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Walt Whitman (West Hills, 31 maggio 1819 – Camden, 26 marzo 1892), autore della raccolta poetica Foglie d’erba (“Leaves of Grass”, 1855), è considerato il più grande poeta americano.
Di lui lo scrittore G.k. Chesterton dirà: “Whitman rappresentava la fratellanza alla luce del sole, descrivendo una varietà infinita di creature meravigliose e raggianti, tutte sacre in quanto concrete. Shelley aveva adorato l’uomo, ma Whitman adorava gli uomini. Ogni sguardo umano, ogni caratteristica umana, diventava la materia per poetare misticamente, come una torcia che illumina, a caso, le facce sparse di una folla. Tutti gli uomini dovrebbero essere trattati come re e adorati come divinità”.
Presento una raccolta delle frasi e poesie più belle di Walt Whitman. Tra i temi correlati si veda Le più belle frasi e citazioni di Pablo Neruda, Frasi, citazioni e aforismi di Khalil Gibran e Le frasi più belle e famose di William Shakespeare.
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Le frasi e poesie più belle di Walt Whitman
Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini – Do I contradict myself? Very well, then, I contradict myself; I am large – I contain multitudes.
Se tardi a trovarmi, insisti.
Se non ci sono in nessun posto,
cerca in un altro, perché io sono
seduto da una qualche parte,
ad aspettare te…
e se non mi trovi più, in fondo ai tuoi occhi,
allora vuol dire che sono dentro di te.
Io credo che una foglia d’erba non valga affatto
meno della quotidiana fatica delle stelle.
E la formica è ugualmente perfetta, come un granello di sabbia,
come l’uovo di uno scricciolo,
E la piccola rana è un capolavoro pari a quelli più famosi,
E il rovo rampicante potrebbe ornare i balconi del cielo.
E la giuntura più piccola della mia mano qualsiasi meccanismo può deridere.
Cosa esprimete nei vostri occhi? Assai di più, mi sembra, di tutti i libri che ho letto in vita mia.
Tra il clamore della folla ce ne stiamo io e te, felici di essere insieme, parlando senza dire nemmeno una parola.
Ho detto che l’anima non vale più del corpo,
e ho detto che il corpo non vale più dell’anima,
e nulla, neanche Dio, è per chiunque più grande del suo io.
[Questi versi di Walt Withman sono citati nel film Hachiko – Il tuo migliore amico]
Anch’io non sono affatto domato, anch’io sono intraducibile,
e lancio il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.
[Questi versi di Walt Withman sono citati nel film L’attimo fuggente]
Straniero, se passando m’incontri e vorresti parlarmi, perché non dovresti parlarmi?
E perché non dovrei io parlare a te?
Lettore, in te palpita la vita, tu fremi d’orgoglio e amore: sei come me, lettore e perciò ti dedico i miei canti.
L’orologio segna il minuto – ma che mai segna l’eternità?
Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato – We were together. I forget the rest.
Non chiedo alla persona ferita come si sente, io stesso divento la persona ferita.
A piedi e con cuore leggero m’avvio per la libera strada,
in piena salute e fiducia, il mondo offertomi innanzi,
il lungo sentiero marrone pronto a condurmi ovunque voglia
[Questi versi di Walt Whitman vengono recitati da Patch Adams – interpretato da Robin Williams – nell’omonimo film]
E io ingiungo a ogni uomo, a ogni donna, che l’anima vostra resti serena e composta anche davanti a un milione di universi – Let your soul stand cool and composed before a million universes.
Mi lascio in eredità alla terra, per rinascere dall’erba che amo,
se ancora mi vuoi, cercami sotto la suola delle scarpe.
Che cosa vedi, Walt Whitman?
Chi sono coloro che saluti, e che, uno dopo l’altro, ti salutano?
