Annunci
In Italia di libri ce ne sono troppi. Si stampano 60.000 titoli all’anno, che fanno circa 164 al giorno, quasi 10 ogni ora. La probabilità di essere letti, in assenza di una minima azione di promozione, è statisticamente molto molto bassa: 1 su 60.000. Se poi vi aggiungiamo la miopia di una certa critica letteraria attenta a recensire (e quasi sempre incensare) sempre i soliti libri (meglio se un thriller scandinavo o il romanzo di qualche giovane esordiente), il gioco è presto fatto. Così se non fosse per la segnalazione di Lorenzo Morandotti, giornalista, scrittore e aforista di Como, non avrei mai saputo dell’esistenza di Carlo Ferrario e soprattutto non avrei mai letto quello che io considero uno dei libri più acuti e intelligenti – non solo in campo aforistico – scritti negli ultimi anni, L’allegro e il pensieroso.
Carlo Ferrario nasce a Como, dove attualmente risiede, nel 1931 (“Quando Wittgestein cominciò a scrivere le Note sul ‘ramo d’oro’ di Frazer io avevo 77 giorni”). E’ musicologo e compositore molto stimato in Italia e all’estero, (al suo attivo ha la composizione di varie opere di musica sacra, la sperimentazione di opere elaborate al computer e la scrittura di musiche di scena per diversi spettacoli) nonché poeta, narratore (molti racconti sono dedicati a Como, ai suoi personaggi, ai suoi luoghi e alle sue tradizioni) saggista, autore di testi teatrali e cronache e commenti musicali.
L’allegro e il pensieroso (NodoLibri, 2009) è il primo libro di aforismi scritto da Ferrario al termine di un percorso di quasi 80 anni. Come scrive molto bene l’aforista spagnolo Fernando Menéndez, “L’aforisma è un genere che nasce con l’età, con il disinganno della vita e la lotta che secondo Kant invade l’uomo tra l’essere e il pensare” (“Es un género que surge “con la edad, con el desengaño de la vida y la lucha que según Kant invade al hombre entre el ‘ser y el pensar’). L’aforisma è il genere del disincanto e della saggezza, così sono molti gli scrittori che – come Carlo Ferrario – arrivano tardi al genere aforistico.
L’allegro e il pensieroso, composto di aforismi e battute, microsaggi e citazioni, aneddoti e voci enciclopediche, parodie e calembour, invettive e provocazioni (“un lungo racconto articolato in 3068 scene”) assomiglia molto al brogliaccio di Lichtenberg sia per la polifonicità dello stile, sia per l’ampiezza dei temi trattati sia per i tantissimi riferimenti eruditi alla scienza e alla letteratura (Carlo Ferrario è davvero uomo di vastissime letture e di grande sensibilità estetica). Come scrive molto bene il critico letterario comasco Federico Roncoroni, che conosce bene il genere aforistico avendo curato nel 1989 una antologia mondiale per autori, “Di aforismi, pensieri, riflessioni, citazioni e battute, di fatto, il libro di Carlo Ferrario è pieno – ce ne sono la bellezza di 3.068 – e insieme, compongono davvero un testo unitario, scandito in otto capitoli, a formare, vedi tu, un affresco, un mosaico, una sinfonia o, appunto, un ‘lungo racconto’ o anche un’autobiografia intellettuale, morale e artistica dell’autore”. E ancora: “La chiave di lettura per capirlo è nelle ultime righe dell’ultima pagina. Là, in quella che è l’estrema riflessione, seguita solo dal Congedo dal paziente lettore, si legge infatti: «Gli aforismi possono essere scartati uno per uno come i cioccolatini o consultati come i tarocchi… Tutti insieme compongono un romanzo senza personaggi e senza trama nel quale è però possibile leggere una storia… ».
