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Le frasi più belle di don Luigi Ciotti

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Nato il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore, il sacerdote don Luigi Ciotti (chiamato anche don Ciotti) è stato il fondatore dapprima del Gruppo Abele, come aiuto ai tossicodipendenti e altre dipendenze, poi dell’Associazione Libera per lottare contro i soprusi delle mafie in ogni parte di Italia.
Don Luigi Ciotti ha fatto del coraggio, dell’altruismo e della solidarietà il fulcro della sua esistenza.

Presento una raccolta delle frasi più belle di don Luigi Ciotti. Tra i temi correlati Le più belle frasi e poesie di Madre Teresa di Calcutta, Le frasi più belle di Don Bosco, Frasi di don Andrea Gallo e Frasi, citazioni e aforismi sulla mafia.

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Le frasi più belle di don Luigi Ciotti

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Frasi di Luigi Ciotti sulla mafia

La mafia è una merda.

La forza della mafia non sta nella mafia, è fuori, è in quella zona grigia costituita da segmenti della politica, del mondo delle professioni e dell’imprenditoria.

Abbiamo bisogno di coscienze inquiete nel Paese, di cittadini che dicano basta. È da secoli che noi parliamo di mafia.

Oggi le mafie sparano di meno ma non sono più deboli, sono più forti.

Le mafie vincono dove l’umanità naufraga, dove la coscienza si inabissa, dove il sentimento di comunità annega.

Nel nostro Paese la differenza la fa l’indifferenza. In pochi anni siamo passati da crimine organizzato a crimine normalizzato.

Non è possibile stare seduti in Parlamento se si hanno delle vicende, delle indagini aperte, che rilevano delle commistioni con la mafia.

La lotta contro le mafie è un impegno innanzitutto culturale che parte dalla coscienza di ciascuno di noi, dalla consapevolezza del bene comune e della responsabilità di custodirlo e promuoverlo.

[Sulla mafia] Noi continuiamo a dire da anni che le verità passeggiano per le vie delle città. Perché c’è chi sa, c’è chi ha visto, c’è chi nasconde. Ed allora bisogna avere più coraggio, bisogna aiutare soprattutto i ragazzi a prendere coscienza che l’impegno e la responsabilità parte da ciascuno di noi.

La prima mafia si annida nell’indifferenza, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza fare nulla per poi voltarsi dall’altra parte e magari indignarsi e protestare ma senza far nulla. Perché non è solo chi vive nell’illegalità a fare del male ma anche chi osserva e lascia fare».

È soprattutto il “noi” che vince, perché non possiamo lasciare le persone da sole, scaricare l’impegno solo a qualcuno. Non è solo compito della Magistratura, delle forze dell’ordine che già fanno molto nonostante una restrizione di mezzi e di strumenti. Serve il lavoro di tutti.

La cultura, la scuola e in generale la conoscenza fanno paura alle mafie, che ingrassano nell’indifferenza, nell’egoismo e nell’ignoranza. La mafia vuole sudditi compiacenti, non cittadini consapevoli dei loro diritti e responsabili dei loro doveri.

La mafia teme la scuola più della giustizia.

Vedo il rischio che parole come legalità o antimafia si riducano a un concetto astratto di cui qualcuno ci ha rubato la sostanza… La parola antimafia sarebbe da mettere in quarantena. on è una carta d’identità: l’antimafia è un fatto di coscienza, con atti conseguenti… Qualcuno ne ha anche fatto il cavallo di Troia per il malaffare.

Mi permetto di dire che la mafia non è un antistato, oggi è strutturalmente legata a questo sistema imprenditoriale e a questo modello di società. Non si può sconfiggerla se non si debellano la criminalità politica e quella economica che rappresentano il suo sostentamento.

