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Don Luigi Giussani nasce il 15 ottobre 1922 a Desio, comune della Brianza a Nord di Milano. Nel 1954 fonda Gioventù Studentesca, da cui, sotto la sua guida, nel 1969, sorge il movimento Comunione e Liberazione per l’affermazione integrale dell’identità cattolica nella società.
Don Luigi Giussani è tra le personalità più significative del cattolicesimo italiano (e non solo) del Novecento. È stato però anche un teologo colto e originale, autore di numerosissimi testi teologici. Don Luigi Giussani ci insegna che alla base del Tutto c’è un incontro, una relazione con Cristo. Questo Avvenimento è il punto focale della nostra vita.
Il 22 febbraio 2005 Don Luigi Giussani muore nella sua abitazione di Milano.
I funerali sono celebrati nel Duomo di Milano dall’allora cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, come inviato personale di Giovanni Paolo II. Don Luigi Giussani è sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano. La sua tomba è meta di continui pellegrinaggi dall’Italia e dal mondo.
Presento una raccolta delle frasi più belle di Don Luigi Giussani. Tra i temi correlati Le frasi più belle di Don Lorenzo Milani, Le più belle frasi e poesie di Madre Teresa di Calcutta e Le frasi più belle di Don Bosco.
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Le frasi più belle di Don Luigi Giussani
Egli, Gesù, si rivolge a noi, si fa «incontro» per noi, chiedendoci una cosa sola: non «che cosa hai fatto?», ma «mi ami?»
La legge della vita è l’amore, non la presunzione. E l’amore è affermare un tu presente.
Dio non ama tutti, ama ognuno. E a ognuno, in maniera diversa, fa la stessa proposta: vieni e seguimi.
Il santo non è un superuomo, il santo è un uomo vero.
Pretendere la felicità nella vita è un sogno. Vivere la vita camminando verso la felicità è un ideale.
Ognuno di noi è stato scelto attraverso un incontro gratuito perché si renda egli stesso incontro per gli altri. È dunque per una missione che siamo stati scelti.
La volontà è lo sprigionarsi dell’energia infinita che c’è dentro il cuore. Il cuore è un’energia infinita: è sete d’infinito!
Dentro ogni gesto sta il passo verso il proprio destino.
Per chi cerca di vivere veramente la fede, non c’è il normale, c’è il grande e basta.
La vita ci è stata data per una creatività. Il tempo è come il tessuto su cui occorre disegnare una creazione.
L’uomo solo è un pezzo di materia. Un cittadino anonimo, senza forza. Distruggendo la famiglia si attacca l’ultimo e più forte baluardo che resiste al potere.
L’ho raccontato spesso: quello che mi ha salvato la vita è l’avere accettato d’imparare quello che pensavo già di sapere.
Cristo, è andato in croce per liberarci dal fascino del nulla, per liberarci dal fascino delle apparenze, dell’effimero.
Non si può dire amo i miei figli, permettendo alla società di farne man bassa; non si può dire: amo la famiglia, permettendo al costume sociale di distruggerla. Occorre il coraggio di difendere questi riferimenti in pubblico.
Nel cammino vibra già quello che c’è nella meta, come nell’alba si rifette il sole.
Una domanda o è una domanda di vero o è una falsità. Se è una domanda di vero aggiunge bellezza anche alla bellezza più grande.
Nel perdono accade un miracolo: il male diventa bene, perché mi chiede di amare di più e io accetto la sfida. Così il male è divenuto causa di maggior amore.
L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre intensamente il reale.
La vera educazione deve essere un’educazione alla critica.
Non solo non ho mai inteso “fondare” niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta.
Sono convinto che l’offesa più terribile che possiamo rivolgere al Mistero coincida con l’incapacità di svegliarsi al mattino e scoprirsi amati.
Nulla è così commovente come il fatto che Dio si sia fatto uomo per accompagnare con discrezione, con tenerezza e potenza il cammino faticoso di ognuno alla ricerca del proprio volto umano.
