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Frasi, citazioni e aforismi di Marcel Proust

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Marcel Proust (Parigi, 10 luglio 1871 – Parigi, 18 novembre 1922) è stato uno scrittore, saggista e critico letterario francese. La sua opera più nota è il monumentale romanzo Alla ricerca del tempo perduto (in francese À la recherche du temps perdu) pubblicato in sette volumi tra il 1913 e il 1927.

Qui di seguito presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi di Marcel Proust prevalentemente tratti dal romanzo La recherche. Tra i temi correlati si veda Le frasi più belle e famose di Lev Tolstoj, Le frasi più belle di Fernando Pessoa e Frasi, citazioni e aforismi sul tempo.

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Frasi, citazioni e aforismi di Marcel Proust

Marcel Proust

Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo.

Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici. Sono i premurosi giardinieri che fanno fiorire la nostra anima.

La musica è forse l’esempio unico di ciò che avrebbe potuto essere – se non ci fossero state l’invenzione del linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee – la comunicazione delle anime.

La felicità è benefica per il corpo, ma è il dolore che sviluppa i poteri della mente.

La realtà è il più abile dei nemici. Lancia i suoi attacchi contro quel punto del nostro cuore dove non ce li aspettavamo e dove non avevamo preparato difese.

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri: di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è.

Swann non cercava di trovar belle le donne con le quali passava il tempo, ma di passare il tempo con le donne che aveva trovato belle fin dal primo momento.

Spesso è la mancanza di immaginazione che impedisce a un uomo di soffrire troppo.

Una persona non muore subito per noi, ma resta immersa in una specie di aura di vita che non ha nulla di una reale immortalità ma che fa sì che essa continui a occupare i nostri pensieri proprio come quando era viva. È come in viaggio.

Non smettere di cercare ciò che ami o finiresti per amare ciò che trovi.

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.

La lettura è un’amicizia.

Il mondo non è stato creato una volta, ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale.

Lavoriamo continuamente per dare forma alla nostra vita, ma copiando nostro malgrado, come un disegno, i lineamenti della persona che siamo e non di quella che ci piacerebbe essere.

In amore non può esserci tranquillità, perché il vantaggio conquistato non è che un nuovo punto di partenza per nuovi desideri.

Ah, nei primi tempo di un amore, i baci nascono così naturalmente! Pullulano senza conoscer tregua, e sarebbe più difficile contare i baci che ci si è scambiati in un’ora che i fiori in un campo al mese di maggio.

I veri libri devono essere figli non della luce e delle chiacchiere ma dell’oscurità e del silenzio.

Le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore.

La gelosia è sovente solo un inquieto bisogno di tirannide applicato alle cose dell’amore.

Lasciamo le belle donne agli uomini senza immaginazione.

Ciascuno chiama idee chiare quelle che hanno lo stesso grado di confusione delle sue.

Un’ora non è soltanto un’ora; è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti e di climi.

L’idea che si morirà è più crudele del morire, ma meno dell’idea che un altro sia morto.

È nella malattia che ci rendiamo conto di non vivere soli, ma incatenati a un essere appartenente a un regno diverso, dal quale ci separano abissi, che non ci conosce e dal quale è impossibile farci capire: il nostro corpo.

Il tempo che abbiamo quotidianamente a nostra disposizione è elastico: le passioni che sentiamo lo espandono, quelle che ispiriamo lo contraggono; e l’abitudine riempie quello che rimane.

L’amore è lo spazio ed il tempo resi sensibili al cuore.

“La signorina Albertine se n’è andata!” Come, più della psicologia stessa, la sofferenza la sa lunga in materia di psicologia! Un momento prima, mentre mi stavo analizzando, avevo creduto che una separazione senza essersi riveduti fosse appunto quella che avevo desiderata; e, paragonando la mediocrità dei piaceri che Albertine mi dava con la ricchezza dei desideri che mi impediva di realizzare, mi ero riconosciuto assai acuto, concludendo che non volevo più vederla, che non l’amavo piú. Ma quelle parole: “La signorina Albertine se n’è andata!” avevano provocato un dolore tale nel mio cuore, che non avrei saputo resistere più a lungo.