Nei suoi aforismi Carlo Ferrario ama divertirsi, polemizzare, fare divagazioni, spiazzare, guardare le cose da posizioni paradossali, col gusto spiccato della citazione erudita e del collegamento tra cose e persone apparentemente lontane. Uno dei temi di Ferrario è la denuncia dell’imperante ipocrisia e stupidità umana e per questo è frequente l’uso del modello del “ritratto” e del “carattere” che con un segno rapido illumina e punge con sarcasmo un’intera figura o situazione: “In occasione di un convegno, incrocio F. nella hall di un grande albergo di Venezia, e mi meraviglio alquanto dei suoi saluti insolitamente festosi. Probabilmente F. è felice non tanto di vedermi, quanto di farsi vedere da me in un grande albergo…”. Oppure: “Non perse mai un treno, non arrivò mai in ritardo in ufficio, non conobbe l’onta di sbagliare un numero di telefono o di mettere su una lettera la data del giorno prima: sarà salvo costui nel Giorno del Giudizio”. In molti di questi aforismi vi primeggia l’arte del motteggio e del denudamento morale che pone Ferrario nella condizione di “allegro” quanto “pensieroso” censore dell’umanità.
Come scrivevo sopra, è davvero incredibile come L’allegro e il pensieroso – a mio parere uno dei libri più belli da me letti, non solo tra quelli aforistici – sia poco conosciuto al di là della cerchia intellettuale comasca. Continuo a pensare e a ripetere (ma credo che le mie siano parole al vento) che ci sia qualcosa che non funziona nel meccanismo dell’editoria e della critica letteraria, se sconosciuti narratori trentenni continuano a ricevere attenzione per i loro mediocri romanzi e libri come quelli di Carlo Ferrario non vengano portati all’attenzione del grande pubblico (in un suo aforisma Ferrario scrive che “per farsi leggere dalla gente bisognerebbe comportarsi come i politici che vogliono farsi eleggere: esplorare le aspettative generali e cercare di soddisfarle”).
Nell’intento di far conoscere al lettore del mio blog Aforisticamente la scrittura aforistica di Carlo Ferrario presento una breve selezione di aforismi tratti dal primo capitolo di L’allegro e il pensieroso. Chissà che a qualche critico letterario – intento a recensire “l’ennesima storia di alcova e di delitti” – non fischino le orecchie:
**
Carlo Ferrario, L’allegro e il pensieroso (aforismi scelti dal primo capitolo, “La rimozione dei termini”)
Nel leggere sul bus l’avviso “Il bigliettaio è tenuto ad esigere la somma esatta”, ho immaginato il disappunto che ne avrebbe ricavato Wittgenstein…
**
Il Nome esercita il potere legislativo, il Verbo quello esecutivo e l’Aggettivo quello giudiziario. Naturalmente si verificano anche qui continui e cavillosi conflitti di competenza.
**
Il grammatico sarà sempre restio ad ammettere che l’utero è maschile e la prostata femminile.
**
La finestra da cui vedo il mondo come teatro, giungla e bolgia è vista dal mondo come il motivo ornamentale di una facciata.
**
Pessimismo e ottimismo possono giustificare entrambi l’inazione, il primo nella certezza che tanto non c’è niente da fare, il secondo nella convinzione che le cose si aggiusteranno comunque da sole.
**
In occasione di un convegno, incrocio F. nella hall di un grande albergo di Venezia, e mi meraviglio alquanto dei suoi saluti insolitamente festosi. Probabilmente F. è felice non tanto di vedermi, quanto di farsi vedere da me in un grande albergo…
**
Stranezze cinofile: dalla canicola al freddo cane.
**
Si spiavano entrambi dal buco della serratura, e finalmente si videro negli occhi.
**
I nostri amici ridono con più gusto se sanno che la battuta che li fa ridere non l’abbiamo inventata noi.
**
M., il più fine dei rozzi e il più acuto degli ottusi…
**
L., autore di un fondamentale saggio sui sei mesi e dieci giorni di regno di Papa Landone (luglio 913 – febbraio 914) pretende un pubblico riconoscimento.
