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Frasi e citazioni su Caravaggio

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Michelangelo Merisi, più noto come il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610) è uno dei più celebri pittori italiani di tutti i tempi, assurto a fama universale solo nel XX secolo, dopo un periodo di oblio. Si deve al critico d’arte Roberto Longhi la riscoperta di Caravaggio attraverso l’allestimento di un’importante mostra a Milano nel 1951.

Presento una raccolta di frasi e citazioni su Caravaggio. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi di Vincent Van Gogh, Frasi, citazioni e aforismi di di Pablo Picasso, Le frasi più celebri di Leonardo da Vinci e Frasi, citazioni e aforismi sulla pittura.

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Frasi e citazioni su Caravaggio

Quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita.
(Caravaggio)

L’essercitio mio è di pittore.
(Caravaggio)

Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio.
(Caravaggio)

Nelle pitture di Caravaggio ci sono effetti di luce. L’interruttore non so dov’è.
(Bruno Munari)

Caravaggio è il primo artista nella storia i cui dipinti sembrano direttamente ispirati alla propria vita. Dieci anni prima che Shakespeare inventasse Amleto, Caravaggio dipinse San Francesco in un dialogo solitario con un teschio. Caravaggio introdusse il soliloquio nella pittura nello stesso momento in cui Shakespeare lo perfezionò nel dramma.
(John T. Spike)

Quello che inizia nell’opera di Caravaggio è, molto semplicemente, la pittura moderna.
(André Berne-Joffroy)

C’è stata l’arte prima lui e l’arte dopo di lui, e non sono la stessa cosa.
(Robert Hughes su Caravaggio)

Perché Caravaggio è così grande? Perché si stenta a credere che le sue idee siano state concepite quattro secoli fa. Tutto, nei suoi dipinti, dalla luce al taglio della composizione, fa pensare a un’arte che riconosciamo, a un calco di sensibilità ed esperienze che non sono quelle del Seicento ma quelle di ogni secolo in cui sia stato presente e centrale l’uomo; la si può chiamare pittura della realtà, e a questo deve la sua incessante attualità. Davanti a un quadro di Caravaggio è come se fossimo aggrediti dalla realtà, è come se la realtà ci venisse incontro e lui la riproducesse in maniera totalmente mimetica. Stabilendo per ciò stesso un formidabile anticipo, perché si può dire, in senso oggettivo, che Caravaggio sia l’inventore della fotografia.
(Vittorio Sgarbi)

La fotografia è nata nel 1839-40 ma Caravaggio la prefigura già nel 1601, rifiutando di rappresentare la realtà quale dovrebbe essere, come proiezione di sentimenti, di un Bene e di un Male intesi come valori simbolici. Caravaggio osserva e riproduce la realtà esattamente com’è, esattamente come la vediamo in una buona fotografia. Di più: non è fotografia nell’accezione di ritratto posato, è fotografia alla ricerca di una realtà che ci coglie come di sorpresa, dell’«attimo decisivo» cui fa riferimento un grande fotografo come Henri Cartier-Bresson.
(Vittorio Sgarbi)

C’è esattamente questo in Caravaggio. Dalla posizione di un dito, dall’espressione di un volto, abbiamo l’impressione di essere invisibili e di sorprendere una realtà che si sta manifestando davanti a noi.
(Vittorio Sgarbi)

Caravaggio sceglie provocatoriamente i suoi soggetti, sapendo bene di mettere in crisi non solo i valori tradizionali dell’arte, ma anche quelli della morale e della religione. Dipinge pezzenti come quelli che si potevano trovare nelle strade della Roma del suo tempo e li trasforma in santi; converte prostitute in madonne, ragazzini di facili costumi in personaggi biblici o mitologici, senza alcun abbellimento, con la loro fisicità schietta, chiassosa, maleodorante, in un modo straordinariamente realistico, lavorando dal vero senza disegni preparatori, riproducendo la luce e l’ombra come nessun artista aveva mai fatto prima.
(Vittorio Sgarbi)

Di Caravaggio, dopo gli anni della folgorante carriera e l’oblio in cui cade vent’anni dopo la morte, possiamo dire che risorge e diventa davvero Caravaggio nel 1951, quando la sua mostra allestita a Palazzo Reale, a Milano, da Roberto Longhi, attira ben seicentomila visitatori (cifra forse esagerata ma che indica la portata dell’evento), in un momento in cui in Italia un artista di nome Pier Paolo Pasolini lavora, quasi per riprodurre – nella sua stessa vita – quella di Caravaggio.
(Vittorio Sgarbi)

Caravaggio è doppiamente contemporaneo. È contemporaneo perché c’è, perché viviamo contemporaneamente alle sue opere che continuano a vivere; ed è contemporaneo perché la sensibilità del nostro tempo gli ha restituito tutti i significati e l’importanza della sua opera. Non sono stati il Settecento o l’Ottocento a capire Caravaggio, ma il nostro Novecento
(Vittorio Sgarbi)

