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Frasi BelleL'aforisma in Italia

Nottario – Per la mano sinistra (1990-2010). La scrittura aforistica di Marco Ercolani

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Come scrive molto bene Francesco Marotta, fondatore del blog La dimora del tempo sospeso “la qualità letteraria abita, invariabilmente, solo in certe zone selezionate della rete; e riguarda, inevitabilmente, una cerchia ristretta ed esclusiva di persone…”

In un mondo editoriale dove si pubblicano 60.000 titoli all’anno, dove ci sono migliaia di blog letterari (con informazioni spesso ridondanti) e dove predominano sempre di più logiche di marketing (e auto-marketing) e di spam letterario, in siti come La dimora del tempo Sospeso si possono per fortuna trovare ancora dei veri e propri gioielli letterari nascosti. Uno di questi è Nottario – Per la mano sinistra (1990-2010), a mio parere una delle più belle raccolta aforistiche inedite degli ultimi anni, il cui autore è Marco Ercolani.

Marco Ercolani nasce a Genova nel 1954 ed è medico psichiatra. La sua bibliografia è davvero piena di pubblicazioni. Scrive racconti apocrifi e vite immaginarie, si occupa di poesia contemporanea e dei rapporti tra arte e follia. Sulla sua scrittura Marco Ercolani commenta: “Scrivere, molto o poco, come disseminando, come essendo una spugna che assorbe e poi rilascia tutta l’acqua. Un amico mi ha detto, in una mail recente: ‘Ma tu sei fatto di acqua o di parole’ alludendo all’eccesso della mia scrittura. Gli ho risposto che sono fatto di entrambe”.

Tra i suoi libri di narrativa troviamo: Col favore delle tenebre, Vite dettate, Lezioni di eresia, Il mese dopo l’ultimo, Carte false, Il demone accanto, Taala, Il tempo di Perseo, Discorso contro la morte e A schermo nero. Marco Ercolani pubblica anche due i libri di saggi sulla poesia italiana contemporanea: Fuoricanto e Vertigine e misura. Intorno al nodo arte/follia scrive L’opera non perfetta. Cura il volume collettivo Tra follia e salute: l’arte come evento. In coppia con Lucetta Frisa scrive L’atelier e altri racconti, Nodi del cuore, Anime strane e Sento le voci. Nel 2010 pubblica il suo primo libro di versi Il diritto di essere opachi. Con Turno di guardia vince, nello stesso anno, il “Premio Montano” per la prosa inedita.

Sul blog La dimora del tempo sospeso sono apparsi nel 2010 gli aforismi della raccolta Nottario – per la mano sinistra, una breve raccolta di aforismi scritti tra il 1990 e il 2010 e tratti dall’opera principale Nottario, un vero e proprio zibaldone (in senso leopardiano) di 350 pagine, diviso in 20 sezioni, comprendente aforismi, ma anche prose brevi, stralci autobiografici e riflessioni sulla scrittura apocrifa e la follia (una piccola parte di questi aforismi è precedentamente apparsa nell’antologia aforistica Nuove Declinazioni, curata da Sandro Montalto per le Edizioni Joker, 2006).

A proposito di Nottario – Per la mano sinistra, Marco Ercolani scrive “Questi frammenti sono stati scritti e riscritti in un arco di tempo pluriventennale, e il loro ordine è stato scelto da me in seguito, per costruire un testo plausibile e non del tutto sconnesso e scucito. Io parlerei di una ‘annotazione sonnambolica’ su temi ricorrenti e ossessivi del fare artistico. Quello che stupisce me, ora, rileggendoli, è che mi sembra invitino simultaneamente alla riflessione estetica come alla semplice visione della frase”.

