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Nato nel 1942 a Griffen nella Carinzia austriaca da madre slovena e padre ignoto, residente per parecchi anni in Germania (ma dal 1991 risiede nel suo eremo di Chaville presso Parigi, si veda la bellissima intervista apparsa un anno fa sul Corriere della Sera), Peter Handke è considerato il maggiore scrittore austriaco vivente. 

Autore poliedrico, ha scritto testi teatrali (tra i tanti cito “L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro” ) e cinematografici, collaborando con il regista Wim Wenders per la realizzazione di diversi film (in particolare segnalo “Il cielo sopra Berlino“). Come narratore Peter Handke è autore di numerosi romanzi, innovativi e di grande capacità introspettiva, tradotti in tutto il mondo. Tra i diversi romanzi ne segnalo almeno tre assolutamente da leggere: “Prima del calcio di rigore” (Feltrinelli, 1970), “Infelicità senza desideri” (scritto nel 1972 ed edito in Italia da Garzanti nel 1976), “La donna mancina” (scritto nel 1976 ed edito da Garzanti nel 1979).  Molto controverse (e fonte di infinite polemiche) le posizioni di Handke (sua madre è slovena) sulla guerra nella ex Jugoslavia (secondo alcuni critici, in particolare Reinhard Mohr, Peter Handke sarebbe “il difensore del totalitarismo serbo”, anche se Handke ha sempre cercato di giustificare la sua prospettiva scrivendo “Il mio testo è, in ciascuna delle sue parole, un testo di pace. Si non li si vede, è perchè non si sa leggere”). Per chi volesse approfondire la questione, il saggio più discusso di Peter Handke sulla ex Jugoslavia è del 1999 ed è stato tradotto in Italia nel 2002 da Einaudi con il titolo “Un disinvolto mondo di criminali: annotazioni a posteriori su due attraversamenti della Jugoslavia in guerra.

In Italia pochi sanno che Peter Handke non è solo un conosciuto scrittore di romanzi, saggi, testi cinematografici e teatrali e poesie, ma è anche uno dei maggiori scrittori contemporanei di aforismi e forme brevi, tanto da comparire in diverse antologie tra cui quella uscita nel 2010 intitolata “Neue deutsche aphorismen“.

In ambito aforistico l’opera principale di Peter Handke è Il peso del mondo, (Das Gewicht der Welt. Ein Journal, 1977) “uno schizzo spontaneo di percezioni inutili”, una serie di reazioni diaristiche immediate (Handke li definisce appunti, sensazioni, frammenti di esperienza, trascrizioni spontanee) rispetto all’avvenimento visto, letto, sentito. La forma è quella della trascrizione immediata del flusso di coscienza sotto forma di una specie di reportage, che a tratti diventa quasi onirico. Scrive Handke nella prefazione a Il peso del mondo: “Mi esercitai a reagire con la lingua a tutto quello che mi succedeva e allora notavo che, nel lasso di tempo in cui vivevo le cose della lingua, anche lei si metteva a vivere, a diventare comunicabile (…) Questo libro non è il racconto di una coscienza, ne è la trascrizione immediata”. Come fa notare Alain Montandon nel suo libro Le forme brevi, “Peter Handke parla di storie private mondiali, per designare quelle piccole cose osservate e annotate da lui, e che estendono l’immaginario a quella zona in cui il vissuto particolare può essere rivissuto da ciascuno”.

Il peso del mondo” è una delle pochissime opere dell’aforistica tedesca contemporanea tradotta in italiano (l’editore stavolta non è Adelphi, da sempre attento alle forme brevi, ma Guanda che l’ha tradotto nel 1981 e poi ristampato nel 2005). Ed è anche un’opera che – come scrive lo stesso Peter Handke nella prefazione – “originariamente non sarebbe dovuta apparire in questa forma. Ho iniziato a redigere questi appunti con l’intenzione di fonderli poi in qualche modo, magari ricavandone una storia, oppure, come si può dedurre all’inizio delle frequenti descrizioni di meri gesti, una (muta) azione scenica”.

