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Le frasi e poesie più belle di Dylan Thomas

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Il 27 ottobre 1914 nasceva a Swansea Dylan Thomas, poeta e drammaturgo gallese precursore della Beat Generation, il poeta a cui il giovane Robert Allen Zimmerman rubò il nome, quando scelse di farsi chiamare Bob Dylan. Il poeta che diceva che il posto giusto per un poeta è stare da nessuna parte.

In una tournè negli Stati Uniti, a New York, dopo molte bevute alla White Horse Tavern di Manhattan, Dylan Thomas crollò. Successe al Chelsea Hotel. Morì poco tempo dopo all’ospedale, il 9 novembre 1953, all’età di 39 anni. Il referto medico riporta come cause: polmonite, edema cerebrale, steatosi epatica.

Presento una raccolta delle frasi e poesie più belle di Dylan Thomas. Tra i temi correlati si veda Le frasi e poesie più belle di Sylvia Plath, Le frasi e poesie più belle di Thomas Stearns Eliot e Le più belle frasi di Bob Dylan.

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Le frasi e poesie più belle di Dylan Thomas

Una buona poesia è un contributo alla realtà. Il mondo non è più lo stesso dopo che una buona poesia gli si è aggiunta.
[A good poem is a contribution to reality. The world is never the same once a good poem has been added to it.]

Contengo in me una bestia, un angelo e un pazzo. E la mia ricerca riguarda la loro azione, e la mia difficoltà consiste nel loro soggiogamento e nella loro vittoria, negli abbassamenti e nei sollevamenti, e il mio sforzo è la loro autoespressione.

L’universo è selvaggio e colmo di meraviglie.

Sceglierei in qualunque momento di essere un poeta e vivere di astuzia e birra.

Sono un gallese, sono un ubriacone, e amo il genere umano, specialmente la parte femminile. [Rispondendo alla dichiarazione di Thomas S. Eliot: “In politica sono un monarchico, in religione un anglocattolico, in letteratura un classicista”]

Non importa se i tuoi scritti saranno pubblicati o no. È meglio un fascio di fogli sui quali ti sei sforzato per qualcosa per cui valeva la pena di lottare, che un racconto in ogni rivista e la fama internazionale.

Devo rovinarmi di nuovo la salute: mi sento così assurdamente bene…

Voglio costruire poesie grosse e solide abbastanza perché la gente possa camminarvi e sedervi sopra, mangiarvi e bere e farci l’amore.

La vita ti offre sempre una seconda possibilità. Si chiama domani.

L’uomo a cui è dato avere visioni non ha bisogno di altra compagnia.

Tutto ciò che è nascosto dovrebbe essere messo a nudo. Essere spogliati dall’oscurità significa essere puliti, spogliare dall’oscurità è rendere puliti.

Nella vita devi tirare avanti mediocremente con la routine del guadagno, innamorarti, accoppiarti e morire. L’artista differisce dai suoi simili in questo: per lui non si tratta dell’unico mondo, lui ha la luminosità interiore.

Mio mondo felice, buffo, maledetto, peccaminoso, osceno, bello. Oh, perché non sono con te, mio tesoro!

Io non voglio esprimere soltanto ciò che altre persone hanno sentito; voglio lacerare qualcosa e mostrare quanto non hanno mai veduto.

Scrivo alla velocità di due versi l’ora. Ho scritto centinaia di poesie e ognuna mi è costata ore e ore di dolore, sudore e tortura cerebrale.

Perché gli uomini pensano che si possa raccogliere l’amore e riaccenderlo come una candela? Le donne sanno quando l’amore è finito.

Sono uno strano utilizzatore di parole, non un poeta.

Ha nevicato anche l’anno scorso: ho fatto un pupazzo di neve e mio fratello l’ha buttato giù e io ho buttato giù mio fratello e poi abbiamo preso il the.

Il momento magico d’una poesia è sempre casuale. Nessun poeta faticherebbe tanto su questa complicata arte che è il far poesia se non sperasse in un improvviso e accidentale verificarsi di quel momento. E la poesia migliore è quella in cui le parti faticate e non magiche sono più vicine, per struttura e intensità, a quei momenti di casuale magia.

Lo scopo di una poesia è il segno che essa stessa produce: è la pallottola e il centro del bersaglio; il bisturi, il tumore, il paziente. Una poesia si muove soltanto verso la propria fine, che è l’ultimo verso. Ogni altra cosa più in là di questa è la sostanza problematica della poetica, non della poesia.

La posizione che un poeta assume di fronte alla guerra è la posizione eretta.

Qualcuno mi sta annoiando. Penso di essere io.

Questa è l’arte d’oggi: posa, simulazione, plagio, e tutti gli artifici di una generazione condannata.

