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Le frasi più belle di Mary Shelley, autrice di Frankenstein

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Il 30 agosto 1797 nasce a Londra, Mary Shelley. A soli 18 anni, nell’estate del 1816 in un albergo di Ginevra, scrive quello che viene considerato il primo romanzo gotico di fantascienza, Frankenstein, o il moderno Prometeo (Frankenstein: or, The Modern Prometheus). Il romanzo viene pubblicato nel 1818.

Mary Shelley usa la metafora di Frankenstein per esprimere quanto la sua società temesse chi è diverso. Il libro Frankenstein solleva anche interrogativi sull’etica nella scienza e sulla nostra naturale capacità di essere disumani. Mary Shelley scriverà poi altri romanzi e racconti che non avranno lo stesso successo.

Scorrendo la vicenda umana di Mary Shelley non si trovano gioie durature: dalla nascita alla maternità, fino all’amore per il suo compagno e sposo sembra ripetersi sempre un identico modello di catastrofe che conduce da un attimo di felicità al precipizio del dramma. La scrittrice inglese muore a Londra il 1 febbraio 1851.

Presento una raccolta della frasi più belle di Mary Shelley, autrice di Frankenstein. Tra i temi correlati Le più belle frasi di Allan Edgar Poe e Le frasi e poesie più belle di Percy Bysshe Shelley.

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Frasi di Mary Shelley

Il sole abbraccia la terra e i raggi di luna baciano il mare. Ma cosa valgono tutti questi baci, se tu non baci me?

I miei sogni furono solo miei; non ho mai dato la colpa a nessun per essi; sono stati il mio rifugio quando ero irritata – il mio piacere più caro quando ero libera.

Gli antichi maestri promisero cose impossibili, e non realizzarono nulla. I moderni maestri promettono molto poco e hanno realizzato miracoli.

È una farsa il chiamare virtuoso un qualsiasi essere le cui virtù non derivino dall’esercizio della sua propria ragione.

Ma la terra non sarebbe la terra se non fosse ricoperta di rovine e dolore.

Folli oltre l’immaginazione di chi è felice, sono i pensieri generati da infelicità e disperazione.

L’infelicità è una visitatrice meglio accolta quando viene nella sua forma più scura e ci avvolge in un nero perpetuo, poiché allora il cuore non soffre più di speranza delusa.

E’ più felice quell’uomo che crede che la sua città natia sia il mondo intero, di quello che aspira a divenire più grande di quanto la sua natura gli consenta.

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Frasi di Mary Shelley, tratte dal libro Frankenstein, o il moderno Prometeo (1818)

Dopo giorni e notti di un lavoro e di una fatica incredibili, riuscii a scoprire la causa della generazione e della vita; anzi, di più ancora, divenni io stesso capace di dare animazione alla materia morta.

L’invenzione non è una creazione dal nulla, bensì dal caos.

Per esaminare le cause della vita dobbiamo prima ricorrere alla morte.

Sono solo e infelice. Solo una persona brutta come me potrebbe amarmi.

“Maledetto il giorno in cui mi fu data la vita!” esclamai disperato. “Maledetto creatore! Perché hai generato un mostro tanto ripugnante da cui persino tu ti sei allontanato pieno di disgusto?”

La vita è ostinata e si aggrappa laddove è più odiata.

Quanto sono mutevoli i nostri sentimenti e quanto strano è l’attaccamento passionale alla vita che abbiamo anche nel massimo della sofferenza!

“Da dove deriva”, mi domandavo di frequente “il principio della vita?”

Egli (Frankenstein) suscita in me una stupefacente ammirazione e pietà. Come posso vedere una creatura tanto adorabile dilaniata interiormente senza soffrirne a mia volta?

Bramavo amore e amicizia, è ogni volta ero ripudiato. Non era ingiusto tutto ciò? Solo io debbo essere giudicato criminale, quando tutta l’umanità ha peccato nei miei confronti?

Sono cattivo perché sono disperato. Non sono forse schivato e odiato da tutti gli uomini? Tu, il mio creatore, mi faresti a pezzi e ne esulteresti; pensa a questo e dimmi: perché dovrei mostrare pietà per l’uomo di quanta lui non ne mostri per me?

Non ho amici… quando risplenderò dell’entusiasmo del successo, non ci sarà nessuno che parteciperà alla mia gioia; se sarò assalito dalla delusione, nessuno cercherà di sostenermi nello sconforto.

A volte avrei voluto esprimere le mie sensazioni a modo mio, ma i suoni rozzi e inarticolati che uscivano da me mi spaventavano e mi costringevano di nuovo al silenzio.

L’angelo che cade diventa un diavolo malvagio. Eppure, anche quel nemico di Dio e dell’uomo ha degli amici e dei compagni nella sua desolazione.

