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Il monologo a Sanremo e le frasi più belle di Giovanni Allevi

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Giovanni Allevi (Ascoli Piceno, 9 aprile 1969) è un compositore e pianista italiano di fama internazionale, scrittore e filosofo, “una di quelle persone che sa meravigliare e sa meravigliarsi e che con la sua musica ha incantato milioni di fan in tutto il mondo”, come ha detto di lui Amadeus sul palco di Sanremo. Una terribile malattia lo ha costretto ad abbandonare le scene e a mettere la sua attività musicale in pausa.

Presento il monologo di Giovanni Allevi a Sanremo 2024 e le frasi più belle del celebre compositore italiano. Tra i temi correlati 100 frasi, citazioni e aforismi sulla musica e Frasi, citazioni e aforismi sul pianoforte.

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Giovanni Allevi a Sanremo 2024, il monologo sulla malattia, il dolore e i doni inaspettati (il testo integrale)

All’improvviso mi è crollato tutto. Non suono più il pianoforte davanti a un pubblico da quasi due anni. Nel mio ultimo concerto, alla Konzerthaus di Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello. E non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima. Ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo

Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare. Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni. Quali? Vi faccio un esempio… Non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Come una poltrona vuota?! Mi sono sentito mancare! Eppure, quando ero agli inizi, per molto tempo ho fatto concerti davanti a un pubblico di quindici, venti persone ed ero felicissimo! Oggi, dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a quindici persone. [Applauso lunghissimo] I numeri… non contano! Sembra paradossale detto da qui. Perché ogni individuo, ognuno di noi, ognuno di voi, è unico, irripetibile e a suo modo infinito.

Un altro dono! La gratitudine nei confronti della bellezza del Creato. [Applauso lunghissimo] Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanze d’ospedale. Il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto, e se ci sono le nuvolette intorno è ancora più bello. Un altro dono. La gratitudine, la riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. [Applauso lunghissimo] La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlarvi. La riconoscenza per il sostegno che ricevo dalla mia famiglia. La riconoscenza per la forza, l’affetto e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti, [applauso], i guerrieri, così li chiamo. Magari cerchiamo un altro termine, ma non mi viene in mente niente. E lo sono anche i loro familiari, e lo sono anche i genitori dei piccoli guerrieri. Ora come promesso, vi ho portato tutti con me sul palco. Anime splendenti, esempio di vita autentica. Prima di andare all’ultimo dono, facciamo loro un applauso [applauso lunghissimo].

Ancora un dono, ma quanti sono. Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. E come intuisce Kant alla fine della Critica della Ragion Pratica, il cielo stellato può continuare a volteggiare nelle sue orbite perfette, io posso essere immerso in una condizione di continuo mutamento, eppure sento che in me c’è qualcosa che permane! Ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono. Voglio andare fino in fondo a questo pensiero. Se le cose stanno davvero così, cosa mai sarà un giudizio dall’esterno? Voglio accettare il nuovo Giovanni. [si toglie la cuffia e mostra la folta chioma grigia]. Come è liberatorio essere se stessi.

Per onorare la vostra attenzione e il tuo gentile invito, e per dare forza e speranza alle tante persone che come me stanno lottando contro la sofferenza, suonerò di nuovo il pianoforte davanti a tutti. Mi sembra di intuire che siamo più di quindici. Attenzione però, ho due vertebre fratturate, la D10 e la L1, adesso conosco anche il nome tecnico. E ho anche tremore e formicolio alle dita. Nome tecnico: neuropatia. Però, come dissi in quell’ultimo concerto a Vienna, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l’anima. [Applauso lunghissimo] “Dopo due anni il maestro Giovanni Allevi rimette le mani sui tasti del pianoforte. Per noi questo è un regalo immenso. Posso chiederti cosa ci suonerai?” chiede Amadeus.
Giovanni Allevi risponde: “Il brano si intitola Tomorrow, Domani, perché per tutti noi ci sia sempre ad attenderci un giorno più bello”.
Giovanni Allevi suona Tomorrow.
[Applauso lunghissimo]

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La musica in testa, 2008

La Musica viene a trovarmi all’improvviso.

Solo dita, fantasia e un pianoforte. L’essenziale.

Le persone in viaggio verso il proprio sogno vanno sempre protette.

Il pianoforte reclama l’abbandono: esso non vuole essere suonato, ma è lui che vuole suonare tramite il pianista. L’esecutore abbandonato al suo strumento diviene egli stesso strumento, in un gesto impersonale e per questo totale, e la Musica, misteriosamente, inizierà a sgorgare, fresca e leggera.

Quando arrivo in teatro, lo vedo finalmente, lì sul palco: il pianoforte, la sola voce attraverso cui il mio mondo interiore può trovare espressione.

Non bisogna mai aver paura di rompere le regole, se è il nostro cuore a chiederlo. Mai temere di destabilizzare un sistema: è nella sua natura la necessità di cambiare. Ma soprattutto bisogna sempre trovare il coraggio di esporsi, di osare, di mettersi in gioco: è un dovere dell’artista!