A prima vista, sembra che non vi sia alcuna realtà in questa vita: è tutta un’enorme facciata di rapidità ed efficienza e potenza dietro la quale milioni di piccoli individui stanno lottando, invano, alle prese con le loro ansie.

Quello che mi piace è trattare le parole come un artista il suo legno o pietra o quello che volete, per tagliarle, scolpirle, avvolgerle, spianarle e lucidarle in disegni, sequenze, sculture, fughe di suoni.

Il poeta è totalmente sincero e totalmente fasullo, ama all’improvviso, poi dimentica, non è lui, è sempre fuori di sé, l’incoerenza lo smania, si snatura nel verso, profetizzando il volto.

Mi piacciono le cose difficili a scriversi e difficili a capirsi; mi piace “controbilanciare i contrari” con immagini segrete; mi piace contraddire le mie immagini dicendo due cose alla volta con una sola parola, quattro con due e una con sei. Ma quel che mi piace non è una teoria, anche se do stabilità con il dogma alle mie preferenze personali.

La mia poesia è, o dovrebbe essermi, utile per una sola ragione: è il resoconto del mio sforzo individuale per passare dall’oscurità a una qualche misura di luce.

Quando uno brucia i propri ponti, fa un gran bel fuoco!

L’artista non ha alcuna necessità di fare qualsiasi cosa: egli è una legge di per sé, e la sua grandezza o la sua modestia salgono e scendono in base a ciò.

Un alcolizzato è qualcuno che non vi piace che beve quanto voi.

Ho bevuto diciotto whisky lisci, penso che sia il record. . .

Non ho niente da sciogliere nel bicchiere di birra, tranne una libbra d’amore.

La vita scorre davanti alle finestre e io la odio ancor più di minuto in minuto. Vedo i gesti triti e ritriti, i sorrisi compiti, le cellule grigie che girano intorno al nulla sotto le pie bombette. I passanti sono spaventosi. Li vedo in tutti i loro piccoli orrori.

Uomo sii la mia metafora.

La mia educazione è stata la libertà che ho avuto di leggere indiscriminatamente e tutto il tempo, con gli occhi di fuori.

Guardiamo una cosa mille volte; forse dovremmo guardarla un milione di volte prima di vederla per la prima volta.

Non vi è nulla su questa terra di Dio che sia, di per sé, una brutta cosa; è la malattia della mente, ed è l’oscenità della mente a rendere una cosa oscena.

Loro non mi credono, ma io batto le braccia e lentamente mi sollevo da terra, prima di pochi centimetri, ma poi sempre di più, finché volo
I ricordi d’infanzia non hanno ordine né fine.

Quelle che noi consideriamo perversioni sono, per la maggior parte, sentieri appartati sani e naturali della vita sessuale.

Il demone alcol da qualche tempo è divenuto un amico un po’ troppo opprimente e un po’ troppo intimo.

Voglio dimenticare tutto ciò che ho scritto finora e ricominciare daccapo, informato di una nuova meraviglia, svuotato di tutta la mia antica tristezza e liberato dalla sofisticazione che è malattia.

Voglio credere, credere in eterno, che il cielo è essere, una condizione di essere, e che il solo inferno è l’inferno di me stesso. Voglio bruciare il cielo con le sue stesse fiamme. Voglio vivere e amare ed essere amato; voglio lodare ed essere lodato, voglio dormire e destarmi, e considerare il mio sonno soltanto come un altro risveglio; voglio vivere e morire.

La poesia, pesante nella tara anche se agile, dovrebbe essere orgiastica e organica come una copulazione, dividendo e unificando, personale ma non privata, propagando l’individuo nella massa e la massa nell’individuo.

Un poesia è, o dovrebbe essere, un tratto impermeabile del fiume che sta scorrendo in tutte le direzioni, e tutte le immagini in conflitto entro di esso dovrebbero essere riconciliate per quel breve fermarsi del tempo.

Mi sembra assurdo che tutta la buona poesia debba necessariamente essere semplice. Non vedo alcuna necessità per cui le più grandi verità del mondo, e le più grandi variazioni di tali verità, dovrebbero essere così semplici da essere capite dalla mente più ingenua. Vi sono cose, e cose preziose, così complicate che anche colui il quale ne scrive non capisce che cosa sta scrivendo.

Sto diventando più oscuro di giorno in giorno. È per me una sofferenza fisica, adesso, scrivere poesia. Non sarò mai compreso. Credo che non manderò altre poesie, ma scriverò soltanto racconti.

Preferisco di gran lunga leggere i versi degli altri, anziché i miei: li trovo più chiari. Un’ora di miei versi a voce alta è un inferno, e produce grandi chiazze brucianti di fronte alla mente.