**
Non poter fare è un limite, poter non fare una facoltà, dover fare un obbligo, dover non fare una pena…
**
SUCCESSO.
E’ talvolta come una fasciatura giapponese che deforma il piede e i lineamenti…
**
CONFORMISMO IMITATIVO
Quando giocano al pallone, il portiere si “tuffa” anche se la palla gli arriva lentamente sui piedi, e il centravanti non passa mai la palla senza giocherellare un po’ col tallone e il polpaccio: così hanno visto fare al portiere e al centravanti della Nazionale… Anche molti scrittori (e non pochi musicisti) sono soggetti a questo vezzo, e si esibiscono in gesti assolutamente inutili ma visti fare…
**
I greci inclini alla schermaglia dialettica, gli alessandrini alla citazione, i moderni alla chiacchiera, gli ultimi arrivati all’insulto…
**
CURIOSITA’ NUMERICHE
Melampo scrisse un trattato sulle 187 possibili interpretazioni del tremito.
**
Grandi che siano le differenze tra noi e gli asiatici, non bisogna dimenticare che il dialetto milanese e il singalese appartengono entrambi in fin dei conti al gruppo delle lingue indoeuropee.
**
“Sì, F. è bravo, ma un po’ fuori centro…”
“Lo è anche la chiesa del Sangallo a Montepulciano…”
**
STAR BENE
Per i lombardi significa anche (e soprattutto) essere benestanti. Così una signora informata che un conoscente malato di cancro doveva pagare una retta piuttosto salata nella clinica dove era ricoverato, dopo il compianto del caso, ebbe a dire: “Per fortuna è uno che sta bene…”.
**
Tu elargisci, doni, concedi; gli altri propinano, smerciano, rifilano…
**
OSTRICHE
Sono 150 milioni di anni che vengono mangiate vive; com’è che non hanno ancora imparato a diventare nauseabonde?
**
Quando una cultura è diventata bizantina, non ci si dovrà meravigliare se il rinnovamento sarà unno…
**
Giustamente i vecchi scontano tutte le condanne che da giovani giustamente emisero contro i vecchi…
**
Le qualità umane (altruismo, bontà, generosità) si pagano quasi sempre con una certa dose di ottusità. Quelle intellettuali con una certa propensione alla perfidia…
**
L’INIZIAZIONE
Per le tribù occidentali consiste nello strappare un ragazzo alla fantasia per introdurlo al conformismo…
**
Ciò che spinge un uomo ad imbottirsi di fumo è forse il bisogno di convincersi che c’è qualcosa di ancor meno consistente del suo io…
**
IL MONDO E’ BELLO..
L’uno legge Timeo, l’altro Timerione, l’altro il Times…
**
Santo cielo signora, lei continua ad additarmi persone ricche, e io continuo a parlarle di persone intelligenti! Speriamo che compaia alla svelta un esemplare talmente eccezionale da indurci a indicarcelo reciprocamente…
**
BASTA CON I RIMPIANTI
Il profumo della polenta era poi fumo, il sapore del formaggio era poi muffa…
**
L’oracolo pagano diceva: “Conosci te stesso e diventalo”; quello cristiano: “Conosci Dio e servilo”; quello illuminista: “Conosci l’umanità e cerca di elevarla”; quello borgese: “Fatti conoscere ed emergi”; quello industriale: “Fa’ conoscere i tuoi prodotti e vendili”.
**
DRAMMA DI FILOLOGO
Conosce le differenze semantiche, etimologiche e lessicali tra i termini “gioia”, “gaudio” e “felicità”, ma non conosce né la gioia né il gaudio né la felicità….
**
La maldicenza è la forma più ridotta ma ancora autentica di carità cristiana. Quando sarà finito anche il pettegolezzo ci si sbranerà per le strade…
**
Il massimo della barbarie gastronomica: l’antropofogia; il massimo dell’austerità: l’acridofagia (cibarsi di Locuste come Giovanni Battista); il massimo della spiritualità: la bibliofagia (come l’apostolo Giovanni nell’Apocalisse); il massimo dei massimi: la teofagia (come i cristiani nel banchetto eucaristico).