Il rissoso Merisi, come Galilei, costringe ad aprire gli occhi sul vero, su un’umanità materiale che odora di sangue e di saliva. Per questo affascina, sconvolge, converte.
(Vittorio Sgarbi)

L’arte di Caravaggio è fatta di buio e di luce. Le sue immagini presentano, come sotto un riflettore, momenti di esperienza umana spesso estremi e tormentati. Un uomo è decapitato nella sua camera da letto, il sangue che gli sgorga da un profondo squarcio nel collo. Un uomo è assassinato sull’altare maggiore di una chiesa. Una donna è colpita al ventre da una freccia a bruciapelo. Le immagini di Caravaggio congelano il tempo, ma sembrano anche librarsi sull’orlo del dissolvimento.
(Andrew Graham-Dixon)

I volti sono vivamente illuminati. I dettagli emergono dal buio con tale arcana chiarezza da poter essere allucinazioni. Ma, sempre, le ombre nere sconfinano, pozze nere che minacciano di cancellare tutto. Guardare i quadri di Caravaggio è come guardare il mondo alla luce di un fulmine.
(Andrew Graham-Dixon)

La vita di Caravaggio è come la sua arte, una serie di lampi nella più buia delle notti. Egli è un uomo che non potrà mai essere conosciuto fino in fondo perché quasi tutto quello che ha fatto, detto e pensato si perde in un passato irrecuperabile
(Andrew Graham-Dixon)

Molto di ciò che sappiamo di Caravaggio è stato scoperto negli archivi criminali del tempo. La prevalenza dei suoi atti documentati, a parte quelli relativi alla pittura, sono crimini e misfatti.
(Andrew Graham-Dixon)

Caravaggio visse gran parte della sua esistenza da fuggiasco, e così la storia lo ricorda: come uomo in fuga, che punta verso i boschi, che si tiene nell’ombra.
(Andrew Graham-Dixon)

Che cos’era nella vita Michelangelo Merisi da Caravaggio? Un rissoso, un incolto, un isolato, un disperato. Non cercava, perché aveva già trovato tutto. E tutto era dentro il suo genio profondissimo, dentro la sua pittura, dove le muse e gli dei diventavano prostitute e bari, zingari e bevitori.
(Andrea Pomella)

Caravaggio, huomo astratto, inquieto, poco accorto sulla sua vita e che molte volte andava a letto vestito e col pugnale al fianco che mai lasciava
(Francesco Susinno)

Questo Michelangelo pittore è di età di 28 anni incirca, di giusta statura più presto grande che altrimente grassotto, non molto biancho in faccia ne anco bruno, et ha un poco di barbanegra ma poca, e veste di negro di mezza rascia negra non troppo bene in ordine et alle volte va bene in ordine alle volte no et porta un cappello di feltro negro.
(Barbiere Pietropaolo, testimonianza su Caravaggio)

Ultimamente affrontatosi con Ranuccio Tomassoni giovane di molto garbo, per certa differenza di giuoco di palla a corda, sfidaronsi, e venuti all’armi, caduto a terra Ranuccio, Michelagnolo gli tirò d’una punta, e nel pesce della coscia feritolo il diede a morte.
(Giovanni Baglione)

Benché egli, perl’eccellenza della sua arte, fosse ritenuto degno di grande onore e fosse lodato da molti, tuttavia era assai difficile avere rapporti con lui, non soltanto perché non teneva in nessuna considerazione le opere degli altri maestri [benché poi egli non magnificasse pubblicamente le proprie], ma anche perché era molto litigioso e strambo, e spesso cercava lite.
(Joachim von Sandrart)

Cervello stravagantissimo.
(Cardinal Del Monte su Caravaggio)

il Caravaggio: il Rembrante dell’Italia. Abusò costui del detto di quel Greco quando domandatogli che fosse il suo maestro, mostrò la moltitudine che passava per via; e tale fu la magia del suo chiaroscuro, che, quantunque egli copiasse la natura in ciò ch’ella ha di difettoso e d’ignobile ebbe quasi la forza di sedurre anche un Domenichino, ed un Guido.
(Francesco Algarotti)

Caravaggio cancella il valore disegnativo dato alla forma dai fioren­tini, rifugge dai partiti decorativi, semplifica la visione degli oggetti per mezzo di un taglio, nitido, notturno, tra luce e ombra; approfondisce e semplifica la composizione. Dalle opere giovanili, composte ad armonia di chiari colori, sotto luci bion­de e velari leggieri di ombre trasparenti, alle ultime, cupe e notturne, schiarate da luci crude e costrette, l’arte del Caravaggio sempre più afferma i suoi principi fondamentali plastico-luminosi, che fanno di lui il precursore dei massimi geni del Seicento europeo-
(Lionello Venturi)

