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Le frasi più belle di Gorgia

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Gorgia fu, insieme a Protagora, un filosofo sofista che nacque nel 485 a.C. in Sicilia e morì nel 376 a.C., a 109 anni, in Tessaglia.

Una parte fondamentale del pensiero di Gorgia fu il nichilismo, ovvero la negazione delle convinzioni di Parmenide. In particolare affermò che nulla esiste, nel caso in cui esistesse, non sarebbe conoscibile dall’uomo. Se anche fosse conoscibile, sarebbe incomunicabile.
Per Gorgia non esiste alcun criterio di scelta della realtà, nessun riferimento reale per l’uomo. Il linguaggio non ha alcun rapporto con la realtà e quindi ha come unico obiettivo la sua utilità personale: convincere, e talora ingannare e manipolare, l’interlocutore attraverso la persuasione.
Gorgia fu il primo a sviluppare la retorica, cioè l’arte di fare un bel discorso, e sviluppò la dialettica, cioè l’arte di demolire le tesi altrui con un ragionamento efficace.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Gorgia. Tra i temi correlati Frasi, pensieri e citazioni di Platone, Frasi, citazioni e pensieri di Socrate e Le frasi più belle di Protagora.

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Le frasi più belle di Gorgia

La parola è una gran dominatrice che anche col più piccolo e invisibile corpo, cose profondamente divine sa compiere: può far cessare il timore, togliere il dolore, produrre la gioia e accrescere la compassione.

Gli ispirati incantesimi di parole sono apportatori di gioia, liberatori di pena. Aggiungendosi infatti, alla disposizione dell’anima, la potenza dell’incanto, questa la blandisce e persuade e trascina col suo fascino.

La potenza della parola nei riguardi delle cose dell’anima sta nello stesso rapporto della potenza dei farmaci nei riguardi delle cose del corpo.

Un discorso che abbia persuaso una mente, costringe la mente che ha persuaso, e a credere nei detti, e a consentire nei fatti.

La persuasione, congiunta con la parola, riesce anche a dare all’anima l’impronta che vuole.

Come alcune medicine eliminano dal corpo alcuni umori ed altre altri, e le une pongono fine alla malattia altre alla vita, così anche dei discorsi gli uni addolorano, gli altri rallegrano, gli altri spaventano, gli altri incoraggiano gli uditori, gli altri con qualche malvagia persuasione avvelenano e ammaliano l’anima.

Rispondo, Socrate, che la retorica è l’arte della persuasione nei tribunali e nelle altre assemblee, come dicevo poco fa, e riguarda il giusto e l’ingiusto.

Se l’essere è eterno, è illimitato; se è illimitato, non sta in nessun luogo; e se non sta in nessun luogo, non esiste.

Ammesso, per assurdo, che l’essere fosse, sarebbe inconoscibile. Infatti, ciò che conosciamo è costituito dalla molteplicità delle rappresentazioni mentali che, in quanto tali, non sono la realtà, né ce ne danno una esatta comprensione. L’essere in se stesso rimane quindi irraggiungibile per il pensiero, che non può in alcun modo conoscerlo.

Si deve demolire la solennità degli avversari con il riso e il riso con la solennità.

Non bisogna credere a quanti esprimono opinioni, ma a quanti sanno; né bisogna considerare l’opinione più degna di fede della verità, ma, all’opposto, la verità più dell’opinione.

Gli uomini che trascurano la filosofia per occuparsi delle faccende ordinarie sono come i Proci che desiderano Penelope ma vanno a letto con le sue ancelle.

È ordine quando la Città ha uomini valenti, il corpo la bellezza, l’anima la sapienza, l’azione la virtù, il discorso la verità. I contrari di questi sono disordine.

Chi la ascolta la poesia è invaso da un brivido di terrore e da compassione piena di lacrime e da un rimpianto che chiama il dolore, mentre l’anima, sotto l’efficacia della parola, di fronte a vicende o a persone a lei estranee, fortunate o sventurate, subisce una sua particolare affezione.

I trofei elevati sui barbari richiedono inni, quelli sui Greci canti di dolore.

Gli oratori sono simili alle rane: queste, infatti, gracidano nell’acqua; quelli presso l’aula del tribunale.

Per prudenza e utilità bisogna rispettare la legge ma trasgredirla solo se conviene e spezzarla quando si ha la forza per farlo.

L’uomo, la donna, la parola, l’azione, la città e l’oggetto dovrebbero essere onorati con lode se lodevoli e incorrere in biasimo se indegni, perché è un errore e uno sbaglio egualmente biasimare ciò che è lodevole e lodare ciò che è biasimevole.

Le vittorie sui nemici meritano inni, quelle sui propri fratelli e amici canti funebri.

Dalla virtù e non dalla malvagità vengono gli onori.

Per gli uomini buoni la morte è preferibile a una cattiva fama: l’una, infatti, è la fine della vita, mentre l’altra è una malattia per la vita.

Uno che ha perduto le ricchezze o è stato privato del potere o è stato bandito dalla patria, può sempre ritornare in possesso di questi beni; colui che, invece, ha perduto la fiducia altrui, non può più riacquistarla.