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Le frasi più belle di Samuel Beckett

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Samuel Beckett (Dublino, 13 aprile 1906 – Parigi, 22 dicembre 1989) è stato uno scrittore, drammaturgo, poeta e traduttore irlandese.

Considerato uno degli scrittori più influenti del XX secolo, Samuel Beckett è autore del capolavoro “Aspettando Godot”, uno delle opere più rappresentative di quel genere teatrale che Martin Esslin definì Teatro dell’assurdo.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Samuel Beckett. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni, aforismi e poesie di Bertolt Brecht, Frasi, citazioni e aforismi di Albert Camus e Frasi, citazioni e aforismi di Jean Paul Sartre.

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Le frasi più belle di Samuel Beckett

Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò ancora. Fallirò meglio – Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.

Prima balla, poi pensa. È l’ordine naturale.

L’arte è pura interrogazione.

Tutte le arti si assomigliano: un tentativo per riempire gli spazi vuoti.

La donna fiuta un fallo eretto quando dista ancora dieci chilometri e si domanda: Come avrà fatto a vedermi?

La sola maniera di parlare del nulla è di parlare come se ci fosse qualcosa, come la sola maniera di parlare di Dio è di parlarne come se fosse un uomo.

Il più grande dei peccati è di essere nato.

Dico io sapendo che non è mio.

Quando mi viene chiesto da quanto sono io qui, io rispondo “Un secondo…” o “Un giorno…” o “Un secolo”. Tutto dipende da che cosa io intendo per “qui…” e “io…” e “sono”

Le idee si assomigliano in modo incredibile, quando si conoscono.

Non c’è niente di più comico dell’infelicità.

Che cosa so del destino dell’uomo? Potrei dirvi di più a proposito dei ravanelli.

La differenza, dunque, dico, tra Bergson ed Einstein, la differenza essenziale, è quella tra un filosofo ed un sociologo.

Non so chi sia Godot. Soprattutto non so neanche se esiste. E non so neppure se quei due che l’aspettano ci credono o no.
(Lettera a Marcel Polac)

[Descrivendo la sua decisione di abbandonare la madrelingua inglese, per scrivere in francese] Potete includermi nella lugubre categoria di quelli che, se dovessero agire nella più piena consapevolezza di quello che stanno facendo non agirebbero mai.

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Aspettando Godot (En attendant Godot, 1952)

Nasciamo tutti matti. Qualcuno lo rimane – Nous naissons tous fous. Quelques-uns le demeurent.

Le lacrime del mondo sono una quantità costante. Da una parte uno comincia a piangere, da un’altra parte uno smette. Lo stesso vale per il riso – Les larmes du monde sont immuables. Pour chacun qui se met à pleurer, quelque part un autre s’arrête. Il en va de même du rire.

Estragone: Siamo contenti. (Silenzio.) E che facciamo, ora che siamo contenti?
Vladimiro: Aspettiamo Godot.
Estragone: Già, è vero.

Non accade nulla, nessuno arriva, nessuno se ne va, è terribile!

Ecco gli uomini! Se la prendono con la scarpa quando la colpa è del piede.

Vladimir: Questo ci ha fatto passare il tempo.
Estragon: Ma sarebbe passato in ogni caso.
Vladimir: Sì, ma non così rapidamente

Dunque non diciamo male della nostra epoca, non è più disgraziata delle altre. (Silenzio.) Non ne diciamo neanche bene. (Silenzio.) Non ne parliamo. (Silenzio.) È vero che la popolazione è aumentata…

Questo è ciò che potrebbe essere l’inferno:
una piccola chiaccherata al mormorio del Lethe riguardo ai bei tempi andati, quando preferivamo essere morti

L’abitudine è una grande sordina.

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Molloy, 1951

Riflettere è ascoltare più forte – Réfléchir, c’est à dire à écouter plus fort.

È al mattino che bisogna nascondersi. La gente si sveglia, fresca ed efficiente, assetata d’ordine, di bellezza e di giustizia, ed esige la contropartita.

A forza di chiamare questa cosa la mia vita finirò per crederci. È il principio della pubblicità.

In principio era il calembour.

Tacere e ascoltare, solo uno su cento è capace.

Non voler dire, non sapere ciò che si vuol dire, non poter dire ciò che si crede di voler dire, e dire sempre, o quasi, ecco cosa è importante non perdere di vista, nell’ardore della stesura.

Sta di fatto, si direbbe, che tutto ciò che si può sperare è d’essere un po’ meno, alla fine, chi si era all’inizio, e in seguito.

Il sole splendeva, non avendo altra alternativa, sul niente di nuovo.

In me ci son sempre stati due pagliacci, oltre agli altri, quello che chiede soltanto di starsene dov’è e quello che s’immagina che più lontano si stia un po’ meno peggio.

Com’è difficile parlare della luna! È così scema la luna. Dev’essere proprio il culo quello che ci fa sempre vedere.

La speranza è la disposizione infernale per eccellenza, contrariamente a ciò che si è potuto credere fino ad oggi.

La vita, si direbbe, è fatta di recidive e anche la morte dev’essere una specie di recidiva.

Non sopporterò più di essere un uomo, non ci proverò più.