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Nella sezione Scrittori di aforismi su Twitter l’articolo di oggi è dedicato a @suonalanc0ra. Nella breve nota biografica che mi ha inviato, l’autrice scrive di sé: “Sono una donna, forse è l’unica certezza. Nessuna definizione mi rispecchia. Scavare, alla ricerca di una dimensione che mi calzi a pennello, è il mio divertimento preferito”.
@suonalanc0ra si è iscritta a Twitter nel giugno 2015. “Scrivere su Twitter per me è un esercizio per imparare a sopportarmi, è un tentativo di condivisione, è una distrazione, talvolta è uno sfogo, talvolta è una mera soddisfazione. È un luogo non luogo. Posso essere la me stessa che voglio, almeno qui” afferma l’autrice. Che a proposito della scelta del suo nickname aggiunge: “La scelta del nome è stata piuttosto banale: dopo aver visto Casablanca mi è rimasta in testa per giorni la celebre frase rivolta da Ilsa al pianista: ‘suonala ancora Sam’. Nello stesso periodo mi sono iscritta a Twitter e per il nick mi sono lasciata trasportare dal ricordo del film”.
Leggendo la timeline di @suonalanc0ra sembra di essere capitati in un altro Twitter, dove i follower non si contano ma si pesano e dove si può leggere la scrittura dell’autrice senza essere continuamente interrotti (quasi al modo di un messaggio promozionale) dagli interminabili retweet dei tweet di altri utenti.
Quella di @suonalanc0ra è una scrittura del vuoto e dello smarrimento, dove l’autrice non sa più chi è “almeno una dozzina di volte al giorno”, dove non ci sono orizzonti e aperture e vie di fuga, ma solo “sguardi persi nel vuoto” e “muri insormontabili” costruiti in anni e anni di esistenza (“roba da non crederci”, direbbe l’autrice).
@suonalanc0ra non vive di certezze ma di cigolii (“cigoliamo insieme?”), rumori di “ingranaggi che cedono”, “dissolvenze malinconiche”, “problemi non risolti ma solo azzittiti” e immagini di “cose che non esistono”. In eterno bilico tra “la pena e la nausea”, in preda a “deliri di nullapotenza”, l’autrice continua a vivere a colpi di “so benissimo che non posso continuare così”, eppure non riesce a uscire dal suo loop, forse perché dentro di sé coltiva il “mostro della rinuncia” o forse perché il mondo là fuori “nell’eterna lotta tra ciò che vedi e ciò che senti” non è così facile e accogliente.
Sarebbe così bello sciogliersi e dissolversi se poi non si dovesse tornare allo stato solido, così come sarebbe così bello dormire, “se non ci fosse il ronzio del futuro a tormentarci”, scrive l’autrice. E allora che si può fare? Si può tacitare quella “occasionale scheggia di euforia” che crea solo illusioni, si può cercare guardare il mondo dall’esterno, facendo riposare l’anima “nell’oasi del non mi interessa sapere”. Ma tacitare la speranza, questo non è possibile. Più la si metta a tacere e più la speranza urla e fa male: “Chissà se fa più male smettere di sperare o sperare di smettere”.
In fondo, sembra dirci @suonalanc0ra, basterebbe solo “un punto piccolo minuscolo quasi trasparente, ma che sia fermo. F e r m o” scrive l’autrice. Un punticino, minuscolo ma reale e stabile, un punticino a cui aggrapparsi nella dissolvenza dell’essere.
Presento una raccolta dei migliori tweet di @suonalanc0ra.
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@suonalanc0ra, Tweet scelti
Gli sguardi persi nel vuoto sono dediche involontarie.
E tu, quanti anni di mostri?
Ridatemi la cornetta da sbattere alla fine di una litigata telefonica.
Quelli simili a me un po’ li abbraccerei, un po’ li prenderei a ceffoni dalla mattina alla sera.
Pensavo a quante volte, pur di non lasciare la situazione in sospeso, l’ho fatta precipitare.
Ancora qualche miliardo di piccoli sforzi ed è fatta.
Soffro di cali di persone.
Ti mentono a fin di bene.
Il bene loro, solitamente.
Io, al massimo, posso invitarti a traballare.
Credevo fosse un momento buio invece ero io.
Ah, se farsi le paranoie servisse a bruciare calorie.
Chissà se fa più male smettere di sperare o sperare di smettere.
Ci vorrebbero lezioni di sorvolo.
“Potresti rovinare tutto”.
E poi penso: ma tutto cosa.
Perdere interesse è peggio che dimenticare.
Non ho ancora trovato nulla di più pericoloso che restare da sola con i miei pensieri.
A squarciagola dentro.
Che fatica non pretendere niente ma farci sempre caso.
Quando premere invio è un po’ come sparare.
Mai un muro girevole a cui appoggiarsi per poi svanire.
Ho smesso di ascoltarti alla parola location.
Penso molto a quel che non dico.