È meraviglioso come la musica abbia la possibilità di salvarci dall’irrigidimento, dalle convenzioni a cui tutti andiamo incontro e farci tornare uno stupore incantato nei confronti delle cose.

La Musica è per me un’entità che possiede uno statuto ontologico: è cioè dotata di una vera essenza che la rende indipendente. Per questo la definisco la strega capricciosa che mi chiede una dedizione assoluta.

Poi rifletto sulla parola. Panico è Pan, il dio Tutto. Il Tutto.
All’improvviso mi è chiaro che il panico non è l’incontro con un vuoto paralizzante, ma è l’esperienza del nostro tutto, della dirompente energia creativa che è dentro ognuno di noi! Sono stato travolto dal tutto, dal troppo, da un’emozione incontenibile, proprio nel momento in cui mi sono fermato.

Vorrei dire che è bello l’errore, che è bello sbagliare, semplicemente perché da esso si può imparare qualcosa.
L’errore è l’imprevista rottura di una serie: non è meraviglioso?

Quando un uomo non pensa il suo rumore principale diventa quello del cuore e del respiro, uniti insieme in una straordinaria poliritmia ancestrale. Due cicli discordi interagiscono, creando curve nuove e irregolari, parabole vertiginose o piane, che alimentano il fuoco dell’emozione. Un motore che ha due pistoni diversi, un elastico che si tende continuamente da più parti, assumendo strane forme, una trottola mal bilanciata che inventa, finché è in equilibrio, evoluzioni circensi.

Basta ricordare che siamo fatti di acqua calda, che siamo soffici, liquidi ed elastici.
L’abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perché sempre ossessionati dal controllo a tutti i costi dei particolari.
L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza. Come dire: è così chiassosa la storia, nell’infinito silenzio universale, che è inutile aggiungere altro rumore.

L’emozione è il linguaggio attraverso cui si comunica con sincerità, mettendosi a nudo, senza timore di mostrarsi fragili e indifesi, perché la fragilità è la nostra forza, in un mondo trascinato dalla ragione verso la competizione estrema.
Allora vorrei che il nucleo caldo delle emozioni, dei sogni e dei desideri di ognuno fosse protetto, mai giudicato, lasciato libero di esprimersi e di creare nel mondo dei cambiamenti sconvolgenti, così come è accaduto a me.

Noi sottovalutiamo la potenza della passività; e ci ostiniamo a opporre la nostra energia a quella dell’intero universo.
Invece, se impariamo a fare silenzio, saremo in grado di cogliere l’eterna danza che ci circonda.

Non bisogna mai avere paura di mostrare la propria fragilità, avere pudore per la sofferenza, che accomuna tutti gli esseri umani.

Il nocciolo dell’umanità è l’essere imperfetti. E allora basta con la perfezione! Noi siamo esseri imperfetti e per questo straordinariamente belli!

Adoro il pianoforte: perché sublima la mia imperfezione.

Il pubblico è quell’insondabile atto finale della creazione artistica.

Il conservatorio è per definizione un luogo di conservatori.

L’Accademia deve trovare la forza di cambiare dal suo interno, affrancarsi dalla sicurezza del contatto con il passato glorioso e spalancare le finestre della torre d’avorio, per ristabilire un contatto con il mondo.

Credo che il successo non dipenda dai numeri, dalle copie vendute, dagli applausi, ma dalle domande. Ciò che è veramente importante non crea un immobile consenso, ma discussione e curiosità verso il nuovo. E il nuovo ha successo quando è discusso.

Il presente è sempre fresco e inedito, ogni secondo della nostra attuale esistenza non è stato ancora mai vissuto e ogni momento è l’occasione per creare qualcosa di nuovo.

Il mondo non è fatto in un unico modo. Non è così come lo descrivono, non è bello o brutto, generoso o avaro. Tutto dipende da come lo si vede e dalle domande che sappiamo porgli, da ciò che da esso vogliamo fortemente.

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Revoluzione: Innovazione, follia e cambiamento, 2020

Kitai, dicono i giapponesi, attesa. Ciò che è bello si fa sempre attendere, mentre ciò che di bello arriva subito, subito se ne va.
Ogni vera rinascita ha bisogno di tempo.

Non cercare il consenso. I grandi non se ne sono mai curati. Essere incompresi è inevitabile: spesso chi sta in disparte sarà in grado un giorno di indicare la strada a molti.

Sii coraggioso. È necessario che tu persegua i tuoi sogni con passione ardente, anche se tutto sembra remare contro. La tua arte, se sincera e profonda, non lascerà indifferenti.

Vivi! Innamorati, sii rifiutato almeno una volta, passa una notte a guardare la luna, parla con gli oggetti, incontra lo sguardo di una estranea. Ogni vera opera d’arte cattura il tormento della vita vissuta, gli slanci, le notti insonni, l’amore bruciante; solo così riesce a parlare al cuore.

Studia. Se è necessario, giorno e notte! Solo comprendendo ciò che è alle nostre spalle riuscirai a esplorare spazi incontaminati.

Cerca il sublime. Non fermarti al contingente, scrivi una musica che vada oltre le aspettative, più in profondità, più in alto possibile.