Diversi aforismi di Handke hanno uno stile narrativo e possono essere letti come micro-racconti o micro-trame. Ma al contempo alla brevità di Il Peso del mondo non è estranea la mistica, quella della folgorazione e della rivelazione, tanto che per molti  aforismi (che nel descrivere spazi, oggetti e persone ne cercano l’alterità, il punto di fuga irreversibile, il momento rivelatore) si potrebbe anche applicare quanto scrive Montale in alcuni suoi versi: “Forse è allora che le cose / s’abbandonano e sembrano vicine / a tradire il loro ultimo segreto”. In questo procedimento in cui tutto nasce per la seconda volta (“l’ora del vero sentire”) l’aforisma perde il suo alone sentenzioso e diventa frammento onirico, folgorante, rivelatore. 

Tra le opere aforistiche di Peter Handke, si segnala anche “Am Felsenfenster morgens (und andere Ortszeiten 1982-1987) (tradotto in italiano con Alla finestra sulla rupe, di mattina e altri momenti e luoghi 1982-1987, tr. Umberto Gandini, Milano: Garzanti, 2003) e Langsam im Schatten. Gesammelte Verzettelungen 1980-1992 (Lentamente nell’ombra: raccolta di fogli dispersi 1980-1992, a cura di Paolo Perticari, tr. Silvia Zanetti, Milano: Marinotti, 2005)

Pubblico qui di seguito una breve selezione di aforismi di Peter Handke, tratti da Il peso del mondo, trad. Raoul Precht, 2005, Guanda (tra l’altro – cosa rara per il mondo aforistico – l’edizione è ancora in catalogo ed è disponibile in vendita. Ad esempio su Ibs).

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Peter Handke, Il peso del mondo

La ragazza raccontò: “Ho seguito un uomo in metropolitana e ad ogni stazione mi sentivo più bella – quando finalmente mi ha rivolto la parola, m’ero fatta così bella, da divenire ormai inavvicinabile”

La casalinga: “Ciò che più mi stanca è questo andare avanti e indietro, arrestarsi, voltarsi e rivoltarsi – se solo una volta potessi andare dritta, per ore e ore!”

Le sue “scoperte”: “Ho scoperto un nuovo ristorante!”

Appendere davanti a casa mia un cartello con l’ammonimento: “Attenzione, in questa casa si legge!”

James Joyce poteva contare su un vocabolario di 30.000 parole; ecco perchè è lo scrittore più significativo del secolo

In un vecchio film di Jean Renoir piccole nuvole bianche passavano velocemente dietro Notre-Dame. E io pensai: più di quarant’anni fa, quelle nuvole sono dunque passate per di là

Avverto un’improvvisa liberazione nel chiudere gli occhi (per tutto questo tempo non ho osato abbassare le palpebre); così facendo, adesso ho l’impressione di collegare fra loro mente e sensazione, che a occhi aperti invece divergevano

Un’idea della morte; una grossa mela che tieni per il picciolo, silenziosamente, a lungo, finché non vieni a sapere delle leggi di gravità

L’idea che nell’ultimo attimo di vita, pur di assumere una qualunque posizione, si ritraggano le gambe al corpo, proprio come gli abitanti di Pompei di fronte all’eruzione del Vesuvio

Pian piano il silenzio esterno della sera si tramuta nell’interiore calore del corpo

Arieggiare l’appartamento con l’aiuto di uno sciame di bambini, che lo percorrono per un intero pomeriggio in lungo e in largo

De-pensarsi, de-respirarsi, mentre si giace nel sole, finché non vi sia nulla di me, e tutto si perda nel vento e nel sole; nulla, tranne un piccolo punto di dolore. Mentre ero steso al sole, le mani mi sono scivolate fuori dalle tasche; ho spalancato gli occhi, ed essi sono stati invasi da un uniforme biancore; poi li ho rinchiusi e improvvisamente ho scoperto, scintillante nell’oscurità verdastra, la Costellazione dell’Orsa Maggiore. Ho cessato di respirare, non c’era più nessuno tranne me

