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Le Frasi e poesie più belle di Sergej Esenin

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Il 3 ottobre 1895 nasce a Konstantinovo il poeta russo Sergej Aleksandrovič Esenin (conosciuto anche come Sergej A. Esenin). Il poeta russo muore a soli 30 anni a Leningrado, il 28 dicembre 1925. L’alcolismo, la solitudine e la disperazione lo spingono al suicidio. Il corpo di Sergej Esenin viene ritrovato impiccato nella sua camera d’albergo. Le testimonianze dirette parlano di una poesia scritta col sangue (“Arrivederci amico, arrivederci amico”) e lasciata la mattina del 27 ad un amico passato a trovarlo.

Sebbene fosse uno dei poeti più famosi della Russia e gli fosse stato dato dallo Stato un funerale elaborato, la maggior parte dei suoi scritti furono messi all’indice dal Cremlino durante la dittatura di Josif Stalin e il governo di Nikita Chruščëv. Solo nel 1966 le opere di Sergej Esenin vengono ripubblicate.

Al giorno di oggi, le poesie di Sergej Esenin vengono ancora imparate a memoria dai bambini a scuola.

Di lui lo scrittore italiano Mario Rigoni Stern dirà: “Sergej Esenin, il poeta arcangelo-contadino che passò attraverso il bene e il male dell’esistenza per lasciarci un dolce messaggio“.

Presento una raccolta delle Frasi e poesie più belle di Sergej Esenin. Tra i temi correlati Le frasi e poesie più belle di Anna Achmatova e Le frasi e poesie più belle di Vladimir Majakovskij.

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Le Frasi e poesie più belle di Sergej Esenin

Chi devo chiamare?
Con chi posso dividere
la triste gioia di essere vivo?

La felicità tocca ai rozzi.
Ai delicati tocca la tristezza.

Perché hanno un respiro profondo le parole della tenerezza.

È per capire tutto
e impadronirsi di nulla
che vengono al mondo i poeti.

Avanti baciami baciami tantissimo
fino al dolore e al sangue
La fermezza non va d’accordo
con l’onda effervescente del cuore.

Non ci sono parole per l’amore
ma soltanto i fuggevoli sospiri
e gli sguardi che come stelle splendono.

Non invano hanno soffiato i venti,
non invano c’è stata la tempesta.
Un misterioso qualcuno ha colmato
i miei occhi di placida luce.

Non mi opprime il latteo silenzio,
non mi angoscia la paura delle stelle.
Mi sono affezionato al mondo e all’eterno
come al focolare natio.

Sul piatto azzurro del cielo
C’è un fumo melato di nuvole gialle,
La notte sogna.
Dormono gli uomini,
L’angoscia solo me tormenta.

I credenti nelle chiese
si ubriacano di eternità.
Ma io do spallate al cielo
e rimescolo la tenebra.

Immaginare qualcosa di nuovo,
di sconosciuto all’erba e alle zolle,
un qualcosa che appartenga solo al cuore
e all’uomo sia impossibile dare un nome.

La luna, rana d’oro del cielo.

O Russia, terra color lampone
e azzurro caduto nel fiume,
amo fino alla gioia, fino al tormento
la tua tristezza di lago

Tra bufere e tempeste,
nel freddo della vita d’ogni giorno,
nei dolori più gravi,
quando si è disperati
sorridere è l’arte suprema del mondo.

Se il nostro destino è segnato dalla sofferenza, è però pur vero che abbiamo il diritto di sorridere per le piccole cose.

Il mio bacio ha il fiato delle rose rosse,
petalo che si scioglie sulla bocca.

Ho voglia d’essere la vela gialla
Verso il paese cui per mare andiamo.

Non ci sono mai stato sul Bosforo,
Non chiedermi com’è,
è nei tuoi occhi che ho visto il mare,
incendiato di un fuoco blu.

La notte è così tersa
che forse anche morire non fa male.

Non tutti son capaci di cantare
E non a tutti è dato di cadere
Come una mela verso i piedi altrui.

Nella frescura d’autunno è bello
scuotere al vento l’anima – che pare una mela –
e guardare l’aratro del sole.

Se c’è spazio per il rimpianto,
significa che un tempo abbiamo sorriso.

Ho amato troppo in questo mondo
tutto ciò che veste l’anima di carne.
Pace alle betulle che, allargando i rami,
si sono specchiate nell’acqua rosea.

Teneramente malato di memorie infantili
sogno la nebbia e l’umido delle sere d’aprile.

Professionista-canaglia, sono venuto
a cantare i topi e a celebrarli.
E il mio capo che somiglia all’agosto
in vino di capelli tumultuosi si riversa.

Dalla palude giunge il grido dell’airone,
Il chiaro gorgoglio dell’acqua,
E dalle nuvole occhieggia,
Come una goccia, una stella solitaria.

Come scheletri si alzano le betulle.
E allo stesso modo finiremo anche noi.
Ma poiché non spunta fiore
nel mezzo dell’inverno,
inutile è il rimpianto.

Ed è forse un gioco dilettevole l’amore?
Mi baci, e le tue labbra sono di metallo.

E non torturarmi con i divieti,
ti prego, non parlarne nemmeno.
Sono nato poeta
e come poeta voglio baciarti.

In silenzio rimbomba il campanile di stelle,
ogni foglia è una candela per l’alba.
Nessuno farò entrare nella stanza,
non aprirò a nessuno la porta!

Felice di aver baciato le donne,
pestato i fiori, ruzzolato nell’erba,
di non aver mai battuto sul capo gli animali,
nostri fratelli minori.

Cantami la canzone di un tempo,
quella che ci cantava la nostra vecchia madre.
T’ascolterò, lo giuro,
senza rimpiangere le speranze perdute.

Come un pellegrino che si mette in cammino
io guardo i tuoi campi.
Ma presso i bassi recinti
sonoramente appassiscono i pioppi.

Se un esercito santo griderà:
“Lascia la Russia, vivi in paradiso!”
Io dirò: “Non ho bisogno di paradiso,
datemi la mia patria”.

Non riesco a capire come mai la nostra vita debba essere così, e cioè vivere e non sentirsi vivi, non sentire la propria anima. Ricorrerò a qualunque mezzo, pur di svegliarmi. Vivere in questo modo, dormendo e prendendo coscienza solo per qualche attimo, è troppo disgustoso.

Arrivederci ma
senza strette di mano,
senza parole,
Non rattristarti e niente
Malinconia sulle ciglia:
Morire in questa vita non è nuovo,
Ma più nuovo non è nemmeno vivere.

Noi adesso ce ne andiamo a poco a poco
verso il paese dov’è gioia e quiete.
Forse, ben presto anch’io dovrò raccogliere
le mie spoglie mortali per il viaggio.

Col fascio dei tuoi capelli d’avena
Sei uscita per sempre dai miei sogni.

Arrivederci, amico mio
Arrivederci, amico mio, arrivederci.
Tu sei nel mio cuore.
Una predestinata separazione
Un futuro incontro promette.

Non ho rimpianti, non chiamo, non piango
Tutto passerà, come fumo dai bianchi meli
Afferrato dall’oro dell’appassimento,
io non sarò mai più giovane.

Di te avrò memoria nella pioggia.