Vedo una grande meraviglia tonda girare per lo spazio,
vedo minuscole fattorie, villaggi, rovine, cimiteri, prigioni, fabbriche, palazzi, baracche, abituri di barbari, tende di nomadi sulla superficie,
vedo da un lato la parte in ombra dove i dormienti dormono, e dall’altro lato la parte che il sole illumina,
vedo i rapidi mutamenti accurati della luce e dell’ombra,
vedo le terre lontane, vere e vicine ai loro abitanti, come la mia lo è a me.
Perché dovrei desiderare di vedere Dio meglio di quanto non lo veda oggi?
Vedo qualcosa di Dio in ogni ora delle ventiquattro, in ogni momento di esse,
nei volti di uomini e donne vedo Dio, e nel mio volto riflesso allo specchio,
trovo lettere inviate da Dio per le strade, ognuna firmata col nome d’Iddio,
e le lascio dove si trovano, perché so che, ovunque mi rechi,
altre puntuali verranno, per sempre e per sempre.
[Questi versi di Walt Withman sono citati nel film Hachiko – Il tuo migliore amico]
O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l’ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,
Gli occhi seguono la solida chiglia, l’audace e altero vascello;
Ma o cuore! cuore! cuore!
O rosse gocce sanguinanti sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.
[La frase di Walt Whitman “O capitano, mio capitano” viene citata nel film L’attimo fuggente. Il professor Keating, interpretato da Robin Williams, all’inizio del film dice: «”O Capitano, mio Capitano!” Chi conosce questo verso? Nessuno. Non lo sapete? È una poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po’ più audaci, “O Capitano, mio Capitano”.»]
Oh, fare ormai della propria vita un poema di gaudi novelli!
Danzare, batter le mani, esultare, urlare, saltare, balzare, rullare sempre, sempre fluttuare, essere un marinaio del mondo, che salpa verso tutti i porti,
essere un vascello (guardate infatti le vele che al sole spiego e al vento,)
un vascello che gonfia veloce le vele, ed è colmo di ricche parole, colmo di gaudi.
[Alcuni di questi versi tratti dal poema “Un canto di gaudi” vengono fatti leggere a turno agli alunni dal professor Keating nel film L’attimo fuggente]
Non c’è mai stato più inizio di quanto ce ne sia ora,
Né più giovinezza o vecchiaia di quanta ce ne sia ora,
E non ci sarà mai più perfezione di quanta ce ne sia ora,
Né più paradiso o inferno di quanto ce ne sia ora.
Non ti chiedo chi sei, è cosa di nessuna importanza per me,
non puoi fare nulla, né essere nulla, se non ciò che io racchiudo in te.
Per me, ogni ora del giorno e della notte è un miracolo impeccabile e perfetto – To me, every hour of the day and night is an unspeakably perfect miracle.
Può il vostro libro reggere il confronto con l’aperta campagna e il bordo del mare?
Sii curioso e non giudicare.
Io esisto come sono, questo è abbastanza, se nessun altro al mondo ne fosse a conoscenza, sarei contento, e se tutti ne fossero a conoscenza, sarei contento.
Io canto l’individuo, la singola persona,
Al tempo stesso canto la Democrazia, la massa.
L’organismo, da capo a piedi, canto,
La semplice fisionomia, il cervello da soli non sono degni
della Musa: la Forma integrale ne è ben più degna,
E la Femmina canto parimenti che il Maschio.
Canto la vita immensa in passione, pulsazioni e forza,
Lieto, per le più libere azioni che sotto leggi divine si attuano,
Canto l’Uomo Moderno.
Quando i lillà fioriranno, l’ultima volta, nel prato davanti alla casa,
E il grande astro nel cielo d’occidente calava presto la sera,
Io ero in lutto, e sempre lo sarò, ogni volta che torni primavera.
Primavera che sempre ritorni, sempre mi porterai questa triade,
i lillà perennemente in fiore, l’astro che tramonta ad occidente,
Ed il pensiero di colui che amo.
Cogli la rosa quando è il momento,
ché il tempo lo sai che vola…
e lo stesso fiore che oggi sboccia
domani appassirà.
Urrà per coloro che hanno fallito!
E per coloro le cui navi da guerra sono affondate in mare!