Quanto più un uomo ha il senso del mistero, tanto più si sente piccolo di fronte all’impossibile.
Noi dobbiamo lottare per la bellezza. Perché senza la bellezza non si vive. E questa lotta deve investire ogni particolare: altrimenti come faremo un giorno a riempire piazza San Pietro?
Si vive per amore di qualcosa che sta accadendo ora.
L’equilibrio, insieme al miracolo e all’intensità del vivere, è una delle tre caratteristiche del santo.
La domanda è già un miracolo. È il primo modo della coerenza, del compimento di sé, della propria libertà.
La misericordia è il sinonimo di infinito: l’unica parola che è sinonimo di infinito è la parola misericordia.
La bellezza, se è divisa, è una menzogna.
La pace è una guerra, ma con se stessi.
L’estremo lembo dell’audacia è amare umilmente se stessi.
La verità senza amore è inutile.
Non si possono trattare le persone come pezzi di batteria… perché la persona è un singolo, non è parte di un’immagine collettiva e la pazienza si esercita sul singolo, non su cento. Su cento si domina, ma il singolo si serve.
Il nostro nemico è la paura, inevitabile in ciascuno di noi. Perché? Perché ognuno di noi viene dal nulla. La paura è il fiato del nulla da cui veniamo.
Il cristianesimo non è un pensiero, ma l’annuncio di una Presenza: l’Incarnazione è un fatto accaduto.
La Chiesa è il prolungamento nella storia, nel tempo e nello spazio, di Cristo.
Alzarsi al mattino e ricordarsi che tutta la giornata è di un Altro, accettarlo e offrire tutto, questa è la libertà. La libertà è questo: l’adesione all’Essere, cioè il riconoscimento che Dio è tutto in tutto.
Chi si lascia prendere dallo scetticismo parte con l’ipotesi negativa e, anche se l’approdo è possibile, la sua navicella ruoterà su se stessa.
La ricerca è assurda se non implica l’esistenza di un porto.
È nel rapporto con Dio che l’io acquista la sua consistenza.
In virtù di un uomo è venuta la morte, e in virtù dell’uomo nuovo, Gesù Cristo, è venuta la risurrezione.
Essere giovani vuol dire avere fiducia in uno scopo. Senza scopo uno è già vecchio.
Non si possono pensare le cose vere se non in un’aura di canto. Se non si canta, se il cuore non canta, la cosa non è vera.
Il grande problema del mondo di oggi non è: “Chi ha ragione?”, ma: “Come si fa a vivere?”
Protagonisti non vuole dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l’eternità, unico e irripetibile.
Tutto il mondo non vale la più piccola persona umana; questa non ha nulla di paragonabile a sé nell’universo, dal primo istante della sua concezione fino all’ultimo passo della sua decrepita vecchiaia. Ogni uomo possiede un principio originale e irriducibile, fondamento di diritti inalienabili, sorgente di valori.
La scelta dell’uomo è: o concepirsi libero da tutto l’universo e dipendente solo da Dio, oppure libero da Dio, e allora diventa schiavo di ogni circostanza.
Siamo uomini perché abbiamo l’intelligenza di uno scopo, l’intelligenza dello scopo del tutto.
Il Natale è la festa dell’affezione, dell’affezione di Dio all’uomo che ha reso madre una donna e ha reso bambino Dio. Perciò il Natale deve far scoppiare la nostra capacità di affezione tra noi.
(Luigi Giussani, Natale 1991)
La tristezza è la capacità dell’uomo che aspira all’Infinito. L’assenza di tristezza è la banalità di una mens quasi “scema”, spoglia di pensieri e di dignità, che nega l’esistenza di ciò cui il cuore aspira.
Vi auguro di non stare mai tranquilli.
Tutto quel che facciamo entri nel disegno di Dio. Questa convinzione, questa consapevolezza e la volontà di portarla avanti sono il fulcro di tutta la vita morale del cristiano.
