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Rinaldo Caddeo poeta, critico e scrittore, soprattutto uomo schivo, riservato, che non ama esporsi e apparire per principio, è nato il 7 ottobre 1952 a Milano dove insegna in un istituto tecnico. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie (Le fionde del gioco e del vuoto, Narciso, Calendario di sabbia, Dialogo con l’ombra), una raccolta di racconti La lingua del camaleonte (recentemente una selezione dei suoi racconti e della sue poesie è stata tradotta e pubblicata in inglese con il titolo Siren’s Song: Selected Poetry and Prose 1989-2009) e numerosi saggi critici, recensioni, racconti, traduzioni su diverse riviste. Ha scritto anche un saggio per il volume Memoria e mimetismo nel teatro naturale di Giampiero Neri. In ambito aforistico Rinaldo Caddeo è conosciuto per le due raccolte di aforismi Etimologie del Caos (2003) e Nuove Etimologie del Caos (quest’ultima all’interno dell’antologia “Nuove declinazioni“, 2006), entrambe pubblicate nella collana Athanor delle Edizioni Joker (l’unica collana in Italia espressamente dedicata al genere aforistico). Nel 2008 Etimologie del Caos ha ricevuto la menzione d’onore al premio “Torino in sintesi“.
La lettura della raccolta Etimologie del Caos è double-face. Da una parte vi è un uso insistito di uno schema binario sostenuto da elementi antitetici attraverso la forma retorica dell’ossimoro (uno stilema che infrange la catena di causa-effetto, e infatti in uno dei suoi aforismi Rinaldo Caddeo scrive “l’aforisma migliore è il contrario”). I modelli stilistici sono La Rochefoucauld, citato all’inizio di Etimologie del Caos e famoso per le sue antitesi binarie (il bene e il male, la virtù e il vizio, il cuore e l’intelletto, il coraggio e la viltà, la giustizia e l’ingiustizia e via dicendo), ma anche i surrealisti francesi passando per Louis Scutenaire di Mes Inscriptions (“Le fini c’est l’infini” il finito è l’infinito, o “l’innocent c’est plus coupable“, l’innocente è il più colpevole). Ecco alcuni esempi: “Se conosci te stesso conosci un altro”, “Nella sfortuna c’è fortuna”, “La pazzia non desidera altro che ragionare”, “L’attesa della liberazione ci tiene alla catena”, “Il futuro è anteriore”, “La libertà non rende liberi”, “E’ la vittima che si vergogna”, “La morte non ama i cimiteri, preferisce i vivi”, “La sincerità è una vanteria della menzogna”, “Disperazione viene da speranza”, “L’ultima moda è già fuori moda”.
In Etimologie del caos ci sono poi aforismi in cui il paradosso si apre ad altre forme stilistiche. Il paradosso si ricombina, perde la sua retorica ossimorica e il suo freddo sillogismo, diventa una esplorazione delle molteplici casualità del Reale. Dal frammento di poesia (“Ho l’orizzonte nei miei occhi senza poterlo mai raggiungere”) alla notazione diaristica (“Mi prendo l’altra mano, l’accarezzo: siamo in due”). Dalla parodia del proverbio (“Travestito da pecora il lupo non inganna ma fa ancora più paura”) al dialogo (“Lasciatemi andare” grida la trottola che gira!). Dal calembour (“Orco sporco orco. Cosa caso Caos. Odio, dio, io”) alla riflessione filosofica: (“Il Caso è in mano al Caso. Le comete sono come te”).
Un’altra particolarità della raccolta di Caddeo è l’uso rigoroso – quasi matematico – relativamente alla lunghezza e alla disposizione dei singoli aforismi nella pagina. Nessuno dei 605 aforismi della raccolta (101 in più rispetto ai 504 del citato la Rochefoucauld) supera la riga (“Il minimo indispensabile: una riga” si legge nel penultimo aforisma del libro), addirittura molti aforismi riescono a stare dentro la misura ideale delle otto parole (“Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole” scriveva Bufalino). Credo che non l’abbia detto nessuno, ma Rinaldo Caddeo – che è anche poeta – usa una specie di “metrica aforistica”, che conferisce un ritmo e un respiro sempre uguale alla raccolta, pur attraverso l’uso di molteplici modelli stilistici. “Se l’uomo è un sistema caotico“, come scrive Caddeo, se i suoi riferimenti spaziali-temporali sono confusi, non lo è invece la forma metrica che tenta di rappresentarlo, una forma prestabilita benchè vuota per mezzo della quale Caddeo si spinge nelle sue esplorazioni del Caos. Ed è un paradosso anche questo, se vogliamo.
