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Daniel Goleman (Stockton, 7 marzo 1946) è uno psicologo e scrittore. L’opera più conosciuta di Daniel Goleman è “Intelligenza emotiva” (Emotional Intelligence), pubblicata nel 1995.
In questo libro l’autore afferma che abbiamo due menti, una che pensa, l’altra emotiva che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.
La conoscenza di sé, l’autocontrollo, l’entusiasmo, la perseveranza, la capacità di automotivarsi e soprattutto l’empatia sono elementi che vanno a costituire l’intelligenza emotiva.
Presento un’ampia raccolta delle frasi più belle di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi di Sigmund Freud, Le più belle frasi di Carl Gustav Jung, Frasi, citazioni e aforismi sull’intelligenza e Frasi, citazioni e aforismi sulle emozioni.
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L’intelligenza emotiva – Le frasi più belle di Daniel Goleman
Le emozioni sono contagiose. Lo sappiamo tutti per esperienza. Dopo un buon caffè con un amico, ti senti bene. Quando ricevi un addetto alla reception male educato in un negozio, ti senti male.
Se vogliamo vivere correttamente, abbiamo bisogno di una certa abilità per muoverci in tre diverse aree: il mondo esterno, il mondo interno e il mondo degli altri.
Quando ci concentriamo su noi stessi, il nostro mondo si contrae. Ma quando ci concentriamo sugli altri, il nostro mondo si espande. I nostri problemi si spostano alla periferia della mente e sembrano più piccoli, e aumentiamo la nostra capacità di connessione – o di azione compassionevole.
Raramente le emozioni dell’individuo vengono verbalizzate; molto più spesso esse sono espresse attraverso altri segni. La chiave per comprendere i sentimenti altrui sta nella capacità di leggere i messaggi che viaggiano su canali di comunicazione non verbale: il tono di voce, i gesti, l’espressione del volto, e simili.
Aiutare gli individui a gestire meglio i sentimenti negativi – la collera, l’ansia, la depressione, il pessimismo e la solitudine – è una forma di prevenzione. Poiché i dati dimostrano che la tossicità di queste emozioni, quando sono croniche, è pari a quella del fumo di sigaretta, aiutare le persone a gestirle meglio potrebbe comportare, in termini strettamente medici, un vantaggio.
Quando dico gestire le emozioni, intendo solo le emozioni davvero angoscianti e invalidanti. Sentire emozioni è ciò che rende la vita ricca. Hai bisogno delle tue passioni.
“La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo” disse Albert Einstein. Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.
Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale.
Da questa struttura molto primitiva, il tronco cerebrale, derivarono i centri emozionali. Milioni di anni dopo, nel corso dell’evoluzione, da questi centri emozionali si evolsero le aree del cervello pensante ossia la “neocorteccia” – la grande massa di tessuto nervoso convoluto che costituisce i livelli cerebrali superiori. Il fatto che il cervello pensante si sia evoluto da quello emozionale ci dice molto sui rapporti fra pensiero e sentimento: molto prima che esistesse un cervello razionale, esisteva già quello emozionale
Le nostre emozioni ci guidano nell’affrontare situazioni e compiti troppo difficili e importanti perché possano essere affidati al solo intelletto: si pensi ai momenti di grande pericolo, alle perdite dolorose, alla capacità di perseverare nei propri obiettivi nonostante le frustrazioni, allo stabilirsi del legame di coppia e alla costruzione del nucleo familiare. Ogni emozione ci predispone all’azione in modo caratteristico; ciascuna di esse ci orienta in una direzione già rivelatasi proficua per superare le sfide ricorrenti della vita umana.
Il potere delle emozioni è straordinario, solo un amore potente – l’impulso di salvare il bambino amato, per esempio – può portare alcuni genitori ad andare oltre il loro istinto di sopravvivenza individuale. Dal punto di vista dell’intelletto, è un sacrificio indiscutibilmente irrazionale ma, vista dal cuore, è l’unica scelta possibile.
