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Le frasi e poesie più belle di Emily Dickinson

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Emily Dickinson (Amherst, 10 dicembre 1830 – Amherst, 15 maggio 1886) è una poetessa americana, considerata una delle voci liriche più autorevoli della poesia moderna.

Emily Dickinson visse la maggior parte della propria vita nella casa dove era nata. La giovane donna amava la natura, ma era costantemente ossessionata dalla morte e vestiva solo di bianco in segno di purezza. Poetessa schiva e con una forte vocazione alla solitudine, di sé scriveva: “Ho i capelli arditi come il riccio della castagna… e gli occhi color dello sherry che l’ospite lascia in fondo al bicchiere”.

Presento una raccolta delle frasi e poesie più belle di Emily Dickinson. Tra i temi correlati si veda Le frasi e poesie più belle di Sylvia Plath, Le frasi e poesie più belle di Marina Cvetaeva, Frasi e aforismi di Alda Merini e Le 10 poesie più belle di Wislawa Szymborska.

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Le frasi e poesie più belle di Emily Dickinson

Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.

Che l’Amore è tutto
È tutto ciò che sappiamo dell’Amore,
E può bastare che il suo peso sia
Uguale al solco che lascia nel cuore.

Per fare un prato occorrono un trifoglio e un’ape,
Un trifoglio e un’ape
E il sogno.
Il sogno può bastare
Se le api sono poche.

Una parola muore
quando è detta
Dice qualcuno
Io dico che proprio
Quel giorno
Comincia a vivere.

Noi che abbiamo l’anima, moriamo più spesso.

Le cortesie più piccole
– un fiore o un libro –
piantano sorrisi come semi che germogliano nel buio.

Non avessi mai visto il sole
avrei sopportato l’ombra,
ma la luce ha aggiunto al mio deserto
una desolazione inaudita.

Chi non ha trovato il Paradiso − quaggiù −
Lo mancherà lassù
Perché gli Angeli prendono Casa
accanto alla nostra,
Ovunque ci spostiamo.

La “Speranza” è quella cosa piumata –
che si viene a posare sull’anima –
Canta melodie senza parole –
e non smette – mai.

Bello è, nascosti, sentirsi cercare!
Più bello essere trovati.

Accendere una lampada e sparire –
– questo fanno i poeti –
ma le scintille che hanno ravvivato –
se vivida è la luce –
durano come i soli.

Ma se fossimo in due
invece di uno,
la barca e il rematore, una suprema estate,
chissà se non potremmo toccare il sole?

A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
Di aver sofferto altrettanto.

Io sono Nessuno! – Tu chi sei?
Sei Nessuno anche tu? Allora siamo in due!
Non dirlo, potrebbero bandirci,
non lo sai?
Che grande peso essere Qualcuno!
Così volgare! – come una Rana
che gracida il suo nome tutto Giugno
ad un pantano in estasi di lei!

Estirpate le radici
Non ci sarà albero.
Senza te
Non ci sarà me.

Sono capace di passare a guado il dolore –
Stagni interi di dolore –
Ci sono abituata –
Ma se appena la gioia mi spinge e mi sfiora
le gambe non reggono.

Il grazioso popolo dei boschi
mi riceve cordialmente,
i ruscelli ridono più forte quando arrivo.

I miei migliori amici sono quelli
cui non rivolsi una sola parola –
Le stelle che puntuali giungono alla città
non mi hanno mai ritenuta scortese
sebbene al loro celestiale invito
io non dessi risposta.

Perché mi hanno chiusa fuori dal Cielo?
Cantavo troppo forte?

Per un istante d’estasi
Noi paghiamo in angoscia
Una misura esatta e trepidante,
Proporzionata all’estasi.
Per un’ora diletta
Compensi amari d’anni,
Centesimi strappati con dolore,
Scrigni pieni di lacrime.

Talvolta con il Cuore
Raramente con l’anima
Ancora meno con la forza
Pochi – amano davvero.

Posso garantire che per te sarò l’Estate
Quando i giorni d’Estate saranno volati via.

Quando abbiamo bisogno di un abbraccio,
dobbiamo correre il rischio di chiederlo.

Chi è amato non conosce morte,
perché l’amore è immortalità,
o meglio, è sostanza divina.
Chi ama non conosce morte,
perché l’amore fa rinascere la vita
nella divinità.

La luce del sole era una casa dolcissima in cui abitare.

Se mi lasci libera, mi hai già insegnato come restare.

Una Lettera è una gioia Terrena –
È negata agli Dei.

Bevvi una sola sorsata di vita.
Vi dirò quanto la pagai:
Precisamente un’esistenza.
E’ questo il prezzo sul mercato, dicono.
Mi pesarono, granello per granello
E bilanciarono fibra con fibra.
Poi mi porsero il prezzo del mio essere:
Un solo sorso di cielo.

Per colmare un vuoto devi inserire ciò che l’ha causato.
Se lo riempi con altro, ancora di più spalancherà le fauci.
Non si chiude un abisso con l’aria.

Conosco vite della cui mancanza
non soffrirei affatto –
di altre invece ogni attimo di assenza
mi sembrerebbe eterno.

Fammi un quadro del sole…
Dammi l’illusione che ruggine e gelo non debbano arrivare mai!

La Bellezza non ha causa:
Esiste.
Inseguila e sparisce.
Non inseguirla e rimane.
Sai afferrare le onde
Del prato, quando il vento
Vi avvolge le sue dita?
Iddio provvederà
Perché non ti riesca.

A tutti è dovuto il mattino,
ad alcuni la notte.
A solo pochi eletti
la luce dell’aurora.

L’anima si sceglie il proprio compagno
Poi chiude la porta
così che la maggioranza divina
non possa più turbarla.

