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Le frasi più belle di Alberto Pellai

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Alberto Pellai (nato a Somma Lombardo, 16 dicembre 1964) è medico, psicoterapeuta e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano.

È autore di molti libri di successo sui figli, l’adolescenza e la genitorialità, spesso in collaborazione con sua moglie Barbara Tamborini.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Alberto Pellai. Tra i temi correlati Le frasi più belle di Paolo Crepet, Frasi, citazioni e aforismi sull’adolescenza e Frasi, citazioni e aforismi sui figli.

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Le frasi più belle di Alberto Pellai

Un genitore nasce quando nasce suo figlio e poi lo deve accompagnare, sostenere, proteggere e rendere un buon esploratore della vita sin dal primo giorno.

Una mamma solitamente dà a un figlio radici che gli conferiscono un senso di protezione e accoglienza nella vita, mentre un papà gli regala un paio d’ali che lo rendono un buon esploratore del mondo.

Gli amori possono finire, gli amici possono cambiare direzione: un figlio è invece per sempre nostro figlio, e noi saremo per sempre il suo papà e la sua mamma.

Quello della genitorialità è per la maggior parte di noi un viaggio bellissimo al quale non mancano imprevisti, ostacoli e fatiche inaspettate.

Siamo la prima generazione di adulti che si è davvero tanto occupata di crescere i figli felici, di garantire e tutelare il più possibile la felicità dei soggetti in età evolutiva e paradossalmente adesso ci troviamo in realtà una generazione di adolescenti che è in profonda crisi e che ha indicatori di salute emotiva e mentale molto affaticati, in alcuni casi molto compromessi.

Un figlio adolescente non dovrebbe mai trovarsi a contatto con un genitore che va a combattere le battaglie e le guerre del figlio.

Quello che dovremmo aspettarci è che l’adolescenza è quel tempo in cui un figlio smette di essere dipendente, anche da tutta quella protezione, da quella comfort zone che l’adulto gli mette a disposizione, perché sente che è arrivato il momento della propria vita in cui si attiva lui, combatte lui le proprie battaglie.

Amare e curare ma anche contenere e saper gestire: ecco cosa serve per potenziare e rendere efficace il progetto educativo all’interno della relazione genitore-figlio.

Il tablet oggi è usato come babysitter.

Lo schermo dello smartphone o del tablet prende il posto del ciuccio di quando era un lattante: una sorta di ciuccio elettronico che al bambino non serve a nulla in termini di sviluppo di competenze per affrontare la vita, ma che consente all’adulto di non essere disturbato.

Smartphone ai minori. Prima dei tredici anni è un rischio estremo.

Gli schermi si moltiplicano, l’attenzione si frammenta, l’apprendimento ne risente.

Molti genitori danno il cellulare ai figli verificando solo il piano tariffario, senza un progetto educativo.

Abolirei tutte le chat WhatsApp dei genitori, ma vorrei si incontrassero fisicamente un’ora a settimana all’interno della classe per parlare dei propri figli.

Molti dei nostri figli soffrono di deprivazione di sonno e di rapporti sociali; di deficit di attenzione e di dipendenza dal loro device. Credo che la sanità pubblica ci stia arrivando.

I genitori devono stare accanto ai propri figli nella vita virtuale come in quella reale.

Il cervello del bambino si sviluppa con i contatti sociali e non con le tecnologie.

In ogni storia di bullismo non c’è mai un vincitore e nemmeno un vinto.

Quando si è piccoli, ricevere cure è molto importante. Ricevere amore, però, lo è molto di più.

Diamo ai bambini gli stimoli giusti all’età giusta.

Rispettare una regola per un bambino significa rinunciare alla propria onnipotenza.

L’insegnamento più grande che diamo alle nostre figlie e ai nostri figli è quello che siamo.

La felicità dei nostri figli non si realizza proteggendoli da ostacoli e frustrazioni; occorre piuttosto dare loro strumenti per attraversare (e superare) le tempeste della vita e diventare adulti responsabili e consapevoli di sé.

Tutto è stato accelerato: riempiendo i nostri figli di impegni abbiamo tolto a bambini e bambine la possibilità di abitare la loro fase di sviluppo facendo le cose che è giusto fare a quell’età.

Il bambino deve potersi muovere dentro il cortile, il parco, la città; ha bisogno di spazi di aggregazione per esprimere la propria vitalità

L’età evolutiva si chiama così perché deve evolvere e per evolvere ha bisogno di fare errori e di apprendere da essi, altrimenti sarebbe un’età già evoluta.

Gli adulti di oggi tollerano pochissimo l’esperienza della caduta, della sconfitta o dell’errore del proprio figlio e questo genera degli enormi corti circuiti in cui poi l’ansia diventa l’emozione dominante, perché è l’ansia dell’adulto che non vuole mai vedere il proprio figlio cadere, fallire o non salire sul podio e chiaramente l’ansia di quel figlio che di fronte a nuove sfide si domanda se sarà all’altezza del compito.

Amare significa imparare a lasciar andare, avendo prima però costruito una stanza nel cuore in cui l’amore di un genitore per il proprio figlio (e viceversa) troverà sempre il proprio luogo elettivo.

In pre-adolescenza, la parte del cervello più attiva è quella che presiede eccitazioni ed emozioni, mentre quella del ragionamento è ancora in fase di costruzione. Si vive qui e ora, in un eterno presente.

La sessualità va educata”, soprattutto in un tempo in cui sembra esistere solo un sessualità predatoria che rincorre l’idea che il corpo sia un oggetto di piacere anziché un soggetto di relazione.

