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Il rapporto tra aforisma e poesia si è notevolmente intensificato nel corso negli ultimi anni. Solo per citare alcuni esempi tra i tanti, in Spagna Carlos Edmundo de Ory scrive gli “aerolitos”, aforismi magici di un verso, in Marocco Abdelmajid Benjelloun >scrive frammenti poetici (“silenzi cantati tra due spazi bianchi”), in Italia Donato Di Poce scrive “poesismi” (ma non dimentichiamo gli aforismi poetici di Alda Merini e Alberto Casiraghy), in Francia Alain Bosquet scrive i suoi “aforismi di rugiada” (ma l’elenco in terra francese è davvero lungo), nelle Isole Mauritius Yusuf Kadel scrive “aforismi magici” (ma prima di lui Malcolm De Chazal scriveva i suoi “plasticismi”), in Belgio Louis Savary scrive “aforismi in versi” (uno per pagina), negli Stati Uniti James Richardson scrive “lyraphorics” (in italiano “liraforismi”), in Romania Valeriu Butulescu scrive “oasi di sabbia”.

La relazioni tra due generi può essere vista da diverse prospettive: gli aforismi nelle poesie (si pensi all’ultimo Montale). L’aforisma come frammento poetico. L’aforisma scritto da un poeta. Le poesie all’interno di raccolte di aforismi. Nel libro “Désir d’aphorisme“, che raccoglie gli atti del convegno di Clermont Ferrand, Christian Moncelet scrive che “aforisma e poesia sono due generi che si fanno la linguaccia. Due parole opposte come il fuoco e l’acqua, il netto e il vago, il laconico e il prolisso, il denotato e il connotato. Ma talvolta – miracolo! – certi scrittori trasformano l’antitesi concettuale in nozze ossimoriche”.

Con il suo libro Aforismi d’autunno (pubblicato nel mese di novembre da Fazi Editore), Valentino Zeichen, un poeta molto conosciuto ed apprezzato dai lettori e dalla critica, all’età di 72 anni (è nato a Fiume nel 1938, anche se non ci è dato sapere né il giorno né il mese!), decide di sperimentare il genere aforistico. La scoperta dell’aforisma nell’età della maturità è comune a molti autori contemporanei (in Italia e in Francia Carlo Gragnani e Roger Judrin scrivono aforismi soltanto dopo i 70 anni, lo stesso Montale scrive le sue Saturae a partire da questa età), mentre al contrario sono rarissimi gli aforisti che scrivono prima dei trent’anni. Sembra quasi che solo nell’età della piena maturità lo scrittore di aforismi riesca ad affinare appieno il dono dell’ironia e della lucidità e anche della saggezza (“i saggi/dementi” scrive ironicamente Zeichen), tutti ingredienti che compongono l’aforisma. In realtà in tutta l’opera poetica di Zeichen, a partire dal 1963, c’è una tensione verso l’epigramma pungente e ironico (Moravia definisce Zeichen un “Marziale moderno”), verso la pointe lucida e paradossale, verso il ritratto di situazioni e cose assurde e rovesciate, con una velenosità e un’aggressività e una ricerca della saggezza che in qualche poesia si può definire “pre-aforistica”. In Aforismi d’autunno, questo gusto delle brevità e della deformazione, che affiorava qua e là nelle raccolte poetiche precedenti, trova la sua compiutezza.

Il modello è sempre quello poetico con un aforisma per pagina, disposto in versi, ma all’interno di questo modello fanno la loro comparsa il paradosso, l’ironia e ovviamente la brevità. Il risultato è quello di una combinazione riuscita tra aforisma e poesia già partire dal titolo Aforismi d’autunno (un ossimoro in cui la parola “aforismi” si unisce a una delle parole più usate in poesia, “l’autunno”, la stagione dei cambi di colore e al tempo stesso metafora esistenziale dell’ultimo periodo della nostra vita). La combinazione si ripete poi in gran parte del libro, i cui toni sembrano oscillare tra ironia (che qualche volta diventa anche frivolezza o motto di spirito), pointe paradossale e velenosa (“gli aforismi evocano “un lanciatore di coltelli”) e una disposizione malinconica, una saggezza disillusa. Ecco alcuni esempi: “Ai gradi militari/ ho preferito quelli alcolici“, “La bellezza è come la fiaccola/ delle staffette/, passa da una donna all’altra“, “Il massimo della profondità/ che tu conosca è quella/ delle rughe“, “Mentre si è giovani si viene/ costantemente sollecitati/ a conseguire al più presto/ la “maturità. Poi ci si/ avvede che la vecchiaia/ la fornisce gratuitamente“, “La mira dell’artista/ deve essere superiore/ a quella dell’arciere/ poiché punta all’infinito“.

Certo il libro di aforismi (qualunque libro di aforismi) deve essere visto come un qualcosa di discontinuo, dove convivono sempre diversi modelli. Così accanto all’aforisma poetico in Aforismi d’autunno si possono scoprire altri modelli come l’haiku (“corrente d’aria/arma invisibile/lama del vento”), la gregueria clownesca (“Gli alberi spogli/ in tenuta ginnica/ fanno esercizi nel vento”), la poesia latina (“Mi cadono i capelli/ e anche i pettini/perdono i denti”), la filastrocca fiabesca (“La gatta uccide le tarme/ e così salva la pelle/ di lana di angora”), il testo narrativo e infine l’epigramma, genere molto praticato da Zeichen anche nelle raccolte precedenti.

In un video su Youtube, in cui Valentino Zeichen presenta il suo libro Aforismi d’autunno, verso la fine l’autore afferma: “Il futuro della lettura sono gli aforismi, gli epigrammi, le poesie veloci, non c’è più tempo per poesie di 20, 25, 30 versi”. La visione “aforistica” di Valentino Zeichen è del tutto condivisibile. Anch’io io la penso come lui (aggiungo che sono dieci anni che sento ripetere questa frase come un mantra da giornalisti, critici, autori, e persino in ambito accademico). Eppure su 50.000 titoli pubblicati ogni anno dalla nostra editoria ci saranno non più di una dozzina di testi aforistici (escludendo ovviamente le tante e dozzinali antologie di aforismi sulla felicità, amicizia, etc). E per il momento (e il caro Zeichen si metta l’anima in pace!) non si vedono inversioni di tendenza all’orizzonte. Presento qui di seguito una breve selezione tratta da Aforismi d’autunno, Fazi editore, 2010:

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12

Sono transitati secoli
dentro i miei anni
e (io) non vi ho fatto caso.

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21
Gli anni sono come docili
cavalli al pascolo
la cui indolenza ci rassicura,
quando partono all’improvviso
al galoppo numerico.

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26
La bellezza è come la fiaccola
delle staffette,
passa da una donna all’altra.

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37
Il massimo della profondità
che tu conosca è quella
delle rughe.
                     Benedicta

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43
Gli artisti, di solito, amano
i “primi piatti” e per “secondi”
non disdegnano i contorni di monete.

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53
Ai gradi militari
ho preferito quelli alcolici.

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71
Mentre si è giovani si viene
costantemente sollecitati
a conseguire al più presto
la “maturità. Poi ci si
avvede che la vecchiaia
la fornisce gratuitamente.

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99
La mira dell’artista
deve essere superiore
a quella dell’arciere
poiché punta all’infinito.

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