E per quegli stessi che sono affondati in mare!
E per tutti i generali che hanno perso le loro battaglie!
E per tutti gli eroi sopraffatti!
E per gli innumerevoli eroi sconosciuti, pari ai grandi eroi conosciuti!
Schiudo l’abbaino di notte e contemplo i sistemi sparsi pel cielo,
e ciò che vedo non è che l’orlo dei più remoti sistemi.
Oltre, sempre oltre essi spaziano, in perenne espansione,
in là, più in là, ognora più in là.
Pochi quadrilioni di ere, pochi ottilioni di leghe cubiche, non turbano lo spazio né lo rendono impaziente,
non sono che parti, ogni cosa non è che una parte.
Spingi lo sguardo il più lontano che puoi, oltre quello è l’illimite spazio,
conta il più alto che puoi, oltre quello vi è il tempo infinito.
A partire da quest’ora mi ordino libero di limiti e linee immaginarie,
vado ove voglio, totale e assoluto signore di me,
do ascolto agli altri, considerando bene quello che dicono,
m’arresto, ricerco, ricevo, contemplo,
dolcemente, ma con volontà incoercibile, mi svincolo dalle remore che trattenermi vorrebbero.
Inalo grandi sorsate di spazio,
l’est e l’ovest sono miei, il nord e il sud sono miei.
Sono più ampio e migliore di quanto pensassi,
ignoravo di possedere tante virtù.
Ecco la prova definitiva della saggezza,
la saggezza non supera la sua prova finale nelle scuole,
la saggezza non può venire trasmessa da chi la possiede a un altro che non la possiede,
la saggezza pertiene all’anima, non è suscettibile di prove, costituisce la propria prova,
Oh, la gioia del mio spirito – dalla gabbia è fuggito – e come un fulmine guizza!
Non basta più avere il globo intero e una certa estensione di tempo,
voglio migliaia di globi, e tempo infinito.
Soffino pure i venti del nord,
nasca il giorno o cali la notte,
a casa, o sui fiumi e montagne lontane,
cantando ed obliando il passare del tempo,
mentre noi due stiamo insieme
[Questi versi di Walt Whitman vengono letti nel film Non c’è due senza quattro]
Oh me, oh vita, domande come queste mi perseguitano.
Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti.
Che v’è di nuovo in tutto questo, oh me, oh vita?
Risposta.
Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità,
che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.
Una grande città è quella che ha gli uomini, le donne più grandi,
anche con poche meschine capanne resta la più grande città della terra
Celebro me stesso,
E ciò che immagino tu immaginerai,
Perché ogni atomo che appartiene a me appartiene davvero anche a te.
Ora io vedo il segreto per la creazione delle persone migliori. È crescere all’aria aperta e mangiare e dormire con la terra.
Il sesso contiene tutto, corpi, anime, significati, prove, purezze, squisitezze, risultati, pronunciamenti, tutte le speranze, beneficenze, conferimenti, tutte le passioni, amori, bellezze, piaceri della terra, tutti i governi, i giudici, gli dei.
Mostrando la cosa migliore e separandola dalla peggiore, ogni età sfida l’altra,
Conoscendo la forma perfetta e l’equilibrio delle cose, mentre quelle discutono io taccio, mi bagno nell’acqua e ammiro me stesso.
Subito è sorta e si è diffusa intorno a me la pace e la gioia e la consapevolezza che superano ogni arte e argomento terreno.
E so che la mano di Dio è la promessa della mia,
E so che lo spirito di Dio è fratello del mio,
E che ogni uomo nato su questa terra è anche mio fratello, e che ogni donna mi è sorella e amante,
E che la chiglia della creazione è amore.
In ogni persona ritrovo me stesso, non uno che mi superi, non uno che valga un chicco d’orzo di meno,
e il bene e il male che dico di me lo dico pure di loro.
Credo in te, anima mia,
l’altro che io sono non deve umiliarsi di fronte a te,
e tu non devi umiliarti di fronte a lui.
