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Presento un’ampia raccolta di frasi, citazioni e aforismi sull’editoria e gli editori. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sui libri e la lettura, Frasi, citazioni e aforismi sul romanzo e la narrativa, Frasi, citazioni e aforismi sulla poesia, Frasi, citazioni e aforismi sulla letteratura e Frasi, citazioni e aforismi sulla critica letteraria.
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Frasi, citazioni e aforismi sull’editoria e gli editori
Una battuta che ormai la leggenda attribuisce a vari maestri dell’editoria, da Arnoldo Mondadori a Valentino Bompiani. Una signora chiede che cosa faccia un editore: scrive libri? No, risponde l’editore, quelli li scrivono gli autori. Allora li stampa? No, quello lo fa il tipografo. Li vende? No, lo fa il libraio. Li distribuisce alle librerie? No, quello lo fa il distributore. E allora che cosa fa? Risposta: tutto il resto.
(Umberto Eco, La Repubblica, 2001)
Si pubblicano i libri che si sarebbe voluto scrivere, per fare coi libri un discorso servendosi di chi lo sa fare meglio di noi.
(Valentino Bompiani)
Quando il libro nuovo arriva ancora “caldo”, poco più grande di un pane a cassetta, col suo sapore fatto di parole, speranze, delusioni condivise giorno dopo giorno, lo si sente nella mano come un alimento.
(Valentino Bompiani)
Quando vendi ad un uomo un libro, non gli vendi 12 once di carta, un po’ di inchiostro e della colla, gli vendi un’intera nuova vita.
(Christopher Morley)
Tra vent’anni la gente non leggerà più. Questo è poco ma sicuro. Saranno tutti troppo occupati a fare i cretini con gli smartphone. Mi creda Goldman: l’editoria è morta.
(Joël Dicker)
I figli dei suoi figli custodiranno i libri con la stessa curiosità con cui noi osserviamo i geroglifci dei faraoni. Le diranno: ‘Nonna, a cosa servivano i libri?’ E lei risponderà: ‘A sognare. O a distruggere gli alberi, non me lo ricordo più.’ A quel punto sarà troppo tardi per tornare indietro: l’idiozia dell’umanità avrà raggiunto il culmine, e noi ci staremo uccidendo l’un l’altro per colpa della nostra imbecillità congenita (cosa che in parte stiamo già facendo).
(Joël Dicker)
Nel nostro secolo, l’editore è diventato una figura occulta, un invisibile ministro che dispensa immagini e parole seguendo criteri non immediatamente chiari, che suscitano l’universale curiosità. Pubblica forse per fare denaro, come tanti altri produttori? Nel profondo, pochi ci credono, se non altro per la fragilità del mestiere e del mercato. (…) Se esistesse (e non l’ho mai incontrato) un editore che pubblica soltanto per fare denaro, nessuno gli darebbe ascolto.
(Roberto Calasso)
Ho fatto l’editore perché sono timido. A mezzo tra l’arte e la propaganda, le cose che non osavo scrivere e quelle che non osavo proclamare, ho cercato chi le dicesse per me. È il meglio possibile. Sono anche un uomo curioso, e forse l’una cosa non va senza l’altra.
(Valentino Bompiani)
Dietro ogni libro c’è una somma di azioni, pensieri, inquietudini, angustie, decisioni e speranze condivise giorno per giorno, ora per ora. Ritrovare tutto questo tra le proprie mani in un oggetto di pochi centimetri, ogni volta illude e consola.
(Valentino Bompiani)
L’editore è un equilibrista circondato dai propri sogni ma appoggiato sulla realtà. Vende un bene concreto, deve occuparsi di costi e ricavi, di vendite e di diritti, di incassi e dilazioni ma il valore che veramente aggiunge al lavoro dell’autore è intangibile, è l’aura che il libro porta con sé
(Stefano Mauri, gruppo Gems)
Tenete presente che, a conti fatti, su dieci imprese librarie ce n’è una – ed è già molto – che ha successo, quattro che recupereranno le spese in tempi lunghi, e cinque che restano in perdita.
