Skip to main content
Frasi BelleNaturaPersonaggi

Le frasi più belle di Reinhold Messner

Annunci

Il 17 settembre 1944 nasceva a Bressanone l’alpinista ed esploratore Reinhold Messner.

Reinhold Messner ha fatto più di cento spedizioni e ha scritto pagine indimenticabili nella storia dell’alpinismo. A 5 anni scalava già con i suoi genitori raggiungendo i 3000 metri. A poco più di 20 apriva nuove inesplorate vie nelle Dolomiti. A metà degli anni 80 aveva già scalato tutti gli 8000 metri himalayani in assetto leggero e senza bombole d’ossigeno.

Presento una raccolta delle frasi più belle di Reinhold Messner. Tra i temi correlati Frasi, citazioni e aforismi sulla montagna e Frasi, citazioni e aforismi sull’alpinismo e l’alpinista.

**

Le frasi più belle di Reinhold Messner

Le montagne sono il paesaggio della mia anima.

Quando guardo le montagne ho i sentimenti delle montagne dentro di me: li sento, come Beethoven che sentiva i suoni nella testa quando era sordo e compose la Nona sinfonia. Le rocce, le pareti e le scalate sono un’opera d’arte.

Ho cercato fin dal principio la libertà dentro di me. L’ho salvaguardata per tutta la vita come un guardiano il faro.

Ogni volta che partiamo, ogni volta che ci mettiamo in cammino, mettiamo tutto in discussione. Sempre. Solo così possiamo comprendere la vita come avventura.

La motivazione cresce con l’entusiasmo. Se vivo con entusiasmo quello che sto facendo, se corrisponde alla mia natura, allora sono forte.

Di cosa ho paura? Della vita borghese dalla quale sono sempre scappato fin da piccolo quando abitavo in Val Funes e non c’era neanche un campo da calcio per giocare. Guardavo le montagne e pensavo che arrampicandomi sarei andato via dal campanilismo e dalla ristrettezza mentale della valle.

Per me l’alpinismo è l’esperienza di me stesso, è scandagliare il mio io, è un penetrare nel labirinto della mia anima. Sulle vette più elevate del mondo provo la sensazione di essere tutt’uno con il mondo infinito.

Quando la si condivide, la paura si dimezza, e quando lo si mette insieme, il coraggio raddoppia.

Solo chi chiude gli occhi davanti al pericolo muore.

La nostra personalità si sviluppa anzitutto tra paura e creatività, mai su un terreno sicuro.

Non ho la verità in tasca come tanti credono, ho la mia verità.

Niente ostacola più una persona di successo del pensare che una meta sia facilmente raggiungibile.

Tra la paura e il coraggio si cela la felicità.

A volte basta un solo secondo di autocontrollo per evitare una disgrazia. Al contrario l’agitazione non aiuta mai.

Nelle situazioni difficili i processi decisivi sono istintivi. La ragione è troppo lenta per calcolare il pericolo e poterlo evitare.

Quando ero sotto le valanghe, o quando ho perso le dita dei piedi a 25 anni, ho contemplato sempre tutte le possibilità, anche in pochi secondi.

Dormire potrò abbastanza dopo la mia morte: lasciate che possa vedere il sole e possa riempirmi di luce… da morto patirò la sua assenza.

La decisione più importante della mia vita è stata la decisione di vivere obbedendo ai miei desideri, alle mie idee e ai miei sogni.

Forse è proprio questo il motore dell’arrampicata: come pesci nell’acqua, come uccelli in aria, come camosci sulle rocce, solo la simbiosi con l’ambiente fa di un uomo un buon alpinista.

L’alpinismo porta con sé dei rischi, ma anche tutta la bellezza che si nasconde nell’avventura dell’affrontare l’impossibile.

Arrampicare vuol dire muoversi nello spazio aperto, essere liberi di osare qualcosa al di fuori delle regole, sperimentare, raggiungere una conoscenza più profonda della natura umana.

La montagna risveglia in noi la natura dell’uomo quando la viviamo individualmente e non in fila indiana.

Il mio primo pensiero quando sono arrivato sull’Everest? Niente, niente di speciale. Lassù sei molto lontano da ogni sicurezza, dalla civiltà: è strano perché per mesi ti prepari, sali, sali e alla fine, se raggiungi la cima, vuoi soltanto scendere. E anche la discesa è piena di pericoli.

Da misera creatura, spesso smarrita in un nulla spaventoso o nel bianco assoluto, all’uomo non appare nessun Dio, ma è la vita che sembra più preziosa che mai.

Non si può mai dominare la natura, l’alpinista deve assumersi le proprie responsabilità e non dare la colpa alla montagna.

Provo una grande compassione per le vittime che hanno perso la vita sulle montagne e penso alle famiglie che sono a casa. La montagna porta gioia e sofferenza in egual misura.

I momenti dell’infelicità sono momenti chiave della vita, gli unici momenti in cui si impara davvero qualcosa.