Nonostante si collochi al vertice della aforistica italiana contemporanea, Etimologie del Caos non ha avuto l’attenzione che meritava (tra le non molte recensioni si segnala :Stefano Guglielmin, “R. Caddeo, Etimologie del caos“, in “Pagine”, anno XV n.41, maggio agosto 2004″ e Raffaele Piazza, “Rinaldo Caddeo, Etimologie del Caos“. Poiein, 2004).
Ancora una volta si deve sottolineare come – almeno qui in Italia – le raccolte pure di aforismi non godano dell’attenzione né della critica che preferisce concentrarsi sul genere narrativo e poetico né del pubblico (che alla lettura del Libro preferisce la fruizione della Citazione disseminata qua e là nel web, spesso in modo caotico e in-autoriale).
Presento qui di seguito una breve selezione di aforismi tratta da Etimologie del Caos:
Rinaldo Caddeo, Etimologie del caos, Joker Edizioni, 2003
Se conosci te stesso conosci un altro.
Il più grande spettacolo che si possa immaginare? Il vuoto.
Le parole non servono, siamo noi a servirle.
Sotto la pelle c’è un mare di sangue.
I virus non si sono fatti rinchiudere allo zoo.
Dovunque vada, c’è qualcosa che non va: io
Siamo noi ciò di cui incolpiamo gli altri.
Chi decide la guerra, si considera l’unico sincero pacifista.
Proclamata l’uguaglianza, si sentirono diversi.
Chi dice noi, tende a te ma intende io.
La croce è il fallimento di due parallele.
Leggerezza trasparenza flessibilità: essere scheletri.
Non mi sento il mio carattere: me lo fanno sentire gli altri.
La trasparenza è misteriosa: dentro non si vede niente.
L’oro è oro, davanti e dietro.
Ogni foglia sa che la luce le vuole bene, ma il sole no.
Un’unghia rotta è più fastidiosa di una testa mozza.
Ogni superficie ci fa le facce.
Dio non pretende niente, nemmeno di esserci.
Nostalgia è, stando lontando dal vicino, stare vicino al lontano.
Il tempo scorre fuori: dentro non esiste età e pulsiamo eterni.
Il gioco più divertente è rompere il giocattolo e piangere.
Toccare tutto senza farsi afferrare: impara dalla tua ombra.
Gli altri sono in me, fuori di me mi sfuggono.
La maschera è vuota dietro, il viso lo è davanti.
Ho l’orizzonte nei miei occhi senza poterlo mai raggiungere.
Suono e silenzio giocano alla cavallina: uno salta sull’altro.
Intorno a me i computer hanno più memoria, io sempre meno.
Mi prendo l’altra mano, l’accarezzo: siamo in due.
Darwin deriva l’uomo dalla scimmia. Dio dal fango.
Il labirinto più intricato è quello senza muri: è il deserto.
Camminando non so cosa c’è dietro, parlando non so cosa c’è sotto.
Oggi la luce è una buccia di limone sul vetro dell’aria.
Ci sono più parole senza cosa che cose senza parola.
Leggere: mettersi dietro le parole. Scrivere: mettersi davanti.
Dio è la formica che hai calpestato, chiedendoti dove era Dio.
Una perfetta sintesi tra le massime normative di un La Rochefoucauld e le sottigliezze di un La Bruyère (meno conosciuto del primo ma autore altrettanto valido) ovvero un autentico e limpido moralista e come tale più spettatore che precettore.
E’ un sito di aforismi molto interessante, lo consiglio
prof lei è un ganzo
Prof lei è il mio ispiratore dell’anima
Prof lei mi dà uno scopo alla vita
Che bomber…
Prof lei è un grande!
Prof i suoi aforismi mi portano alla libertà spirituale, finalmente ho trovato la pace interiore. Bella fratello