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Le frasi più belle di John Cheever

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John Cheever (Quincy, 27 maggio 1912 – Ossining, 18 giugno 1982) è stato uno dei più grandi scrittori americani. Cheever ha scritto diversi romanzi, ma è diventato famoso soprattutto per i suoi racconti che gli hanno fatto ricevere l’appellativo di “Čechov dei sobborghi”.

John Cheever era un uomo pieno di contraddizioni: amava la moglie e i figli, ma si sentiva profondamente solo; amava le donne, ma amava anche gli uomini; si odiava perché aveva il vizio di bere, ma per gran parte della vita non riuscì a smettere.
Nei suoi libri i temi centrali sono la fragilità, la precarietà, la franchezza, l’allegria, la disperazione, la ricerca dell’istante perfetto e la nostalgia per ciò che si è perduto.

Nel film del regista Paolo Sorrentino, Parthenope, lo scrittore John Cheever, interpretato dall’attore Gary Oldman, compare in una scena del film ambientato a Capri.

Presento una raccolta della frasi più belle di John Cheever. Tra i temi correlati Le frasi più belle di Francis Scott Fitzgerald e Le frasi più belle di Ernest Hemingway.

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Le frasi più belle di John Cheever

Il problema è stato: troppo gin, troppo fumo, troppe cagate di tutti i tipi. Così mi preparo un cocktail e mi accendo una sigaretta.

L’essenza della sua bellezza era il disincanto.

Per gli amanti, il tocco è metamorfosi. Tutte le parti del loro corpo sembrano cambiare e sembrano diventare qualcosa di diverso e migliore.

Sono sempre stata l’amante, mai l’amato, e ho trascorso gran parte della mia vita ad aspettare treni, aerei, barche, passi, campanelli, lettere, telefoni, neve, pioggia, tuoni.

I pianerottoli erano sporchi e le pareti spoglie. Quella scala mi portò sul balcone, e rimasi seduto lì al buio, pensando che niente ormai mi avrebbe salvato, che nessuna bella ragazza dalle scarpe nuove avrebbe fatto in tempo a incrociare il mio cammino.

Tornando con la corriera ero seduto vicino a un’attrice danese, carina. Volevo chiederle questo e quello, per mandarle almeno una copia del romanzo, ma ho temporeggiato e lei è scesa alla stazione dei treni, all’improvviso, e non sono riuscito a scoprire come si chiamava. Tornato in albergo ho preso un whisky liscio, e mentre me ne stavo sul balcone col mio bicchiere, a guardare un lotto vuoto, un edificio non terminato, e le gru e i macchinari al porto, ho sospirato, ho spasimato, sembravo innamorato, e basta, fine dell’incapricciamento.

Quando ricordo la mia famiglia, ricordo sempre le loro spalle. Se ne andavano sempre indignati. È così che li ricordo, diretti verso un’uscita.

La finzione è arte e l’arte è il trionfo sul caos… per celebrare un mondo che si estende intorno a noi come un sogno sconcertante e stupendo.

La letteratura è stata la salvezza dei dannati, ha ispirato e guidato gli amanti, ha sconfitto la disperazione e forse, in qualche caso, può aver salvato il mondo.

La gioia profonda che proviamo in compagnia di persone di cui ci siamo appena innamorati è innegabile.

Come può un popolo che non intende comprendere la morte sperare di comprendere l’amore.

Ho sempre avuto nostalgia di paesi in cui non sono mai stato e desideravo ardentemente essere dove non potevo essere.

Per me una pagina di buona prosa è dove si sente la pioggia. Una pagina di buona prosa è quando si sente il rumore della battaglia.

Una pagina di buona prosa resta invincibile.

La paura ha il sapore di un coltello arrugginito e non devi lasciare che entri in casa tua.

Percepiva vagamente la pietosa corruzione del mondo degli adulti; quanto fosse crudele e fragile, come un pezzo di tela di juta consumato, rattoppato con stupidaggini ed errori, inutile e brutto, e tuttavia loro non ne vedevano mai l’inutilità.

Tutti noi alla fine di una stagione ci siamo allontanati, in treno o in barca, dai luoghi che più abbiamo amato, ma non succede mai che nel momento della separazione un tumulto di immagini precise e brillanti ci scorra nella mente come se stessimo sul punto di annegare.

