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Frasi BelleL'aforisma in ItaliaNovità editoriali

Roberto Morpurgo, Pregiudizi della libertà I e II

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Su Roberto Morpurgo e il suo libro di aforismi Pregiudizi della libertà avevo già scritto qualche anno fa un articolo (questo è il link) in cui affermavo che l’autore è uno dei più originali scrittori italiani di aforismi del XX secolo e che per il suo talento luminoso meriterebbe una maggiore considerazione da parte della critica letteraria (il problema è che in Italia non esiste una critica letteraria che si occupi di aforismi!).

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Adesso esce presso la casa editrice Puntoacapo (nella collana aforistica L’istrice) una nuova edizione dei Pregiudizi della libertà (sottotitolo “Libro di sarcasmi e malinconiche superstizioni”) che comprende Pregiudizi della libertà I (usciti presso Joker edizioni nel 2006) e l’inedito Pregiudizi della libertà II. Il libro è accompagnato dalla prefazione di Gino Ruozzi, la massima autorità in Italia sull’aforisma, e da una nota di Raffaele Liucci apparsa in forma ridotta nel 2007 sulla pagina domenicale del Sole 24 ore e riproposta adesso nella sua versione integrale.

Come scrive Gino Ruozzi nella prefazione del libro, negli aforismi di Morpurgo “c’è aspra critica, poca consolazione, acuta comprensione e conseguente invenzione metaforica dell’esistente (…) Gli aforismi spesso nascondono più che mostrare, celano un fondo segreto che emerge solo in parte per punte taglienti. In questi di Morprugo si intravedono una successione e un intreccio speculativi che puntano al sistema, a un pensiero fertile e robusto, da scoprire anche attraverso i connettivi bianchi del pensiero frammentario”. Raffaele Liucci nella sua nota, scrivendo che negli aforismi di Morpurgo aleggiano le “rarefatte atmosfere di Pessoa, Cioran, Gomez Davila innervate dal sarcasmo di Thomas Bernhard” sottolinea come l’autore offra “un acre campionario dei nostri miraggi quotidiani” tra cui l’Amore, la Fede, il Linguaggio. Uniche vie di uscita praticabili la solitudine e la scrittura, ma anche qui “senza soverchie illusioni”.

Roberto Morpurgo mi scrive che i Pregiudizi I e II sono solo la prima parte di una monumentale – e per adesso inedita – opera aforistica, una sorta di “libro di cronaca e una recensione intermittente quanto ininterrotta”, che ha come oggetto “l’interdetta identità dell’essere e del pensiero”. L’auspicio è che questo primo volume possa finalmente trovare la sua giusta collocazione nel nostro sistema letterario, dove l’aforisma continua ad essere un genere minore (anzi talora un non genere) e dove autori come Morpurgo che in altri tempi sarebbero stati autori di punta della nostra letteratura continuano a venire ignorati per delle logiche spesso incomprensibili.

Presento una selezione di aforismi della prima parte di Pregiudizi della libertà I e II (il libro completo è in vendita sul sito Puntoacapo, nelle librerie e nei principali distributori online come Amazon e Ibs)

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Roberto Morpurgo, aforismi scelti tratti da Pregiudizi della libertà I e II

Un buon aforisma è una ciambella sapientemente traforata. Si mangia la periferia: si gusta il Centro.

Le parole mi ricordano i Tucani, favolosi uccelli tropicali che volano di Ramo in Ramo senza mai posarsi al Suolo.

L’intuizione è un bersaglio che la freccia colpisce sempre per caso, sebbene mai per errore.

Leggono tre libri e ne scrivono trenta, ne vendono trenta e ne comprano tre.

Gli uomini si accusano di colpe immaginarie e si perdonano colpe reali, quasi che nel cambio entrambe trovino un equo guadagno.

E’ strano voi dite che in pieno deserto quella Jeep abbia segnalato una svolta a sinistra…eppure colui che parla non fa nulla di diverso.

Il dogmatico pretende di persuaderti, laddove lo scettico cerca più onestamente di contagiarti.

Riunite in un libro tutte le parole pronunciate da un uomo dalla sua nascita fino alla sua morte. Chi mai leggerebbe un libro simile? Eppure…

Il dolore passa come il sentiero, la felicità come il viandante.