Qualsiasi essere amato – anzi, in una certa misura qualsiasi essere – è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.

Molto spesso, per riuscire a scoprire che siamo innamorati, forse anche per diventarlo, bisogna che arrivi il giorno della separazione.

Ci sono solo due tipi di persone: i magnanimi e le altre.

Riceviamo dalla nostra famiglia così le idee di cui viviamo come la malattia di cui moriremo.

È una sventura non essere amati; ma è un affronto non esserlo più.

La nostra memoria e il nostro cuore non sono abbastanza grandi per poter essere fedeli. Non abbiamo abbastanza posto, nel nostro pensiero attuale, per serbarvi i morti accanto ai vivi

Che c’è di più usuale della menzogna, sia che si tratti di mascherare le debolezze quotidiane con una salute che si vuol far credere forte, di dissimulare un vizio, o di ottenere, senza urtare gli altri, la cosa che si preferisce? È lo strumento di conservazione più necessario e più usato. Tuttavia abbiamo la pretesa di bandirla dalla vita di colei che amiamo, è essa che spiamo, che fiutiamo, che detestiamo dappertutto.

Mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda.

Tutt’a un tratto il ricordo è apparso davanti a me. Il sapore, era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray (perché nei giorni di festa non uscivo di casa prima dell’ora della messa), quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Leonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè o di tiglio

Gustavo il suo sonno con un amore disinteressato e tranquillizzante, così come restavo per ore ad ascoltare il frangersi delle onde. Forse è necessario che gli esseri siano capaci di farvi tanto soffrire perché nelle ore di remissione vi procurino la stessa calma pacificante della natura.

Quel bacio prezioso e fragile che la mamma mi affidava di solito quando ero già a letto al momento di addormentarmi, bisognava trasportarlo dalla sala da pranzo in camera mia e custodirlo per tutto il tempo in cui mi svestivo, senza che la sua dolcezza si frantumasse, la sua essenza volatile si disperdesse o evaporasse, e, proprio quelle sere in cui avrei avuto bisogno di riceverlo con maggior precauzione, bisognava che lo prendessi, lo sottraessi bruscamente, pubblicamente, senza nemmeno aver il tempo e la libertà necessaria di dedicare a ciò che facevo quell’attenzione dei maniaci che si sforzano di non pensare ad altro mentre chiudono una porta, per essere in grado, quando quella loro morbosa incertezza li riprende, di opporle vittoriosamente il ricordo del momento in cui l’hanno chiusa.

Quel che volevo, ora, era la mamma, era darle la buonanotte; mi ero spinto troppo innanzi sulla via che portava all’appagamento di questo desiderio per poter tornare indietro.

Un uomo ha quasi sempre lo stesso modo di prendere un raffreddore, di ammalarsi, gli ci vuole, cioè, un certo concorso di circostanze; è naturale allora che, quando si innamora, questo gli succeda sempre con un certo genere di donne.

A volte per i morti si fanno cose che non si sarebbero fatte per i vivi.

‘Mi sembra ridicolo, in fondo, che un uomo della sua intelligenza soffra per una persona di quel genere’ – soggiunse con la saggezza di chi non è innamorato, che pensa che un uomo d’ingegno non dovrebbe essere infelice se non per una persona che ne mettesse conto; all’incirca è come stupire che ci si degni di soffrire del colera per opera d’un essere così piccolo come il bacillo virgola.

Si è l’uomo della propria idea; ci sono assai meno idee che uomini, e così tutti gli uomini della stessa idea si somigliano.

Solo il male fa osservare e imparare e permette di scomporre i meccanismi che, diversamente, non si conoscerebbero.

I tre quarti delle malattie delle persone intelligenti provengono dalla loro intelligenza.

Il libro essenziale, il solo libro vero, un grande scrittore non deve, nel senso corrente, inventarlo, poiché esiste già in ciascuno di noi, bensì tradurlo. Il dovere e il compito di uno scrittore sono precisamente quelli di un traduttore.

