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Frasi e citazioni di Norberto Bobbio

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Norberto Bobbio (Torino, 18 ottobre 1909 – Torino, 9 gennaio 2004) è stato un filosofo del diritto e storico della cultura italiana.

Considerato al tempo stesso il massimo teorico del diritto e il massimo filosofo italiano della politica, Norberto Bobbio è uno dei maggiori intellettuali e una delle personalità culturali più influenti dell’Italia del ventesimo secolo.

Dopo una lunga carriera di insegnamento all’Università, nel luglio del 1984 viene nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti tra cui le lauree ad honorem nelle Università di Parigi, di Buenos Aires, di Madrid, di Bologna, di Sassari, di Chambéry. È stato direttore della Rivista di filosofia insieme a Nicola Abbagnano. A partire dagli anni Settanta è stato assiduo collaboratore del quotidiano La Stampa di Torino. Ha ricoperto la carica di presidente del Centro studi Piero Gobetti, che ha contribuito a fondare, dal 1961 al 1993.

Presento una raccolta di frasi e citazioni di Norberto Bobbio. Tra i temi correlati Frasi, citazioni e aforismi di Piero Calamandrei, Frasi, citazioni e aforismi sulla politica e Frasi, citazioni e aforismi sulla cultura.

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Frasi e citazioni di Norberto Bobbio

Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dubbi.

Ho imparato a rispettare le idee altrui, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare.

I due mali contro cui la ragione filosofica ha sempre combattuto – e deve combattere ora più che mai – sono da un lato il non credere a nulla; dall’altro la fede cieca.

I nostri diritti non sono altro che i doveri degli altri nei nostri confronti.

La vera differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa.

Il primo compito degli intellettuali dovrebbe essere quello di impedire che il monopolio della forza diventi anche il monopolio della verità.

La politica non è tutto. L’idea che tutto sia politica è semplicemente mostruosa.

Lo scopo del dialogo non è dimostrare che sei piú bravo, ma o raggiungere un accordo o per lo meno chiarirsi reciprocamente le idee.

Non basta parlarsi per intraprendere un dialogo. Non sempre coloro che parlano l’uno con l’altro parlano di fatto fra loro: ciascuno parla per se stesso o per la platea che l’ascolta. Due monologhi non fanno un dialogo.

Guai agli immemori. Saranno non soltanto incapaci di ricordare, ma anche di capire.

Finché ci sarà un solo fascista in Italia non potremo considerarci un paese civile.

Perché li vedo. Perché vedo i nuovi fascisti. Perché vedo la stessa mentalità, la stessa strafottenza e la stessa volgarità. (…) Per me era inconcepibile che il fascismo potesse tornare, a cinquant’anni dalla sua sconfitta. Mi sto ricredendo.

Cultura è equilibrio intellettuale, riflessione critica, senso di discernimento, aborrimento di ogni semplificazione, di ogni manicheismo, di ogni parzialità.

La cultura è l’inquietudine per la ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose.

Cultura significa misura, ponderatezza, circospezione: valutare tutti gli argomenti prima di pronunciarsi, controllare tutte le testimonianze prima di decidere, e non pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva.

Modello intellettuale dell’uomo di cultura non sarà piú il profeta che parla per oracoli, ma piuttosto lo scienziato che si piega sul mondo e lo osserva.

Diritto e potere sono due facce della stessa medaglia: solo il potere può creare diritto e solo il diritto può limitare il potere.

La democrazia non gode nel mondo di ottima salute, e del resto non l’ha mai goduta anche in passato, ma non è sull’orlo della tomba.

La democrazia è il più grande tentativo di organizzare una società per mezzo di procedure non violente.

La democrazia ha bisogno di cittadini attivi. Non sa che farsene dei cittadini passivi, apatici, indifferenti”

Libertà ed eguaglianza sono i valori che stanno a fondamento della democrazia. Fra le tante definizioni che si possono dare di democrazia, una definizione che tenga conto non solo delle regole del gioco, ma anche dei principi ispiratori, è quella secondo cui la democrazia è, non tanto una società di liberi e di eguali, ma è una società regolata in modo che gl’individui che la compongono sono più liberi ed eguali che in qualsiasi altra forma di convivenza.

[Parlando del 25 aprile] Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà.

La Resistenza non è un episodio. La Resistenza è uno spirito perenne, un vento che continua a soffiare, una grande fiumana che continua a scorrere impetuosamente… La resistenza è nelle nostre mani e in quella dei nostri figli.

Nulla rischia di uccidere la democrazia piú che l’eccesso di democrazia.

Per un regime democratico l’essere in trasformazione è il suo stato naturale: la democrazia è dinamica, il dispotismo è statico e sempre eguale a se stesso.

Fra i malanni della nostra democrazia l’estensione sempre più ampia di zone di potere occulto non è dei meno gravi.

Nella realtà gli ordinamenti sono composti di una miriade di norme, che, come le stelle in cielo, nessuno è mai riuscito a contare. Quante sono le norme che compongono l´ordinamento giuridico italiano? Nessuno lo sa.

La corruzione coinvolge tutti o quasi, creando una ragnatela di reciproci ricatti.

Tutte le idee debbono essere tollerate tranne quelle che negano l’idea stessa di tolleranza.

Prendere posizione non vuol dire parteggiare, ubbidire a degli ordini, opporre furore contro furore, vuol dire tender l’orecchio a tutte le voci che si levano dalla società in cui viviamo e non a quelle così seducenti che provengono dalla nostra pigrizia o dalla nostra paura esaltate come virtù del distacco e dell’imperturbabilità, ascoltare i richiami dell’esperienza e non soltanto quelli che ci detta un esasperato amor di noi stessi, gabellato per illuminazione interiore. E solo dopo aver ascoltato e cercato di capire, assumere la propria parte di responsabilità.

