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Bruce Chatwin (nato a Sheffield il 13 maggio 1940 e morto a Nizza il 18 gennaio 1989) è stato uno scrittore e viaggiatore inglese, autore di racconti e romanzi di viaggio.
Chatwin è diventato metafora dell’irrequietezza e del viaggiare. In tutti i suoi libri (in Italia pubblicati da Adelphi) lo scrittore inglese narra il suo spostarsi da un posto all’altro del pianeta coinvolgendo interamente il lettore, portandolo direttamente sulla scena della nuova meta raggiunta.
Bruce Chatwin è affascinato dal nomadismo perché per lui viaggiare significa affermare la propria esistenza. Andare in giro per il mondo significa allo stesso tempo evadere e essere liberi.
Presento una raccolta delle frasi più belle di Bruce Chatwin. Tra i temi correlati Frasi, citazioni e aforismi sul viaggio, i viaggiatori e il viaggiare.
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Le frasi più belle di Bruce Chatwin
La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi.
Cambiare è l’unica cosa per cui vale la pena vivere. Mai passare la vita seduti a una scrivania. Provoca ulcere e mal di cuore.
Non lasciare tracce che il vento non possa cancellare, non adagiarti sui passi compiuti, non lasciarti trattenere, divaga per altri sentieri, rimettiti in cammino per cercare ancora.
Il moto è la migliore cura della malinconia.
Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma.
Avevo una vita, poi ho deciso di viverla.
Ferire la terra è ferire te stesso, e se altri feriscono la terra, feriscono te. Il paese deve rimanere intatto, com’era al Tempo del Sogno, quando gli Antenati col loro canto crearono il mondo.
La casa è una perversione.
Chi percorre il deserto scopre in se stesso una calma primitiva (nota anche al più ingenuo dei selvaggi), che è forse la stessa cosa della Pace di Dio.
Perdere il passaporto era l’ultima delle mie preoccupazioni, perdere un taccuino era una catastrofe.
Le cose sono meno fragili delle persone. Sono lo specchio immutabile in cui osserviamo la nostra disgregazione.
Non perdere la voglia di camminare: io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata…
L’abitudine e la fissità degli atteggiamenti mentali ottundono i sensi e nascondono la vera natura delle cose.
Stamattina non sono di nessuna religione. Il mio Dio è il Dio dei viandanti. Se si cammina con abbastanza energia, probabilmente non si ha bisogno di nessun altro Dio.
Wejna… andare alla ventura, vagare qua e là come un bambino senza casa o sperduto», «essere attaccato ma nello stesso tempo libero, come un occhio nella sua orbita o un osso nella sua cavità.
Come regola generale della biologia, le specie migratorie sono meno “aggressive” di quelle sedentarie.
Oggi più che mai gli uomini dovevano imparare a vivere senza gli oggetti. Gli oggetti riempivano gli uomini di timore: più oggetti possedevano, più avevano da temere. Gli oggetti avevano la specialità di impiantarsi nell’anima, per poi dire all’anima che cosa fare.
Gli aborigeni pensano che la proprietà sia dannosa, salvo quella che si può portare con se camminando.
Perché i popoli nomadi tendono a considerare il mondo come perfetto, mentre i sedentari tentano incessantemente di mutarlo?
In uno dei suoi momenti cupi, Pascal dice che tutta l’infelicità dell’uomo proviene da una causa sola, non sapersene star quieto in una stanza. “Notre nature” egli scrive “est dans le mouvement … la seule chose qui nois console de nos miseres est le divertissement”. Diversivo. Distrazione. Fantasia. Cambiamento di moda, di cibo, amore e paesaggio. Ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo.
Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?
I bianchi, per adattare il mondo alla loro incerta visione del futuro, continuavano a cambiarlo; gli aborigeni dedicavano tutta la loro energia mentale a mantenerlo com’era prima.
La parola “Racconto” serve ad avvertire il lettore che per quanto la narrazione possa avvicinarsi ai fatti c’è stato un intervento della fantasia
La Patagonia! È un’amante difficile. Lancia il suo incantesimo. Un’ammaliatrice! Ti stringe nelle sue braccia e non ti lascia più.
I selvaggi che arrostiscono e mangiano i corpi dei loro morti mi scandalizzano meno di coloro che perseguitano i vivi.
Un territorio della tribù, per quanto scomodo, era sempre un paradiso che non poteva mai essere migliorato. Per contrasto, il mondo fuori dal loro territorio era un inferno e i suoi abitanti non erano meglio delle bestie.
Il miglior intellettuale è un intellettuale morto.
Perdersi in Australia dà un delizioso senso di sicurezza.
Più libri leggevo, più mi convincevo che i nomadi erano stati il motore della storia, se non altro perché i grandi monoteismi erano affiorati, nessuno escluso, dal mondo pastorale.
Per il nomade il movimento è moralità. Senza movimento i suoi animali morirebbero.
Girovagare soddisfa in parte, magari, la mia curiosità naturale e il mio impulso a esplorare, ma poi sono tirato indietro da un desiderio di casa. Ho una coazione a vagare e una coazione a tornare – un istinto di rimpatrio, come gli uccelli migratori.
Il ritorno offre una pienezza di senso che l’andata da sola non ha. Il ritorno è la risposta che troviamo alla nostra irrequietezza.