La cosa meravigliosa della vita sembra essere che alla fine usiamo solo una parte infinetisimale del nostro potenziale autodistruttivo. Magari lo desideriamo, magari è ciò che sogniamo, ma basta un raggio di luce, un cambio del vento per dissuaderci.

La saggezza è la conoscenza del bene e del male, non la capacità di scegliere tra le due cose.

Non posso scrivere senza lettori. È come un bacio: non te lo puoi dare da solo.

Le uniche certezze che ho sono l’importanza dell’amore, l’odore di fritto e la musica della pioggia.

Si chiese perché un essere umano si dovesse sentire, in un mondo nel quale doveva pur vivere, tanto sradicato e miserabile.

Il mio errore è stato quello di sopportare un matrimonio insopportabile. Il mio debole per gli interni piacevoli e le voci dei bambini mi ha portato alla distruzione. Avrei dovuto rompere questo contratto anni fa e scappare con una bella che fosse sana di mente. Devo andare, devo andare, ma poi vedo mio figlio nel frutteto e capisco che non ho nessuna libertà di fronte a lui.

La narrativa è fatta per illuminare, per far esplodere, per rinnovare.

Chi legge i racconti?, ci si chiede, e mi piace pensare che li legano uomini e donne nello studio dentistico, in attesa di essere chiamati alla poltrona; che li legano durante i viaggi aerei transcontinentali invece che guardare film banali e volgari che scandiscono il tempo tra le nostre coste; che li legano uomini e donne perspicaci e informati che sembrano convinti che la narrativa possa contribuire alla comprensione reciproca del mondo.

C’è l’euforia, la sensazione che la vita non sia niente di più di ciò che appare, luce e acqua e alberi e persone piacevoli che rischiano di andare in mille pezzi per colpa di un collo, di una mano, di un’oscenità scritta sulla porta del gabinetto. C’è sempre, da qualche parte, questo accenno di aberrante carnalità.

Credo di poter arrivare alla conclusione che la vita, così come ci passa davanti agli occhi, sia una forza creativa – che le cose vengano messe una sopra l’altra con un senso – che ciò che perdiamo in uno scambio sia più che ricompensato da quello successivo, che siamo soltanto noi, soltanto i nostri pietosi fraintendimenti a creare le condizioni per la disonestà, le tenebre e la rabbia.

Non comprendo l’oscenità capricciosa della mente che dorme.

Solo il mangiatore d’oppio comprende davvero il dolore della morte.

Lo scrittore coltiva, espande, alleva e gonfia la propria immaginazione, sicuro che sia il suo destino, il suo scopo, il suo contributo alla comprensione del bene e del male. Nel gonfiare la propria immaginazione, gonfia anche la sua tendenza al male. Mentre gonfia la sua immaginazione, gonfia la sua tendenza all’ansia, e inevitabilmente diventa vittima di fobie annichilenti che si possono alleviare solo con dosi letali di eroina o di alcol.

Quando il principio dell’autodistruzione si insinua nel cuore non è più grande di un granello di sabbia.

Era la sua memoria che vacillava, o era il fatto che avendola esercitata a rimuovere i ricordi sgradevoli, il suo senso della realtà era ora offuscato?

Perché amava tanto i temporali, perché lo eccitava il rumore delle porte spalancate dal vento e delle folate di pioggia che spazzavano violentemente le scale di casa?

Perché le prime note cristalline di un vento di tempesta avevano per lui il suono inconfondibile delle buone notizie, dell’allegria, della lieta novella?

La mente stessa è una stanza talmente smisurata e labirintica che ci fa immaginare le cose più grandi di quelle che sono in realtà.

Era una di quelle donne di mezza età all’apparenza benestanti la cui vacuità intellettuale ha un sentore di tragedia.

Era una di quelle domeniche di mezza estate in cui tutti se ne stanno seduti e continuano a ripetere: “Ho bevuto troppo ieri sera”.

Gli amanti, in particolare gli amanti clandestini, posseggono le cose dei loro spasimanti con un’autorità che è sconosciuta nel sacro vincolo del matrimonio.

Non puoi pretendere di comunicare con nessuno se sei noioso.