Skip to main content
AutoriFrasi Belle

Frasi, citazioni e aforismi di Émile Zola

Annunci

Émile Zola (Parigi, 2 aprile 1840 – Parigi, 29 settembre 1902) è considerato il teorico del naturalismo. Per Émile Zola il romanziere deve essere sia un osservatore che uno sperimentatore e il suo scopo è una conoscenza totale del soggetto umano, di cui il romanzo costituisce lo strumento.

Presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi di Émile Zola. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi di Victor Hugo, Frasi, citazioni e aforismi di Gustave Flaubert, Frasi, citazioni e aforismi di Stendhal e Le frasi più belle di Marcel Proust.

**

Frasi, citazioni e aforismi di Émile Zola

Io accuso – J’accuse.
(Titolo di una lettera aperta al presidente francese, in cui denunciava il comportamento dell’esercito francese nell’affare Dreyfus.

La verità è in cammino e niente la potrà fermare – La vérité qui est en marche, rien ne peut plus l’arrêter.
(Lettera aperta sull’affare Dreyfus)

Ho una sola passione, quella della luce in nome dell’umanità che ha tanto sofferto e che ha diritto alla felicità.
(Lettera aperta sull’affare Dreyfus)

Quando la verità viene rinchiusa sotto terra, vi si ammassa, acquista una forza d’esplosione tale che, quando scoppia, tutto salta in aria.
(Lettera aperta sull’affare Dreyfus)

Un’opera d’arte è un angolo della creazione visto attraverso un temperamento – Une oeuvre d’art est un coin de la création vu à travers un tempérament.
(I miei odi)

Le parole pesano così poco davanti all’onnipotenza dei fatti.
(Lettere)

Una società non è forte che quando mette la verità sotto la grande luce del sole.
(Lettere)

Dio, una sorta di idolo feroce e geloso che non tollera la minima infedeltà.
(La critica naturalista)

La passione è ancora ciò che aiuta a vivere meglio
(Lettere)

Nel corso dei secoli, la storia dei popoli non è che una lezione di reciproca tolleranza.
(Nuova campagna)

Credo che l’avvenire dell’umanità è nel progresso della ragione attraverso la scienza.
(Il dottor Pascal)

Dormire sempre, come deve essere bello, quando non si ha più niente in sé che valga il piacere della veglia!
(Per una notte d’amore)

La morte – Oh! Dormire come le pietre, rientrare nell’argilla, non essere più.
(La morte di Olivier Bécaille)

Niente sviluppa l’intelligenza come i viaggi.

Il compito più alto di un uomo è sottrarre gli animali alla crudeltà

L’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza il lavoro.

La donna è sempre vinta dalla pubblicità, e fatalmente accorre al rumore.

La verginità è sorella degli angeli, è il possesso di ogni bene, è la sconfitta del diavolo, è la forza della fede. Essa dà la grazia, essa è la perfezione, che vince col solo presentarsi.
(Il sogno)

La morte è più potente dell’amore. È una sfida gettata all’esistenza
(Il sogno)

Il destino degli animali è indissolubilmente legato al destino degli uomini.

Fra un centinaio di anni le storie della letteratura francese lo menzioneranno solo come una curiosità.
(Parlando di Charles Pierre Baudelaire)

Paul può anche possedere il genio del grande pittore, ma non avrà mai il genio per diventarlo effettivamente. Il minimo ostacolo lo fa precipitare nella disperazione.
(Parlando dell’amico Cezanne)

Il romanziere si compone di un osservatore e di uno sperimentatore.
(Il romanzo sperimentale)

Tu hai un’idea; combatti per quella, la ficchi a furia di martellate nel capo della gente, e la vedi sempre più spandersi e trionfare.
(Al paradiso delle signore)

Il denaro è così stupido se non lo si spende.
(Al paradiso delle signore)

Essere povero a Parigi è essere povero due volte.
(Il curato)

Fino a tanto che avrete qualche cosa di vostro, e che il vostro livore contro il borghese non proverrà da altro che dal vostro rabbioso bisogno d’essere borghesi a vostra volta, non sarete degni mai della felicità.

Non ci sono mai troppi libri. Ce ne vogliono ancora, e ancora. E’ con il libro, e non con la spada, che l’umanità vincerà la menzogna e l’ingiustizia, conquisterà la pace finale della fraternità tra i popoli.
(Il mio viaggio a Roma)

La scienza ha promesso la felicità? Non credo. Ha promesso la verità, e la questione è sapere se con la verità si farà mai la felicità.
(Discorso all’Assemblea generale degli studenti di Parigi del 1893)

**

Thérése Raquin, 1867

Avete un immenso difetto che vi sbarrerà tutte le porte: non potete discutere più di due minuti con un imbecille senza fargli capire che è un imbecille – Vous avez un immense défaut qui vous fermera toutes les portes : vous ne pouvez causer deux minutes avec un imbécile sans lui faire comprendre qu’il est un imbécile.

Alcune bigotte credono d’ingannare Dio pregando con le labbra e atteggiandosi a penitenti per guadagnarsi un perdono.