Nell’incipit del testo c’è una citazione di Musil che rimanda al termine Nottario: “Ora voglio scrivere il mio diario e per gratitudine chiamarlo nottario…”. Come scrive ancora Marco Ercolani: “Dire ‘nottario’ è dire: ‘faccio il mio diario di notte’. Ovvero, come diceva Rimbaud, strappo i miei taccuini di dannato. Ma i dannati, ormai, non esistono più. Sono espressionistici e anacronistici. Esistono ancora gli scrittori veri e assoluti, visibili o invisibili che siano, e hanno la fortuna/sfortuna di portarsi sulle spalle un passato più lungo e più dolente di scritture e di pensieri”. Marco Ercolani citando un suo aforisma sulla notte “Le tenebre plurali, la notte unica” commenta: ” ‘Le tenebre plurali, la notte unica’ sono l’essenza del mio pensiero. Che è sostanzialmente illuminista e semplice. La ‘notte unica’ è la psicosi dell’uomo. Le ‘tenebre plurali’ la libertà dell’uomo che di questa notte cerca di venir a capo con i soprassalti delle sue verità”.

Sull’identità dell’aforisma di Marco Ercolani si è sviluppato un interessante dibattito nei commenti del blog La dimora del tempo sospeso. C’è chi ha parlato di “versi aforistici” e anche di “aforisma poetico”. A tal proposito Marco Ercolani scrive: “E’ una bella definizione per la mia lunga ossessione. Per chi conosce la poesia, sa che il solo maestro di questi miei testi (poetico-filosofici? estetici?) è René Char (ma lo Char senza glorie retoriche, quello disincantato, aspro e oracolare che mi è stato compagno per trent’anni e oltre di scrittura.)”.

In un suo frammento René Char scrive: “Il lampo mi dura”. A mio parere questa frase si può applicare anche alla scrittura di Marco Ercolani che sottolinea la luce (dentro il buio) di un frammentazione che è disvelamento e insieme ri-occultamento della verità. In Ercolani l’aforisma va verso l’indicibile e l’inafferrabile. Esso non rappresenta più la forma breve, didascalica, prescrittiva, autosufficiente (a volte anche arrogante) della massima, ma ne è il contrario. Invece di chiudere e sigillare attraverso una sentenza o un precetto, l’aforisma di Ercolani apre. Invece di creare un senso, induce l’emorragia del senso: “Durante il giorno scrivere parole che scaturiscono di notte”. La parola in Ercolani è un’alba lavorata dal buio, dall’assenza. Per tale motivo, più che di un aforisma poetico, (nel mio blog ho scritto diversi articoli su questo modello) parlerei di un aforisma dell’illuminazione.

Citando una frase di Peter Handke “Scrivere solo l’essenziale: ma deve vibrare ampiamente” mi verrebbe da usare anche il termine di “vibrazioni” o “risonanze” aforistiche. Gli aforismi di Marco Ercolani hanno sempre una vibrazione luminosa e imprevedibile, talora anche visionaria e oracolare. Sono frecce vibranti in cerca di un bersaglio perduto, trivelle che esplorano le tenebre del mondo. L’aforisma di Ercolani rischiara per un attimo il centro buio della verità, l’oscurità contradditoria della realtà e della scrittura, per poi rinchiudersi su se stesso.

I temi trattati in Nottario – Per la mano sinistra sono molteplici, ma c’è una predominante riflessione – quasi ossessione – sulla parola e sulla scrittura. “Cedere il posto alla parola. Già, tutto qui. L’impresa di Eco e non di Narciso (anche se il Narciso che si moltiplica in mille riflessi e non solo in uno mi affascina sempre)” scrive Marco Ercolani in uno dei commenti del blog La dimora del tempo sospeso.

Qui di seguito vorrei presentare una mia scelta personale di aforismi tratti da Nottario – Per la mano sinistra.

Ringrazio Francesco Marotta e Marco Ercolani per avermi permesso di riprodurre gli aforismi qui di seguito riportati:

**

Marco Ercolani, Nottario (1990-2010), Per la mano sinistra, Quaderni delle officine XI”, Agosto 2010, La dimora del tempo sospeso

La vita è cristallo e formicaio.

La luce di certi cieli è vietata ai sani.

A quale età si osserva meglio la luce?

Sognare senza che finisca il sogno: essere folli.

Vivo diecimila vite: ma questa, che subisco, ha un nome?

Sognare il fuoco significa disamorarsi di ogni architettura eterna.

Scrivere e curare: rendere dicibile.