È dura per chi, come me, ha un debole per le cose che non esistono.
Coprimi le spalle mentre spero.
Ciao periodo passeggero, nessuno come te sa durare per sempre.
Nessun mostro è feroce quanto quello generato dalla rinuncia, nessuno.
Conta fino a dieci e poi tienilo per te.
La continua lotta tra ciò che vedi e ciò che senti.
Ti vedo più come un colpo di grazia.
Continuare a colpi di so benissimo che non posso continuare così.
È mio, l’ho distrutto io.
Le decisioni assolute prese in macchina al buio sulla via di ritorno.
Promemoria:
scordatelo.
Mantenere le distanze è un superpotere.
Vengo da anni in cui sono stata molto assente.
Stare da soli è rischioso perché poi è difficile smettere.
A mali estremi, rossetto rosso sangue.
Non senti anche tu questo rumore di ingranaggi che cedono?
Ogni tanto mi scappa di perdonare gli orizzonti storti perché sai com’è, mi ci rivedo.
Schiavi di risposte non ricevute.
Che io lo voglia o meno, sono stata programmata per reggere di peggio.
Per una vita sana alienati un po’ ogni giorno.
Alcuni proprio non ce la fanno a chiudere un occhio senza prendere la mira.
Non ho voglia di capire perché potrei capire troppo.
Dopo prepotenti indigestioni d’astratto, ho solo voglia di roba concreta.
Tipo qualcosa che a guardarla meglio non mi faccia cambiare idea.
Facciamo una foto di gruppo?
Ok, io la scatto.
Preda dei miei deliri di nullapotenza.
Mamma mia quanto mi sta sulle palle quella, sembro io.
Ti regalo un niente, trattamelo bene.
Manca il tasto quaquaraquà.
Va sempre a finire che preferisco il finestrino al libro.
Così un giorno potrò dire: io non c’ero.
Ma io in punizione mi ci sono sempre messa da sola.
La libera interpretazione ci ammazzerà tutti.
Pronti spenti via.
Forse crescere significa preferire il peggio all’incerto.
Un punto piccolo minuscolo quasi trasparente, ma che sia fermo.
F e r m o.
Cigoliamo insieme?
Rifarsi vivi, che pessima abitudine.
Adesso ci starebbe proprio bene una di quelle dissolvenze malinconiche nel banco di nebbia.
Hai un vago ricordo di dove non ti fa male?
Modestamente non so più chi sono almeno una dozzina di volte al giorno.
Tutti bravi a chiudere la porta, però vuoi mettere chi cambia la serratura?
L’ardua scelta tra nausea e pena.
Mangio i biscotti singoli a due a due e apro a metà quelli ripieni, ma cosa voglio dalla vita.
Scambiamoci un’alzata di sopracciglio come patto di sangue.
Credo nei legami fraterni generati da un disturbo in comune.
Il lungo viaggio attraverso se stessi per decifrare ciò che il corpo già sa.
Non conta cosa faccio.
Conta come mi vedo.
Capita di abboccare perché, insomma, in qualche modo vorremmo uscire dalla palude.
Come stai dopo un come stai.
Remarsi contro come attività sportiva.
Che talento hai, oltre a quello di autocelebrarti?
Ti ho sentito fare puff.
Forse puoi perdonare chi ti rompe, non chi ti incrina.
I guai che mi fa passare quella mia occasionale scheggia d’euforia.
Chi è capace di sorseggiare sa qualcosa che mi sfugge.
Ogni tanto ti vengo a cercare per mantenere vivo il brutto ricordo.
Mai risolto un problema, solo azzittito.
Far riposare l’anima nell’oasi del non m’interessa sapere.
Ferita da dettaglio.
Nata sotto il segno del ma chi me lo fa fare.
Tutto, taci.
Non immaginavo che bastasse così poco per diventare la gente.
“Chiudiamola qui”.
Ah perché, era aperta?
Ho bisogno di un complice e invece trovo solo ottime vittime.
Prima di tutto vengo io, è la mia condanna.
Quel muro insormontabile l’ho costruito io, roba da non crederci.
O mi sbrigo a ridimensionare il tutto o presto il tutto ridimensionerà me.
Quindi l’appuntamento è nelle tue deviazioni mentali o nelle mie?
È passata una sensazione positiva e ha lasciato il posto al solito bah.
Mi scioglierei anche volentieri se poi non dovessi tornare allo stato solido.
Si accettano solo pessimisti con esperienza.
Guida esperta in tour di farmacie della zona.
Un minuto di silenzio per tutto il tempo sprecato a cercare chi ha ragione.
Alterno fasi da far invidia alla luna.
Ti incontrerei solo per cambiare strada.
Dormirei, se non ci fosse il ronzio del futuro a tormentarmi.
Farcela in silenzio è farcela due volte.
Le occasioni sfuggono e io dico ma vi pare il momento?
C’è il momento della fiducia: sta precisamente tra il chiudere gli occhi e l’addormentarsi.