(Denis Diderot)
L’editoria è un attività culturale ed economica, industriale ed artigianale, bastano pochi soldi per avviarla ma se ne rischiano tanti, può riuscirci chiunque ma è molto difficile passare per la cruna di un mercato popolato da 55.000 novità all’anno, è un oggetto insieme antico e moderno, è un prodotto come un altro ma ha delle forti specificità, si vende con il marketing ma i grandi successi li fa il passaparola, si pubblicano troppi libri ma se fossero troppi non ci sarebbero ogni anno altrettante novità.
(Stefano Mauri, gruppo Gems)
Quelli che dicono che non ci sono certezze in quel gioco d’azzardo che è l’editoria hanno quasi ragione. In ultima analisi il successo di un romanzo dipende da quella forza mistica che si chiama passaparola.
(Martin Arnold)
E’, questo mestiere, uno dei più difficili da descrivere a chi sta fuori. Anche perché si fa di tutto, dopo esservi entrati non sapendo niente. E’ incredibile il numero di operazioni che stanno prima di un libro e dopo un libro.
(Paolo De Benedetti)
Che cos’è una casa editrice se non un lungo serpente di pagine? Ciascun segmento di quel serpente è un libro. Ma se si considerasse quella serie di segmenti come un unico libro? Un libro che comprende in sé molti generi, molti stili, molte epoche
(Roberto Calasso)
All’interno di una casa editrice, un libro sbagliato è come un capitolo sbagliato in un romanzo, una giuntura debole in un saggio, una chiazza di colore urtante in un quadro.
(Roberto Calasso)
La mia proposta è che agli editori si chieda sempre il minimo, ma con durezza. E qual è questo minimo irrinunciabile? Che l’editore provi piacere a leggere i libri che pubblica.
(Roberto Calasso)
Come leggeremmo l’Ulisse di James Joyce se avesse un titolo diverso?
(Umberto Eco)
Dovresti occuparti e preoccuparti un po’ di di più dei tuoi titoli. Quando una persona non riesce a pronunciare un titolo o il nome dell’autore, si intimidisce e non osa più entrare in libreria per chiedere quel libro. Capita più spesso di quanto tu non creda.
(L’editore Alfred Knopf a Dashiell Hammett)
Devono esserci due esche – un’esca iniziale che attiri l’acquirente che si trova dall’altro lato del negozio verso il libro; e poi, quando lo raggiunge, una seconda esca che possa in qualche modo, visivo o verbale, incuriosire. Solo a quel punto allungherà il braccio e prenderà il libro.
(David Pelham)
Qualunque sciocco può scrivere un libro, ma ci vuole un vero genio per venderlo.
(J.J. Ballard)
Nel nostro paese circa tre quarti dei titoli pubblicati ogni anno vendono, nei normali canali, tre copie.
(Oliviero Ponte Di Pino)
Gli editori moderni non hanno più lettori da illuminare ed elevare. Hanno, invece, clienti da sedurre.
(Fabrizio Caramagna)
Un grande editore del passato, Livio Garzanti, diceva che i best-seller erano imprevedibili Facendo pressione sui critici, acquistando spazi pubblicitari, insistendo con distributori e librai, egli sosteneva di poter spingere le vendite di un libro al massimo fino a trentamila copie. Oltre era impossibile, perché da lì in poi, contava solo il passaparola dei lettori, che evidentemente è sempre imprevedibile. Insomma, allora come oggi, è il pubblico che fa il best-seller. E personalmente penso che il pubblico, non solo li fa i best-seller, ma in fondo anche se li scrive.
(Goffredo Fofi)
Sarò forse duro di comprendonio, ma non riesco proprio a capacitarmi del fatto che un signore possa impiegare trenta pagine per descrivere come si giri e rigiri nel letto prima di prendere sonno». Con questa motivazione un lettore dell’editore Dollendorf aveva respinto la Recherche di Proust.
(Umberto Eco)
Non ci interessano i racconti di fantascienza con utopie negative. Non vendono
(Lettera di rifiuto del manoscritto di Stephen King)
È impossibile vendere storie di animali negli Stati Uniti.