Spesso, quando mi sentivo troppo infelice, mi sdraiavo a terra a riposare, ed i sogni mi cullavano, con qualcosa di simile al rapimento.

Se non riesco a ispirare amore, causerò paura!

La solitudine era la mia unica consolazione: una solitudine profonda, oscura, simile alla morte.

Gli uomini desiderano a tal punto avere un sostegno che si appoggerebbero a una spada dalla punta avvelenata.

Quante cose saremmo sul punto di conoscere se il timore o la negligenza non frenassero le nostre ricerche.

La nostra mente abbraccia l’infinito, ma il meccanismo visibile del nostro essere è in balia del più piccolo accidente.

Non c’è niente di più doloroso per la mente umana, di un improvviso, assoluto cambiamento.

C’è qualcosa all’opera nella mia anima, che non capisco.

Sono malvagio perché sono infelice.

Il dolore non faceva che crescere con la conoscenza. Oh, fossi rimasto per sempre nel mio bosco natale e non avessi mai conosciuto o sentito altre sensazioni oltre quelle della fame, della sete e del caldo! Stranissima cosa è la conoscenza! Aderisce alla mente, dopo averla conquistata, come un lichene sulla roccia.

Ogni gioia non era che una presa in giro, che insultava il mio stato desolato e mi faceva sentire più dolorosamente che non ero fatto per godere del piacere.

Ora il pensiero della morte è la mia sola consolazione. Corrotto dal crimine e tormentato dal più amaro rimorso, dove potrei trovare riposo, se non nella morte? Addio!

Morirò. Non soffrirò più, non sarò più preda di passioni insoddisfatte e inestinguibili. Morto è colui che mi ha messo in vita, e quando anche io non sarò più, il nostro ricordo svanirà rapidamente. Non vedrò più il sole e le stelle, non sentirò più il vento alitare sulle mie guance. Luce, passioni, sensi scompariranno e allora può darsi che io trovi la felicità.

Ero dotato di un cuore sensibile all’amore e alla comprensione che, quando l’infelicità lo ha piegato al male e all’odio, non ha sopportato il violento cambiamento senza provare una pena che non puoi neanche immaginare.

Che nobile benedizione, degna di chi l’ha data in dono, è l’immaginazione! Toglie alla realtà il suo colore plumbeo, avvolge tutti i pensieri e le sensazioni in un velo sfolgorante, e con una mano ricolma di bellezza ci invita ad abbandonare il monotono mare della vita per i suoi giardini, e pergolati, e radure di beatitudine immensa.

Sento il mio cuore ardere di un entusiasmo che mi eleva al cielo; perché nulla contribuisce così tanto alla tranquillità della mente quanto un fermo proposito – un punto sul quale l’anima può fissare il suo occhio intellettuale.

Non riuscivo a capire perché uomini che sapevano tutto del bene e del male potessero odiarsi e uccidersi a vicenda.

Le nostre virtù sono delle sabbie mobili, che si mostrano con l’acqua bassa e calma; basta però che le onde si alzino sospinte dal vento e il povero diavolo, la cui speranza era riposta nella loro durevolezza, si accorge che esse cedono sotto di lui.

Temo che ci resti poca felicità sulla terra; comunque tutta quella di cui forse un giorno godrò, è centrata su di te.

Quanto mutevoli sono i nostri sentimenti, e come è strano questo amore esclusivo che portiamo alla vita anche i mezzo al dolore!

Stringiamoci più stretti a ciò che ci rimane e spostiamo il nostro amore per coloro che abbiamo perduto, su quelli che ancora sono vivi.

Esiste un sentimento come l’amore a prima vista? E se sì, in cosa si differenzia dall’amore che cresce a poco a poco e si fonda su una lunga frequentazione? Forse i suoi effetti non sono così stabili ma, fino a quando durano, sono altrettanto impetuosi e intensi.

Ero benevolo e buono; la miseria mi ha reso un demone. Rendimi felice e sarò di nuovo virtuoso.

Un essere umano perfetto dovrebbe sempre mantenere la mente calma e serena e non permettere che la passione o che un desiderio passeggero disturbino mai la sua tranquillità.

Noi ci chiamiamo signori della creazione, dominatori degli elementi, padroni della vita e della morte, e adduciamo a scusa di questa arroganza l’argomento che, se pure l’individuo viene distrutto, l’uomo continua per sempre.

I compagni della nostra fanciullezza possiedono sempre un preciso potere sulla nostra mente, come è raro che possa avere un amico incontrato più tardi. Essi hanno conosciuto la nostra indole infantile che, anche se poi ha subìto modifiche, non può mai essere estirpata, e possono giudicare le nostre azioni giungendo a conclusioni molto più giuste sull’onestà dei nostri motivi.