I bambini hanno bisogno di essere nutriti, di essere istruiti: non hanno la capacità di capire e scegliere quello di cui nutrirsi, ecco perché è importante insegnare e allenare i più piccoli.

Non possiamo fare tutto da soli, ma dobbiamo fidarci e affidarci alle persone. E’ importante saper chiedere aiuto.

Conoscere le proprie emozioni e saper ascoltare quelle dei nostri figli è la migliore risorsa per crescere bambini felici.

Per essere brave mamme e bravi papà occorre riprendere contatto con il figlio che si è stati.

Mamma e papà sono fin dal primo istante gli allenatori emotivi dei propri figli.

Non è quello che di te dicono gli altri a doverti preoccupare. Preoccupati soprattutto di quello che tu dici di te stesso a te stesso. Raccontare a se stessi la verità di ciò che si è, nella sana consapevolezza dei propri limiti: questo è davvero ciò che conta. Tutto il resto è nulla.
Se solo i nostri figli avessero la capacità di “abitare” questa frase, quanta vulnerabilità in meno. Quando dolore risparmiato. Certo, queste parole servono anche a noi adulti. Forse dovremmo ricordarcele più spesso.

La conquista di autonomia e indipendenza da parte di un adolescente mette a dura prova la pazienza e la tolleranza, oltre che le coronarie dei genitori.

L’educazione non è mai un processo veloce né istantaneo. Richiede pazienza, tolleranza, buona volontà, affetto e fermezza.

Non è solo il non sentirsi amati, ciò che ci uccide. È non comprendere il motivo per cui questo succede.

Le relazioni in cui dovremmo sperimentare il massimo dell’amore sono a volte quelle che ci fanno toccare l’abisso del dolore più cupo.

Si rincorre l’amore con una fame che ci obbliga a ingoiare qualsiasi cosa, pur di provare a sentire una sensazione di sazietà. Ma non si è mai sazi. Perché quasi sempre ci si sente soltanto riempiti. Da qualcosa che è diverso dall’amore che ci saremmo meritati.

Il più grande amico dell’educazione si chiama sorriso. E di sorridere, di prendere le cose con leggerezza, di metterci quel pizzico di ironia che permette di “alleggerire” tutto a volte i ragazzi hanno un grandissimo bisogno.

Sostenere la crescita di un preadolescente a volte è davvero estenuante. Ma è anche bellissimo. I nostri figli sono diventati decisamente più interessanti, hanno portato in casa tanti nuovi discorsi, nuovi amici e nuovi stimoli.

L’amore può esser per sempre, o rompersi come cristallo, ma se anche finisce è stupendo aver danzato il suo ballo.

Amarsi per sempre? Una scommessa difficile, ma una risorsa per la vita.

Essere intimi significa sentirsi capaci di condividere tutto della nostra vita con un’altra persona. L’intimità è data dall’incontro di corpo e mente, cuore e parole. Si basa sulla condivisione di gesti e silenzi.

Noi siamo relazioni. È nelle relazioni che costruiamo il senso di noi. È nelle relazioni che cresciamo, cambiamo, diventiamo.

Spesso, chi entra nella stanza del terapeuta, se potesse farlo, cambierebbe i genitori da cui è nato.

I bambini sono affamati di esperienze educative in cui si impari il ‘saper essere’.

Non a tutti è successo di essere amati, curati e accuditi in modo generoso e disponibile, quando eravamo bambini. E purtroppo questo fatto non è modificabile. Il passato non si cambia. Ciò che però possiamo cambiare è il nostro presente e il nostro futuro. Se prendiamo consapevolezza del buio che ha abitato una parte della nostra vita, allora potremo trasformare questa consapevolezza in luce.

Trovarsi controllati dal nostro cervello emotivo ci può esporre a pericolo e dolore, perché le emozioni da sole e senza il supporto della parte razionale della nostra mente possono spingerci in un territorio dove si sta molto male. Oppure dove rischiamo di fare male.

L’età evolutiva, in fin dei conti, è la palestra dove ci alleniamo alla vita. Poi la vita ci viene incontro con tutto il suo carico di bello e di brutto. E dobbiamo essere pronti a viverla, gestirla, attraversarla, prenderla per mano e a volte anche prenderla a calci.

La fiducia è un tema fondamentale per attraversare il territorio della paura. Solo affidandosi a un’altra persona si può correre il rischio di affrontare qualcosa che ci spaventa. In fin dei conti, la vita è proprio tutta una questione di fiducia.

In tempi in cui il mercato sembra molto più potente di genitori ed educatori, dobbiamo dotarci di autorevolezza e competenza.

In questo momento la scuola è davvero un luogo di importanza cruciale perché oltre a svolgere le proprie funzioni di sostegno alla crescita e all’apprendimento è un vero e proprio luogo di sanità pubblica, nel senso che è quel luogo che tutela e garantisce ancora a bambini e ragazzi di trovarsi insieme ad altri, di compiere quelle funzioni di socializzazione così importanti.

Noi siamo dotati per definizione di una mente che è interpersonale e che costruisce il proprio benessere esclusivamente nella relazione con gli altri. È molto difficile conquistare la felicità nell’esperienza della solitudine e dell’isolamento.

Iniziamo da noi: chiediamoci sempre cosa direbbero i nostri figli di ciò che postiamo.

Fabrizio Caramagna

Nato a Torino nel 1969, Fabrizio Caramagna è scrittore e studioso di aforismi. Le sue frasi sono presenti ovunque, sui social, in radio, nelle mostre, nei libri.