(Risposta di un editore a George Orwell che voleva piazzare Fattoria degli animali)
Ci sono i rifiuti per inaccuratezza, per insabbiamento o per incapacità. Ci sono i rifiuti per viltà, e quelli per prudenza. I rifiuti ideologici, i rifiuti sacrosanti, le ribellioni all’insipienza o all’arroganza. I rifiuti tecnici, quelli per cause di forza maggiore, quelli elegiaci che vorrebbero ma proprio non possono e già rimpiangono, quelli dovuti. I rifiuti basati su una poetica, o sulla linea di una casa editrice. I rifiuti spiritosi, imbarazzati, balbettanti, insinceri; i rifiuti sdegnati, e quelli che semplicemente dicono: non mi piace.
(Mario Baudino)
Essere editore è innanzitutto saper dire no.
(Jean-Marie Laclavetine)
Lettera di rifiuto di una poesia intitolata “Perché sono vivo?”: “Perché hai inviato la poesia per posta”.
(Eugene Field Sr)
Grazie per avermi mandato una copia del suo libro – non sprecherò tempo a leggerlo.
(Moses Hadas)
A Francoforte, mercoledì è il giorno della creazione; io sono Adamo e cammino nello spazio sterminato dei libri del mondo e del mondo dei libri. Nel padiglione si adagiano lungo le pareti libri scritti in molte inquietanti lingue, decine di libri che non comincerò nemmeno a leggere. Avvertì Adamo l’angoscia di trovarsi in un luogo in cui c’era più frutta di quanto occorresse alla sua fame e alla sua sete innocente?
(Giorgio Manganelli)
Il risvolto è un umile e ardua forma letteraria che non ha ancora trovato il suo teorico e il suo storico. Per l’editore, spesso offre l’unica occasione per accennare esplicitamente ai motivi che lo hanno spinto a scegliere un determinato libro.
(Roberto Calasso)
L’arte dell’editing, cioè la capacità di controllare e ricontrollare un testo in modo che non contenga, o contenga entro limiti sopportabili, errori di contenuto, di trascrizione grafica o di traduzione, là dove neppure l’autore se ne sarebbe accorto.
(Umberto Eco)
Non c’è correzione, per quanto marginale e insignificante, che non valga la pena di effettuare. Di cento correzioni ognuna può sembrare meschina e pedante; insieme possono determinare un nuovo livello del testo.
(Theodor W. Adorno)
Gli errori si vedono solo quando il libro è stampato.
(Arthur Bloch, Legge di Jones sull’editoria, La legge di Murphy)
La prima pagina che l’autore guarda è quella col peggior errore.
(Arthur Bloch, Corollario di Black alla Legge di Jones sull’editoria, La legge di Murphy)
Osserviamo un lettore in libreria: prende in mano un libro, lo sfoglia – e, per qualche istante, è del tutto separato dal mondo. Ascolta qualcuno che parla, e che gli altri non sentono. Accumula casuali frammenti di frasi. Richiude il libro, guarda la copertina. Poi, spesso, si ferma sul risvolto, da cui si aspetta un aiuto. In quel momento sta aprendo – senza saperlo – una busta: quelle poche righe, esterne al testo del libro, sono di fatto una lettera: la lettera a uno sconosciuto.
(Roberto Calasso)
Quella con Bompiani è l’unica forma di monogamia che mi riconosco.
(Alberto Moravia)
Bompiani si muoveva a tutti i livelli: sceglieva illustrazioni, fino a perlustrare personalmente i musei o le gallerie, scriveva ai direttori di sezione, ascoltava i nostri dubbi di ogni genere, sgridava con scenate spesso ‘artificiali’ i direttori tecnici, incollava, ritagliava…
(Paolo De Benedetti)
Spesso mi è capitato di pensare al rapporto con gli autori come un rapporto di coppia. L’autore è paragonabile alla figura maschile che inocula il seme; l’autore è la donna che partorisce la nuova creatura.
