchina per generare interpretazioni.
(Il nome della rosa)

Non sono le notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie.
(Numero zero)

Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni.
(Il nome della rosa)

Questo è il bello dell’anarchia di Internet. Chiunque ha diritto di manifestare la propria irrilevanza.
(La bustina di Minerva)

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel
(In occasione della laurea in honoris causa in Comunicazione e cultura dei media conferitagli dall’Università di Torino, 10 giugno 2015)

I libri non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine. Di fronte a un libro non dobbiamo chiederci cosa dica ma cosa vuole dire.
(Il nome della rosa)

Di qualsiasi cosa i mass media si stanno occupando oggi, l’università se ne è occupata venti anni fa e quello di cui si occupa oggi l’università sarà riportato dai mass media tra vent’anni. Frequentare bene l’università vuol dire avere vent’anni di vantaggio.
(dal discorso alle matricole di Scienze della Comunicazione a Bologna nel 2009)

Lo stupido può anche dire una cosa giusta, ma per ragioni sbagliate.
(Il pendolo di Foucault)

Lo stupido è insidiosissimo. L’imbecille lo riconosci subito (per non parlare del cretino), mentre lo stupido ragiona quasi come te, salvo uno scarto infinitesimale.
(Il pendolo di Foucault)

Certe cose le senti venire, non è che ti innamori perché ti innamori, ti innamori perché in quel periodo avevi un disperato bisogno di innamorarti. Nei periodi in cui senti la voglia di innamorarti devi stare attento a dove metti piede: come aver bevuto un filtro, di quelli che ti innamorerai del primo essere che incontri
(Il pendolo di Foucault)

A voler trovare connessioni se ne trovano sempre, dappertutto e tra tutto, il mondo esplode in una rete, in un vortice di parentele e tutto rimanda a tutto, tutto spiega tutto…
(Il pendolo di Foucault)

Io non vi dico di prepararvi all’altra vita, ma di usare bene quest’unica vita che vi è data, per affrontare, quando verrà, l’unica morte di cui avrete mai esperienza. È necessario meditare prima, e molte volte, sull’arte del morire, per riuscire dopo a farlo bene una sola volta.
(L’isola del giorno prima)

La cultura libera il corpo dalla schiavitù del lavoro e lo dispone alla contemplazione.
(Il secondo diario minimo)

Il grande problema della scuola oggi è insegnare ai giovani a filtrare le informazioni di Internet, cosa di cui non sono però capaci neppure i professori, perché sono neofiti in questo campo.
(In occasione della laurea in honoris causa in Comunicazione e cultura dei media conferitagli dall’Università di Torino, 10 giugno 2015)

La fantascienza è, in altri termini, narrativa dell’ipotesi, della congettura o dell’abduzione, e in tal senso è gioco scientifico per eccellenza, dato che ogni scienza funziona per congetture, ovvero per abduzioni.
(Sugli specchi e altri saggi)

La decadenza dei costumi non sta in ciò che fanno Lady D e l’amante, ma nel fatto che i lettori paghino per farselo raccontare.
(La bustina di Minerva)

Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto.
(Il nome della rosa)

Uno dei malintesi che dominano la nozione di biblioteca è che si vada in biblioteca per cercare un libro di cui si conosce il titolo. In verità accade sovente di andare in biblioteca perché si vuole un libro di cui si conosce il titolo, ma la principale funzione della biblioteca, almeno la funzione della biblioteca di casa mia e di qualsiasi amico che possiamo andare a visitare, è di scoprire dei libri di cui non si sospettava l’esistenza, e che tuttavia si scoprono essere di estrema importanza per noi.
(De bibliotheca)

La saggezza non sta nel distruggere gli idoli, sta nel non crearne mai.
(Sette anni di desiderio)

Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell’interpretazione, perché ci propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita.
(Su alcune funzioni della letteratura)

L’ordine che la nostra mente immagina è come una rete, o una scala, che si costruisce per raggiungere qualcosa. Ma dopo si deve gettare la scala, perché si scopre che, se pure serviva, era priva di senso
(Il nome della rosa)

I semplici pagano sempre per tutti, anche per coloro che parlano in loro favore.
(Il nome della rosa)

