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Louise Glück (nata a New York, da famiglia ebrea ungherese, il 22 aprile 1943 e morta a Cambridge il 13 ottobre 2023) è stata una poetessa statunitense. Premiata con il Pulitzer nel 1993 nel 2003 ha ricevuto una delle massime onorificenze americane in campo culturale, ovvero la nomina a ‘Poeta laureato’ conferita dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Nel 2020 è stata insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 2020.

A proposito della poesia Louise Glück scrive: “Penso che la poesia sia una comunicazione tra una bocca e un orecchio – non una vera bocca e un vero orecchio, ma una mente che invia un messaggio e una mente che lo riceve“.

Presento una raccolta di 12 poesie di Louise Glück. Tra i temi correlati Le frasi e poesie più belle di Emily Dickinson e Le frasi e poesie più belle di Sylvia plath.

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12 poesie di Louise Glück

Parados

Molto tempo fa, sono stata ferita.
Imparai
a esistere, come reazione,
fuori dal contatto
con il mondo: vi dirò
cosa volevo essere –
un congegno fatto per ascoltare.
Non inerte: immobile.
Un pezzo di legno. Una pietra.

Perché dovrei stancarmi a discutere, replicare?
Quelli che respiravano negli altri letti
non erano certo in grado di capirmi, essendo
incontrollabili
come lo sono i sogni.
Attraverso le veneziane osservavo
la luna nel cielo notturno restringersi e gonfiarsi –
Ero nata con una vocazione:
testimoniare
i grandi misteri.
Ora che ho visto
e nascita e morte, so
che per buia natura esse
sono prove,
non misteri.

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Vento calante

Quando vi ho fatto, vi amavo.
Ora vi compatisco.

Vi ho dato quanto vi serviva:
letto di terra, lenzuolo di aria blu…
Mentre mi allontano da voi
vi vedo più chiaramente.
A quest’ora le vostre anime avrebbero dovuto essere
immense,
non quel che sono,
piccole cose vocianti…

Vi ho dato ogni dono,
blu del mattino primaverile,
tempo che non sapevate come usare:
volevate di più, l’unico dono
riservato a un’altra creazione.

Qualsiasi cosa abbiate sperato,
non troverete voi stessi nel giardino,
fra le piante che crescono.
Le vostre vite non sono circolari come le loro:

le vostre vite sono il volo dell’uccello
che inizia e finisce nell’immobilità:

che inizia e finisce, forma che riflette
quest’arco dalla betulla bianca
al melo.

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E poi viene il gelo

E poi viene il gelo; del raccolto è inutile parlare.
Comincia la neve; finisce la finzione della vita.
La terra adesso è bianca; i campi splendono al sorgere della luna.
Io siedo alla finestra accanto al letto, guardo la neve cadere.
La terra è come uno specchio:
calma su calma, distacco su distacco.
Ciò che vive, vive sottoterra.
Ciò che muore, muore senza lotta

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Vespro

Nella tua assenza prolungata, mi permetti
l’uso della terra, mi anticipi
i proventi dell’investimento. Devo riferire
di aver fallito nel compito, soprattutto
per quanto riguarda i pomodori.
Non penso che dovrei essere incoraggiata a coltivare
pomodori. O, se proprio devo, tu dovresti rimandare
le lunghe piogge, le notti fredde che quaggiù
vengono così spesso, mentre altre regioni
hanno quattro mesi d’estate. Tutto ciò
è di tua pertinenza: d’altra parte
io ho piantato i semi, ho guardato i primi germogli
come ali lacerare il suolo ed è stato il mio cuore
a spezzarsi per la ruggine, le macchie nere che rapide
si moltiplicavano per i filari. Dubito
che tu abbia un cuore, nel senso che
diamo alla parola. Non fai differenze
tra i morti e i vivi, che sono, di conseguenza,
immuni al presagio, potresti non sapere
quanto terrore sopportiamo, la foglia macchiata,
le foglie rosse dell’acero che cadono
persino ad agosto, nel buio precoce: io sono responsabile
per queste piante.

**

Migrazioni notturne

È questo il tempo in cui di nuovo vedi
le bacche rosse del sorbo
e nel cielo scuro
le migrazioni notturne degli uccelli.

Mi addolora pensare
che i morti non le vedranno:
le cose in cui confidiamo,
svaniscono.

E allora come farà l’anima a consolarsi?
Forse, mi dico, di questi piaceri
non avrà più bisogno,
forse già il non essere è abbastanza,
per quanto difficile sia immaginarlo.

**

Raccolto

Mi addolora pensare a voi nel passato …

Guardatevi, ciecamente afferrati alla terra
come se fossero le vigne del cielo
mentre i campi vanno in fiamme intorno a voi …

Ah, piccoli, quanto siete poco sottili:
è insieme il dono e il tormento.