(Giuseppe Laterza)
Lei mi ha imbrogliato. Altro che cultura! Con quei libri qui si guadagna un sacco di soldi.
(Angelo Rizzoli, dopo l’inaugurazione nel 1949 della collana Bur)
L’Editore deve guadagnare sempre, L’Editore che non guadagna è un fesso.
(Giuseppe Laterza)
Delle case editrici sono disincantato: nel primo tempo fanno le dolci, non risparmiano verbali blandizie e poi, firmato il contratto, alla prima timida domanda si mettono sul legale, mostrano il viso crudele.
(Vittorio Sereni)
L’editoria libraria è il settore dell’economia che attraverso la commercializzazione del libro mette l’autore in contatto con i lettori, e che permette dunque di remunerare la creatività attraverso il diritto d’autore.
(Oliviero Ponte Di Pino)
Scrivere un libro non costa quasi nulla, anche rispetto ad altre forma artistiche o espressive: bastano un quaderno e una penna, o meglio – oggi – un personal computer. Stampare, promuovere e vendere un libro richiede un impegno economico assai più elevato.
(Oliviero Ponte Di Pino)
Bisogna capire che i banchi della libreria sono il luogo di una feroce selezione darwiniana e che al 90 per cento se quello che vorresti lì non c’è è perché qualcuno ci ha provato e il libraio l’ha già reso.
(Stefano Mauri, gruppo Gems)
Se il nome dell’autore è più grande del titolo non è letteratura.
(Wilbur Smith)
I miei libri devono nascere vecchi, fatti per durare.
(Giulio Einaudi)
Il massimo del tempo della mia vita l’ho dedicato ai libri degli altri, non ai miei. Ne sono contento, perché l’editoria è una cosa importante nell’Italia in cui viviamo.
(Italo Calvino)
Ricordando un editore di ieri sembra di sentire ancora quel sapore di fatica sudata e minuta; sembra di partecipare ai rischi commisurati ai propri sacrifici; passa davanti agli occhi l’immagine di una lampada vacillante sullo scrittoio ereditato dal nonno; la contabilità affidata al pennino che si spunta nella stanchezza dell’ora notturna; ci arriva l’eco del colloquio diretto con la pagina stampata, con le sbavature d’inchiostro, con la colla che non tiene, coi conti che non tornano.
(Valentino Bompiani)
A Giulio Einaudi, Torino, 14 aprile 1942
Spettabile Editore,
Avendo ricevuto n. 6 sigari Roma – del che Vi ringrazio – e avendoli trovati pessimi, sono costretto a risponderVi che non posso mantenere un contratto iniziato sotto così cattivi auspici. Succede inoltre che i sempre rinnovati incarichi di revisione e altre balle che mi appioppate, non mi lasciano il tempo di attendere a più nobili lavori. Sì, Egregio Editore, è venuta l’ora di dirVi, con tutto il rispetto, che fin che continuerete con questo sistema di sfruttamento integrale dei Vostri dipendenti, non potrete sperare dagli stessi un rendimento superiore alle loro possibilità.
C’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La Natura insomma ci chiama, egregio Editore; e noi seguiamo il suo appello.
Fatevi fare il Bini da un altro.
Cordialmente. Cesare Pavese
(Cesare Pavese)
Se la percezione della qualità in tutto ciò che definisce un oggetto – che sia un libro o una casa editrice – viene oscurata, perché la qualità stessa appare come un fattore irrilevante, la strada si apre verso una implacabile monotonia, dove l’unico brivido sarà dato dalle scosse galvaniche dei grandi anticipi, delle grandi tirature, dei grandi lanci pubblicitari, delle grandi vendite – e altrettanto spesso delle grandi rese, destinate ad alimentare la fiorente industria del macero.
