Skip to main content
AutoriFrasi Belle

Le migliori frasi e citazioni di Erasmo da Rotterdam

Annunci

Erasmo da Rotterdam (Rotterdam 27 ottobre 1466 o 1469 – Basilea, 12 luglio 1536) è stato un teologo, umanista, linguista e filosofo olandese. Firmò i suoi scritti con lo pseudonimo di Desiderius Erasmus, mentre la sua opera più conosciuta è l’Elogio della follia.

A Erasmo da Rotterdam, per i suoi numerosi viaggi in vari paesi europei, è stato intitolato il programma di mobilità studentesca internazionale “Erasmus”.

Presento una raccolta delle migliori frasi e citazioni di Erasmo da Rotterdam. Tra i temi correlati Frasi, citazioni, aforismi e pensieri di Michel de Montaigne e Frasi, citazioni, aforismi e pensieri di Blaise Pascal.

**

Le migliori frasi e citazioni di Erasmo da Rotterdam

Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.

In qualunque forma, sia prosa o versi, o su qualunque tema, scrivi, scrivi, e ancora scrivi.

Prima di dormire, leggi qualcosa di straordinario che valga la pena ricordare.

È l’intelletto superficiale che non presta all’antichità la dovuta reverenza.

La massima felicità è raggiunta quando un uomo vuol essere quello che è.

Non c’è gioia nel possedere senza condividere.

Quando ho poco denaro, io compro dei libri, e se me ne rimane un poco, compro cibo e vestiti.

Un uomo non è nato un uomo, ma lo diventa.

Un discorso prende vita solo se nasce dal cuore, non se fluttua sulle labbra.

Il desiderio di scrivere cresce con la scrittura.

La tua biblioteca è il tuo paradiso.

Il tempo basta a tutto, se lo si gestisce con la parsimonia necessaria. Per noi è breve la giornata di cui perdiamo la maggior parte.

In gran parte i mariti sono come li fanno le mogli.

Bruciando i libri di Lutero potrete liberare le vostre librerie da lui, ma non libererete le menti degli uomini da lui.

I mali che non si avvertono sono i più pericolosi.

Il reciproco amore fra chi apprende e chi insegna è il primo e più importante gradino verso la conoscenza.

Non vi è nulla di così assurdo che l’abitudine non renda accettabile.

La frugalità è una bella fonte di reddito.

Una giovinezza angelica diventa una satanica vecchiaia.

L’ammirazione per il gatto è l’inizio del senso estetico.

Ciò che l’occhio è per il corpo, la ragione lo è per l’anima.

Giove infuse nell’uomo molta più passione che ragione: pressappoco nella proporzione di ventiquattro a uno. Relegò inoltre la ragione in un angolino della testa lasciando il resto del corpo ai turbamenti delle passioni.

Si è dotati del più alto grado di civiltà se, mentre non si erra mai, si ignorano gli errori degli altri.

Chi ama la guerra non l’ha mai vista in faccia.

Il principio della felicità umana consiste essenzialmente in tre cose: natura, ragione, esercizio.

Le stesse parole che dette da un filosofo gli costerebbero la testa, in bocca a un buffone suscitano allegria.

Gli aforismi sono nella storia come le perle nella sabbia o l’oro nella miniera.

Non scuola la diresti, ma sala di tortura: non vi si sente altro che lo schiocco delle sferze, lo strepito delle verghe, gemiti, singhiozzi e atroci minacce. Cos’altro possono impararvi i bambini, se non a odiare la cultura? Una volta che quest’odio ha messo radice nei teneri animi, anche da grandi detestano lo studio.

Non c’è niente di più irritante e pedante dei giudizi che gli uomini esprimono gli uni verso gli altri.

Il miglior modo di onorare i santi è di imitarli.

Nulla più della mendicità somiglia alla condizione di re.

Sono un amante della libertà. Non voglio e non posso servire un partito.

**

Elogio della follia (Lof der Zotheid, 1509)

Dubito che si possa trovare un singolo individuo in tutta l’umanità libero da qualche forma di follia. L’unica differenza è di grado.

C’è forse una qualche parte della vita che non sia cupa, tetra, fastidiosa, senza grazia, senza spirito se non le si sarà aggiunto il condimento della follia?

L’unico fatto certo è che senza il condimento della follia non può esistere piacere alcuno.

Non dimenticate anche questa non trascurabile dote dei folli: solo loro sono schietti e veritieri.

Eppure, ve lo assicura la Follia in persona, uno è tanto più felice quanto più la sua Follia è multiforme.

Solo la Follia è capace di prolungare la giovinezza, altrimenti fuggevolissima, e di tenere lontana la molesta vecchiaia.

Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un’eterna giovinezza.

Nessuna festa è divertente se non è condita con un po’ di follia.

Se la sapienza consiste, secondo la definizione stoica, nell’essere guidati dalla ragione e la follia, invece, nell’essere in balia delle passioni, quanto più passione che ragione ha posto Giove nell’uomo, ad evitare che la sua vita fosse davvero cupa e tetra?

Per un mortale, è vera saggezza non voler essere più saggio di quanto gli sia concesso in sorte, fare buon viso all’andazzo generale e partecipare di buon grado alle umane debolezze. Ma, dicono, proprio questo è follia. Non lo contesterò, purché riconoscano in cambio che questo è recitare la commedia della vita.

Che altro è la vita umana se non tutta una commedia, nella quale tutti recitano la loro parte chi con una maschera chi con un’altra, finché a un tratto il capocomico non li faccia uscire di scena?

