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Nella sezione Scrittori di aforismi su Twitter l’articolo di oggi è dedicato a @NN10mila (enne enne). Nella breve nota biografica che mi ha inviato, l’autrice scrive di sé: “Sonia, trentottenne, pisana con un passato da danzatrice, un presente da mamma e un futuro incerto nella ricerca. Di un futuro. Riesco discretamente nelle capriole a mano libera e adoro passeggiare all’alba per le strade delle città che non conosco. Mi occupo anche di comunicazione per un progetto sulla memoria (MemorySharing) e pensare che io i ricordi devo tenerli nei barattoli forati, come si fa con le lucciole”.
@NN10mila mi scrive anche: “Sono venuta al mondo Twitter come @foncadonka nel 2009 ma quella è un’altra storia, cancellata. Vogliamo soffermarci per un attimo, per mano, di fronte alla parola cancellata? Grazie. Vedi quello che vedo io? Seguimi. Poi ho scavalcato il cancello e sono tornata in questo luogo comune nel novembre 2012. Fondamentalmente scrivo perché non so volare. E perché ho un debole per le parole. (Le parole dette male, quelle stradette. Le stramaledette parole.). NN sta per Nomen Nescio. Nessuno. O una qualche forma di nessuno. Che però s’offre. Quando ero piccola il prete in chiesa usava questa formula per elencare gli oboli. Era una lungaggine senza senso, una tortura, una lista di NN e di ennemila che diventavano una nenia ipnotica dentro cui mi deliziavo a immaginare benefattori informi e senza volto, celati dietro alle colonne altissime della dignità e dell’anonimato. Che ci vuoi fare, non lo fanno mica più quell’incenso. Su TW ho trovato la stessa musica”.
Dai tweet di @NN10mila emerge una insolita acutezza, una analogia strabiliante nelle immagini (si vedano tweet come “La musica gironzola nuda per casa” o “L’invisibile è il contorno degli occhi”), uno scatto di elettrico umore (“Cosa volete che ne sappia, è la prima volta che vivo!”), come di fronte a un funambolo delle parole che guizzi da un trapezio all’altro e lanci nel vuoto continue invenzioni linguistiche.
Perché i tweet di @NN10mila sono davvero piroette e volteggi mentali (“ho tutto il corpo aggrappato al cervello” e anche “Vi è mai rimasto appiccicato alle gambe il bisogno di saltare?”), occhi sgranati davanti alla meraviglia (“Ho sgranato talmente gli occhi che si vedono i pixel”), matrimoni fra parole e sillabe che creano sensi insoliti attraverso cortocircuiti di sillabe e suoni (“Avanti così, a far falle nello stomaco” o “Non è vero che il caso non esiste. E’ solo che è ancora molto piccolo. E’ un casino”) in una sorta di scrittura piena di effetti speciali di luce e suono e colori e in cui le parole sono “indizi che sono indizi che sono indizi che sono indizi di cose soltanto immaginate”, ma anche più semplicemente – con una leggerezza che è una delle principali doti dell’autrice – “Un mazzo fresco di risate. Da mettere in ingresso”.
Presento una raccolta dei migliori tweet di @NN10mila
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@NN10mila, Tweet scelti
Cosa volete che ne sappia, è la prima volta che vivo!
Tutti soli. E nessuno che splende.
Avanti così, a far falle nello stomaco.
Non è vero che il caso non esiste. E’ solo che è ancora molto piccolo. E’ un casino.
Ho tutto il corpo aggrappato al cervello.
Non ho capito se vivi o se stai cicatrizzando.
Qualcuno soffre volontario?
Quando niente. E quando niente tutto insieme.
Quelli che scambiano amore con lusinga. Quelli che lo scambiano con ossessione. Quelli che lo scambiano.
Devo prepararmi a una serata allegra e ho tutti i sorrisi a lavare.
Che simpatica la vita, quasi quasi partecipo.
Le parole ricrescono, vero?
Starei, ma c’ho i pensieri sul fuoco.
Ho una ciocca di pensieri fuori posto.
L’invisibile è il contorno degli occhi.
La musica gironzola nuda per casa.
Se freni in curva mi hai già raccontato parecchie cose di te.
Ho così tanta infarinatura che verrei buonissima fritta.
È che ho ricevuto più enciclopedie che affetto.
Ci sono indizi che sono indizi che sono indizi che sono indizi di cose soltanto immaginate.