(Roberto Calasso, editore Adelphi)
Ben vengano i bestseller, casuali, febbrili, ma non siano l’unica ragione di esistere, non soffochino la normalità del progetto editoriale. Non esistono soltanto i grandi numeri
(Roberto Cerati, direttore commerciale e poi presidente Einaudi)
Roberto cominciò a vendere per corrispondenza, poi ebbe il controllo delle librerie lombarde, poi dell’intera Penisola. Viaggiava in treno in lungo e in largo, qualche volta senza il biglietto, qualche volta dormendo sul sedile, per andare a trovare i librai delle province d’Italia. Li conosceva tutti e tutti conoscevano Cerati. Anzi, lo adoravano. Perché Cerati, con la sua modestia e la sua sobrietà monacale, aveva un carisma ineguagliabile. E una sensibilità per il mercato (il suo mercato, non quello dei bestseller cercati a ogni costo) che gli faceva calibrare al millimetro le tirature dei singoli titoli e le ristampe.
(Paolo Di Stefano a proposito di Roberto Cerati, direttore commerciale e poi presidente Einaudi)
Uno scrittore è produttivo non nella misura in cui produce idee, ma nella misura in cui arricchisce l’editore che pubblica le sue opere.
(Karl Marx)
Primo firmatario, Gabriele d’Annunzio; poi Luigi Capuana, Giosue Carducci, Carlo Dossi, Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao sottoscrissero nel 1884 un appello sulla stampa onde dissociarsi dall’attività del loro editore Angelo Sommaruga, reo di avere pubblicato “Il libro delle vergini” del Vate mettendo in copertina tre giovani nude (benché strategicamente infrascate) allo scopo di vendere più copie. D’Annunzio, tenuto all’oscuro fino a pubblicazione avvenuta, volle schierarsi contro la scelta bassamente commerciale – era lo stesso d’Annunzio che sulle riviste scriveva sciarade volte a pubblicizzare amari o calzolerie – e convinse i colleghi a dichiarare di non voler avere più nulla a che spartire con l’editore; Sommaruga però difese alacremente “la copertina di soverchio ardita di quelle sue vergini così poco vergini”.
(Antonio Gurrado)
Avere le proprie pubblicazioni tra la corsia dei surgelati e quella dei detersivi è considerato il punto di arrivo nonché il maggior traguardo possibile per molti produttori di libri.
(Alice Di Stefano)
Ci sono alcuni editori che giudicano la predica dal numero di offerte dei fedeli.
(Fabrizio Caramagna)
Un tempo gli editori si riservavano il controllo sui contenuti, lasciando che gli autori se la vedessero con le questioni di stile e di linguaggio. Ora gli editori si occupano soprattutto del linguaggio e dello stile ed esigono che siano vendibili…
(Fabrizio Caramagna)
L’editoria è un mondo del tutto imprevedibile e dove oggi c’è un best-seller e l’idea di un certo tipo di narrativa, si può star certi che sei mesi dopo il vento soffierà da un’altra parte.
(Alice Di Stefano)
L’esordio era stato promettente, e c’erano le premesse per una seconda opera più matura. Niente da fare: il suo editore gli ordinò di esordire nuovamente.
(Mauro Parrini)
Uno scrittore fedele al proprio editore. Come sono fedeli al marito le donne che nessun altro vuole.
(Francesco Burdin)
Il diavolo dell’editore a pagamento fa uscire l’autore dal suo purgatorio.
(Fabrizio Caramagna)
In Italia c’è da meravigliarsi non di ciò che gli editori respingono ma di ciò che al contrario accettano.
(Fabrizio Caramagna)
Molti si chiedono del perché del successo di un romanzo. Ma non c’è un perché del successo, solo dell’insuccesso. Gli è andata bene e basta, era la mortadella giusta al momento giusto, evviva la mortadella. Domani ci sarà un altro capolavoro di mortadella, di profumo, di detersivo, di romanzo appunto. Che volete che siano 5, 6, 7 milioni di copie di un libro al confronto dei bilioni di tampax colorati e mortadelle a scacchi che si vendono nel mondo ogni semestre. E poi non si dimentichi che questi romanzi sono come i medicinali: vengono comprati a sporte e finiscono intonsi nella spazzatura.