Posso leggere la Bibbia, Omero o Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi.
(Umberto Eco e Tiziano Sclavi. Un dialogo)

Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri.
(Perché ho il diritto di scegliere la mia morte)

Se un pastore falla deve essere isolato dagli altri pastori, ma guai se le pecore cominciassero a diffidare dei pastori.
(Il nome della rosa)

Ci sono due tipi di libro, quelli da consultare e quelli da leggere. I primi (il prototipo è l’elenco telefonico, ma si arriva sino ai dizionari e alle enciclopedie) occupano molto posto in casa, sono difficili da manovrare, e sono costosi. Essi potranno essere sostituiti da dischi multimediali, così si libererà spazio […] I libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico. Sono fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in banca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, assumono una fisionomia individuale a seconda dell’intensità e regolarità delle nostre letture […] Il libro da leggere appartiene a quei miracoli di una tecnologia eterna di cui fan parte la ruota, il coltello, il cucchiaio, il martello, la pentola, la bicicletta.
(La bustina di Minerva)

Ma poi mi rendo conto che il problema della Stupidità ha la stessa valenza metafisica del problema del Male, anzi di più: perché si può persino pensare (gnosticamente) che il male si annidi come possibilità rimossa del seno stesso della Divinità; ma la Divinità non può ospitare e concepire la Stupidità, e pertanto la sola presenza degli stupidi nel Cosmo potrebbe testimoniare della Morte di Dio.
(da L’espresso, 20 luglio 2006)

Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.
(Come scrivere una tesi di laurea con il personal computer)

Cos’è la filosofia? Scusate il mio conservatorismo banale, ma non trovo ancora di meglio che la definizione che ne dà Aristotele nella Metafisica: è la risposta a un atto di meraviglia.
(Che cosa fanno oggi i filosofi?)

Democrazia è anche accettare una dose sopportabile di ingiustizia per evitare ingiustizie maggiori.
(Che cos’è una scuola privata)

La paranoia della cospirazione universale non finirà mai e non puoi stanarla perché non sai mai cosa c’è dietro. È una tentazione psicologica della nostra specie.
(da un’intervista a The Guardian)

Un narratore non deve fornire interpretazioni della propria opera, altrimenti non avrebbe scritto un romanzo, che è una macchina per generare interpretazioni
(Postille a Il nome della rosa)

L’idea del Nome della rosa mi venne quasi per caso e mi piacque perché la rosa è una figura simbolica così densa di significati da non averne quasi più nessuno: rosa mistica, e rosa ha vissuto quel che vivono le rose, la guerra delle due rose, una rosa è una rosa è una rosa è una rosa, i rosacroce, grazie delle magnifiche rose, rosa fresca aulentissima. Il lettore ne risultava giustamente depistato, non poteva scegliere una interpretazione; e anche se avesse colto le possibili letture nominaliste del verso finale ci arrivava appunto alla fine, quando già aveva fatto chissà quali altre scelte. Un titolo deve confondere le idee, non irreggimentarle. Nulla consola maggiormente un autore di un romanzo che lo scoprire letture a cui egli non pensava, e che i lettori gli suggeriscono.
(Postille a Il nome della rosa)

L’autore dovrebbe morire dopo aver scritto. Per non disturbare il cammino del testo.
(Postille a Il nome della rosa)

Siamo circondati di poteri immateriali, che non si limitano a quelli che chiamiamo valori spirituali, come una dottrina religiosa […] E tra questi poteri annovererei anche quello della tradizione letteraria, vale a dire del complesso di testi che l’umanità ha prodotto e produce non per fini pratici (come tenere registri, annotare leggi e formule scientifiche, verbalizzare sedute o provvedere orari ferroviari) ma piuttosto gratia sui, per amore di se stessi – e che si leggono per diletto, elevazione spirituale, allargamento delle conoscenze, magari per puro passatempo, senza che nessuno ci obblighi a farlo (se si prescinde dagli obblighi scolastici).
(Sulla letteratura, il testo è stato proposto come traccia all’esame di maturità 2016)