Lo stile è la superficie esatta sotto la quale battono i colpi di migliaia di tamburi senza suono.

Scrivere nel buio, estendendo i confini del foglio.

Il canto di un uccello, ma solo per il tempo in cui risuona – non oltre.

Quale terra premerò, nel passo successivo? E sarà proprio una terra?

Follia: deformità e sapienza.

Ogni poeta è immerso nel sonnambulismo che lo guida al prossimo verso.

Oltre la possibilità, cosa esiste?

Durante il giorno scrivere parole che scaturiscono di notte.

Questo libro ha, come autore, chi lo legge e non lo fa morire.

L’origine è allontanare da sé la propria origine.

Eco di io multipli, l’io.

Libri come trivelle che perforano il bersaglio. Libri come frecce che possono mancarlo.

Le tenebre plurali, la notte unica.

Ammutolire, in mezzo alla folla, e sperare che il proprio silenzio la contagi.

L’arte, quando è iperbole o spoliazione, arriva al cuore di sé.

Le nuvole mutano sempre. Non come le pietre, o come certi deliri.

Uno sconosciuto giudica pazzo lo sconosciuto che gli sorride.

Perché mi sveglio come se qualcuno avesse dormito dentro di me?

I sordi lo sentiranno risuonare, il colore?

Non ci sono che immagini. E, alla fine, non si riesce più a vedere nulla.

Fa notte. Inizio a scrivere nella pagina che non vedo.

Quando non si sogna, le notti sono troppo buie.

Invecchiare significa arrendersi alle risposte.

Mi è accaduto di sentire messaggi precisi in lingue che non conoscevo.

Alla fine, avendo prodotto fantasmi, diventarlo.

L’arte come non-vita che deve essere viva.

Arrivo alla metafora come un annegato rivede la superficie del mare.

Scrivendo mi allontano dall’uomo che sono stato prima di quelle parole.

Il turbamento non si oppone alla chiarezza. E’ la chiarezza.

Nessuna vetta che le radici non vedano. La verità è consistenza.

Ma se, dalla porta in cui appaio, fossi già scomparso?

Certi giorni, che trascorrono senza di me.

La forma della poesia confluisce in suoni che ne cancellano l’architettura.

Prima di scrivere, maturo la gioia di tacere.

Lo spostamento di un avverbio è più eversivo di una rivoluzione vittoriosa.

Perché la mia lingua sia vera, deve averla nutrita il buio.

L’immobilità: limite estremo del rallentamento del moto.

Scrivo per prepararmi a scrivere in qualche impossibile giorno.

Siamo perduti, solo se siamo stati ingiusti.

La parola è indicibile. Ma occorre scrivere per saperlo.

Maldestri e inutili, stupidi e balordi. Eletti.

Solo quando la casa va a fuoco, è visibile la sua architettura.

Distruggere quel suono solo per aprire le orecchie a un altro suono.

Non si crea verità ma la si dissotterra.

Un dio – ma simile al fumo che sale dalle macerie.

La follia, come l’arte, presume di sconfiggere la morte.

Uccidermi sarebbe perdere il flusso vivente di cui solo io sono occhio e orecchio.

Avvicinarsi alla mancanza di maschere è la via maestra per togliersi la vita.

Scrivere è parlare di un vento di cui non ricordiamo il suono.

Dormire è appartenere al segreto di un altro.

Il testo è il risveglio ma il fondo della parola è il sonno.

La scrittura è il sogno illegittimo ma reale della resurrezione.

La vita: progressivo misconoscimento del mondo.

Il vero incendio è dove soffochi, non nel chiarore delle fiamme.

Ricordo impossibile: il sole sotto il cuscino.

La scrittura può descrivere i colori, ma ogni descrizione è un’ombra.

Il musicista è sempre folle. Lo scrittore, legato al senso, può non esserlo.

Una scrittura estensiva: scrupolosa e continua, tesse i fili della storia. Una scrittura intensiva: errabonda e discontinua, mostra i fili spezzati.

L’arte del silenzio è autentica – ma solo dopo la vertigine delle parole.