(Aldo Busi)
Un editore è fatto più spesso di difetti che di qualità. Deve essere, per esempio, aggressivo, prepotente e colonialista. Deve spingere la propria ambizione fino alla vanità, per far propria la vanità segreta dello scrittore. Deve saper mentire per poter sostenere anche i libri di cui non sia convinto. Deve, talvolta, dar credito più all’istinto che al raziocinio.
(Valentino Bompiani)
Mansione dell’editore è di fermare la parola in modo che sia pronta e accessibile a tutti. Vivrà e sopravvivrà la parola più valida e la scelta non è questione di soldi e di potenza.
(Valentino Bompiani)
Fare denaro producendo libri era, allora e anche oggi, una scelta fra le più aleatorie. Con i libri, come tutti sanno, è facile perdere molto denaro, mentre è arduo farne – e comunque in quantità poco rilevanti, utili soprattutto per continuare a investire.
(Roberto Calasso)
La cultura ha guadagnato soprattutto da quei libri con cui gli editori hanno perso.
(Thomas Fuller)
Molte case editrici hanno sviluppato un profilo ben netto e inconfondibile, definito non soltanto dagli autori pubblicati e dallo stile delle pubblicazioni, ma dalle molte occasioni – in termini di autori e di stile – a cui quelle stesse case editrici hanno saputo dire no.
(Roberto Calasso)
Un giovane autore una volta, viaggiando tra Milano e Roma, si trovò seduto per caso davanti a Giancarlo Vigorelli al quale aveva mandato il suo primo romanzo. Aveva quasi deciso di presentarsi, quando vide che il critico toglieva dalla sua valigia un libro appena apparso, lo sfogliava, lo leggiucchiava e dopo aver scosso la testa lo gettava dal finestrino. La stessa sorte ebbero, uno dopo l’altro, una decine di altre ‘novità.’ Finalmente Vigorelli tolse dalla valigia il libro dell’autore che aveva davanti e ne lesse qualche pagina. Il giovane, trepidante, scrutava il volto del suo dirimpettaio. Quando vide che Vigorelli, dopo aver letto alcune pagine si accingeva a lanciarlo dal finestrino, lo fermò. ‘Vada avanti almeno fino a pagina diciotto, quando il protagonista conosce Ermenelinda – gli disse – io l’ho letto e dopo pagina diciotto l’ho trovato interessantissimo.’ ‘No – gli rispose Vigorelli – di un libro come questo bastano tre pagine.’ E gettò il volume dal finestrino.
(Piero Chiara)
L’editore che vi dice no è più generoso di quello che vi dice sì, perché il sì è un capitale investito e il no è un capitale completamente perso. Sappiate essere grati di questo responso sfavorevole: un giudizio costa, un giudizio negativo costa ancora di più, e voi non avete ancora reso la carta e il francobollo che siete costati per dirvi “no”.
(Aldo Busi)
Dovete sapere quando accettare il rifiuto e rifiutare l’accettazione.
(Ray Bradbury, consiglio agli scrittori)
“Sfortunatamente, la sua Opera non rientra nella nostra linea editoriale”. Se l’editore fosse convinto che l’opera è bella, veramente bella, cambierebbe la sua linea editoriale per ospitarla. Quindi vi sta dicendo che – a suo giudizio – la vostra opera è brutta o al massimo mediocre.
(Giulio Mozzi)
Se tutti gli editori fossero determinati a non stampare alcunché fino a che saranno sicuri di non offendere nessuno, ben poco sarebbe stampato.
(Benjamin Franklin)
Il peggiore nemico del libro è l’editore che lo stampa male. Il miglior amico del libro è il non-lettore, che per il solo gusto di possedere libri ne compera tanti. Il compito futuro, nel mondo del libro, è quello di eliminare il pessimo editore e di stimolare la diffusione del non-lettore
(Antonio Castronuovo)
Il viaggio di un testo dall’autore al lettore era lineare, con l’editore che assumeva i ruoli intermedi di arbitro, filtro, custode, mercante e distributore. C’è stata un po’ di confusione qua e là ai margini, qualche ritocco da dare al processo, ma pochissimi cambiamenti radicali. In campo letterario gli agenti hanno, almeno in parte, usurpato i ruoli di arbitro e di filtro. I rivenditori sono diventati, in qualche misura, grossisti e, occasionalmente, sono diventati perfino editori essi stessi.