Mi menti a disagio.
Il computer ti deve facilitare la vita, altrimenti è inutile che lo usi. Vale anche per i fidanzati.
Quelle giornate che arrivi a casa e c’hai bisogno di un’oretta per piangere.
Se non ci trovate il significato provate almeno a sentirci il mare.
Anche le scelte hanno le gambe piuttosto corte.
Ho confuso le idee chiare con i colorati.
A volte sono così sottile che passo tra due schiaffi.
La parte più facile del darsi è alla fuga.
Giornate a progetto. Apro. Getto.
Proprietà di linguaggio non significa che ve lo potete tenere.
Ho steso più veli pietosi che calzini
Estati d’animo.
I pensieri accasciati sulla riva del chi s’è visto s’è visto.
La vita è tutto il non adesso che abbiamo stipato in frigo.
Ho sgranato talmente gli occhi che si vedono i pixel.
Ti chiamo dopo dall’altalena.
Siamo alle tabelline del dunque.
Girati, voglio vedere la fregatura.
Voglio fare la collezione di tutti i posti dove ho sbagliato.
Sono qui a levare il pathos dai vetri.
Ho appena fatto una cazzata. Ne volete una fetta?
Corteggiamo sempre i ricordi sbagliati, quelli dove c’è la musica ma salta il disco.
Vieni, apparecchiamo la favola
Smettiamocela tutta.
Sto facendo un’esperienza e non mi ricordo quanta farina ci va.
Vi è mai rimasto appiccicato alle gambe il bisogno di saltare?
Ci vuole una certa fragilità per rompere.
Se vi dicono voglio costruire qualcosa con te, assicuratevi che non sia coi lego.
Un mazzo fresco di risate. Da mettere in ingresso.
Sparisci dalla mia vista. E portati via la s.
Prima di nascere anche i baci stanno nove mesi nella pancia.
Mi ha portato a vedere una mostra, mi ha offerto cena e poi pretendeva di fidanzarsi. Ho dovuto convincerlo che è gay.
Tesoro devo darti una notizia, stiamo per avere un drink.
Quando dite anima tacete un le, vero?
Devo ancora finire di mappare il paradiso.
L’animo umano è pieno di lische.
Tuitto da non frequentante.
Peccare è umano. Volare no.
Mi fa male il lato ironico stasera.
Ci separano dalla verità chilometri di polvere.
Comunque vada, è già successo.
Accade ogni stramaledetta notte, chiudo gli occhi e smetto di sognare.
Vanificare è meglio che curare.
Com’è che si dice quando ricordi tutte le battute di un film che non hai mai visto?
Le nuvole vanno guardate da tutte e due le parti.
Uh guarda fuori, la luce che ho sempre immaginato avessero i suoi occhi.
Io continuo imperterrita a fare i selfie a parole.
Vieni andiamo a schiacciare un sorrisino.
Mi serve un corso di risata istantanea.
Niente da fare, se non mi faccio un programma non riesco a disattenderlo.
Vedrai non è un caso che dei sentimenti si dice provare.
Immagino sobborghi che fioriscono dietro una frase.
Gli abbracci andrebbero catalogati, come si fa coi reperti. E andrebbe dato loro un nome. E un numero. Per non confonderli con le stronzate.
Potresti fare finta di sorridere? voglio vedere come ti sta.
E se mi sta bene?
Te lo compro.
Sorreggetemi se sbaglio.
Chi ha lasciato le lucciole accese?
I fiori sono più belli freschi. Come i lividi.
Presente quando gira il vento, smette di schiaffeggiarti e passa svelto dietro le tue spalle? Girerà ancora, ma intanto stai volando.
Le risate incastrate nei denti e i ricordi abbarbicati in mezzo alle costole.
Come quando ti alzi ma le parole sono rimaste tutte sul cuscino.
Dio ha cambiato la sua immagine e somiglianza.
Non ci sostare davanti ai complimenti.
Non mi divertivo così dai tempi del delirio universale
Ho quasi quarant’anni e non li porto mai a spasso. Poveracci.
Chi diamine mi ha appiccicato la tua foto sul lato interno delle palpebre?
La memoria ha questo viziaccio di spedirti cartoline.
C’è da dire che è spuntato il sole. Proprio lì, vicino ai cardi.
Vado a mettere in infusione un the end. Qualcuno gradisce?
