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Filippo Tommaso Marinetti (nato ad Alessandria d’Egitto il, 22 dicembre 1876 e morto a Bellagio, nell’attuale Hotel Excelsior Splendide, sul lago di Como, il 2 dicembre 1944,) è stato un poeta, scrittore, drammaturgo e militare italiano. È conosciuto soprattutto come il fondatore del movimento futurista, la prima avanguardia storica italiana del Novecento.
Il 20 febbraio 1909, sul prestigioso quotidiano francese Le figaro, Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del futurismo rompendo con i vecchi valori dell’arte.
Attorno a Marinetti nasceva un movimento che organizzava e faceva germogliare dei semi già presenti nella letteratura e nelle arti di inizio Novecento: la rivoluzione era quella di guardare al futuro, al progresso, all’esaltazione delle macchine, abbandonando il “chiaro di luna nostalgico, sentimentale e lussurioso”.
I punti principali del Manifesto del futurismo sono poi quelli che porteranno i Futuristi ad entrare in guerra, a schierarsi per l’interventismo: amore del pericolo e dell’eroismo, audacia e ribellione, aggressività, fervore, lotta, violento assalto, guerra, rivoluzione.
In un successivo manifesto, il Manifesto tecnico della letteratura futurista dell’11 maggio 1912 Marinetti afferma la nuova rivoluzione: è tempo di farla finita con la sintassi tradizionale, per passare alle “Parole in libertà”.
Le parole in libertà sono una tecnica poetica espressiva del tutto nuova, in cui è distrutta la sintassi, abolita la punteggiatura e si ricorre anche ad artifici verbo-visivi.
Presento una raccolta di frasi e citazioni di Filippo Tommaso Marinetti. Tra i temi correlati Frasi, citazioni e aforismi di Gabriele D’Annunzio e Frasi, citazioni e aforismi sull’avanguardia.
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Frasi e citazioni di Filippo Tommaso Marinetti
Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!
Abbiate fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la speranza.
Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
Questa famiglia provinciale col suo matrimonio ipocrita, il prete lurido custode, gli scorpioni del moralismo a tutte le crepe dei muri, bisogna al più presto col fuoco annientarla.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche.
La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
La magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.
Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.
La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
La Guerra è la sintesi culminante e perfetta del progresso (velocità aggressiva + semplificazione violenta degli sforzi verso il benessere).
La guerra sta all’uomo come la maternità alle donne.
La Guerra è un’imposizione fulminea di coraggio, di energia e d’intelligenza a tutti.
La Guerra ringiovanirà l’Italia, l’arricchirà d’uomini d’azione, la costringerà a vivere non più del passato, delle rovine e del dolce clima, ma delle proprie forze nazionali.
Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare
spazio con un accordo tam-tuuumb
ammutinamento di 500 echi per azzannarlo
sminuzzarlo sparpagliarlo all’infinito
Nel centro di quei tam-tuumb
spiaccicati (ampiezza 50 chilometri quadrati)
balzare scoppi tagli pungi batterie tiro.
(dalla poesia Bombardamento)
Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!.. Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile.
Diamoci in pasto all’Ignoto, non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi pozzi dell’Assurdo!
Abbiate fiducia nel progresso: ha sempre ragione anche quando ha torto.
Poeti, pittori, scultori e musicisti futuristi d’Italia! Finché duri la guerra, lasciamo da parte i versi, i pennelli, gli scalpelli e le orchestre! Son cominciate le rosse vacanze del genio! Nulla possiamo ammirare, oggi, se non le formidabili sinfonie degli shrapnels e le folli sculture che la nostra ispirata artiglieria foggia nelle masse nemiche.
Già per troppo tempo l’Italia e stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.
E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli!… Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!… Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!…
Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un’urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione.
Musei: cimiteri!… Identici, veramente per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono.
Musei: dormitori pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e scultori che vanno trucidando si ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo le pareti contese!
Il mondo è fradicio di saggezza.
Bisogna liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquarii.
Queste due malattie italiane: l’avvocato e il professore.
Volete dunque sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione dei passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?
Scrivere? A che pro? Dov’è l’editore? Certo non pagherà, anzi vorrà essere pagato. Nei giornali? Il direttore è stato prescelto fra i quattro o cinque autentici cretini della città.
[Su Gabriele D’Annunzio] Un cretino con dei lampi di imbecillità.(Per contro D’Annunzio definì Marinetti “una nullità tonante” e “un cretino fosforescente”)
Pirandello è quella cosa
che sciorina le commedie.
Noi dormiamo sulle sedie
e lui resta a sciorinar.
Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
I nostri padri simbolisti avevano una passione che noi giudichiamo ridicola: la passione delle cose eterne, il desiderio del capolavoro immortale e imperituro. Noi consideriamo invece che nulla sia basso e meschino quanto il pensare all’immortalità nel creare un’opera d’arte.
L’Idea di patria annulla l’idea di famiglia. È un’idea generosa, eroica, dinamica, futurista, mentre l’idea di famiglia è gretta, paurosa, statica, conservatrice, passatista.
Il sentimento della famiglia è un sentimento inferiore, quasi animale, creato dalla paura delle grandi belve libere e delle notti gonfie d’agguati e d’avventure. Nasce coi primi segni della vecchiaia che screpolano la metallica gioventù.
Il prete creò il più assurdo dei carceri, il matrimonio indissolubile.
Il matrimonio è il comune purgatorio di tutti i temperamenti rigogliosi e potenti. Purgatorio di peccati inesistenti, logorìo di gioventù, tutto in omaggio a un’assurda mentalità negatrice, deprimente, sopraffattrice.
L’ora è venuta di tentare tutte le rivoluzioni per liberare il popolo italiano da tutti i pesi morti e da tutti i ceppi (matrimonio e famiglia cattolica soffocatrice, pedantismo professorale, elettoralismo, mentalità pessimistica, provinciale, mediocrista e quietista).
L’Italia rappresenta nel mondo una specie di minoranza genialissima tutta costituita di individui superiori alla media umana per forza creatrice innovatrice improvvisatrice.
La patria è il massimo prolungamento dell’individuo o meglio: il più vasto individuo vivo capace di vivere lungamente, di dirigere, dominare e difendere tutte le parti del suo corpo.
Vi sono dei padri che avendo lavorato per tutta la vita accumulando denaro per i figli, pretendono che i figli facciano lo stesso, accumulando essi pure in un’ossessione di montagne d’oro che tutti devono aumentare e nessuno godere. Qui la condizione passatista diventa di un ineffabile misticismo cretino.
Per giungere alla concezione futurista del provvisorio, del veloce e dell’eroico sforzo continuo, bisogna bruciare la tonaca nera, simbolo di lentezza e fondere tutte le campane per farne altrettante rotaie di nuovi treni ultra-veloci.
Ogni idea politica è un organismo vivo. I partiti sono quasi sempre destinati a diventare dei grandi cadaveri gloriosi.
Il cinematografo futurista collaborerà così al rinnovamento generale, sostituendo la rivista (sempre pedantesca), il dramma (sempre previsto) e uccidendo il libro (sempre tedioso e opprimente).
L’arte, questo prolungamento della foresta delle vostre vene, che si effonde, fuori dal corpo, nell’infinito dello spazio e del tempo.
L’arte è un bisogno di distruggersi e di sparpagliarsi.
Il comunismo è l’esasperazione del cancro burocratico che ha sempre roso l’umanità.
La massima originalità, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima simultaneità e la massima portata mondiale. Ecco che cos’è la pubblicità.
La corsa una rosseggiante vampata di velocismo futurista
Il nostro amore crescente per la materia, la volontà di penetrarla e di conoscere le sue vibrazioni, la simpatia fisica che ci lega ai motori ci spingono all’USO DELL’ONOMATOPEA.
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Manifesto tecnico della letteratura futurista
Bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso, come nascono.
Si deve usare il verbo all’infinito perché si adatti elasticamente al sostantivo e non lo sottoponga all’io dello scrittore che osserva o immagina.
Si deve abolire l’aggettivo, perché il sostantivo nudo conservi il suo colore essenziale.
Si deve abolire l’avverbio, vecchia fibbia che tiene unite l’una all’altra le parole.
Ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè il sostantivo deve essere seguito, senza congiunzione, dal sostantivo a cui è legato per analogia. Esempio: uomo-torpediniera, donna-golfo, folla-risacca, piazza-imbuto, porta-rubinetto.
Abolire anche la punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la punteggiatura è naturalmente annullata, nella continuità varia di uno stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti.
Noi inventeremo insieme ciò che io chiamo l’immaginazione senza fili. Giungeremo un giorno ad un’arte ancor più essenziale, quando oseremo sopprimere tutti i primi termini delle nostre analogie per non dare più altro che il seguito ininterrotto dei secondi termini. Bisognerà, per questo, rinunciare ad essere compresi. Esser compresi, non è necessario.
Facciamo coraggiosamente il «brutto» in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. Via! non prendete di quest’arie da grandi sacerdoti, nell’ascoltarmi! Bisogna sputare ogni giorno sull’Altare dell’Arte! Noi entriamo nei dominii sconfinati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in libertà!