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Il 14 aprile del 2010 avrei voluto scrivere un articolo per festeggiare i cento anni dell’aforista ticinese Carlo Gragnani e invece mi trovo a scrivere adesso sulla sua morte, avvenuta poco prima di Pasqua.
Pensando ad un arco di tempo così lungo, (Carlo Gragnani nasce nel 1910, lo stesso anno di Ennio Flaiano) mi era venuto in mente il famoso detto “l’arte è lunga e la vita è breve” che nel caso di Gragnani poteva essere rovesciato in “l’arte è breve e la vita è lunga”, dove per breve si intende anche la brevità del genere aforistico. Putroppo la morte è più imprevedibile anche del più imprevedibile dei nostri motti.
Nota biografica
Carlo Gragnani nato a Livorno nel 1910, economista e studioso di filosofie orientali, direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale (Washington) dal 1952 al 1960, direttore della sede di Parigi della Banca Commerciale Italiana fino al 1975, ha vissuto a Lugano dal 1983 fino al 2010, anno della sua scomparsa. Si è sempre definito “né italiano né svizzero al 100%, ma uomo di confine” e questo forse spiega, meglio di ogni altra cosa, la sua affinità con l’aforisma, per definizione scrittura dei confini e delle frontiere.
Gragnani pubblica il suo primo libro di aforismi A conti (quasi) fatti, nel 1989, all’età di settantotto anni, e ciò non deve stupire il lettore. A differenza di altri generi letterari, quello aforistico è un genere dove gli esordi avvengono quasi sempre molto tardi: così anziché dei Rimbaud giovanissimi, la storia dell’aforisma ci ha sempre restituito delle voci piuttosto mature. In Polonia Stanislaw Jerzy Lec (quasi coetaneo di Carlo Gragnani, nasce un anno prima, nel 1909) pubblica i suoi famosi Pensieri Spettinati nel 1957, all’età di 48 anni e Altri pensieri spettinati nel 1964 all’età di 55 anni. Roger Judrin, uno dei più importanti scrittori di aforismi francese, anche lui nato nel 1909, pubblica il suo primo libro di aforismi dopo i sessant’anni e da lì non si fermerà più pubblicandone altri quindici fino alla soglia dei novant’anni.
Sembra quasi che solo nell’età della piena maturità l’autore di aforismi riesca ad affinare appieno il dono dell’ironia, e della lucidità e anche della saggezza, tutti ingredienti che compongono questa forma letteraria breve. Come scrive l’aforista spagnolo Fernando Menéndez, “L’aforisma è un genere che nasce con l’età, con il disinganno della vita: è la lotta che secondo Kant invade l’uomo tra l’essere e il pensare”. Gragnani, dopo A conti (quasi) fatti, pubblicherà altre undici sillogi aforistiche scrivendo fin quasi all’età di cent’anni.
Non si può certo affermare che Gragnani sia un autore poco conosciuto nel panorama letterario nazionale. Gesualdo Bufalino ha presentato alcuni aforismi di Gragnani nella raccolta Bluff di Parole, Giuseppe Pontiggia ne ha tessuto un ritratto limpido nelle colonne del Sole 24 Ore, definendolo “un maestro in ombra di aforismi che meritavano la luce”, Gino Ruozzi ha inserito una sessantina di suoi aforismi nella monumentale antologia Scrittori italiani di aforismi e altrettanto ha fatto Anna Antolisei nell’antologia Aforismi URLati, Mario Picchi ne ha parlato sulla colonna di L’Espresso. Lo stesso Gragnani ci scherza sopra quando in un aforisma scrive: “Intervistato alla radio. Assaporo le gioie di una notorietà quasi postuma”.
Quello che invece possiamo rimarcare è che Gragnani è un autore poco letto. Non molti autori sono stati inclini quanto lui a mettere una sorta di immunitaria distanza tra sé e i lettori e ad armarsi di un pudore sensibile e scontroso. Donde lo squisito e snobistico gusto di consegnarsi ad edizioni private o semiprivate, in stampe numerate che hanno reso difficile il reperimento dei suoi libri, pressoché introvabili, anche cercandoli con la lente dell’entomologo presso le librerie antiquarie. Il fatto è che Gragnani, tanto nella vita professionale quanto nella vita letteraria, manifestò il suo desiderio di non apparire, di stare fuori dai compromessi tipici del sistema italiano, di volersi dedicare – nella sempre ricercata solitudine – alle cose che più lo interessavano, come l’economia, la lettura, lo studio e la ricerca dell’animo umano. Quella di Gragnani è una scrittura tutta ritirata, al di qua delle parvenze più divulgabili, nella zona franca delle fiduciose affinità con i pochi amici e conoscenti a cui erano destinate le copie dei suoi libri. “In occasione di visite mensili delle quali ho grande nostalgia. Gragnani leggeva i suoi testi manoscritti, ascoltava le mie reazioni, poi me li affidava. Io li battevo a macchina e predisponevo alla fine il fascicolo presso una tipografia di Milano” ricorda Carlo Sini che ha conosciuto e frequentato l’autore ticinese per quasi mezzo secolo. E Gragnani in un aforisma scrive ironicamente a proposito del pubblico dei lettori: “Ho riletto i miei aforismi: taluni mi sembrano azzeccati. Ce ne sono poi di umoristici. Mi capita così di ridere di ciò che ho scritto. Rido da solo, certo. Ma non sarebbe la prima volta che scrittori si sono rivolti ad un pubblico limitato”; e in un altro: “Appartengo al numero limitato dei miei lettori, un gruppo che stimo molto.(Si fa per dire)”.