La lotta alla mafia non si arresta con Matteo Messina Denaro perché l’ultima mafia è sempre la penultima, perché il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario: quello di sopravvivere, cambiare, mutare. Non si risolve tutto arrestando il capo. Senza verità non c’è giustizia…

La pace non può esserci senza giustizia sociale. Per questo dobbiamo metterci in gioco tutti, per sconfiggere l’illegalità, la corruzione, le mafie che sono nemiche della pace.

Le élite spesso seguono logiche mafioseggianti. I cittadini credono di non riuscire a rimediare e invece ne hanno il potere: bastano più consapevolezza e disgusto, e meno ammirazione.

Ci si riempie la bocca della parola legalità in un Paese dove la legalità viene calpestata tutti i giorni.

Oggi le mafie sono forti, sono diventate imprenditrici. Non c’è territorio che può dichiararsi esente.

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Frasi di Luigi Ciotti sul volontariato, la solidarietà e la giustizia

Per costruire la speranza dobbiamo partire da lì, dai margini, da chi dalla speranza è stato escluso. Perché la speranza o è di tutti o non è speranza.

Gli irrecuperabili non esistono. Sono un’invenzione della nostra cattiva volontà.

Tu non sei cittadino se non sei persona volontaria.

Ritengo un privilegio, non un merito, il prendersi cura degli altri. La parola altruismo è molto ambigua, perché parte dall’idea che gli altri sono solo davanti o attorno a noi. Invece gli altri sono dentro di noi.

Sono felice di dedicare la mia vita a saldare la terra con il cielo.

Gesù ai giorni nostri direbbe “ama il prossimo tuo più di te stesso”. Ecco questa sua frase per me lo rappresenta in tutto e per tutto

Siamo lottatori per la vita, per la libertà, per la dignità. Le ingiustizie, la violenza, le guerre, tolgono la libertà, tolgono la dignità, tolgono la vita. La giustizia deve cominciare a realizzarsi quaggiù.

Vi auguro di essere eretici. Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.
Eretico è la persona che sceglie e, in questo senso è colui che più della verità ama la ricerca della verità. E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell’eresia.
Vi auguro l’eresia dei fatti prima che delle parole, l’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno.

Eretico è chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie.
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza. Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.

Dio non è cattolico, perché Dio ama tutti.

La disumanità non può diventare legge.

Il male ha tre grandi complici: il silenzio, l’indifferenza e l’inerzia. Bisogna aggiungere anche la viltà e la mancanza di coraggio.

Fragile è la condizione umana. E saperlo ci rende forti.

Abbiamo solo questa vita, quaggiù non ne avremo un’altra, per amare, per amarci, per impegnarci e per esserci.

Desiderio è una parola che deriva dal latino e significa letteralmente: mancanza di stelle. Noi abbiamo bisogno di stelle, di luci che ci guidino. Luci di conoscenza, di libertà e di giustizia, di dignità per tutti.

C’è una paura suscitata dalle disuguaglianze ma anche una paura indotta da chi la sfrutta a fini di potere. La paura può essere un formidabile bacino di consenso.

Per occuparsi degli altri, l’amore è base fragile. Occorre il sentimento di giustizia, un’empatia per le vicende umane, sentire sulla pelle le ferite degli altri che impedisce l’indifferenza, il giudizio, il pregiudizio, frutti velenosi dell’ignoranza.

Il volontariato non deve essere un ” delegato” alla solidarietà. Non può essere solo accoglienza, assistenza di poveri e emarginati, deve essere al contempo denuncia delle cause politico- economiche che generano povertà e emarginazione.

[Sui naufraghi sulla spiaggia di Cutro] Nessuno lascia di sua spontanea volontà gli affetti, la casa, affrontando viaggi rischiosi in mano a organizzazioni criminali e in balia degli eventi atmosferici. Lo fa solo perché costretto da un sistema economico intrinsecamente violento, sistema che colonizza e sfrutta. Lo fa perché l’Occidente globalizzato, in nome dell’idolo profitto, gli fa terra bruciata attorno offrendogli in alternativa sfruttamento se non schiavitù. Ed ecco la silenziosa carneficina che si sta consumando da almeno trent’anni sotto gli occhi di un ricco Occidente che finge di non vedere.

