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Frasi Belle

Scrittori di aforismi su Twitter, SuSSurellona

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Nel panorama aforistico italiano il gioco di parole (o calembour come scrivono i francesi), forma stilistica in cui la variazione di una sillaba o anche di un semplice segno della punteggiatura ci permette di ritrovare la libertà e il piacere di giocare con le parole alla ricerca di un senso nuovo, è un genere poco praticato. Coltivato con altissimi livelli di eccellenza dal grande (e dimenticato) Marcello Marchesi, (e prima di lui dall’altrettanto grande Achille Campanile), si trova qua e là in alcune famose pagine di Ennio Flaiano e Leo Longanesi e poi tende un po’ a perdersi, soppiantato da altre forme di aforisma.

Nella mia mappatura di Twitter (si veda la sezione Scrittori di aforismi su Twitter) ho però scoperto che esiste un ampio gruppo di autori che hanno dato luogo a creazioni linguistiche basate sul gioco di parole davvero degne di rilievo per la qualità dei risultati raggiunti. Qualcuno ha coniato il termine di “paroletariati”, e sono davvero molti quelli che fanno parte. Su alcuni di loro come @liaceli @egyzia, @arcobalengo, @twilla_ria, @egowalter, @texxmat, @tragi_com78, @sonopazzaio ho già scritto degli articoli, ma la mia è una trattazione che rende conto solo della punta di un iceberg, sotto il quale c’è una base ricca di fermento e di creatività. Molti di questi autori non solo scrivono su Twitter, ma si incontrano anche nella vita reale, partecipando a dei veri e propri raduni linguistici (il più famoso è forse quello degli “storpionimi”) dove si esibiscono in vere e proprie maratone linguistiche, tanto che non è inesatto parlare (anche in mancanza di “manifesti” come ad esempio quello dei futuristi o dei surrealisti) di una specie di movimento letterario trasversale.

Il “paroletariato” di cui mi voglio occupare oggi si chiama @SuSSurellona (Stefania). Nella breve nota biografica che mi ha inviato, l’autrice scrive di sé: “Più che nata sono stonata, ma mi ostino a suonare per sentirmi dire che ho un certo sax appeal. Di professione faccio la ricercatrice delle cause perse, ma sono un pezzo di pane: lo attesta la mia laurea in infornatica”.

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@SuSSurellona è su Twitter dal luglio 2009 e ironicamente mi rivela: “Mi sono inscritta su Twitter perché ero stanca della solita cerchia di persone quadrate. Perché Sussurellona? Perché più che urlarle, amo mettere sotto sopra le parole: un sous sur, per dirlo alla francese. E se dico che sono zuzzurellona, non scherzo: voglio dire sempre l’ultima, anche quella del dizionario”.

Come gli altri autori, @SuSSurellona fa del gioco di parola l’oggetto della sua scrittura, con una straordinaria capacità di distogliere lo sguardo dalla realtà consunta dei significati per rivolgerlo verso i “segni”, oggetti grafici in perenne movimento come palline di mercurio e in grado di sviluppare, tramite la semplice variazione di una lettera, nuovi universi di significato. Quello che emerge, in questa scrittura piena di immaginazione e creatività, sono frasi “dissenso compiuto” dove è proprio il “dissenso” (rispetto alle forme consuete della grammatica) che crea nuovi forme di senso compiuto. L’autrice si definisce “soqquadrata”, così ogni volta che scrive mette a “soqquadro” gli schemi convenzionali del pensiero, giocando con i suoni e con le lettere come una rivoluzionaria del linguaggio (del resto in suo tweet scrive “Sono tutt’un no con l’universo” e in un altro dice: “Più che altro, il mio è un ostile di vita”).

Da rilevare l’estrema condensazione dei tweet di @SuSSurellona che in poche parole (4, massimo 5) riesce a creare dei calembour molto efficaci (“Così si condensano le parole: scrivendole su uno specchio, che rifletta te stesso. Fatte della stessa acqua che ti ha lavato i pensieri. Spazzate via da un alito di vento ma lì, a ricordarti chi eri, chi sei. In attesa di sapere chi sarai”).