**
Come un niente è in grado di distrarci dalla felicità! come niente è in grado di distrarci dalla sofferenza!
**
C’è chi ricava mille pensieri da una cosa sola, e chi un pensiero solo da mille cose.
**
Alcuni mi assicurano che una volta era tutto più bello, altri mi promettono che un giorno sarà tutto più giusto…
Accidenti a me che devo vivere adesso…
**
SCUOLA DI LINGUE
Si preoccupassero di avere qualcosa da dire invece di imparare a dirlo in inglese, in tedesco, in arabo…
**
MEMENTO QUIA DIVES ES
Il commendator S. vi tiene il libretto degli assegni piegato in modo da sonorizzare ogni suo asmatico respiro col suo piacevole sfrigolio.
**
L’Oriente tende ad anticipare nella vita l’annichilazione e la morte. L’Occidente pretende di trasferire nella morte l’attivismo della vita: il primo non si rassegna a vivere, il secondo non accetta di morire.
**
Non è il corpo la prigione, l’inferriata è più interna…
**
LABIRINTO
In fin dei conti è l’unica realtà che ci offre una via d’uscita.
**
Caro N., se la noia fosse un brodo tu ne saresti il dado.
**
Quelli che a elogiare un Vecchio maestro dicono che “lui aveva capito tutto” hanno l’aria di volerci fare sapere che adesso a capire tutto sono loro…
**
Non perse mai un treno, non arrivò mai in ritardo in ufficio, non conobbe l’onta di sbagliare un numero di telefono o di mettere su una lettera la data del giorno prima: sarà salvo costui nel Giorno del Giudizio?
**
La vista testimonia che il righello immerso in un bicchiere d’acqua è piegato ad angolo ottuso, il tatto afferma invece ch’esso è diritto: a quale dei due sensi dar credito?
**
Ciò che fa dubitare della nobiltà della sofferenza umana è che quasi tutte le tragedie hanno per fondamento la stupidità.
**
Un giudice che festeggia un milione di secoli di carcere irrogati…
**
Sofocle: “L’essenziale della felicità è nel non sapere” (Antigone), “La vita più dolce sta nel non pensare” (Aiace). Lo stolto è infelice (Sir 22), infelice è il sapiente (Qo, 1, 18).
**
“Vorrei che fosse innocente, perché soffrirebbe di più…”
**
“Nessuno è più ricco di chi è povero”… “Chi è più in compagnia di chi è solo?”… “La vera forza sta nella debolezza”… “Quanta salute c’è nella malattia!”… E quanti proverbi per sbeffeggiare gli infelici…
**
Tutti abbiamo una doppia vita, quella che avevamo desiderato e quella che ci è toccata… Forse ne abbiamo anche una terza (quella che ci inventiamo) e una quarta (quella che ci viene attribuita)…
**
Cosa fanno certuni per avere una gemma o un mobile che gli sopravviverà, mentre compassionano quelli che puntano la vita su un’opera nella quale sopravviveranno…
**
Forse noi siamo ciò di cui gli altri ridono. Gli altri sono ciò di cui noi soffriamo.
Caspita, un aforista da 10 e lode. La dignità di stampa, per fortuna, l’ha già avuta e la stramerita tutta!
Davvero molto molto interessante! I miei preferiti sono i due sotto la voce “Iniziazione” e “si spiavano entrambi dal buco della serratura, e finalmente si videro negli occhi”.
Complimenti a Fabrizio che riesce a scovare queste cose in un’Italia davvero distratta, grazie!
coltissimi e originalissimi ( e come colonna sonora non sarebbe male ‘ idrogeno negativo ‘ )
Sono Mario Minerbi. Ti ricordi di me, Carlo? Sono passati piu’ di sessant ‘ anni da quando ci siamo incontrati a Genova.