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Trilussa, nome d’arte di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950), è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano, particolarmente noto per le sue composizioni in dialetto romanesco.
Trilussa godette di una certa fortuna soprattutto nell’ultima parte della sua vita, ma che fu poi rapidamente dimenticato – almeno al di fuori dei confini della città di Roma – per molti anni, salvo poi diventare protagonista, proprio recentemente, con una serie tv dedicata alla sua vita e alle sue opere. Autore di poesie con una chiusa aforistica e sentenziosa (la più famosa è quella su “La felicità”), è stato anche autore di favole moralistiche.
Presento una raccolta delle frasi più belle di Trilussa. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi di Ennio Flaiano e Proverbi romani e detti romaneschi.
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Le frasi brevi più belle di Trilussa
C’è un’ape che se posa su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.
Seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perch’é c’è un antro che ne magna due.
L’umorismo è lo zucchero della vita. Ma quanta saccarina in commercio!
Sovrano come er popolo sovrano che viceversa nun commanna mai.
Defatti venne eletto propio lui. Er Somaro, contento, fece un rajo, E allora solo er popolo bestione S’accorse de lo sbajo D’ave’ pijato un ciuccio p’un leone.
Credo in Dio Padre Onnipotente. Ma… ‘Ciai quarche dubbio? Tiettelo per te. La Fede è bella senza li ‘chissà’, senza li ‘come’ e senza li ‘perché’.
In occasione della visita di Hitler a Roma, nel 1938, furono aggiunti imponenti edifici di cartapesta per render l’Urbe ancor più suggestiva, ricca e moderna. Così commentò Trilussa: “Roma de travertino, rifatta de cartone, saluta l’imbianchino, suo prossimo padrone”
La lumachella de la Vanagloria ch’era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: Già capisco che lascerò un’impronta ne la Storia.
Con l’età, tre cose all’omo je crescheno e tre je caleno:
je cresce la voja de fa’ er mandrillo e je caleno le forze…,
je cresce er naso e je cala la vista…,
je cresce l’ucello e je caleno le palle!
Io nun divido gnente co’ nessuno: fo er socialista quanno sto a diggiuno, ma quanno magno so’ conservatore!
La Luna piena minchionò la Lucciola:
– Sarà l’effetto de l’economia, ma quer lume che porti è deboluccio…
– Si – disse quella – ma la luce è mia!
Quando il dittatore parla ed il popolo lo ascolta stando sotto gli ombrelli vuole dire che i tempi veramente non sono belli.
Se insisti e resisti, raggiungi e conquisti.
Er bacio è er più ber fiore che nasce ner giardino de l’amore.
Spesso una cosa stupida si regge perché viene approvata dalla Legge.
Spesso, più che la stima, è la prudenza che ce consija a fa’ la riverenza.
Se invece d’esse matto, fosse rimasto scemo solamente, chi sa che nome se sarebbe fatto!
Fa tanto bene a ripensà a l’amore ne li momenti de malinconia: provi una specie di nun so che sia, come un piacere de sentì dolore.
Così per esse certo d’avè ‘na corte onesta, er Re de la Foresta lo sai che diventò? Re der Deserto.
La serva è ladra, la padrona è cleptomane.
Lo struzzo magna più der necessario perché se crede un alto funzionario.
Quando l’orgoglio pensa: – Non posso -, dice: – Non voglio.
Chi a raccoglier allori non s’adopra, non può sognare di dormirci sopra.
Chi spende tutto quello che possiede economizza il pianto dell’erede.
Il caso ci protegge più di qualunque legge.
Se vôi l’ammirazione de l’amichi nun faje capì mai quello che dichi.
Così, per esse certo d’avè ‘na corte onesta, er Re de la Foresta lo sai che diventò? Re der Deserto.
Anche l’amore è un’arca che salva dal diluvio della vita, ma a tempesta finita non si sa mai la roba che si sbarca.
Ma dove ve ne andate, povere foglie gialle, come tante farfalle spensierate?
Mò me ne vado. (Ultime parole prima di morire il 21 dicembre 1950)