Ciò che distingue il savio dal pazzo è che questi si fa guidare dalle passioni, mentre il primo ha per guida la ragione.

La Fortuna ama gli imprudenti, gli audaci, quelli che adottano il motto “il dado è tratto”. La saggezza, invece, rende piuttosto timidi.

Chi non sa quanto pochi sono i sapienti, se pur qualcuno ve n’è? In tanti secoli i Greci ne contano in tutto sette, e anche di questi, per Ercole, se si andasse a guardare meglio, nessuno, ho paura, risulterebbe sapiente a metà, e forse neppure per un terzo.

Come non c’è stoltezza maggiore di una saggezza inopportuna, così non c’è maggiore imprudenza di una prudenza distruttrice.

Se la saggezza si fonda sull’esperienza, a chi meglio conviene fregiarsi dell’appellativo di saggio? Al sapiente che, parte per modestia, parte per timidezza, nulla intraprende, o al folle che né il pudore, di cui è privo, né il pericolo, che non misura, distolgono da qualche cosa? Il sapiente si rifugia nei libri degli antichi e ne trae solo sottigliezze verbali. Il folle affronta da vicino le situazioni coi relativi rischi e così acquista, se non erro, la saggezza.

Se piaci a te stesso, se ti ammiri, questo è proprio il colmo della follia; ma d’altra parte, dispiacendo a te stesso, che cosa potresti fare di bello, di gradevole, di nobile?

Sono due i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l’animo, e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da entrambe. Non vergognarsi mai e osare tutto: pochissimi sanno quale messi di vantaggi ne derivi.

Tra i mortali che cosa mai si fa che non trabocchi di follia, e che non sia opera di folli in un mondo di folli? Perciò, se qualcuno volesse opporsi da solo a tutti, io gli consiglierei di ritirarsi, come Timone, in un deserto, per godervi, da solo, la propria saggezza.

La vergogna, l’infamia, il disonore, le offese, nocciono nella misura in cui fanno soffrire. Per chi non se la prende, non sono neppure un male. Che t’importa se tutti ti fischiano, se tu ti applaudi? Che questo ti sia possibile lo devi alla sola Follia.

Chi non risparmia le sue critiche a nessun genere di uomini, dimostra di non avercela con nessun uomo, ma di detestare tutti i vizi.

Ci sono tante grammatiche quanti sono i grammatici, e anche di più.

La mente umana è fatta in modo tale che è molto più incline alla menzogna che alla verità.

Chi va contro natura facendo mostra di capacità fittizie e forzando le proprie reali inclinazioni riesce solo a raddoppiare il difetto.

Le donne corrono dietro agli stolti; fuggono i saggi come animali velenosi.

Le donne, con le guance sempre lisce, con la voce sempre sottile, con la pelle morbida, danno quasi l’impressione d’una eterna giovinezza. Ma che altro desiderano poi in questa vita, se non piacere agli uomini quanto più è possibile?

Niente è più frivolo che trattare in modo frivolo cose serie.

Non è forse del tutto cieco quel Cupido, che è artefice e padre di ogni legame? E come il brutto gli appare bello, così fa in modo che anche a ciascuno di voi sembri bello ciò che gli è toccato in sorte, che il vecchio ami la sua vecchia, e il ragazzo la sua ragazza. Sono cose che accadono a ogni piè sospinto e che muovono il riso; eppure sono proprio queste cose ridicole il fondamento di una società che vive con gioia.

Non si gode a possedere qualche cosa senza compagnia.

Può voler bene agli altri chi non vuole bene a se stesso?

Pochissimi dei matrimoni già stretti potrebbero durare se tutti i passi fuori strada delle mogli non restassero celati per la cecità o la stupidità dei mariti.

Quanto più un uomo invecchia, tanto più si riavvicina alla fanciullezza, finché lascia questo mondo in tutto come un bambino al di là del tedio della vita e al di là del senso della morte.

Se per caso una donna vuole passare per saggia, ottiene solo di essere due volte folle.

Tutto lo stile degli oratori è tale da farti giurare che abbiano avuto per maestri i ciarlatani di piazza, restandone però molto al disotto. Tuttavia si rassomigliano tanto da non lasciare dubbi: o i ciarlatani hanno imparato la retorica dagli oratori, o gli oratori dai ciarlatani.

Di me giudicheranno gli altri: tuttavia, se non m’inganna la filautìa, io ho lodato la follia, ma non certo come un folle.
(dalla dedica a Tommaso Moro)

**

Adagia (Adagiorum collectanea, 1500)

I più grandi mali si sono sempre infiltrati nella vita degli uomini sotto la fallace apparenza del bene.

Se metti su una bilancia da una parte i vantaggi e dall’altra gli svantaggi, ti accorgi che una pace iniqua è molto meglio di una guerra equa.

Cane non mangia cane; «i feroci leoni non si fanno guerra»; il serpente non aggredisce il suo simile; v’è pace tra le bestie velenose. Ma per l’uomo non c’è bestia più pericolosa dell’uomo.

Non vi è dubbio, questa è una naturale proprietà dei valori autentici: nascondere gelosamente nell’intimo la propria eccellenza (quod habent eximium), ostentare e mettere in evidenza la faccia meno pregevole (quod contemptissimum), occultare il tesoro lontano dagli sguardi sacrileghi.

Quando l’oro parla, l’eloquenza è senza forza.

Una scimmia è una scimmia, anche se porta insegne d’oro.

È l’annata che produce, non il campo.

Chi ha molto pepe lo mette anche sull’insalata.

Nel paese dei ciechi, l’orbo è re.