Sottrarre – per dare ritmo. Tacere – per dare parola.

Scrivere per le stesse ragioni per cui il pellegrino cammina: ansia di essere in nuove terre, non desiderio di possederle.

Tu, che mi leggi, sei più di un lettore. Sei quella che per il fotografo è una camera oscura.

Prima trova le tue parole, poi comincia a sognarle.

L’inarrivabile felicità dello scrittore: il penultimo smascheramento. Al di là di questo c’è solo l’accartocciarsi della carta nella luce del fuoco – una luce diretta, non in aenigmate.

La mia paura della notte è, in realtà, paura del giorno: terrore della possibilità che l’angoscia sparisca e la pagina resti bianca.

Sfuggite il linguaggio, e vi inseguirà. Inseguitelo, e vi sfuggirà.
Jean Paulhan

Il coraggio di pensieri che nascono dalla pelle, incuranti del cervello.

Ritrova, morendo, l’espressione arcaica che era sempre stata sua e che, in tanti anni di vita, la vita gli aveva cancellato dal viso.

La scrittura non appartiene a nessuno. Iniziamo da questa certezza.

In quale lingua spavento e buio possono avere lo stesso suono?

Come quel mattino, vicino alla chiesa di S. Agostino, quando mi guardava,tenendomi abbracciato, e mi adorava. Non sono mai stato adorato, in quel modo, da nessuna donna. E non devo più esserlo.

Possiamo fingere che le cose siano neutre. Ma trasudano sempre chi le ha viste, sentite, toccate, indossate.

Era erba soffice, ma spaccava le ossa.

La polvere non smette, nonostante tutto, di cadere.

Mi addolora leggere al buio, ma è l’unica lettura possibile. Quando le righe non rivelano parole e dai fogli salgono solo dei brevi sussurri, che l’orecchio stenta a decifrare, ci si avvicina alla verità.

Coloro che ci hanno lasciato non sono assenti: sono invisibili.
S. Agostino

Invecchiando, ci si avvicina non al proprio io ma alle coordinate esatte del proprio fantasma.

Restava interi pomeriggi a vedere come il muro, dopo la grande irruzione del sole che lo indorava e arrossava, tornasse prima nero e poi bianco.

Scrive per ridurre il foglio a carta bianca, dopo il passaggio delle sue parole.

Rimani in mezzo ai tuoi fantasmi e sarai vero. Esci, ma per pochi minuti. Parla, esprimiti. Poi, prima di essere tradito o frainteso, ritorna da loro.

Uscì di casa e sentì che il mondo non tollerava la sua esistenza.

Davanti a rami che frusciano nell’aria non si può che ascoltare.

«Noi non moriremo mai finché siamo felici» (dalla frase che una bimba di tre anni rivolge ai genitori Carlo e Maria, dopo aver saputo che la nonna materna era morta).

Una vera biografia è soltanto le impressioni dei testimoni e le illusioni degli storici.

Vorrei leggere qualcosa che non esiste, però è influenzato da ciò che esiste.
P. Handke

Nulla è più chiaro delle cose che gli vengono alle labbra. Ma perché, mentre parla, diventano oscure?

4 Comments

  • M. ha detto:

    mi colpisce l’uso del corsivo; mi sembra una delle cose che richieda più attenzione (anche se magari dato il suggerimento andrò a leggermi l’intero .pdf e non solo questa scelta – per la quale comunque, grazie!)

  • Marco Ercolani ha un uso molto particolare del corsivo. In questo mi ricorda un altro grande aforista contemporaneo, lo scozzese Don Paterson che in un suo aforisma scrive: “The aphorism will often contain one italicized word; this denote its magnetics North, not its direction”

  • marco ercolani ha detto:

    Grazie, Fabrizio, per la bella accoglienza nel tuo sito. Sul corsivo posso solo dire che vorrebbe essere una maggiore “intensità” della voce.
    Marco E.

  • Vincenzo Mancuso ha detto:

    Uno scrittore di grande moralità e intelligenza.Mi fa piacere trovarlo qui.
    E’ un’ opera stupenda
    Saluti
    Vincenzo