La lettura le aprì orizzonti romanzeschi che ancora ignorava; finora aveva amato soltanto con il sangue e con i nervi; cominciò ad amare con la testa.

Quando il futuro è privo di speranze, il presente acquista un’ignobile amarezza.

L’ozio inaspriva i tormenti.

Ogni mattina, mentre era all’obitorio, udiva alle sue spalle la confusione del pubblico che entrava e usciva.
La Morgue è uno spettacolo alla portata di tutte le borse, che qualunque passante, povero o ricco, si concede gratuitamente. La porta è aperta, entra chi vuole. Ci sono ammiratori che allungano il cammino pur di non perdersi una di queste rappresentazioni della morte. Quando le lastre di pietra sono spoglie, la gente esce delusa, come defraudata, biascicando proteste. Quando sono ben fornite, quando c’è sfoggio di carne umana, i visitatori accorrono numerosi per procurarsi emozioni a buon mercato.

**

Il ventre di Parigi, 1873

L’egoismo delle classi è uno dei sostegni più forti della tirannia.

I mercati apparivano nella loro nera leggerezza coi mille raggi di luce che rigavano le persiane. Le grandi strade coperte cominciavano a popolarsi, mentre i padiglioni lontani rimanevano ancora deserti in mezzo al brulichio che cresceva sui marciapiedi.

Sentì allora in tutta la sua forza il lungo rombare dei mercati. Parigi masticava i bocconi dei suoi due milioni di abitanti. Era come un grande organo centrale che batteva furiosamente, lanciando il suo umore vitale in tutte le vene. Era un movimento incessante di mascelle colossali, un baccano d’inferno, un brusio senza fine dove si fondevano tutti i rumori dell’approvvigionamento, dagli schiocchi di frusta dei rivenditori all’ingrosso avviati ai mercati dei quartieri, allo strascicar di ciabatte delle povere donnette che vanno di porta in porta offrendo l’insalata dei loro cestini.

Poi, a loro non piaceva il lavoro convulso; volevano lavorare, si, ma con comodo, senza dimagrire, insomma da brave persone che amano vivere bene.

Io sono riconoscente al governo quando vedo i miei affari andare bene, quando mangio in pace la mia minestra, quando posso dormire senza il pericolo d’esser svegliata dalle fucilate

Certo io approfitto del buon vento che tira e sostengo il governo che fa andar bene gli affari. Se poi questo governo faccia o no delle porcherie io non voglio saperlo.

**

Germinale, 1885

Quando non si è i piú forti, bisogna bene essere i piú giudiziosi.

La folla: una forza cieca che continuamente divora se stessa

Spegni la candela, non ho bisogno di vedere il colore dei miei pensieri.

Aumentare il salario, che forse si può? Una legge di ferro lo fissa allo stretto necessario; all’indispensabile, perché l’operaio possa mangiare pane e sputo e procreare dei figli. Se il salario scende sotto quel livello, l’operaio crepa; e la richiesta di nuovi operai lo fa risalire. Se supera quel livello, cresce l’offerta di manodopera e lo fa calare. È l’altalena delle pance vuote, la condanna a vita alla galera della fame.

Non sarete mai degni della felicità, finché possiederete qualche cosa, finché il vostro odio contro i ricchi proverà soltanto il desiderio d’esser ricchi al posto loro.

Ah, no; non bastava aver del pane per essere felice! Chi era quell’idiota che faceva dipendere la felicità dalla spartizione dei beni? Codesti acchiappanuvole di rivoluzionari, potevano bene distruggere la società e farne sorgere una nuova; con l’assicurare a tutti un tozzo di pane non darebbero all’umanità una gioia di piú né la libererebbero da un solo dolore! Al contrario, sarebbe l’infelicità che farebbero regnare sulla terra; perché persino i cani finirebbero per urlare di disperazione il giorno che, non piú paghi di soddisfare i loro istinti, illusi di elevarsi, cadessero in balía delle passioni che nulla può saziare.

**

Nanà, 1880

Nanà era sola, con la faccia volta in alto, nella luce della candela. E non era che un carname, un ammasso di umori e di sangue, una palata di carne marcia gettata là su un cuscino.

Nanà, intanto, sentendo ridere gli spettatori s’era messa a ridere anche lei. Era divertente, però, quella bella ragazza; quando rideva, per nulla imbarazzata, confidenziale, entrando subito in comunicazione col pubblico, con l’aria di dire lei stessa strizzando l’occhio di non aver due soldi di talento, ma che importava, poiché aveva qualche cosa d’altro.

La religione tollera molte debolezze, purché si mantengano le convenienze.

In alto e in basso, tutti si rotolavano nel fango. Quante se ne dovevano fare, di porcherie, a Parigi, dalle nove della sera alle tre del mattino!

Una folla singolarmente promiscua, impreziosita dai migliori talenti, corrotta da tutti i vizi, con la stessa stanchezza e la stessa febbre su tutti i volti.

Quando si è una buona madre bisogna perdonare tutto.