Siamo tutti costretti, per rendere sopportabile la realtà, a coltivare in noi qualche piccola pazzia.

Il desiderio fa fiorire ogni cosa; il possesso rende tutto logoro e sbiadito.

Non si ama più nessuno quando si è innamorati.

Cessando di essere pazzo, diventò stupido.

La lettura ci insegna ad accrescere il valore della vita, valore che non abbiamo saputo apprezzare e della cui grandezza solo grazie al libro ci rendiamo conto.

Quello che ci lega agli esseri, sono le mille radici, gli innumerevoli fili rappresentati dai ricordi della serata di ieri, dalle speranze della mattinata dell’indomani; è quella trama continua di abitudini da cui non riusciamo a svincolarci.

Vivete esclusivamente con una donna, e non vedrete più nulla di ciò che ve l’ha fatta amare.

I dispiaceri sono servitori oscuri, detestati, contro cui si lotta, sotto il cui dominio si cade ogni giorno di più, servitori atroci, insostituibili, e che, per vie sotterranee, ci conducono alla verità e alla morte.

Per quanto ci si creda tranquilli quando si ama, l’amore è sempre nel proprio cuore in equilibrio instabile.

Tutte le cose più grandi che conosciamo ci sono venute dai nevrotici. Sono loro e solo loro che hanno fondato religioni e hanno creato magnifiche opere d’arte. Mai il mondo sarà conscio di quanto deve loro, e nemmeno di quanto essi abbiano sofferto per poter elargire i loro doni.

E’ proprio perché contengono così le ore del passato, i corpi umani possono far tanto male a coloro che li amano, perché contengono tanti ricordi, gioie, desideri già svaniti in loro ma così crudeli per colui che contempla.

L’estate non si caratterizza meno per le sue mosche e zanzare che per le sue rose e le sue notti stellate.

Ci sono dei mali dai quali non bisogna cercare di guarire perché sono i soli a proteggerci contro quelli più gravi.

Si diventa morali non appena si è infelici.

I sogni, beninteso, non sono realizzabili, lo sappiamo; non ne faremmo forse senza il desiderio, e invece è utile farne per vederli fallire e perché il loro fallimento ci serva d’insegnamento

Era l’immagine di una morta, ma poiché quella morta viveva, mi fu facile fare immediatamente quel che di certo avrei fatto, se mi fosse stata accanto da viva (e quel che farei se mai dovessi ritrovarla in un’altra vita): le perdonai.
(Alla ricerca del tempo perduto)

È incredibile come la gelosia, che passa il suo tempo a fare piccole supposizioni nel falso, abbia poca immaginazione nello scoprire il vero.

Certi ricordi sono come amici di vecchia data, sanno fare pace.

M’immaginavo, come ognuno, che il cervello degli altri fosse un ricettacolo inerte e docile, privo del potere d’una reazione specifica su quanto vi s’introduceva.

Viviamo, di solito, con il nostro essere ridotto al minimo; la maggior parte delle nostre facoltà resta addormentata, riposando sull’abitudine, che sa quel che c’è da fare e non ha bisogno di loro.

Ma, quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo.

Crediamo che secondo il nostro desiderio cambieremo le cose intorno a noi, lo crediamo perché, al di fuori di questa, non vediamo nessun’altra soluzione favorevole. Non pensiamo a quella che il più delle volte si verifica e che è, anch’essa, favorevole: non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio, ma a poco a poco il nostro desiderio cambia. La situazione che speravamo di cambiare perché ci era insopportabile, ci diventa indifferente. Non abbiamo potuto superare l’ostacolo, come volevamo assolutamente, ma la vita ce lo ha fatto aggirare, oltrepassare e a stento, allora, volgendoci verso il passato in lontananza, riusciamo a scorgerlo, tanto è diventato impercettibile.

La malattia è il dottore a cui si dà più ascolto: alla gentilezza ed alla saggezza noi facciamo soltanto delle promesse; al dolore, noi obbediamo.