Mi commuove il tempo steso ad asciugare al primo sole. Come i sorrisi invernali in certe fotografie.
Mi appendo alla facoltà di dondolare, per stimare la gravità dei pesi.
Scusi, me lo dramma un po’ di più? Un altro po’. Ecco, basta.
Tante cose me le sono già dette da sola. Fremo solo per arrivare al momento in cui m’incontro.
I sorrisi sono curve a gomito.
Per favore, passami a comprare un sacchetto di parole sfuse. All’arancia.
Eppure ero sicura di aver lasciato un sogno sul comodino.
Strappare un sorriso e poi meticolosamente ricucirlo.
Addossiamoci le colpe, che col piumone comincia a fare caldo. Oppure copriamoci d’insulti.
Circostanze arredate con dubbio gusto. E rimorsi a pedali.
L’impressione sotterranea che un sorriso nel buio vada sprecato.
Raccogliamoci prima di parlare. Pezzo per pezzo.
Sono sopraffatta dalla vita. In giù.
Ho tutta la bocca impiastricciata di risate.
Prendo un sorriso, l’ombrello e le distanze. Poi te li rendo.
Non posso dormire. Soffro di vertigini.
Sono sulla soglia di un ciao lunghissimo. E non ho ancora preparato la valigia.
Chi s’assomiglia si parapiglia.
La felicità esiste solo se ci fai caso.
Rimbocchiamo questa giornata, potremmo trovare riparo nei suoi risvolti.
Amo. (buttato lì, col piombino del 2)
Che bello, sono addetta alla cipolla! Potrò pensarti dieci minuti.
Ho fatto un incubo da asporto in cui le le D si erano ammutinate e si parlava ormai tutti
per sentito ire.
Posso offrirti un caffè, nient’altro. Ma tu non bevi caffè… Vada per il nient’altro.
Alta, altissima lena. Chi mi spinge?
Il controsenso del dovere.
Ciao sono un tracollo. Di quelli da passeggio.
Non mi ricordo dove ho nascosto il barattolo delle risate.
Certe cose danno al cervello. Irreversibile. Danno.
Mi tiri fuori tante di quelle lacrime che sulla moquette è fiorita la primavera.
Sono venute a trovarmi venti ore che non avevo mai dormito e hanno preteso che cucinassi per loro.
Sapere l’attimo esatto in cui spunterà un sorriso, dopo averlo annaffiato con cura.
Io e il romanticismo abbiamo litigato nell’89. E avevo ragione io.
Le parole dette male, quelle stradette. Le stramaledette parole.
Ci sono strade talmente consumate che ti arrivano alle ginocchia.
La denigrazione, mi raccomando, sempre sottile. Sennò copre i sapori.
Elargire umanità e ricevere deserti in cambio. Ne ho le scatole piene di sabbia.
Ho trovato un sacchetto pieno di poesia e lacrime dolci in una persona dagli occhi
algebrici. E non ho dovuto scavare.
Quella stanza lunga quattordici baci e una carezza leggera.
Devo decidermi a catalogare i sogni. Quelli incelofanati sul comodino, mischiati alle riedizioni.
Sorrisi biscotti vaffanculo urlati abbracci mutande e calzini un pianto e due sigarette. Ho
fatto un mucchietto, prendete una cosa regalo.
Ti ho incartato un abbraccio, spero sia della tua misura.
Sto sul personale. Terzo piano.
Se chiudi gli occhi per cortesia. Vorrei brancolare.
Da grande voglio fare il miracolo.
Siamo tutti un po’ sarcasticazzi. Volendo.
Nelle foto non si vede, ma quando sono nate le verità avevamo tutti gli occhi chiusi. E i pugni strinti.
Peccato. Io sapevo ridere sopra i baffi.
Peccato. Io sapevo piangere a morticino.
Peccato, io ero campionessa di sorriso sui trampoli.
Peccato. Io sapevo sorridere in coro.
Peccato. Io sapevo anche ridere a capofitto.
Peccato, io ero campionessa di abbraccio agonistico.
Trascuratevi da soli.
Che bello vederti felice. Ah no scusa, ti ho scambiato con qualcun altro.
Quelle volte che anche un ridacchiare pallido riscalda la giornata.
Le fandonie imbellettate a scopo di lucro.
Di tutto questo parolare avremo forse un giorno scatole piene e ben imballate.
Scopritemi postuma, per cortesia. Temo il freddo.