Se quel che temete nella morte
è una pena maggiore di questa, non avete
da temere la morte:

quante volte devo distruggere la mia creazione
per insegnarvi
che questa è la vostra pena:

con un solo gesto vi ho stabilito
nel tempo e nel paradiso.

**

Il papavero rosso

Il massimo
è non avere
mente. Sentimenti:
oh, quelli ne ho; mi
governano. Ho
un signore in cielo
che si chiama sole, e mi apro
per lui, mostrandogli
il fuoco del mio cuore, fuoco
come la sua presenza.
Che altro può essere una simile gloria
se non un cuore? Oh, sorelle e fratelli,
eravate come me una volta, tanto tempo fa,
prima di essere umani? Vi
concedeste di aprirvi
una volta per poi non aprirvi
mai più? Perché in verità
adesso io sto parlando
come voi. Io parlo
perché sono distrutta.

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Mattutino

Padre irraggiungibile, quando all’inizio fummo
esiliati dal cielo, creasti
una replica, un luogo in un certo senso
diverso dal cielo, essendo
pensato per dare una lezione: altrimenti
uguale… la bellezza da entrambe le parti, bellezza
senza alternativa… Solo che
non sapevamo quale fosse la lezione. Lasciati soli,
ci esaurimmo a vicenda. Seguirono
anni di oscurità; facemmo a turno
a lavorare il giardino, le prime lacrime
ci riempivano gli occhi quando la terra
si appannò di petali, qui
rosso scuro, là color carne…
Non pensavamo mai a te
che stavamo imparando a venerare.
Sapevamo solo che non era natura umana amare
solo ciò che restituisce amore.

**

Tramonto

La mia grande felicità
è il suono che fa la tua voce
chiamandomi anche nella disperazione; il mio dolore
che non posso risponderti
in parole che accetti come mie.

Non hai fede nella tua stessa lingua.
Così deleghi
autorità a segni
che non puoi leggere con alcuna precisione.

Eppure la tua voce mi raggiunge sempre.
E io rispondo costantemente,
la mia collera passa
come passa l’inverno. La mia tenerezza
dovrebbe esserti chiara
nella brezza della sera d’estate
e nelle parole che diventano
la tua stessa risposta.

**

Il trionfo di Achille

Nella storia di Patroclo
Nessuno sopravvive nemmeno Achille, che era quasi un dio.
Patroclo gli somigliava; indossavano la stessa armatura.
Sempre in queste amicizie
L’uno serve l’altro, uno è meno dell’altro:
la gerarchia è sempre apparente
anche se le leggende non ci si può fidare
la loro fonte è il sopravvissuto
quello che è stato abbandonato.
Quali erano le navi greche in fiamme
Rispetto a questa perdita?
Nella sua tenda, Achille addolorato
con tutto il suo essere
e gli dèi videro
che era un uomo già morto, una vittima
della parte che amava,
la parte che era mortale.

**

La stella della sera

Questa sera, per la prima volta in molti anni,
mi è apparsa di nuovo
una visione dello splendore della terra:

nel cielo del crepuscolo
la prima stella sembrava
crescere in luminosità
mentre la terra si oscurava

finché in ultimo non poté essere più scura.
E la luce, che era la luce della morte,
sembrava restituire alla terra

il suo potere di consolare. Non c’erano
altre stelle. Solo quella
di cui sapevo il nome

poiché nella mia altra vita le avevo fatto
torto: Venere,
stella del crepuscolo,

a te dedico
la mia visione, poiché su questa superficie vuota

hai gettato luce sufficiente
a rendere il mio pensiero
nuovamente visibile.

**

Nostos

C’era un melo nel cortile –
saranno forse
quarant’anni fa – dietro,
solo prati. Ciuffi
di croco nell’erba umida.
Stavo a quella finestra:
fine aprile. Fiori di primavera
nel cortile del vicino.
Quante volte, davvero, l’albero
è fiorito nel giorno del mio compleanno,
il giorno esatto, non
prima, non dopo? L’immutabile al posto
di ciò che si muove, di ciò che evolve.
L’immagine al posto
della terra inarrestabile. Che cosa
so di questo luogo,
il ruolo dell’albero per decenni
preso da un bonsai, voci
che vengono dai campi da tennis –
Terreni. L’odore dell’erba alta, tagliata di fresco.
Quello che uno si aspetta da un poeta lirico.
Guardiamo il mondo una volta, da piccoli.
Il resto è memoria.

Fabrizio Caramagna

Nato a Torino nel 1969, Fabrizio Caramagna è scrittore e studioso di aforismi. Le sue frasi sono presenti ovunque, sui social, in radio, nelle mostre, nei libri.