L’incessante crescita di Internet sconvolge questa struttura lineare e inizia ad introdurrela circolarità propria della rete. Detto ancor più provocatoriamente, ha introdotto la reale possibilità di togliere di mezzo l’editore, più o meno rimuovendo l’ostacolo costituito dal fin qui unico asset critico proprio dell’editore: la distribuzione.
(Sara Lloyd, Il Manifesto dell’Editore del XXI secolo)
Dovremmo forse chiederci se un’attenzione primaria centrata sul testo sia ancora adeguata ad un mondo fatto di mash-ups multimediali. In altre parole, gli editori dovranno ripensare in maniera totalmente diversa la natura stessa del libro e, contemporaneamente, pensare a come vendere questi nuovi ‘libri’ nel contesto di un mondo interconnesso. Dovremo, e questo è il punto cruciale, capire quale può essere il valore aggiunto specifico dell’editore, nell’ambito di un ambiente circolare e interconnesso.
(Sara Lloyd, Il Manifesto dell’Editore del XXI secolo)
L’editore sparirà. O meglio sparirà nel modo in cui è inteso oggi, come colui che ha un capitale e lo investe nell’editare un’opera. La pubblicazione dell’ebook non ha tendenzialmente costo, la filiera si riduce, quindi l’editore diventerà un’altra cosa. Anche l’autore verrà concepito in modo diverso e cambierà la natura stessa della comunicazione scritta che per anni è stata immobile, fissata sulla pagina, e che ora diventa aggiungibile, modificabile, interattiva. La rivoluzione sarà epocale, paragonabile all’invenzione dei caratteri a stampa mobili, ma la vedrà mia nipote che ha cinque mesi. Non bisogna credere ai dati manipolati, fasulli, di crescita esponenziale che arrivano dall’America. Il fenomeno avrà una lentezza fisiologica, ed esploderà quando i prezzi si abbatteranno. Allora prevarrà l’ebook
(Gian Arturo Ferrari)
L’editore diventerà un bibliotecario: non venderà qualcosa, ma lo presterà. Nel mondo digitale, avrà qualcosa di simile alla televisione a pagamento, con alcuni canali che vengono venduti a sottoscrizione… Come editori, vincerà la scommessa chi riuscirà a lavorare sul contenuto. Il mio obiettivo è vendere, e per questo non credo che scomparirà il libro di carta. Del resto, come per i giornali, penso che siamo all’alba del digitale… Dobbiamo però avere il coraggio di rinunciare ai privilegi che abbiamo raggiunto e che ci hanno permesso di avere una posizione leader finora
(Ricky Cavallero)
Ciò che è assolutamente chiaro è che gli editori devono trasformarsi in facilitatori della lettura e dei processi che con essa hanno a che fare (discussione, ricerca, annotazione, scrittura,navigazione tra referenze), processi che già avvengono sul web attraverso una molteplicità di piattaforme e a seconda delle varie modalità di attività e stile di vita di ogni lettore.
(Sara Lloyd, Il Manifesto dell’Editore del XXI secolo)
Il sospetto più grave è che, in questo momento, gli editori stiano collaborando con la tecnologia nel rendere superflui se stessi. Se l’editore rinuncia alla sua funzione di primo lettore e primo interprete dell’opera, non si vede perché l’opera dovrebbe accettare di entrare nel quadro di una casa editrice. Molto più conveniente affidarsi a un agente e a un distributore. Sarebbe l’agente, allora, a esercitare il primo giudizio sull’opera, che consiste nell’accettarla o meno. E ovviamente il giudizio dell’agente può essere anche più acuto di quello che, un tempo, era stato il giudizio dell’editore. Ma l’agente non dispone di una forma, né la crea. Un agente ha soltanto una lista di clienti.