L’istinto detta il dovere e l’intelligenza fornisce i pretesti per eluderlo.

L’assenza è, per colui che ama, la più sicura, la più efficace, la più viva, la più indistruttibile, la più fedele delle presenze

In casa mia ci sono tutte le cose inutili. Non manca che il necessario: un grande squarcio di cielo come qui. Cercate di conservare sempre un brandello di cielo sulla vostra vita.

Le verità che l’intelligenza coglie direttamente e alla luce del sole hanno qualcosa di meno profondo, di meno necessario di quelle che la vita ci ha comunicato nostro malgrado in un’impressione.

La fotografia acquista un po’ della dignità che le manca quando cessa di essere una riproduzione della realtà e ci mostra cose che non esistono più.

Si ama solamente ciò in cui si persegue qualcosa d’inaccessibile, quel che non si possiede.

Le prime apparizioni che fa nella nostra esistenza un essere destinato a incontrare più tardi il nostro favore assumono retrospettivamente ai nostri occhi un valore di avvertimento, di presagio.

Noi non conosciamo mai che le passioni degli altri, e quel che arriviamo a sapere delle nostre è solo dagli altri che abbiamo potuto scoprirlo.

La vita vera, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce, la sola vita quindi realmente vissuta, è la letteratura.

Quando si legge, si ama sempre un poco versarsi fuori di sé, viaggiare.

Non c’è idea che non porti in sé la sua possibile confutazione, o parola la parola contraria.

La costanza di un’abitudine è di solito proporzionale alla sua assurdità.

A partire da una certa età, per amor proprio e per furberia, le cose che desideriamo di più sono quelle a cui fingiamo di non tenere.

Le stranezze delle persone simpatiche riescono esasperanti, ma non c’è persona simpatica che non sia per qualche verso strana.

L’abitudine! Ordinatrice abile ma assai lenta, che comincia col lasciar soffrire il nostro spirito per settimane in un’installazione provvisoria; ma che, nonostante tutto, esso è ben fortunato d’incontrare, giacché senza l’abitudine e limitato ai suoi soli mezzi sarebbe impotente a renderci abitabile una stanza.

Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa.

Un uomo che dorme tiene intorno a sé, in cerchio, il filo delle ore, gli ordini degli anni e dei mondi.

Era cominciata per lei — solo un po’ prima di quanto avvenga di solito — quella piena rinuncia della vecchiaia, che si prepara alla morte, si chiude nella propria crisalide, e che è possibile osservare, al termine delle esistenze di lunga durata, anche fra vecchi innamorati che si sono amati molto, fra amici uniti dai vincoli più puri e che, a partire da un certo anno, smettono di affrontare il viaggio o l’uscita necessaria per incontrarsi, smettono di scriversi, e sanno che in questo mondo non comunicheranno più.

Il fatto che un uomo abbia proclamato (come capo di un partito politico, o a qualunque altro titolo) che mentire è malvagio lo obbliga necessariamente a mentire più di altri.

Il plagio umano cui è più difficile, per un individuo, sfuggire (e anche per i popoli che perseverano nei propri errori e li aggravano sempre più), è il plagio di se stessi.

A quest’epoca della vita, l’amore ci ha già colpiti più volte; esso non si evolve più seguendo soltanto le sue proprie leggi sconosciute e fatali dinanzi al nostro cuore stupito e passivo. Veniamo in suo aiuto, lo falsiamo con la memoria e la suggestione. Riconoscendo uno dei suoi sintomi, ci ricordiamo e facciamo rinascere gli altri. Siccome possediamo la sua canzone, incisa per intero dentro di noi, non abbiamo bisogno che una donna ce ne suggerisca l’inizio — colmo dell’ammirazione che ispira la bellezza — per trovarne il seguito. E se lei comincia a metà — là dove i cuori si avvicinano, dove si parla di esistere soltanto l’uno per l’altra, — l’abitudine che abbiamo a questa musica ci basta per raggiungere immediatamente la nostra compagna sulla nota dove lei ci aspetta.