A che cosa serve questo bene immateriale che è la letteratura? […] La letteratura tiene Tiene anzitutto in esercizio la lingua come patrimonio collettivo. La lingua, per definizione, va dove essa vuole, nessun decreto dall’alto, né da parte della politica, né da parte dell’accademia, può fermare il suo cammino e farla deviare verso situazioni che si pretendano ottimali.
La lingua va dove vuole ma è sensibile ai suggerimenti della letteratura. Senza Dante non ci sarebbe stato un italiano unificato. […] E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio diffusosi attraverso la televisione, non dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia.
(Sulla letteratura, il testo è stato proposto come traccia all’esame di maturità 2016)

La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e comunità. Ho parlato prima di Dante, ma pensiamo a cosa sarebbe stata la civiltà greca senza Omero, l’identità tedesca senza la traduzione della Bibbia fatta da Lutero, la lingua russa senza Puskin. […] La lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedeltà e del rispetto nella libertà dell’interpretazione C’è una pericolosa eresia critica, tipica dei nostri giorni, per cui di un’opera letteraria si può fare quello che si vuole, leggendovi quanto i nostri più incontrollabili impulsi ci suggeriscono. Non è vero. Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell’interpretazione, perché ci propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita. Ma per poter procedere in questo gioco, per cui ogni generazione legge le opere letterarie in modo diverso, occorre essere mossi da un profondo rispetto verso quella che io ho altrove chiamato l’intenzione del testo.
(Sulla letteratura, il testo è stato proposto come traccia all’esame di maturità 2016)

Un tempo la reputazione era soltanto o buona o cattiva, e quando si rischiava una cattiva reputazione (perché si faceva fallimento o perché ci dicevano cornuto) si arrivava a riscattarla col suicidio o col delitto d’onore. Naturalmente tutti aspiravano ad avere una buona reputazione. Ma da tempo il concetto di reputazione ha ceduto il posto a quello di notorietà. Conta essere “riconosciuto” dai propri simili, ma non nel senso del riconoscimento come stima o premio, bensì in quello più banale per cui, vedendoti per strada, gli altri possano dire “guarda, è proprio lui”. Il valore predominante è diventato l’apparire, e il modo più sicuro è apparire in televisione. E non è necessario essere Rita Levi Montalcini o Mario Monti, basta confessare in una trasmissione strappalacrime che il coniuge ti ha tradito.
(La bustina di Minerva)

Il che m’indurrebbe a riflettere su come, in questo universo globalizzato in cui pare che ormai tutti vedano gli stessi film e mangino lo stesso cibo, esistano ancora fratture abissali e incolmabili tra cultura e cultura. Come faranno mai a intendersi due popoli di cui uno ignora Totò?
(La bustina di Minerva)

Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria.
(Il cimitero di Praga)

Una volta un tale che doveva fare una ricerca andava in biblioteca, trovava dieci titoli sull’argomento e li leggeva; oggi schiaccia un bottone del suo computer, riceve una bibliografia di diecimila titoli, e rinuncia.
(La bustina di Minerva)

Quand’anche Gesù fosse – per assurdo – un personaggio inventato dagli uomini, il fatto che abbia potuto essere immaginato da noi bipedi implumi, di per sé sarebbe altrettanto miracoloso (miracolosamente misterioso) del fatto che il figlio di un Dio si sia veramente incarnato. Questo mistero naturale e terreno non cesserebbe di turbare e ingentilire il cuore di chi non crede.
(Cinque scritti morali)

Se Dio esistesse, sarebbe una biblioteca.
(Attribuito)

Fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
(Il nome della rosa)

One Comment

  • Luca ha detto:

    La vita è un’ equazione ed il bello della vita è scoprire il risultato ma ricorda bene c’è sempre un uguaglianza sociale ed un incognita. Pari diritti pari doveri pari dignità…. O per lo meno così dovrebbe essere. Non conta il risultato dell’equazione che può essere zero o un miliardo c’è sempre un uguale, quel che conta è il contenuto, ovvero quel che rimane del nostro trascorso, quel che rimane della nostra formazione, in tutto questo è contenuto, Bene, Male, Anima. L’incognita da trovare è sempre Dio.
    Se Dio fosse in una biblioteca ci consiglierebbe certamente il miglior libro adatto a noi, perché nessuno ci conosce meglio di Lui.
    Grazie per quello che ci regali.