Quando è il momento che decisioni e azioni prendano forma, i sentimenti contano almeno quanto il pensiero razionale, e spesso anche di più. Finora si è data troppa importanza al valore, nella vita umana, della sfera puramente razionale, in altre parole quella misurata dal Q.I. Nel bene o nel male, quando le emozioni prendono il sopravvento, l’intelligenza può non essere di alcun aiuto.
Esiste una correlazione zero tra QI ed empatia emotiva. Sono controllati da diverse parti del cervello.
Molte persone con Qi di 160 possono offrire prestazioni simili a quelle di altre con QI pari a solo 100, qualora queste ultime siano molto superiori a loro per intelligenza intrapersonale.
Anche se un Q.I. alto non è una garanzia di prosperità, prestigio o felicità, le nostre scuole e la nostra cultura si fissano sulle capacità accademiche, ignorando l’intelligenza emotiva – un insieme di tratti che qualcuno potrebbe definire carattere – immensamente importante ai fini del nostro destino personale.
Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività; coloro che non riescono ad esercitare un certo controllo sulla propria vita emotiva combattono battaglie interiori che finiscono per sabotare la loro capacità di concentrarsi sul lavoro e di pensare lucidamente-
Una prolungata tensione emotiva può ostacolare le facoltà intellettuali del bambino e quindi ostacolare la capacità di apprendimento.
Tutte le emozioni sono, in sostanza, impulsi che ci portano ad agire, programmi di reazione automatica di cui l’evoluzione ci ha dotato.
L’impulso è il mezzo dell’emozione; il seme dell’impulso è un sentimento che preme per esprimersi nell’azione. Chi è alla mercé dell’impulso – chi manca di autocontrollo – è affetto da una carenza morale: la capacità di controllare gli impulsi è alla base della volontà e del carattere. Per lo stesso motivo, la radice dell’altruismo sta nell’empatia, ossia nella capacità di leggere le emozioni negli altri; senza la percezione delle esigenze o della disperazione altrui, non può esserci preoccupazione per gli altri. E se esistono due atteggiamenti morali dei quali i nostri tempi hanno grande bisogno, quelli sono proprio l’autocontrollo e la compassione.
Puoi avere tutte le emozioni possibili, ma non devi lasciare che siano loro a manovrarti.
La sofferenza non è dovuta alla cosa in sé, ma alla tua percezione, e tu hai il potere di revocarla in qualsiasi momento.
“Intelligenza emotiva”, è un termine che include l’autocontrollo, l’entusiasmo e la perseveranza, nonché la capacità di automotivarsi.
Di tutte le dimensioni dell’intelligenza emotiva, l’empatia è quella che si riconosce con maggiore facilità.
Quando sfuggono al controllo, le emozioni possono rendere stupidi individui intelligenti.
Come matricola al college, stavo avendo un sacco di problemi di adattamento. Ho seguito un corso di meditazione per gestire l’ansia. Mi ha davvero aiutato.
Se ti affidi esclusivamente ai farmaci per gestire la depressione o l’ansia, non fai nulla per allenare la mente. Di conseguenza quando smetti con il farmaco, sei di nuovo vulnerabile e rischi una ricaduta.
Per capire i sentimenti degli altri devi innanzitutto comprendere i tuoi.
Il nostro senso dell’io nasce nelle nostre interazioni sociali: gli altri sono gli specchi che riflettono la nostra immagine, un’idea che è stata riassunta nella frase: «Sono ciò che penso che tu pensi che io sia».
L’autoconsapevolezza è il fondamento della gestione del proprio sé, mentre l’empatia è la radice della competenza nelle relazioni con gli altri.
L’autoconsapevolezza – in altre parole la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui esso si presenta – è la chiave di volta dell’intelligenza emotiva.
Chi è realmente consapevole di sé sa dove sta andando e perché.
La comprensione empatica della tristezza è un atto di decodifica proprio come la capacità di trarre significati dai caratteri stampati su una pagina.
Il cervello emotivo risponde a un evento più rapidamente del cervello pensante.
L’intelligenza emotiva determina la nostra potenzialità di apprendere le capacità pratiche basate sui suoi cinque elementi: consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia e abilità nelle relazioni interpersonali.