Diritti dell’uomo, democrazia e pace sono tre momenti necessari dello stesso movimento storico: senza diritti dell’uomo riconosciuti o protetti non c’è democrazia; senza democrazia non ci sono le condizioni minime per la soluzione pacifica dei conflitti.

Non vi è per l’intellettuale che una forma di tradimento o di diserzione: l’accettazione degli argomenti dei «politici» senza discuterli, la complicità con la propaganda, l’uso disonesto di un linguaggio volutamente ambiguo, l’abdicazione della propria intelligenza alla opinione settaria.

La forza del pregiudizio dipende generalmente dal fatto che il credere vera un’opinione falsa corrisponde ai miei desideri, sollecita le mie passioni, serve ai miei interessi.

Quando il procedimento dogmatico è assunto dal potere politico come mezzo di governo, la resistenza contro il dogmatismo e la difesa dello spirito critico diventano per l’uomo di cultura un dovere, oltre che morale, politico, che rientra perfettamente nel concetto di una politica della cultura.

La storia umana è una storia di lacrime e di sangue. Come dissentire dall’immagine di Hegel che rappresenta la storia umana come un «immenso mattatoio»?

La storia umana, tra salvezza e perdizione, è ambigua. Non sappiamo neppure se siamo noi i padroni del nostro destino.

È chiaro che l’ideale della totale libertà non esiste in nessuna società. Insomma, ci sono maggiori e minori approssimazioni a questa idea della società libera.

Quando non si vede bene cosa c’è davanti, viene spontaneo chiedersi cosa c’è dietro.

La Disobbedienza Civile viene messa in atto allo scopo immediato di mostrare pubblicamente l’ingiustizia della legge e allo scopo mediato di indurre il legislatore a mutarla.

La mitezza non è una virtù politica, anzi è la più impolitica delle virtù

Il mite non apre mai il fuoco, ma quando lo fanno i protervi lo sa attraversare.

Il mite è colui che lascia essere l’altro quello che è.

Il mite rifiuta la distruttiva gara della vita per la vanità dei fini cui tende questa gara.

I diritti dell’uomo, anche se sono stati considerati sin dall’inizio naturali, non sono stati dati una volta per sempre.

Se è vero che il fine giustifica i mezzi, ne discende che il non raggiungimento del fine non consente più di giustificarli.

L’atteggiamento pessimistico si addice di più che non quello ottimistico all’uomo di ragione. L’ottimismo comporta pur sempre una certa dose di infatuazione, e l’uomo di ragione non dovrebbe essere infatuato.

Non dico che gli ottimisti siano sempre fatui, ma i fatui sono sempre ottimisti.

L’aborto è un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri.

Mai come nella nostra epoca sono state messe in discussione le tre fonti principali di diseguaglianza: la classe, la razza e il sesso. La graduale parificazione delle donne agli uomini, prima nella piccola società familiare, poi nella più grande società civile e politica, è uno dei segni più certi dell’inarrestabile cammino del genere umano verso l’eguaglianza.

La maggior parte degli uomini di oggi non sono tanto atei o non credenti quanto increduli. Ma colui che è incredulo non è fuori dalla sfera della religione. Lo stato d’animo di chi non appartiene più alla sfera del religioso non è l’incredulità ma l’indifferenza in non saper che farsene di queste domande. Ma l’indifferenza è veramente la morte dell’uomo.

Se l’umanità non progredisce nella stessa misura in tutte le parti del mondo la responsabilità non è della scienza, ma dell’ignoranza dei benefici che se ne possono trarre e delle cattive scelte politiche.

La scienza come tale non è né capitalistica né comunistica né feudale né borghese. Ciò che può essere capitalistico o comunistico è l’uso della scienza. La scienza è neutrale; lo scienziato può anche non esserlo.

La guerra è l’antitesi del diritto: non fa vincere chi ha ragione, ma dà ragione a chi vince.

Tra la ricerca dell’uomo di fede e quella dell’uomo di ragione c’è questa differenza: il primo cerca ciò che ha già trovato, il secondo non trova, talora, neppure quello che ha più intensamente cercato.

La nostra ragione non è un lume: è un lumicino. Ma non abbiamo altro per procedere nelle tenebre da cui siamo venuti alle tenebre verso le quali andiamo.

Al contrario del lumicino della ragione, la fede illumina, ma spesso, per troppo illuminare, accieca.

Per convincersi della sostanziale unità del genere umano non c’è bisogno di escogitare argomenti filosofici. Basta guardare il volto di un bambino in ogni parte del mondo.

Dubito che si possa parlare di un progresso morale dell’umanità. Ma dubito anche che si possa parlare plausibilmente di un regresso.

Per la maggior parte della mia vita ho avuto due compiti difficilissimi da svolgere: insegnare e scrivere. E confesso di essere sempre stato perseguitato dal dubbio di non essere all’altezza di questi due ardui impegni.

La vita non può essere pensata senza la morte. Gli uomini sono non a caso chiamati i «mortali»: anche i più cinici, i più spregiudicati e spensierati, i più sprezzanti e indifferenti, prendono sul serio almeno in qualche momento della loro vita la morte, se non quella degli altri, la propria.

Non pretendo di solito di avere l’ultima parola. Non mi piace e non mi dà alcuna soddisfazione.