Finché su questa Terra continueranno a dominare l’individualismo e la sete di potere, le persone continueranno a fuggire e ad affidarsi a tutti. Anche a viaggi rischiosi, su mezzi di fortuna, pur di salvarsi.

Il problema dell’ Italia non è costituito dai migranti, bensì dai mafiosi.

i veri problemi dell’Italia non sono i migranti, ma le mafie e la corruzione. È sotto gli occhi di tutti. Il razzismo che ha colpito gli ebrei 80 anni fa, sta colpendo oggi i migranti. In Italia serve una riforma delle coscienze.

Una società che si chiude, che innalza i muri, che respinge è una società che non riconosce la propria fragilità. Viviamo quindi in una società debole che attacca le fragilità degli altri per non riconoscere la propria.

La povertà è un reato contro la dignità delle persone, un crimine contro la civiltà.

La politica dovrebbe essere al servizio del bene comune, non dei propri consensi.

Se non si è pienamente cittadini, si rischia di diventare sudditi. È stato così anche per il fascismo e per il nazismo resi possibili da un piccolo grado di consenso attivo e da una massificata indifferenza, che, in questo modo, diventa consenso passivo.

Una persona non può essere condannata a vita per il suo luogo di nascita.

Non basta commuoversi, bisogna muoversi.

La legalità è la saldatura tra la responsabilità e la giustizia, cioè tra l’io e il noi.

Costruiremo giustizia e dignità in questo mondo solo quando, al di là delle differenze, ci riconosceremo tutti corresponsabili, tutti parte di un comune destino di vita.

Una volta un ragazzo della mia comunità mi chiese i soldi per una dose. Risposi di no. Lui si tolse la vita. Da allora non ho fatto altro che chiedermi: che cosa vuol dire davvero essere giusti?

Ci vuole una rivolta dal basso, delle coscienze, per essere cittadini responsabili e questo credo che sia cresciuto negli ultimi anni. Però ci vuole anche una maggiore rivolta che parte dalle coscienze, dal di dentro, ci sono ancora troppi cittadini ad intermittenza, c’è ancora troppa delega ed allora “il morso dei più” diventa necessario.

Uno dei grandi pericoli di questi tempi è la neutralita’, bisogna invece avere la forza di scegliere da che parte stare.
Il grado di umanità si sta abbassando in modo allarmante. C’è una deriva razzista che viene politicamente legittimata.

Posso dirle che cosa mi angustia. Che ancora troppe persone siano costrette a genuflettersi per far rispettare i loro diritti. All’istruzione, alla sanità, al lavoro.

Il Volto sofferente della Sindone non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore, invita dunque ciascuno di noi a guardarsi dentro con verità, a risvegliare il proprio cuore e le proprie coscienze sulle ingiustizie di questo mondo di fronte alle quali non si può tacere.

L’etica deve essere la base della nostra professione, delle nostre scelte, delle nostre realtà, dei nostri contesti.

È importante uscire, muoversi e denunciare la perdita di umanità. Mettersi nei panni degli altri è la chiave non solo dell’etica evangelica ma anche di una società consapevole che la vita non ha confini.

Chi ha una grossa responsabilità politica deve rispondere a due dimensioni etiche, una personale ma anche una di responsabilità sociale, le parole sono pesanti, le parole sono azioni.

Molti degli articoli della «Dichiarazione universale dei diritti umani» sono ancora lettera e non «spirito», carta e non «carne», vita e storia delle persone. L’abisso che separa quelle parole dal mondo di oggi.

Non ci dovrebbe essere bisogno di mettere a fianco alla parola informazione l’aggettivo libera, perchè se la informazione non è libera non è informazione.

L’ultimo rapporto del Censis ci dice tre parole che devono farci riflettere: parla di un’Italia disgregata, impaurita e impoverita