Nevicava sempre a Natale. Dicembre, nella mia memoria, è bianco come la Lapponia, solo che non c’erano renne. Ma c’erano gatti.

Non ho bisogno di amici. Preferisco i nemici. Sono una compagnia migliore e i loro sentimenti nei tuoi confronti sono sempre genuini.

Il nostro disdicevole segreto è che non sappiamo proprio niente, e il nostro orribile segreto interiore è che non ci importa di non saperlo.

Io so soltanto che preferirei parlare con te, ma siccome sono costretto a scrivere perché sei distante un milione di chilometri… allora devo scrivere qualunque cosa, qualunque cosa o tutto, così come viene.

Amara, crudele Laugharne; la mia pipa è piena di cicche tolte dalla grata, il tavolo è gremito di finali morti di poesie, ho la testa piena di assurdità. Il sole sta splendendo sul fango…

È ingiusto tutto ciò che vieta la libertà dell’individuo. I governi sono ingiusti perché sono i comitati dei proibenti; le rotative sono ingiuste perché ci nutrono di ciò con cui vogliono nutrirci, e non di ciò che desideriamo mangiare; le chiese sono ingiuste perché standardizzano i nostri dei, perché etichettano la nostra morale, perché lodano la morte di un Cristo scomparso e temono il pianto di un nuovo Cristo nel deserto; i poeti sono ingiusti perché la loro visione non è una visione, ma uno strabuzzare gli occhi; guardano il mondo d’oggi e tuttavia i loro occhi sono rivolti all’indietro lungo le strade dei secoli trascorsi, mai verso l’enorme, elettrica promessa del futuro

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Alcuni estratti delle poesie più belle di Dylan Thomas

Non andartene docile in quella buona notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce.
[Do not go gentle into that good night,
Old age should burn and rave at close of day;
Rage, rage against the dying of the light.]

Avranno stelle ai gomiti e ai piedi.
Per quanto impazziti, saranno savi,
per quanto affondino nel mare
torneranno a risorgere.
Per quanto gli amanti si lascino, amore resterà.
E morte non avrà dominio.

Ho udito molti anni di parole, e molti anni
dovrebbero portare
un mutamento.
La palla che lanciai giocando nel parco
non è ancora scesa al suolo.

Le mie lacrime sono come il quieto cadere
di petali da qualche magica rosa,
e il mio dolore scorre dalle crepe
di cieli e nevi di cui non è memoria.
Se toccassi la terra
credo che andrebbe in polvere…

L’uomo spezzò allora il sole,
abbatté allora il vento.

Dove il mare non scorre,
le acque del cuore spingono le loro maree.

Ribellati alla leggi della luna
e al parlamento del cielo,
al governo del mare perverso,
alla anima del giorno e della notte,
alla dittatura del sole.

Vi saranno coralli nei tuoi letti,
Vi saranno serpenti alle maree,
Finché tutte le nostre fedi marine morranno.

Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci
devastare le vene, erano un tempo
frumento ed uva, nati
da radice e linfa sensuali.
E’ il mio vino che bevi, è il mio pane che addenti.

La forza che nella verde miccia spinge il fiore
spinge la mia verde età;
quella che spacca le radici degli alberi
è la mia distruttrice.

Mi ci vogliono dieci paradossi
per ricomporre in me una verità.

Un’estranea è venuta
a spartire con me la mia stanza
nella casa lunatica,
una ragazza folle
come gli uccelli.

Un verme racconta l’estate meglio dell’orologio,
La lumaca è un vivente calendario di giorni;
Che cosa mi dirà se un insetto senza tempo
Dice che il mondo lentamente si consuma?

Mi hanno detto di ragionare col cuore,
ma il cuore, come la testa, è un’inutile guida.

Le labbra del tempo si attaccano all’origine;
l’amore cola e si rapprende, ma il sangue
crollando placherà le sue ferite.
E sono incapace di dire alla bufera come il tempo
abbia truccato il cielo attorno agli astri.

Qui in questa primavera, le stelle navigano il vuoto;
qui in questo inverno ornamentale
il nudo cielo viene giù a rovesci.

Dai sospiri nasce qualcosa
ma non dolore, questo l’ho annientato
prima dell’agonia; lo spirito cresce,
Scorda, e piange.

Fiore fiorisci il fondersi
di tutta la gente,
o luce della zenit, o bocciolo accoppiato,
e la fiamma della visione
della carne.
Fuori dal mare, impeto
dell’olio,
orbita e tomba, sangue prezioso, fiore fiorisci, tutto tutto e tutto.

Nella loro rovina vedo i ragazzi dell’estate
desolare i campi d’oro,
trascurare la messe, raggelare il suolo.