Il segreto in montagna come nella vita è procedere con passo lento.

Per noi esseri viventi le montagne non sono indispensabili, tuttavia ci attraggono la loro altezza, il silenzio, la vastità dello spazio. Là dove le montagne sfiorano il cielo, è l’infinito, l’immortalità, il «regno delle anime».

I principi della giustizia, della disponibilità verso gli altri e della lealtà non ci devono essere insegnati, li abbiamo dentro di noi. Come una legge della natura.

Sono convinto del fatto che solo l’arrampicata libera è l’esperienza più completa. Oggi come allora sono convinto che senza l’impossibile non esista più il mistero; ma senza mistero non sono più possibili nuove esperienze.

Negli anni 70 costava tra i 200 e i 500 mila dollari arrampicarsi sugli 8mila metri. Io sono riuscito a fare la stessa cosa con 10mila. Adesso le cose sono cambiate perché la gente fa turismo. Ci sono centinaia di sherpa che preparano la salita sull’Everest e nelle agenzie si può comprare un viaggio fino in cima. Questo non ha niente da fare con il mio alpinismo.

Dieci anni sono bastati per cancellare il concetto di «impossibile» nell’alpinismo. A un’osservazione superficiale potrebbe sembrare un progresso. In realtà l’alpinismo tecnologico è solo una scorciatoia. Oggi si chioda troppo e si arrampica poco.

Oggi vivere in modo selvaggio, folle, è spesso solo un modo per darsi delle arie, una finzione, anche perché fuori la natura selvaggia sta scomparendo sempre di più.

L’arrampicata aumenta ma coloro che escono per l’esplorazione sono pochi, al massimo sulle piccole pareti. Lo sport è misurabile, l’avventura non lo è.

Tutti vogliono arrivare al limite… ma senza correre alcun rischio e iper-assicurati. Grazie tante! Su sentieri ripidi collaudati e piste protette che si snodano in un teatro del rischio ricreato nei minimi dettagli, immerso in una finta natura selvaggia, da tempo urbanizzata come il resto del mondo civilizzato.

Siamo i conquistatori dell’inutile – e mi prendo tutta la responsabilità di questa affermazione. Non è per nulla necessario salire l’Everest. Non porta alcun vantaggio all’umanità il fatto di attraversare l’Antartide o la Groenlandia. Non è indispensabile – è solo possibile.

In altri tempi, all’epoca delle grandi salite in libera, gli alpinisti, se mi è consentita questa immagine, hanno scritto il loro entusiasmo sulle pareti. Oggi, invece, con chiodi e spit scrivono sulla montagna la loro cieca ambizione.

Molte persone per bene salgono sulle vette, ragazzi e ragazze integri, bambini e vecchi. Ci sono però anche personaggi negativi che vanno in montagna, che cercano di compensare i loro complessi, dei presuntuosi falliti, persone che parlano dell’amicizia in parete senza sapere nemmeno dov’è la montagna e quanto è ovvio darsi una mano.

Non ho mai fatto mistero di essere un egoista. Sono sincero. Ogni uomo è egoista e più siamo con le spalle al muro, più diventiamo egoisti. Altrimenti in tanti casi non sopravvivremmo. E questo non è né bene né male, è un dato di fatto.

Ci sforziamo di fare gioco di squadra, ma rimarremo sempre anche degli individualisti perché siamo altruisti ed egoisti a un tempo.

Nella nostra società basata sulla comunicazione – con Internet, TV, radio, videogiochi – disponiamo della più alta possibilità di esperienze passive di sempre.

Consideriamo l’alpinismo come un’opportunità per esprimere noi stessi fuori dalla giungla delle città che la burocrazia dilagante, il sistema paralizzante delle garanzie sociali e l’intolleranza borghese rendono sempre più simili a prigioni.

Chi smette di fare esperienze ristagna. E chi fa esperienze di seconda mano è un consumatore.

Chi chiede continuamente quali vie deve percorrere non impara mai a cercare e a tentare una propria via. Come può sapere qual è la sua strada chi segue sempre le strade indicategli dagli altri?

Ormai in montagna dominano attività sportive modaiole, che rispettano sempre meno l’ambiente, perché il rapporto con l’ambiente stesso è sempre meno intimo. La natura viene spesso vissuta solo come finzione.

Le persone diventano scontente e aggressive soprattutto quando non riescono a vivere la propria vita, quando reprimono i loro sentimenti, le loro paure, i loro sogni, quando il senso della loro esistenza viene imposto loro dall’esterno, non ha importanza da chi.

Accetto il fatto che sono diventato vecchio, che non potrò più scalare il K2 senza ossigeno. E’ difficile accettare la legge biologica, ma è importante porsi nuovi obiettivi.,

Parlo italiano, tedesco, inglese e un po’ di altre lingue. Sono europeo, sono nato in Italia, sono felice di vivere in questo mondo multiculturale come il Sud Tirolo.