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Luigi Veronelli (nato a Milano il 2 febbraio 1926 e morto Bergamo il 29 novembre 2004) è stato uno dei massimo critici e degustatori di vini del Novecento.
Luigi Veronelli ha inventato la critica enologica italiana: è stato il primo a parlare dei vini in modo non solo letterario (strada già avviata da Mario Soldati, Paolo Monelli, Piero Accolti…) ma in modo concreto e preciso, basando le sue descrizioni su innumerevoli assaggi.
Leggendaria è la cantina che Veronelli mise assieme nel corso degli anni, che in alcuni momenti – con il critico in vita – ha sfiorato le 70mila bottiglie, italiane e straniere
Presento una raccolta di frasi di Luigi Veronelli sul vino e la gastronomia. Tra i temi correlati Frasi, citazioni e aforismi sul vino e Frasi, citazioni e aforismi sulla vendemmia.
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Frasi di Luigi Veronelli sul vino e la gastronomia
Il vino è il canto della terra verso il cielo. Ha i suoi tenori e i soprano, contadini – agricoltori se volete – e contadine che lavorano le vigne e ne vinificano le uve, con tutta la fatica, l’intelligenza e la passione che vigna e vino esigono.
Ogni volta che vedo una vigna mi piego e la bacio come una bella donna.
La vita è troppo corta per bere vini cattivi.
Il vino, dopo l’uomo, è il personaggio più capace di racconti.
Vini e cibi sono come noi, uomini e donne, amici miei, amiche mie paritarie: quasi mai monogami.
Il vino va bevuto per questo miracolo. Spinge l’intelligenza alle cose migliori.
Nelle mie vene, non sangue, vino scorre.
Se non ami il vino, se non sei disposto a riconoscerlo amico, non leggermi.
Il peggior vino contadino è migliore del miglior vino d’industria.
Mia vecchia testardaggine: essere i vini contadini migliori. Piccolo il podere, minuta la vigna, perfetto il vino.
Tutti esperti nel vino… ma in quanti camminano nei vigneti.
Il sapore di un cibo, quasi sempre, scopre le qualità di un vino e le esalta. A loro volta le qualità di un vino completano il piacere di un cibo e lo spiritualizzano.
I vini bevibili soprattutto con amore sono come le belle donne, differenti, misteriosi e volubili, ed ogni vino come una donna va preso. Comincia sempre col rifiutarsi con garbo o villania, secondo temperamento e si concede solo a chi aspira alla sua anima, oltre che al suo corpo.
Vi è qualcosa che sfugge, qualcosa che solo noi conosciamo, con cui solo noi comunichiamo, noi che amiamo il vino: la sua anima.
L’acqua serve a molte e meritevoli cose; a tavola ad una sola: quando cambi bottiglia, bevi un sorso d’acqua fredda e sbocconcella un morso di pane.
Dopo l’uomo, subito dopo e prima d’ogni animale, è il vino ispiratore di cultura.
La gastronomia si rivolge allo spirito di chi mangia perché sia indotto a raccogliere ed esaltare le sensazioni del gusto. Essa è l’arte del gusto come la musica è l’arte dell’udito,
La gastronomia ha i suoi artefici, i cuochi, ed i suoi critici, i buongustai, e come ogni arte richiede ai suoi seguaci qualità elettive e meditato studio
La gastronomia è l’atto del giudizio che separa ciò ch’è materialmente buono da ciò che buono non è.
Un aspetto in particolare mi ha affascinato: il continuo legame che unisce il vino al concetto di libertà. In ogni secolo il popolo riconosce nel vino uno dei simboli della sua emancipazione.
Il vino ha origine dalla pianta simbolica, la vite. E’ coltivato, e non fabbricato come le cose inerti.
Lui vino, io uomo, capaci di dialogare.
Vivere è comunicare, comunicare è vivere.
L’agricoltura e il turismo sono le armi migliori per lo sviluppo e l’affermazione della nostra Italia.
La natura, nella sua infinita sapienza, ha tutto previsto perché l’uva, se è sana, se è colta al punto esatto, si trasformi in vino con il minimo aiuto dell’uomo; aiuto che deve favorire i fenomeni naturali e non alterarli.
Vi sono vini superbi che m’han fatto sognare sghembo, per ciò stesso ancor più amati.
Il vino trasferisce la sua anima in chi lo onora bevendolo.
Bevi il vino con rispetto, “lui” ti diverrà amico e ne avrai, solo, gioia e salute.
Il vino è un valore reale che ci dona l’irreale.
Se dovessi sottolineare la cucina di Napoli, anzi sintetizzarla con un solo aggerrivo, unico, esclusivo, totale: solare esclamerei.
La cucina ligure ama il mare almeno quanto lo teme e lo rispetta, e dalla terra si distacca – è necessario navigare – ed alla “sua” terra ritorna con disperato desiderio.
Il più nobile sentimento dell’uomo è la riconoscenza. Che non esiste.
Siamo di fronte a un mutamento sociale di proporzioni inaudite. Fallito il tentativo di schiavizzare l’umanità con la violenza, è in atto quello di schiavizzarla con la finanza. La terra è l’unico reale baluardo in grado di contrapporsi e far fallire il proposito
Se vi sono una bevanda ed un cibo vecchi – che sentono e sanno di vecchio – questi sono proprio la coca cola e l’hamburger. L’uno e l’altra monotoni e statici. L’uno e l’altra tuttavia esaltati come fossero prediletti dai giovani, nel futuro dei giovani.
È l’esigenza della qualità, soprattutto alimentare, che ci rende più forti e capaci di opporci alla massificazione ed alla protervia globalizzante.
Cercano d’imporci – la suadenza, la musica, i comici, il cinema, quant’altro – le scelte quantitative. Tu, giovane, fai opera di eversione e di sovversione, esigendo per te e per i tuoi compagni, la qualità.
Io credo che voi ragazzi abbiate la possibilità reale di interrompere la corsa efferata verso la catastrofe, proprio con i gesti attenti ad una rispettosa e consapevole coltura della terra.
Strade ne ho corse tante, battuto borghi e vigneti, bevuto vini, assaporato cibi, concupito femmine e chiese, palazzi, luoghi.
Le guerre, le violenze, le tragedie continueranno sino a che esisteranno fedi che non siano la sola fede dell’uomo per l’uomo.
Sobrio non è colui che si priva di qualcosa, ma chi conosce che cosa conviene alla sua natura e alla sua cultura.
Ho visto anche Pelé, all’eleganza di Meazza non è arrivato. Una volta, all’Arena, gli vidi fare uno stop in rovesciata a due metri da terra: atterrò col pallone incollato, saltò l’avversario ipnotizzato e andò a infilare il portiere con quei suoi passaggi in porta millimetrici e beffardi.
Vivere e far vivere senza dignità è la pretesa – assurda e «satanica» – di estendere la morte.”
Sono un anarchico angelo di Chagall.