(Roberto Calasso)
Quando Kurt Wolff, esattamente cento anni fa, pubblicava nella sua collana «Der Jüngste Tag», «Il giorno del giudizio», prosatori e poeti esordienti i cui nomi erano Franz Kafka, Robert Walser, Georg Trakl o Gottfried Benn, quegli scrittori trovavano immediatamente i loro primi e rari lettori perché qualcosa attirava i lettori già nell’aspetto di quei libri, che si presentavano come snelli quaderni neri con etichette e non erano accompagnati né da dichiarazioni programmatiche né da lanci pubblicitari. Ma sottintendevano qualcosa che si poteva già percepire nel nome della collana: sottintendevano un giudizio, che è la vera prova del fuoco per l’editore. In mancanza di quella prova, l’editore potrebbe anche ritirarsi dalla scena senza essere troppo notato e senza suscitare troppi rimpianti
(Roberto Calasso)
Di fronte all’ipertrofia della produzione editoriale, Roger Chartier ha utilizzato un’espressione particolare ma assai efficace per definire il ruolo essenziale svolto dagli editori: per lo storico francese infatti questi contribuiscono in maniera decisiva all’«addomesticamento dell’abbondanza». Le case editrici infatti selezionano, scartano, scelgono e propongono, assolvendo così una funzione regolarizzante nei confronti della massa enorme di produzioni testuali di ogni tipo che aspirano ad essere pubblicate e quindi ad esistere da un punto di vista editoriale. Gli autori oggi non sono più una merce rara, il che consente agli editori di muoversi in una realtà dove, quasi sempre, l’offerta eccede largamente la domanda.
(Fabio Gambaro)
Ci sono vari tipi di editori: c’è l’editore ideologico, che sceglie i libri come tessere di un mosaico ad ornare la volta della sua «chiesa». Guarda alla società come ad un parente che ha fatto fortuna all’estero e che bisogna tener caro. C’è l’editore letterario, il quale, in definitiva, non sceglie libri ma aggettivi: la sua fortuna può essere ritardata, ma è protetta da quella polizza d’assicurazione che si chiama la qualità. («Di tanto tarda il riconoscimento di un’opera di quanto essa precede il suo tempo» dice Schopenhauer.) C’è l’editore Barnum che sceglie libri saltando nei cerchi di fuoco: gli occorrono i best-sellers e gli altri possono bruciare nel rogo. Vive di cocktails e chips e ragiona in diamanti come i re. C’è l’editore tipografo, la cui statura è misurata dalle ore d’impiego delle sue macchine, coedizioni comprese. C’è l’editore libraio che un giorno si è lasciato tentare pubblicando le poesie del direttore della scuola oppure una guida della città. I suoi libri saranno sotto il segno di un servizio pubblico.
(Valentino Bompiani)
C’è l’editore erede, stilé e malinconico, inevitabilmente portato, se vuol salvarsi, ad essere infedele agli antenati: poche cose si possono trasmettere ai successori e tra queste non figura l’estro personale. C’è l’editore enciclopedico, che ha del mondo un’idea da officina di prefabbricati: il mondo gli sta bene com’è, a condizione che si lasci incasellare in ordine alfabetico. C’è l’editore popolare, che deve avere consonanze elementari con le canzoni d’amore e con la «saggezza» dei proverbi. C’è l’editore di pronto intervento, come i vigili del fuoco; non è ancora spento nella cronaca «l’incendio», che esce il libro documentario.
(Valentino Bompiani)
Infine c’è l’editore protagonista.
Che cos’è e che cos’era un editore protagonista? Quegli eccessi di valutazione dovuti all’entusiasmo; quella fiducia che precede il libro, quell’affidarsi all’intuizione invece che al marketing sono i suoi punti di forza e insieme di debolezza.
L’editore protagonista ha minori impedimenti a nutrire in grande le ambizioni perché adopera tutto ai propri fini, anche le ambizioni altrui.
(Valentino Bompiani)
Ogni opera stampata ha una sua ombra che indica da che parte viene la luce. Quell’ombra è il segno dell’editore.
(Valentino Bompiani)
Storia antica: essere letti senza essere stampati. Storia moderna: essere stampati senza essere letti.
(Antonio Castronuovo)