Non è compito di Gesù risolvere i vari problemi, ma richiamare alla posizione in cui l’uomo può cercare di risolverli.
Per amare veramente una donna occorre un distacco: adora di più la sua donna un uomo che la guarda ad un metro di distanza, meravigliato dell’essere che ha davanti, quasi inginocchiato davanti ad essa, o quando la prende? No! No, quando la prende, finisce.
Solo un’epoca di discepoli può dare un’epoca di genii, poiché solo in chi è prima capace di ascoltare e di comprendere si alimenta una maturità personale.
Senza la Madonna noi non potremmo essere sicuri del futuro, perché la sicurezza del futuro ci viene da Cristo: il Mistero di Dio che si fa uomo. Non sarebbe potuto accadere questo, non si sarebbe potuto neanche ridire, se non avessimo avuto la Madonna.
San Giuseppe è la più bella figura d’uomo concepibile e che il cristianesimo ha realizzato. San Giuseppe ha vissuto come tutti: non c’è una parola sua, non c’è niente, niente: più povera di così una figura non può essere.
Uno può essere calcolatore proprio all’infinitesimo grado di un suo equilibrio, di una sua sanità e di un suo gusto, ma non può impedire che, presto o tardi, in qualche modo, un fattore non previsto scompagini tutto il suo ordine e lo rovini. Per questo l’unica cosa di cui siamo sicuri è la domanda a Cristo.
Si deve partire per un’avventura in cui chi calcola le cose non sei tu.
Solo l’amore a Cristo può far emergere questa suprema purità della gratuità che è l’umiltà, l’umiltà del proprio limite; il proprio limite non sarà allora ingenerosità, non verrà a a gravare la coscienza come un peccato: riconoscere il proprio limite sarà anch’esso un’accoglienza.
Scoprire il mistero, entrare nel mistero sottende l’apparenza, sottende ciò che noi vediamo e tocchiamo, è il motivo della ragione, la sua forza motrice.
La domanda è amore proprio in quanto scopre e afferma, magari inconsciamente, che il tuo io completo, che dire «io» in modo completo significa dire «tu». È un «tu» l’io completo. Perciò l’affermazione di sé, l’affermazione della propria felicità, l’affermazione del proprio compimento è l’affermazione di un altro.
La casa è il luogo della memoria.
Ciò che fa degradare una cosa grande che abbiamo incominciato è il possesso di essa, il possederla.
La legge della vita è l’amore, non la presunzione. E l’amore è affermare un tu presente.”
L’intelligenza non è capacità creativa, ma riconoscitiva, riconosce qualcosa che un Altro fa. E la libertà non è fare quello che pare e piace, ma aderire a quello a cui un Altro ci chiama.
Il vero, tutte le volte che lo si ripete, ogni volta che lo si ripete, è sempre più nuovo, perché rivela sempre di più se stesso.
La vita, l’uomo, è lotta, cioè tensione, rapporto – «nel buio» – con l’al di là; una lotta senza vedere il volto dell’altro. Chi giunge a percepire questo di sé è un uomo che se ne va, tra gli altri, zoppo, vale a dire segnato; non è più come gli altri uomini, è segnato.
L’unica via d’uscita è quella di riconoscere una realtà che viene prima di noi, prima di ciò che accade, prima del bene e del male che stiamo vivendo.
È proprio “quasi un nulla” la condizione per iniziare a capire tutto.
La natura della ragione è tale che per ciò stesso che si mette in moto intuisce il mistero, l’incommensurabilità del significato totale con la sua possibilità di conoscenza, ma esistenzialmente non tiene se stessa, non regge al suo slancio originale, opera subito una parabola riduttiva.
Il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è nato come passione per l’uomo. L’amore all’uomo, la venerazione per l’uomo, la tenerezza per l’uomo, la passione per l’uomo, la stima assoluta per l’uomo.