Presento una selezione di tweet di @SuSSurellona:

**

@SuSSurellona, Tweet scelti

Tutto sottratto, va bene.

Sono un posso senza fondo.

“How are you?” “Morfine, thanks.”

Sono rimasta coinvolta in una speratoria.

Per capire l’amore devi sbatterci la testa che hai perso.

Il peggio è passato. E ha chiesto di me.

Metto la sveglia e smetto la veglia.

È tutto passato, ti faccio presente.

Leggere per librarsi.
#GiornataMondialeDelLibro

Donna: il buco con lamenta intorno.

Di cosa ho bisogno? Di menti care.

Dovrei smettere di nutrire le speranze e concentrarmi sulle magre consolazioni.

Aprile, e chiudere gli occhi.

D’anni che passano, danni che restano.

Più che altro, il mio è un ostile di vita.

La vita è una partita a smacchi.

Improvviso un discorso abbraccio.

Essere nessuno non è da tutti.

La testa degli innamorati: l’hanno persa, eppure festeggiano.

Coltivo pianti carnivori.

Non ti ho mai tra dita.

Ma che problemi hanno quelli che hanno tutte le soluzioni?

Le appartenenze ingannano.

Pensieri allo stato stolido.

C’è gente troppo a vanti.

Non mi do per vintage.

Bisogno ad occhi aperti.

Mi si sono rimpiccioliti i jeans: dev’essere stata la magia del Natale.

Sono in crisi di attinenza.

Diramarsi.
D’ira m’arsi.
Dir: “Amarsi”.

Il vuoto è uno sport completo.

Disdegno a mano libera.

Frasi, dissenso compiuto.

Siamo fatti della stessa sostanza dell’apparenza.

Ti leggo compiacere.

Sono la macchina del tempo perso.

La verità è una sola: non basta per tutti.

Sono una persona soqquadrata.

La crema anticellulite è ad uso utopico.

Errare è umano.
Perseverare è il mio capo.

Raccogliersi.
Come un cesto di me.

Pare ieri, che oggi era domani.

Sono un essere a lato.

Speculazione e delizia.

Ho donato il mio corpo all’assenza.

Il trasecolo breve.

Sono tutt’un no con l’universo.

Un colpo di fulmine.
Due gocce d’acqua cadute da una nuvola di marzo scivolarono sul vetro, l’una nell’altra.
Un colpo di tergicristallo.

Presentimentalismo.

Disse ti amo. E la sete passò.

L’addio all’obnubilato.

Vedo il bicchiere mezzo pieno.
Pieno fino all’orlo.
Fino all’orlo del baratro.

I pan di stelle sono dolci astri.

Ci vuole una vita in Tera, per diventare bravi informatici.

Di che dolore hai gli occhi?

Sono la donna disservizio.

Quanti danni di vita mi rimangono?

Si vede sempre meno gente trasparente.

Fino a avorp.

Ero maniaca in amore.
#palindromo

Sberle di saggezza.

La differenza tra teoria e pratica è che in teoria non dovrebbe esserci nessuna differenza, ma in pratica c’è.

Vividi ricordi. Ne muori.

Mi faccio di “ero”. Il presente è quel che è.

Sono di notte. Sonno di giorno.

È tutto un non-nulla.

E infine, anche questa infinita giornata senza alcun fine, finalmente finì.

Il leitmot-uff.

Voglio l’allegrologo.

Vedo tutto #000000.

C’è una distesa di fior di pelle, che dovresti cogliere.

È un dato di fato.

E a furia di leggere tra le righe, ci ritroveremo tutti analfabeti.

Mi spoglio di parole. Cambio, in silenzio. Faccio la muta.

Un groviglio di desideri. Un grovoglio.

Capita che ti senta in colpa di non essere capita. Capita che ti senta in colpa di non essere, capita.

Amai, sempre. ‘A’ privativa.

Affannarsi nella ricerca della propria direzione nell’uni-verso. #ossimori

Riuscire a scalfire un cuore di ghiaccio. Realizzare che è solo un buco nell’acqua.

Tutto ebbe inizio con un aperitivo: il crodo primordiale.

Quisquilla il telefono: nulla di importante.

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