Cos’è il tempo se non la maledizione a causa della quale ogni e qualsiasi oggetto può diventare a sua insaputa un orologio?

Chiaro è ciò che pur essendo definitivo suscita ancora ammirazione. Ovvio è ciò che pur non suscitando più ammirazione alcuna, si lascia incomprensibilmente comprendere.

Il rimpianto beve sabbia da un calice di rugiada.

I credenti tacciono, i persuasori assordano, gli scettici conversano.

Perché mai dovremmo respingere una frase bella e vuota? Cos’altro è l’esistenza?

La sola azione che compiamo ininterrottamente – soffocare – potrebbe essere facilmente confusa con la sola azione che ininterrottamente recitiamo – respirare.

Una sequenza di lettere prive di senso – asòflkfsòpoepotiopwoie – potrebbe manifestare il mondo ‘tanto quanto una perfettamente sensata’. Infatti la seconda non sarà mai in grado di dimostrare che la prima non sarà mai in grado di parlare.

E’ strano che sia il dolore a insegnarci tutto, ma ancora più soprendente che sia la gioia a restituirci una verginità in vista della lezione successiva.

L’io è l’unità fra due libri che non accetterebbero mai di venire stampati in un unico Tomo.

Se l’Infinito fosse un Libro, non potrebbe contenere né la sua prima né la sua ultima pagina; ma – dovendo contenere tutte le altre prime e ultime pagine – e non potendo mai smettere di escludere le proprie – dovrebbe prima o poi rassegnarsi a riconoscere di essere un Plagiario.

I maestri astuti scrivono in modo ermetico, sicché allievi e divulgatori non possano mai comprenderli del tutto, né eguagliarli in oscurità. D’altro canto gli allievi astuti si guardano bene dal chiarirli: preferiscono il guadagno modesto ma sicuro della Discendenza a quello nobile e malcerto dell’Inaugurazione.

Come essere sinceri con le parole degli altri?

Generoso è lo sguardo che riconosce, avaro quello che identifica.

Di chi mai potrebbe dirsi che non fa progressi lungo il cammino che lo porterà alla tomba.

Che cos’è il luogo comune se non quel mitologico camaleonte che cambia pelle ma anche ambiente? E che perciò passa inosservato non più ai propri aggressori, bensì alle proprie vittime.

Cominciò piantando un Chiodo in una Parete deserta. Nessuno avrebbe detto che da lì a una eternità vi avrebbe appeso il Dipinto della Creazione.

Un millenario pregiudizio vede nel bianco il colore dell’intervallo…ma un giorno, un giorno non più lontano scopriremo che fu l’azzurro a servirci da Prima Pagina.

Il Ricordo non distingue tra persone morte e persone vive: tutte sembra anzi accomunare in un Eden dove nessuno mai nacque, e un Cimitero dove mai nessuno morì.

Vivere è sposare il mondo in punto di morte: decidere che ci sopravviva – e che ci sopravviva per sempre.

Chi sono gli altri se non quei miracolosi prestigiatori nei quali l’assenza è ancora più invadente della presenza?

La malinconia procede verso un futuro più lontano di quello sempre intravisto dalla speranza.

Fra le tante sentinelle che ho visto all’opera, l’avvenire è a dir poco la più distratta. Non solo lascia passare tutti: ma in ogni vaneggiamento riconosce e saluta una parola d’ordine.

Forschung -termine al quale i tedeschi affidano il più umile significato di “Ricerca” – mi ricorda Forcipe: strumento con il quale al di là di tutto condivide l’accanimento.

Cinque sensi per un solo significato! Questo io lo chiamo spreco.

One Comment

  • Mauro Ferrari ha detto:

    Grazie a Fabrizio Caramagna per questa nota, sintetica ma esplicita, che tocca alcuni punti chiave più generali. Confermo: in un sistema letterario dominato da nani iperattivi, Morpurgo è un autore originale e di grande preparazione. Del resto, la sua prosa marcia su livelli ben al sopra dei succitati (non citati) nani: lo conferma un altro grande libro, El Djablo, la sua raccolta di racconti che pubblicammo pochi anni fa.