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Le regole del pianoforte. 33 note di musica e filosofia per una vita fuori dall’ordinario, 2021

Essere artisti significa toccare l’abisso e metterlo in comunicazione con la realtà quotidiana.

Si può regalare luce solo a partire dal buio.

Sii folle, ribelle, entusiasta, ma non dimenticare mai il buio che hai dentro, non perdere il contatto con l’origine della tua forza creativa e con ciò che ti accomuna all’essenza del genere umano: la fragilità.

Dobbiamo incontrare i nostri demoni. Scendi nel tuo abisso per conoscere chi sei veramente.

L’artista porta sulle sue dita tutta l’angoscia del mondo e la trasforma in luce accecante. Questo è il suo dovere.

Il Pianoforte non è soltanto uno strumento musicale, è un’Arte Marziale, uno specchio in cui puoi vedere te stesso e scoprire aspetti della tua anima che non immaginavi.

Davanti al pianoforte vai incontro ai tuoi draghi, puoi scoprirti seduttore, dolcissimo, aggressivo, silenzioso. Puoi comprendere che l’infinito è fuori e dentro di noi, puoi sentire tutto il dolore del mondo o stordirti in visioni celesti.

Suonare il pianoforte è un gesto totalizzante, che coinvolge ogni parte di noi, ogni muscolo, tendine, ma anche la nostra passionalità, le speranze, le delusioni, la nostra anima.

La Musica si spande oltre i confini, parla ai fiori, alle piante, al vento; la Musica è donna; la Musica supera l’attimo presente per guadagnare l’eternità, grazie a lei ritroviamo noi stessi e facciamo esperienza del divino in fondo alla nostra anima.

Suonare al cuore di una sola persona significa essere al cospetto dell’infinito.

Io credo che il senso del vivere non sia il controllo; ritengo invece che sia giusto farsi travolgere.

La musica ha il grande potere di far risuonare in noi quella serenità, quel senso di certezza a cui aneliamo…

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In viaggio con la strega, 2008

Io sono piccolo, fragile, indifeso. Posso sbagliare, commettere errori, anche per ingenuità, leggerezza. Allora, prendo tutto me stesso e mi abbandono all’universale fluire delle cose, perché in fondo sono solo un minuscolo granello dell’universo. Affido a Dio queste mie paure. E se davanti alla sua onnipotenza, riesco a riconoscere la mia infinita piccolezza, cosa mai può essere la mia ansia, o la mia paura del futuro, cosa potrà mai farmi la sofferenza?

Ho sentito la necessità di scrivere e affermare una nuova musica classica contemporanea, che prenda le distanze dalle correnti precedenti già consolidate e recuperi un’inedita sensibilità europea. Questo lavoro porterà alla ribalta una figura ormai completamente sconosciuta all’immaginario collettivo: il compositore puro.

Il futuro non è nella spiegazione, ma è nell’incanto del non sapere. Davanti all’universo, alla musica, all’esistenza, semplicemente mi arrendo.

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Giovanni Allevi – Frasi e citazioni da interviste

Ho composto ‘Tomorrow‘ che presento all’Ariston. Il senso della composizione nasce dal fatto che quando c’è incertezza sul futuro bisogna godere al massimo il presente. È come se avessi strappato una manciata di anni. Con ‘Tomorrow’ non intendo un futuro lontano, ma un presente allargato con la speranza che domani ci sia per tutti noi attenderci un giorno più bello.

Purtroppo il mieloma che ho è una neoplasia cronica quindi non si vince mai questa battaglia. Infatti non sono qui per festeggiare nulla e allora cosa significa la mia presenza qui? La gioia immensa di vivere il presente perché se qualcuno qualche mese fa, mentre facevo le flebo, mi avesse detto che sarei stato qui a Sanremo a parlare con voi non ci avrei creduto.

La musica è una strega capricciosa, una donna bellissima che mi regala una manciata di note e poi fugge via.

Ho rubato qualcosa a tutti i grandi e alla fine ho capito di aver creato un mio stile originale. Ho copiato la posizione eretta che conferisce autorevolezza da Riccardo Muti, il modo deciso di portare il tempo di Arturo Toscanini, la passione e il trasporto da Daniel Oren e la capacità di dirigere gli orchestrali anche con uno sguardo di Leonard Bernstein.

A Beethoven manca il ritmo. Quello lo possiede Jovanotti.

Credo che portare un pubblico di giovani davanti a un’orchestra sinfonica oggi sia rivoluzionario, penso sia un modo per rimettere gli strumenti classici in contatto con la società.

Non posso entrare in molti Conservatori italiani, mi dispiace ricevere a volte le contestazioni degli studenti che li frequentano, mi dispiace sapere che non potrò varcare le loro porte, ma so che la cosa importante è raggiungere il cuore della gente.

Io vado a Pechino per affermare con risolutezza la convinzione che l’arte può guarire il mondo e portare luce dove c’è ombra.

Nei concerti di piano solo si crea un particolare feeling di intimità con il pubblico, mentre quando entra in gioco un’orchestra c’è un’esplosione estroversa di suoni.