se son rose sfioriranno, è un'aforisma che avevo scritto tempo fa pensando fosse originale..quanto mi piace il tuo blog
ero andrea d'urso comunque
Caro Andrea, effettivamente ci sono molti esempi di aforismi identici che sono stati attribuiti ad autori differenti, che neppure si conoscevano tra di loro. Ne parlo anche nel mio articolo sull'aforisma tra ripetizione e originalità.Ti ringrazio per i complimenti al blog. Spero di poter ricambiare presto, quando avrò terminato di leggere la tua raccolta di poesie Occidente Express, anche se delle oltre 195 pagine, dense e narrative come un romanzo e al tempo stesso aforistiche, sono arrivato appena alla metà… precisamente alla poesia "I fantasmi compaiono di giorno", che comincia con una illuminante citazione di Ennio Flaiano.
IN QUESTI AFORISMI (MI RIFERISCO ALLA RACCOLTA COMPLETA CURATA DA cARLO SINI) PREVALE UN’AMAREZZA ASSOLUTA, CHE Dà UN SENSO DI VERTIGINI. AVENDO CONOSCIUTO E FREQUENTATO GRAGNANI(ANNI SESSANTA-SETTANTA), POSSO CONFORTARE IL LETTORE CHE ERA SI’ UN UOMO CAUSTICO E SCETTICO VERSO IL POSSIBILE BENE CHE LA VITA PUò OFFRIRE, MA NON COSì DISPERATO COME PUO’ APPARIRE DA QUESTA RACCOLTA. NON SI ERA DIMENTICATO DI ESSERE DOPO TUTTO UN BUON LIVORNESE.
DICO QUESTO A DIFESA DELL’UOMO, NON A COMMENTO DELLE SUE QUALITà DI SCRITTORE.
La forma breve, in questo caso l’aforisma, è come un’ombra, uno schizzo, un profilo, con un pieno e un vuoto e un ampio margine di indefinibilità. Raramente è autobiografico, limitandosi piuttosto a fornire una sfaccettatura dell’autore. Comunque dalla letttura degli aforismi di Gragnani io ho ricevuto l’impressione di una bella persona, al di là del suo scetticismo verso il mondo.
La ringrazio infine per il ricordo personale che ha voluto portarci in testimonianza.
In un caldo agosto di molti decenni fa, Carlo Gragnani ricevette una telefonata che per qualsiasi altro funzionario di banca, seppure importante quanto lo era lui a quel tempo, sarebbe stata considerata assai gratificante. Gli si offriva una prestigiosa poltrona alla guida di una delle più importanti Istituzioni bancarie del nostro Paese. Per lui invece fu, sostanzialmente, una scocciatura. Infatti, dopo averci pensato qualche giorno, declinò cortesemente l’offerta. Senza alcun rimpianto e senza avere provato quell’ ebrezza così “mondana” di fronte a tele eccezionale prospettiva . Questo piccolo episodio dà in parte l’idea di come era Gragnani. Il suo desiderio di non apparire, di stare fuori dai compromessi tipici della sistema italiano, anche di quel tempo, la sempre ricercata solutudine, il volersi dedicare alle cose che più lo interessavano, come l’economia, la lettura, lo studio e la ricerca dell’animo umano, sono espressioni del suo atteggiamento verso le cose di questo mondo. Non per questo non ne fu scrutatore intimo e severo; per taluni aspetti anche intransigente, ma sempre con una mano tesa verso le fragilità dell’uomo, qualora queste fossero genuinee e ” in buona fede”.
E’ vero, negli scritti che lascia ci appare certamente distaccato dalle comuni emozioni che l’essere umano prova di fronte alle vicessitudini della sua esistenza, così come nella vita di tutti i giorni. Ma poteva capitare che nelle conversazioni, attravesro quel suo sguardo vivissimo e nei suoi occhi intelligenti si percepisse una partecipazione umana al fatto di cui si discuteva. E un suo parere, che egli dava alla fine senza mai adoperare una parola di troppo, era sempre considerato dagli interlocutori sempre molto prezioso.
Gragnani possedeva una conoscenza impressionante delle più svariate materie. Raramente lo si poteva sorprendere su cose che non gli fossero già note. Egli fu sì un economista, ma prima di tutto direi che fu un umanista. Certo gli fu di insegnamento la frequentazione assidua con Luigi Einaudi prima e Raffaele Mattioli poi. Ma senza dubbio aveva già in sè una forte dose di intelligente ironia, una profonda curiosità del perchè delle cose e riluttanza verso la superficialità degli attegiamenti umani. Quell ‘ironia che credo rispecchiasse uno dei tratti distintivi del suo essere livornese; mai perduta negli anni, direi invece raffinata con il loro passare.
Poche persone hanno avuto il privilegio di condividere con lui lo scorrere della vita. Una fra tutte, e forse la più importante, fu sua moglie. Che lo lasciò dopo una lunga malattia molti anni fa, poco tempo dopo che si trasferirono da Parigi a Lugano. Credo che questa perdita fu davvero uno dei pochi fatti della vita che lo lasciarono disarmato.
Dispiace che siano poche le persone che possano tramandare il suo insegnamento e che sia stato scoperto solo in tarda età come aforista. A lui sono certo poco importava e forse avrebbe considerato il caso contrario anche questa….una bella scocciatura.
Grazie per questo bellissimo ricordo.