Se cercheremo di aumentare l’autoconsapevolezza, di controllare più efficacemente i nostri sentimenti negativi, di conservare il nostro ottimismo, di essere perseveranti nonostante le frustrazioni, di aumentare le nostre capacità di essere empatici e di curarci degli altri, di cooperare e di stabilire legami sociali – in altre parole, se presteremo attenzione in modo più sistematico all’intelligenza emotiva – potremo sperare in un futuro più sereno.
Gli uomini dotati di grande intelligenza emotiva sono socialmente equilibrati, espansivi e allegri, non soggetti a paure o al rimuginare di natura ansiosa. Hanno la spiccata capacità di dedicarsi ad altre persone o a una causa, di assumersi responsabilità, e di avere concezioni e prospettive etiche; nelle loro relazioni con gli altri sono comprensivi, premurosi e protettivi. La loro vita emotiva è ricca ma appropriata; queste persone si sentono a proprio agio con se stesse, con gli altri e nell’universo sociale nel quale vivono.
Dal punto di vista dell’intelligenza emotiva, sperare significa non cedere a un’ansia tale da sopraffarci, non assumere atteggiamenti disfattisti o non arrendersi alla depressione di fronte a imprese difficili o all’insuccesso. In effetti, nel perseguire i propri obiettivi, le persone capaci di sperare sono meno soggette alla depressione, meno ansiose e soffrono meno sul piano emotivo.
Essere dotati di intelligenza emotiva non significa semplicemente “essere gentili”: anzi, in certi momenti cruciali questo tipo di talento può richiedere di non esserlo affatto, ma di mettere l’interlocutore, senza tanti complimenti, di fronte alla verità scomoda ma importante che sta cercando di evitare.
E’ fondamentale la capacità di incanalare le emozioni verso il raggiungimento di un fine produttivo; essa può manifestarsi nel controllo degli impulsi e nel rivio delle gratificazioni, nel regolare i nostri stati d’animo in modo che essi facilitino invece di ostacolare il pensiero razionale, nel trovare la motivazione per insistere, provare e riprovare nonostante gli insuccessi, oppure nel trovare i modi per entrare nello stato di flusso e dare quindi prestazioni ottimali; in ogni caso, tutti questi comportamenti indicano che, applicata ai nostri sforzi, l’emozione può rivelarsi un motore potente, capace di dare loro maggiore efficacia.
Lo stress è il prodotto di un atto cognitivo: la valutazione.
Lo stress rende le persone stupide.
Il lutto è utile; la depressione non lo è.
L’ottimismo e la speranza – proprio come il senso di impotenza e la disperazione – possono essere appresi.
La grandezza di una leadership si fonda su qualcosa di molto primitivo: la capacità di far leva sulle emozioni.
La dote dell’empatia e del saper entrare in connessione con gli altri facilita l’inizio di un’interazione, il riconoscimento dei sentimenti e delle preoccupazioni degli altri e stimola la risposta adeguata – è l’arte stessa della relazione. Le persone che ne sono dotate sono buoni “giocatori di squadra”, coniugi affidabili, buoni amici o partner d’affari.
Guardare direttamente negli occhi apre l’accesso all’empatia.
L’empatia cognitiva e quella emotiva ci permettono di comprendere ciò che le altre persone stanno provando e di entrare in sintonia con i loro stati d’animo, ma ciò non ci conduce necessariamente a provare un senso di solidarietà nei loro confronti o a preoccuparci del loro benessere. La terza varietà di empatia, la preoccupazione empatica, si spinge oltre, portandoci a interessarci degli altri, a mobilitarci per aiutarli se hanno bisogno
La vera compassione non significa solo sentire il dolore di un’altra persona, ma essere motivati a eliminarlo.
Nella realtà quotidiana nessuna intelligenza è più importante di quella interpersonale.
I fattori di distrazione più potenti sono le nostre emozioni: tutto ciò che è in grado di suscitare in noi forti sensazioni attira la nostra attenzione.
Le passioni, quando ben esercitate, hanno una loro saggezza; esse guidano il nostro pensiero, i nostri valori, la nostra stessa sopravvivenza. Esse possono, tuttavia, facilmente impazzire, e questo accade fin troppo spesso.