Odiate la musica cattiva, non disprezzatela. Siccome si suona e si canta molto più appassionatamente della buona, a poco a poco essa si è riempita del sogno e delle lagrime degli uomini. Per questo vi sia rispettabile. Il suo posto, nullo nella storia dell’arte, è immenso nella storia sentimentale della società. Il popolo, la borghesia, l’esercito, l’aristocrazia, come hanno gli stessi portalettere per recare il lutto o la felicità, hanno gli stessi invisibili messaggeri d’amore, gli stessi amati confidenti: i cattivi musicisti.

A poco a poco, caso per caso, è la vita a consentirci di osservare che quel che è più importante per il nostro cuore, o per la nostra mente, non ci viene insegnato dal ragionamento, ma da forze diverse.

Le due massime cause d’errore nei nostri rapporti con un’altra persona sono di aver buon cuore, oppure, quell’altra persona, amarla.

Teoricamente si sa che la terra gira, ma di fatto non ce ne accorgiamo; il suolo su cui si cammina sembra immobile, e viviamo tranquilli. É lo stesso per il Tempo, nella vita.

In amore, è più facile rinunciare a un sentimento che perdere un’abitudine.

Quel che rimprovero ai giornali è di farci prestare attenzione ogni giorno a cose insignificanti, mentre leggiamo tre o quattro volte nella vita i libri dove ci sono le cose essenziali.

Produce opere geniali non chi vive in un ambiente più squisito, chi ha una conversazione più brillante, la cultura più vasta, ma chi, cessando bruscamente di vivere per sé, ha avuto il potere di rendere la propria personalità simile a uno specchio, in modo che la sua vita, per quanto possa essere mondanamente e intellettualmente mediocre, vi si rifletta: perché il genio consiste nel potere riflettente e non nella quantità intrinseca dello spettacolo riflesso.

Nulla è più limitato del piacere e del vizio. Si può davvero dire che si gira sempre nello stesso circolo vizioso.

Gli interessi della nostra vita sono così molteplici, che non di rado, in una stessa circostanza, le basi di una felicità che ancora non esiste sono piantati accanto all’aggravarsi di un dispiacere di cui stiamo soffrendo.

Ero quasi imbarazzato dai suoi occhi, che avevo paura mi sorprendessero a leggerlo come un libro aperto, dalla sua voce, che mi sembrava ripeterlo in tutti i toni, con infaticabile indecenza. Ma i segreti sono ben custoditi dagli esseri, perché tutti coloro che li avvicinano, sono sordi e ciechi.

I ricordi che abbiamo gli uni degli altri, anche nell’amore, non coincidono mai.

Ogni dieci anni, chi ne avesse la curiosità, ritroverebbe l’infelice che dorme nelle ore in cui potrebbe vivere, che esce nelle ore in cui non c’è altro da fare se non lasciarsi assassinare nelle strade, che beve bevande ghiacciate quando ha caldo, sempre intento a curarsi un raffreddore. Basterebbe un piccolo gesto di energia, un giorno solo, per cambiare una volta per tutte un simile stato di cose. Ma queste vite sono precisamente appannaggio abituale di esseri privi di energia. I vizi sono un altro aspetto di quelle esistenze monotone che la volontà basterebbe a rendere meno atroci.

Ci sono casi, casi patologici per così dire di depressione spirituale, in cui la lettura può diventare una specie di disciplina terapeutica ed essere demandata e ripetutamente sollecitata a reintrodurre perpetuamente una coscienza pigra nella sua vita spirituale. In questi casi i libri assumono un ruolo analogo a quello degli psicoterapeuti con certi nevrotici.

L’abitudine è una seconda natura che ci impedisce di conoscere la prima di cui non ha né le crudezze né gli incanti.

La sofferenza è una specie di bisogno dell’organismo di prendere coscienza di uno stato nuovo che l’inquieta, di rendere la sensibilità adeguata a questo stato.