Se leggo un libro che mi gela tutto il corpo tanto che nessun fuoco potrebbe mai scaldarmi so che quella è poesia. Se avverto concretamente come se il culmine della testa mi fosse strappato via, so che quella è poesia. Sono questi i soli modi che conosco. Non ce ne sono altri.

Non esiste un vascello veloce come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che si impenna –
questa traversata
può farla anche il povero
senza oppressione di pedaggio
tanto è frugale
il carro dell’anima.

Non sopportavo di vivere
a voce alta –
mi vergognavo-
del baccano.

Fra le mie dita tenevo un gioiello
Quando mi addormentai.
La giornata era calda, era tedioso il vento
E dissi ‘Durerà’.
Sgridai al risveglio le dita inconsapevoli
La gemma era sparita.
Ora solo un ricordo di ametista
A me rimane.

Tutti coloro che perdiamo
qualcosa ci tolgono.
Resta ancora uno spicchio sottile,
Che come luna,
qualche torbida notte,
Obbedirà al richiamo delle maree.

Il Cervello è più esteso del Cielo
Perché mettili fianco a fianco
L’uno l’altro conterrà
Con facilità e Tu accanto
Il Cervello è più profondo del mare
Perché tienili Azzurro contro Azzurro
L’uno l’altro assorbirà
Come le Spugne i Secchi assorbono
Il Cervello ha giusto il peso di Dio
Perché Soppesali Libbra per Libbra
Ed essi differiranno se differiranno
Come la Sillaba dal Suono

La speranza non è mia amica –
Come un’intrusa
Potrebbe profanare questo luogo di dolore –
Con la sua corte lusinghiera.

E’ così irritante essere letti come un libro sbagliato
quando quello giusto non è a portata di mano.

Ho sempre amato,
e te ne do la prova:
prima di amare,
io non ho mai vissuto pienamente.
Sempre amerò,
e questo è il mio argomento:
l’amore è vita
e la vita ha qualcosa di immortale.
Se dubiti di questo,
allora io, amore,
nient’altro ho da mostrare,
nient’altro che il Calvario.

Mi sono nascosta nel mio fiore,
così che, quando appassirà dentro il tuo vaso,
per me tu senta, senza sospettarlo,
quasi una solitudine.

Un giorno mi perdonerò
Del male che mi sono fatta
Del male che mi sono fatta fare
E mi stringerò così forte da non lasciarmi più.

Non sapendo quando l’alba possa venire
lascio aperta ogni porta,
che abbia ali come un uccello
oppure onde, come spiaggia.

Se entro un anno potessi rivederti,
avvolgerei in gomitoli i mesi,
per poi metterli in cassetti separati –
per paura che i numeri si mescolino.

Se fossi certa che, finita questa vita,
io e te vivremo ancora
come una buccia la butterei lontano
e accetterei l’eternità all’istante.

Portami il tramonto in una tazza
conta le anfore del mattino
le gocce di rugiada.
Dimmi fin dove arriva il mattino –
quando dorme colui che tesse
d’azzurro gli spazi.
Scrivimi quante sono le note
nell’estasi del nuovo pettirosso
tra i rami stupefatti – quanti passetti
fa la tartaruga –
Quante coppe di rugiada beve
l’ape viziosa.

C’è una solitudine dello spazio,
Una del mare,
Una della morte, ma queste
Compagnia saranno
In confronto a quel più profondo punto
Quell’isolamento polare
Di un’anima alla presenza di se stessa
Infinito finito.

Il pettirosso prova le sue ali.
Non conosce la via,
ma si mette in viaggio verso una primavera
di cui ha udito parlare.

Invidio i mari che lui attraversa
invidio i raggi delle ruote
della carrozza che lo porta in giro
invidio le curve colline
che osservano il suo viaggio.
Tutti possono vedere facilmente
quel che invece – ah, cielo –
a me è vietato assolutamente.

Più miti sono ora le mattine,
le noci si colorano di scuro;
più rotonda è la guancia delle bacche,
la Rosa ha lasciato la città.
L’Acero sfoggia sciarpe più festose,
ed il prato si veste di scarlatto –
Per paura di essere fuori moda,
voglio mettermi un ciondolo.

È una curiosa creatura il passato
Ed a guardarlo in viso
Si può approdare all’estasi
O alla disperazione. Se qualcuno l’incontra disarmato,
Presto, gli grido, fuggi!
Quelle sue munizioni arrugginite
Possono ancora uccidere!

La potenza della farfalla è in questa
attitudine al volo,
che le concede prati di maestà
ed i volteggi facili nel cielo.

La Parola è uno dei sintomi dell’affetto
E il Silenzio l’altro –
La comunicazione perfetta
Nessuno può udirla.
Esiste e la sua conferma
Si ha dentro.

Mai resterà privo di compagnia
chi la sua propria intimità coltiva.

Un qualcosa di volatile – di indiscreto –
sempre fuori luogo è l’Amore –

“Per sempre” è composto da tanti “ora”.

Morire prima di aver paura di morire può essere un dono.

Io abito nella Possibilità –
Una Casa più bella della Prosa –
Di Finestre più adorna-
E più superba nelle sue Porte –
Con Camere simili Cedri –
Impenetrabili allo sguardo –
E per Tetto Perenne
Le Volte del Cielo –

Essere ricordati è quasi come essere amati, ed essere amati è il Paradiso.

La Rossa – Fiamma – è il Mattino –
La Viola – è il Mezzogiorno –
La Gialla – il Giorno – che cala –
E dopo ciò – è il Nulla –
Ma Miglia di Scintille – a Sera –
Rivelano l’Ampiezza che bruciò –
Il Territorio Argenteo – mai tuttavia – consumato –