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Le frasi e citazioni più celebri di Eduardo De Filippo

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Eduardo De Filippo, noto anche più semplicemente come Eduardo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984), è stato un attore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e poeta italiano. Per i suoi meriti artistici e i contributi alla cultura, fu nominato senatore a vita dal Presidente della repubblica Sandro Pertini.

Presento una raccolta delle frasi e citazioni più celebri di Eduardo De Filippo. Tra i temi correlati si veda Le frasi e le battute più belle di Totò, Le frasi più belle di Charlie Chaplin e Frasi, citazioni e aforismi sul teatro.

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Le frasi e citazioni più celebri di Eduardo De Filippo

Quando sono in palcoscenico a provare, quando ero in palcoscenico a recitare… è stata tutta una vita di sacrifici. E di gelo. Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere! E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato.
(Parole pronunciate da Eduardo de Filippo a Taormina, nel suo ultimo discorso)

Sulla scena so esattamente come muovermi. Nella vita sono uno sfollato.

La vita è dura e nessuno t’aiuta. O meglio, c’è chi ti aiuta ma una volta sola per poter dire “t’ho aiutato!” – ‘A vita è tosta e nisciuno ti aiuta, o meglio ce sta chi t’aiuta ma una vota sola, pe’ puté di’: “t’aggio aiutato”.

Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male.

S’ha da aspettà, Amà. Ha da passà ‘a nuttata
(Da Napoli milionaria)

I figli sono figli!
(Da Filumena Marturano)

Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due.

Si ‘a guerra se perde l’ha perduta ‘o popolo; e si se vence, l’hanno vinciuta ‘e prufessure.

C’è un’altra cosa che non dice bugie: ‘a morte.

L’uomo non è cattivo, ha solo paura di essere buono

I figli so’ figli e so’ tutt’eguale.

Lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è teatro.

Il teatro porta alla vita e la vita porta al teatro. Non si possono scindere le due cose.

In dodici giorni scrissi Filumena Marturano. Il primo atto in una notte, poi mi fermai al secondo atto, non riuscivo ad andare avanti, poi quando mi venne l’idea lo scrissi in tre giorni, il terzo lo finii in due notti.

Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male.

Con la tecnica non si fa il teatro. Si fa il teatro se si ha fantasia.

Per fare buon teatro bisogna rendere la vita difficile all’attore.

Signori spettatori, l’attore qui – non ricordo mai i nomi – l’attore ha sbagliato la battuta; adesso la ridice.
(Eduardo De Filippo, interrompendo una recita)

Io mi riallaccio a quello che ha detto un mio collega francese: “Il teatro si fa, non si discute”. E così ho fatto.

La gestualità di noi napoletani è data dalla necessità di esprimerci, di farci capire senza l’uso della parola. Come avremmo fatto a comunicare con turchi, spagnoli, tedeschi, francesi, non potevamo mica ogni volta imparare la lingua.

Quand’ero piccolo amavo i vecchi, poi a un’età giovanile, non so, frequentavo i vecchi e non i giovani. Perché dai vecchi io apprendevo la saggezza, apprendevo e stavo a sentire quello che mi dicevano. E in quell’epoca i vecchi erano più altruisti. Mi ricordo un particolare: non vedevo l’ora di diventare vecchio.

Napule è ‘nu paese curioso:
è ‘nu teatro antico, sempre apierto.
Ce nasce gente ca senza cuncierto
scenne p’ ‘e strate e sape recita’.

Totò era del rione Sanità, io lì andavo a scuola, ci vedevamo spesso anche prima di lavorare insieme. Quella era la Napoli dei napoletani, della gente umile, dei venditori, dei negozi di cibarie. Qualsiasi cosa Totò toccasse diventava incantata. Aveva una sensibilità straordinaria, era un grande osservatore. Le maschere napoletane e la nostra commedia dell’arte sono passate attraverso Totò.

Da molto tempo, ormai, ho capito che il talento si fa strada comunque e niente lo può fermare, ma è anche vero che esso cresce e si sviluppa più rigoglioso quando la persona che lo possiede viene considerata ‘diversa’ dalla società. Infatti, la persona finisce per desiderare di esserlo davvero, diversa, e le sue forze si moltiplicano, il suo pensiero è in continua ebollizione, il fisico non conosce più stanchezza pur di raggiungere la meta che s’è prefissata. Tutto questo perché allora non lo sapevo e la mia “diversità” mi pesava a tal punto che finii per lasciare la casa materna e la scuola e me ne andai in giro per il mondo da solo, con pochissimi soldi in tasca ma col fermo proposito di trovare la mia strada. Dovrei dire: di trovare la mia strada nella strada che avevo già scelto da sempre, il teatro, che è stato ed è tutto per me.

La tradizione è la vita che continua, i milioni, i miliardi di punti di partenza che milioni, miliardi di esseri umani lasciano nel morire. Se si usa la vita che continua, la tradizione, nel modo giusto, essa ci può dare le ali.

In qualunque mestiere, in qualunque professione è bene tenere conto di questo: chi lavora egoisticamente non arriva a niente. Chi lavora altruisticamente se lo ritrova, il lavoro fatto.

È proibito dare consigli quando la gente non li chiede.

I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili.

Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra. Voglio dire che tutto ha inizio, sempre da uno stimolo emotivo: reazione a una ingiustizia, sdegno per l’ipocrisia mia ed altrui, solidarietà e simpatia umana per una persona o un gruppo di persone, ribellione contro leggi superate e anacronistiche con il mondo di oggi.

Se volete fare qualcosa di buono, fuggitevene da Napoli – Se volete fare qualcosa di buono, fuitevenne ‘a Napoli.

Sul becco [della caffettiera napoletana] io ci metto questo “coppitello” (cappuccio) di carta in modo che il fumo denso del primo caffè che scorre, che è poi il più carico non si disperde. Come pure… prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre quattro minuti, per lo meno, …nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata, …in modo che, nel momento della colata, l’acqua in pieno calore già si aromatizza per conto suo.

Voi sapete che io ho la nomina (non di senatore, per carità) che sono un orso, ho un carattere spinoso, che sfuggo… sono sfuggente. Non è vero. Se io non fossi stato sfuggente, se non fossi stato un orso, se non fossi stato uno che si mette da parte, non avrei potuto scrivere cinquantacinque commedie.

Avevo quattro anni la prima volta che sono salito alla ribalta con un vestitino da cinese: uno splendore abbagliante. Ero a Roma al teatro Valli, ero piccolo e sbigottito. Mi portarono in scena all’ultimo momento. La recita è luce, è sorpresa. Per anni ho recitato in teatrini popolarissimi. Mi ricordo che le rappresentazioni erano continue e il pubblico indisciplinato tentava di entrare sempre, c’era un impresario che pigliava l’idrante dei pompieri e innaffiava il pubblico urlando: “Uscite, uscite”.

Il successo è stato un premio alla mia fatica, continua, ossessiva, da ragioniere.

Non chiamatemi senatore, ci ho messo una vita a diventare Eduardo
(Eduardo De Filippo, dopo la nomina a senatore a vita)

Sono religioso a modo mio. Io so che mi trovo qui per una ragione, e questo è già sufficiente. Se non mi è stato spiegato perché sono venuto, vuol dire che non lo devo sapere.

Non me ne importa niente di sapere che cos’è l’aldilà.