Ozia con me sull’erba,
libera la tua gola da ogni impedimento,
né parole, né musica o rima voglio,
né consuetudini né discorsi,
neppure i migliori, soltanto la tua calma voce bivalve,
il suo mormorio mi piace.
Credo che potrei voltare la schiena e andare a vivere con gli animali, così placidi e contenti,
mi fermo e li contemplo per ore e ore.
Non s’affannano mai, non gemono per la loro condizione,
non vegliano al buio a piangere i loro peccati,
non mi danno disgusto discutendo sui loro doveri verso Dio,
nessuno è insoddisfatto, nessuno impazzisce per smania di possedere,
nessuno s’inginocchia davanti a un suo simile, né ad altri della sua specie vissuti migliaia di anni fa,
nessuno è rispettabile o infelice per la terra universa.
Istanti nativi – quando a me al fin giungete – ah, siete già qui ora.
Datemi adesso soltanto libidinose gioie,
datemi il succo delle mie passioni, datemi vita rozza e materiale.
(Questi versi di Walt Withman sono citati nel film Non c’è due senza quattro)
Per avere grandi poeti ci vuole anche un grande pubblico.
Chiara e dolce è l’anima mia, e chiaro e dolce è tutto ciò che non è l’anima mia.
Gli scommettitori sanno che il cavallo chiamato ‘Moralità’ raramente va oltre il palo, laddove il ronzino chiamato ‘Proprio Interesse’ corre sempre una buona gara.
Le battaglie si vincono e si perdono con identico cuore. Io faccio rullare i tamburi per tutti i morti, Per essi faccio squillare le trombe in tono alto e lieto, Vivan coloro che caddero, viva chi perde in mare i propri vascelli. Vivan coloro che affondano con essi. Vivan tutti i generali sconfitti e tutti gli eroi schiacciati e gli innumerevoli eroi sconosciuti, uguali ai più grandi e conosciuti eroi.
Sono quel che sono, e questo è sufficiente,
E se nessun altro al mondo se ne accorge, sono contento,
E se tutti se ne accorgono sono ugualmente contento.
C’è un mondo intero che se ne accorge, e per me di gran lunga il più grande,
E questo sono io,
E se arrivo a capirmi oggi o tra diecimila
o dieci milioni di anni,
Posso accettarlo allegramente ora o, altrettanto
allegramente, posso aspettare.
Dopotutto, la grande lezione è che nessuno spettacolo naturale – né le Alpi, né il Niagara, né lo Yosemite, o qualsiasi altro – è più grandioso e più bello del normale sorgere e tramontare del sole, più bello della terra o del cielo, degli alberi o dell’erba.
Che cos’è l’erba?
Mi chiese un bambino portandomene a piene mani;
come potevo rispondergli?
Non so meglio di lui che cosa sia.
Suppongo che sia lo stendardo della mia vocazione,
fatto col verde tessuto della speranza.
O forse è il fazzoletto del Signore,
un ricordo profumato lasciato cadere di proposito,
con la cifra del proprietario in un angolo
sicchè possiamo vederla e domandarci di chi può essere?
O forse l’erba stessa è un bambino,
il bimbo generato dalla vegetazione.
O un geroglifico uniforme che voglia dire,
crescendo tanto in ampi spazi che in strette fasce di terra,
fra bianchi e gente di colore, Canachi, Virginiani,
Membri del Congresso, gente comune,
io do loro la stessa cosa e li accolgo nello stesso modo.
Niente è mai veramente perduto, o può essere perduto,
Nessuna nascita, forma, identità – nessun oggetto del mondo.
Nessuna vita, nessuna forza, nessuna cosa visibile;
L’apparenza non deve ostacolare, né l’ambito mutato confonderti il cervello.
Sole sfacciato, non ho bisogno del tuo calore, torna a coricarti!
La tua luce è solo in superficie, io forzo le superfici e anche le profondità.
L’arte dell’arte, la gloria dell’espressione, il lume solare della lettura è la semplicità.