Bei momenti, quando per almeno per un paio d’ore non vi sono che gli oggetti, non v’è che la loro presenza; il freddo, il calore, l’ombra delle nuvole, i cartelloni pubblicitari dei films: né paura né euforia

Felicità – e contemporaneamente la sensazione, terrorizzante, che si tratti solo di un’eccezione

L’eterno oblio quotidiano, irritante, subentra già un attimo dopo la percezione

Non riesco mai a rimanere solo – c’è sempre qualcun altro che mi disturba: la mia mano, il dorso del naso, il mio sudore, i mie piedi freddi…

La sessualità come forma estrema di inimicizia.

Una coppia sposata che dice sempre “noi”; che non vi rinuncia nemmeno all’atto di formulare giudizi: “Questo non ci è piaciuto!”. La particolare spietatezza di questo “noi”

Qualcuno che si interrompa nel bel mezzo del coito per esclamare sinceramente: “Ora non so proprio più come andare avanti”

Come fanno le altre persone a sopportare le loro colpe quotidiane, i loro quotidiani fallimenti? Eppure, ovunque, volti dall’espressione perfettamente contenuta

Lei disse: “Sono rimasta amica di tutti gli uomini che ho amato!”, e io pensai subito: “Bene, con me questo orrore non deve aver luogo!”

Domanda alla casalinga: “Cosa le viene in mente alla parola ‘Torta di mele’?” – La casalinga: “Briciole sul pavimento”

Il mio passato: quando è stato bello, rammento la situazione; quando è stato brutto, rammento me stesso

Un giorno nel quale non si prende coscienza del proprio corpo, non lo si ascolta, non lo si vede, non lo si odora: e non si prova alcun senso di privazione

7 Comments

  • Luca Ormelli ha detto:

    Evviva Handke e, si licet, evviva anche Bernhard. Sarebbe intrigante estrapolare dai suoi scritti alcuni paraforismi. L’uomo aveva del genio. Terminale, ma del genio. Un saluto, Luca

  • Bernhard aveva del genio aforistico, ma in alcuni suoi scritti ha davvero demolito il genere aforistico… In un suo romanzo ha definito gli aforisti filosofi di mezza tacca, filosofi d’almanacco, “gente che scrive cose che vanno bene per tutti e le cui massime, con l’andar del tempo, troveremo affisse alle pareti di ogni sala d’aspetto dei nostri medici”

  • Sara Bauducco ha detto:

    Handke è stato uno degli ultimi scrittori studiati all’università. Nei corsi di letteratura tedesca lo si incontra per lo più come romanziere; ricordo bene proprio “Infelicità senza desideri”… A questo punto aumenta la curiosità per lo scrittore di aforismi…

  • E’ un destino comune a molti altri scrittori di aforismi quello di essere conosciuti come narratori o poeti o filosofi, ma non come scrittori di aforismi.
    Il genere aforistico, ahimè, pare essere un genere letterario inesistente!

  • Sara Bauducco ha detto:

    … e per fortuna c’è chi cerca di divulgarlo, farlo comprendere ed amare… Ed in tal senso, forse, un’attenzione maggiore dovrebbe arrivare proprio dall’ambiente accademico, magari attivando anche corsi e seminari…

  • Luca Ormelli ha detto:

    Cara Sara, concorderei con la tua accorata istanza se non fossi troppo d’accordo con Nietzsche (che d’aforistica scrittura qualcosa se ne intendeva) quando, a proposito dei dotti, nello Zarathustra ebbe a dire: «Simili a quelli che in mezzo alla strada guardano a bocca spalancata i passanti, essi pure aspettano e guardano a bocca spalancata pensieri, che altri hanno pensato». Un saluto, Luca

  • Anonimo ha detto:

    attenzione in questa casa si legge……sembra il mistero di un custode della conoscenza.. un visibile scudo della propria fragilità