Possiamo conversare tutta una vita senza fare altro che ripetere indefinitamente il vuoto di un minuto, mentre il cammino del pensiero nel lavoro solitario della creazione artistica avviene nel senso della profondità, la sola direzione che non ci sia preclusa, in cui possiamo progredire, con più fatica, è vero, verso un risultato di verità.

Quanto era stato serrato l’intreccio, quanto era stata rapida l’evoluzione del nostro amore; e, nonostante qualche ritardo, qualche interruzione ed esitazione, quanto ne era stato precipitoso lo scioglimento.

La nonna se ne andava via, triste, scoraggiata, ma sempre sorridente, giacché era così umile di cuore e così dolce che la sua tenerezza per gli altri e il poco conto che faceva della propria persona e delle proprie sofferenze, si conciliavano nel suo sguardo in un sorriso dove, diversamente da quel che si vede nel volto di molti esseri umani, non v’era ironia se non per se stessa, e per tutti noi invece come un bacio dei suoi occhi che non potevano posarsi su coloro che le erano cari senza accarezzarli appassionatamente con lo sguardo.

Non mi lascio mai influenzare dalle perturbazioni atmosferiche né dalle divisioni convenzionali del tempo. Io riabiliterei volentieri l’uso della pipa d’oppio e del kriss malese, ma ignoro quegli strumenti infinitamente più dannosi e, tra l’altro, piattamente borghesi come l’orologio e l’ombrello.

Non si può insegnare la saggezza. Dovremo scoprirla da soli nel corso di un viaggio che nessuno potrà intraprendere in nostra vece, con uno sforzo che nessuno potrà lesinarci.

Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l’idea di essere malati.

Di solito si detesta chi ci assomiglia, e i nostri stessi difetti visti dal di fuori ci esasperano.

Nelle separazioni, è chi non è davvero innamorato che sa dire le cose più tenere.

Quante gioie possibili si sacrificano così all’impazienza di un piacere immediato.

Un ricordo, un dolore, sono mobili. Ci sono giorni in cui fuggono così lontano che a stento li scorgiamo, e li crediamo andati via per sempre.

I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante l’illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è l’essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente.

Non vi è uomo, per quanto saggio, che non abbia in un certo momento della sua giovinezza detto cose, o vissuto in un modo la cui consapevolezza è così spiacevole per lui nella vita successiva che vorrebbe volentieri, se potesse, estirparla dalla sua memoria.

Il desiderio, muovendo sempre verso ciò che ci è più contrario, ci costringe ad amare quel che ci farà soffrire

Sembra che la natura sia in grado di darci solo malattie piuttosto brevi – la medicina ha inventato l’arte di prolungarle.

Forse non ci sono giorni della nostra adolescenza vissuti con altrettanta pienezza di quelli che abbiamo creduto di trascorrere senza averli vissuti, quelli passati in compagnia del libro prediletto.

Si ama per un sorriso, per uno sguardo, per una spalla. Tanto basta. Allora, nelle lunghe ore di speranza o di tristezza, ci si fabbrica una persona, si compone un carattere. E quando, più tardi, si frequenta la persona amata, è impossibile ormai (per quanto crudele sia la realtà che ci vien messa innanzi) togliere quel carattere buono, quella natura di donna amorevole all’essere che ha quello sguardo o quella spalla, proprio come non possiamo, quando invecchia, togliere il suo primo volto a una persona che conosciamo fin dalla sua giovinezza

Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo

Difficilmente la felicità serve ad altri scopi che non quello di rendere possibile l’infelicità.

Il mondo in cui si vive durante il sonno è talmente diverso, che quelli che faticano a prender sonno cercano prima di tutto di uscire dal nostro.

Desideriamo essere capiti, perché desideriamo essere amati, e desideriamo essere amati perché amiamo. La comprensione degli altri è indifferente, e il loro amore è importuno

Non abbiamo dell’Universo che delle visioni informi, frammentate e che completiamo con delle associazioni d’idee arbitrarie creatrici di pericolose suggestioni.