Ci sono stati in tutti i tempi dei pittori realisti, che sono stati grandi artisti. Non perché abbiano riprodotto la realtà empirica in modo illusorio, ma perché l’hanno interpretata, e cioè veduta e sentita, a seconda della loro fantasia. E la loro differenza dai pittori della ‘idea’ è che questi evadono fantasticamente dalla realtà, mentre i ‘naturalisti’ interpretano la realtà e ne danno ciò che a loro sembra l’essenza. Giotto e Masaccio sono realisti come il Caravaggio, con questa differenza, ch’essi sono realisti senza un preciso programma, e il Caravaggio dovette farsi un programma per liberare polemicamente la propria fantasia da un groviglio di regole e di pregiudizi che il manierismo voleva imporgli
(Lionello Venturi)

Caravaggio è stato così diligente, ed ingegnoso imitatore della natura, che dove gli altri pittori sogliono promettere esso ha fatto.
(Girolamo Borsieri)

Giuditta appare lo strumento di una salvezza voluta da Dio cui non può sottrarsi, ma la violenza del suo delitto atterrisce anche lei a giudicare dall’espressione di disprezzo che Caravaggio le dipinge sul volto.
(Federico Zeri)

In Caravaggio il motivo religioso è anche sociale: il divino si rivela negli umili.
(Giulio Carlo Argan)

Il pensiero della morte è dominante nel Caravaggio, come già in Michelangelo Buonarroti. Ma per Michelangelo la morte era liberazione e sublimazione, per il Caravaggio è soltanto la fine, l’enigma della tomba.
(Giulio Carlo Argan)

Ribera, Vermeer, La Tour e Rembrandt non avrebbero mai potuto esistere senza di lui e l’arte di Delacroix, Courbet e Manet sarebbe stata completamente diversa.
(Roberto Longhi)

Caravaggio sarà piuttosto il primo dell’età moderna. Il pubblico cerchi dunque di leggere ‘naturalmente’ un pittore che ha cercato di essere ‘naturale’, comprensibile; umano più che umanistico; in una parola, popolare.
(Roberto Longhi)

La verità sta ne mezzo; nell’intendere ciò è che il Caravaggio non mirava a dipingere né “i peggiori”(gli zingari) nei “i migliori” (sappiamo noi chi fossero), ma semplicemente i suoi “simili”, gli eguali.
(Roberto Longhi)

La vita non ha facoltà di prescegliersi. È anzi sorpresa dalla luce nel suo aspetto di incontro. È la realtà stessa a venir sopraggiunta dal lume; il caso, l’incidente di lume e d’ombra diventano causa efficiente della nuova pittura (o poesia).
(Roberto Longhi)

Caravaggio scopre “la forma delle ombre”: uno stile dove il lume, non più asservito, finalmente, alla definizione plastica dei corpi su cui incide, è anzi arbitro coll’ombra seguace della loro esistenza stessa.
(Roberto Longhi)

L’ombra esiste perché c’è la luce. E la luce non è tutta uguale. Di luci e di ombre ce n’è di infinite tipologie. Nei quadri di Caravaggio Longhi ne descrive in continuazione. È come se Longhi dicesse “vi faccio vedere quanti tipi di luce esistono in pittura e quindi quanti modi di respingere, riflettere, quelle luci, attraverso le ombre”.
(Andre Carabelli)

Quello veramente da tener di mira è la sua nuova concezione stilistica. La nota che la caratterizza è una ricerca così tenace di concisione, da ricordare la sobrietà dei grandi periodi arcaici. A tal fine il Caravaggio si serve principalmente di due mezzi: della luce e della composizione. Egli, come è noto, immerge le sue scene nell’oscurità, investendole di un getto violento di luce radente, in modo che alcune parti soltanto affiorino dalle tenebre nella luce.
(Matteo Marangoni)

L’altro mezzo che il Caravaggio impiega per raggiungere l’unità stilistica riguarda, dunque, la composizione del quadro. Per il primo Michelangiolo aveva decisamente spezzato la secolare uniformità degli schemi compositivi a linee e piani paralleli “al quadro”, e aveva mostrato quante maggiori risorse di movimento e di energia offrisse l’impostatura, diciamo, in tralice di certe sue figure; risorsa che il Tintoretto aveva spinto al colmo, limitandola però anche lui troppo a singole figure isolate. Era riserbato al Caravaggio di coronare la geniale iniziativa dei suoi precursori estendendo questo stesso sistema costruttivo a tutta quanta la compagine della composizione, in modo da ottenere in un sol tratto, con sintesi insuperata, il massimo risultato di senso plastico e dinamico
(Matteo Marangoni)

La scena di Apocalypse Now, quando Brando-Kurtz emerge dalle tenebre, l’ho girata pensando a Caravaggio, rimandando il più possibile lo svelamento del volto.
(Vittorio Storaro)