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Le frasi più belle di Fausto Coppi

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Fausto Coppi, nato a Castellania il 15 settembre 1919, professionista dal 1939 al 1960, soprannominato il Campionissimo o l’Airone, fu il corridore più famoso e vincente dell’epoca d’oro del ciclismo. Tra le tante vittorie si ricordano: 5 Giri d’Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953), 2 Tour de France (1949 e 1952), 1 Campionato del Mondo (1953) e numerose altre classiche tra cui la Milano Sanremo (3 volte) e e i successi alla Parigi-Roubaix e alla Freccia Vallone.

Fu primatista dell’ora (con 45,798 km) dal 1942 al 1956. Leggendaria fu la sua rivalità con Gino Bartali, che divise l’Italia nell’immediato dopoguerra

Su Fausto Coppi Guillaume Dressens disse: “Coppi si comportava da aristocratico. Gli piaceva vincere soltanto grandi classiche e grandi giri. Era fenomenale a cronometro, ma soltanto sulle lunghe distanze, un grande arrampicatore e un forte discesista. Se la cavava meno bene in pianura e nelle volate, per via della sua longilinea corporatura“.

Il 2 gennaio 1960 Fausto Coppi muore all’età di quarant’anni, a causa della malaria contratta durante un viaggio in Africa fatto pochi mesi prima.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Fausto Coppi. Tra i temi correlati Frasi, citazioni e aforismi sul ciclismo e Le frasi più belle di Tadej Pogačar.

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Le frasi più belle di Fausto Coppi

Per un corridore il momento più esaltante non è quando si taglia il traguardo da vincitori. E’ invece quello della decisione, di quando si decide di scattare, di quando si decide di andare avanti e continuare anche se il traguardo è lontano.

È il mio chiodo fisso la “Sanremo”; una preziosa gemma.

Bartali è stato ancora, e lo rimarrà a lungo, il mio più forte rivale. E’ sempre un grande campione e, anche per questo, soprattutto per questo, sono contento di averlo battuto
(Fausto Coppi nel 1947, dopo il bis al Giro d’Italia)

Mi sarebbe bastato un cavalcavia, non una salita vera, per staccare Van Steenbergen e Kübler, che invece mi batterono allo sprint.
(Fausto Coppi fa riferimento al campionato mondiale su strada 1949 di Copenaghen. Quell’anno, in cui vinse Giro d’Italia, Tour de France, Milano-Sanremo, arrivò solo terzo ai campionati mondiali)

Gli avversari, nel 1949, contavano molto su un preteso dissidio tra me e Gino e quel furbone di Binda non faceva nulla per smentire tale supposizione, che era invece del tutto infondata.
Così, nella tappa di Aosta al Tour de France la nostra intesa sbalordì tutti. Quella sera indossai la maglia gialla…
(Fausto Coppi nel Tour de France del 1949)

Tornerò con un leone. Voglio impagliarlo e regalarlo a Bartali.
(Prima di partire per l’Alto Volta nell’Africa Equatoriale francese per una corsa di poca importanza)

Al Giro non è come al Tour. Al Giro non si possono recuperare dozzine di minuti, vuoi perché il clima è diverso, ossia più fresco, vuoi perché le tappe non vengono combattute dalla partenza all’arrivo, per cui i protagonisti arrivano ai punti nevralgici del percorso nelle migliori condizioni per potersi difendere dall’attacco dei più forti.
(Fausto Coppi nel 1952)

Come popolarità, la vittoria del Tour sovrasta tutto, ma io preferisco il titolo mondiale. Di corse classiche vinte, nel mio stato di servizio ne mancano ben poche. Sarebbe veramente buffo se dovessi terminare la mia non mediocre carriera senza avere avuto la soddisfazione di indossare la maglia iridata!
(Fausto Coppi nel 1952)

I fischi, anche se fanno male si sopportano. Ma in questi giorni non sono in grado di sopportare anche gli insulti. Cosa possono saperne i tifosi di che cosa soffriamo noi quando i muscoli non rispondono alla volontà? Credono soltanto alle “cotte”, alle cadute, alle forature. Ma noi siamo esseri umani come loro, abbiamo un morale come il loro! Quando su certe salitelle vedo andarsene 4 o 5 giovanotti e non riesco neppure a tenere la loro ruota, mi vengono le lacrime agli occhi…
(Fausto Coppi nel 1954)

Nell’autunno del 1942 riuscii a battere il record dell’ora. La preparazione la feci come potevo, continuando a pedalare come portaordini al 38° Fanteria (mi chiamavano l’espresso-razzo del Reggimento), ed anche fruendo di qualche giornata di permesso.

Sono qui per chiederle una cortesia. Vorrei riprendere a correre, ma non ho una bicicletta. Ne ho una militare con le gomme piene, che mi riempie di dolori. Il suo giornale può aiutarmi?
(Fausto Coppi l’11 novembre 1944 al giornalista Gino Palumbo. Palumbo ne fa un titolone sul suo giornale: “Date una bicicletta a Fausto Coppi”. Rispondono in tre)

“Primo classificato Coppi, in attesa del secondo, trasmettiamo musica da ballo”.
(speaker radiofonico della Milano-Sanremo del 1946)

“Un uomo solo al comando… la sua maglia è bianca e celeste… il suo nome è Fausto Coppi”.
(Mario Ferretti nella radiocronaca della tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia del 1949)

Le vittorie di Coppi sono diventate romanzo, le mie cronaca.
(Eddy Merckx)

Coppi mi è sempre sembrato un alieno: sgraziato e rachitico, in bici diventava meraviglioso. Pensare a lui, al suo modo di stare in sella, mi fa tornare in mente la poesia di Baudelaire sull’albatro, che descrive maldestro, comico e brutto quando è a terra, e così maestoso invece quando vola “con le sue ali da gigante”. Coppi si sentiva inadeguato nella vita di tutti i giorni perché era nato per stare sulla bicicletta.
(Fabio Genovesi)

[in occasione della morte, nel 1960] Il grande airone ha chiuso le ali.
(Orio Vergani)