Il fattore principale di distrazione non sono le chiacchiere della gente che ci circonda, ma quel chiacchiericcio che avviene all’interno della nostra mente. Per poter raggiungere una perfetta concentrazione è necessario mettere a tacere queste voci interiori.
Non aver parole per descrivere i sentimenti significa non potersi appropriare di essi.
Non dobbiamo lasciare l’educazione emozionale al caso, ma adottare corsi innovativi a scuola, che insegnino l’autocontrollo, l’autoconsapevolezza, l’empatia, l’ascolto e la cooperazione. E’ necessaria quindi una vera e propria “alfabetizzazione emozionale” che porti i bambini a vivere con intelligenza le proprie emozioni.
Poiché a moltissimi giovani il contesto familiare non offre più un punto d’appoggio sicuro nella vita, le scuole restano il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi… poiché quasi tutti i bambini vanno a scuola, almeno all’inizio, la scuola è un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita che, altrimenti, non potrebbe mai ricevere.
La mente creativa è per sua natura un poco indisciplinata. Esiste una naturale tensione fra autocontrollo ordinato e impulso innovativo. L’innovatore deve comunque avere un impulso emotivo vivace. Nell’organizzazione l’autocontrollo è importante. Ma se si tratta di intraprendere e creare non basta!
In un mondo dove il lavoro – soprattutto nella ricerca e nello sviluppo – viene svolto in team, l’intelligenza sociale conta immensamente ai fini del successo.
Lo stato d’animo generale dei dipendenti può incidere nella misura del 20-30 per cento sulle prestazioni.
La nostra capacità d’attenzione determina i risultati – scarsi o eccellenti, a seconda della sua intensità – che possiamo ottenere in ogni sorta di compito.
Senza l’attenzione selettiva, l’esperienza sarebbe il caos completo.
I leader sanno scuoterci. Accendono il nostro entusiasmo e animano quanto di meglio c’è in noi.
In un leader la gente cerca anche un contatto che implichi supporto emotivo, in una parola, cerca empatia.
Possano gli Dei donarci la capacità di vedere noi stessi come gli altri ci vedono.
Gli individui capaci di prestazioni superiori cercano attivamente il feedback: vogliono sapere come sono percepiti dagli altri, e si rendono conto che si tratta di informazioni preziose.
Le persone competenti sul piano emozionale – quelle che sanno controllare i propri sentimenti, leggere quelli degli altri e trattarli efficacemente – si trovano avvantaggiate in tutti i campi della vita, sia nelle relazioni intime che nel cogliere le regole implicite che portano al successo politico.
L’intuizione sociale è un indice della nostra accuratezza nel decifrare il flusso di messaggi non verbali che la gente manda di continuo e che modificano silenziosamente il significato delle parole.
Il grado in cui l’individuo continua a rimuginare sulla propria depressione è uno dei principali fattori che determinano se il suo stato persisterà o andrà via via dissipandosi. Il continuo preoccuparsi su ciò che ci deprime, non fa che rendere la depressione ancora più intensa e prolungata.
L’llusione della profondità esplicativa è quando ci sentiamo sicuri della nostra comprensione di un sistema complesso anche quando, in realtà, ne abbiamo una conoscenza assai superficiale.
Chi ha potere tende a ignorare chi non ce l’ha, cosa che viene a soffocare l’empatia.
Chi ha poche risorse “deve far affidamento sulla gente”.. per questo motivo i poveri sono particolarmente attenti agli altri e alle loro esigenze.
I ricchi possono permettersi di essere meno consapevoli dei bisogni di chi li circonda. Quanto più a lungo un individuo ignora un’email prima di decidersi a rispondere, tanto più forte è il suo potere sociale relativo.
Essere sicuri di sé e interessati; sapere quale tipo di comportamento ci si aspetta da noi e come trattenersi dall’impulso di comportarsi male; essere capaci di aspettare, di seguire istruzioni e di rivolgersi agli insegnanti per chiedere aiuto; ed esprimere le proprie esigenze pur andando d’accordo con altri bambini. Quasi tutti gli studenti che vanno male a scuola mancano in uno o più di questi elementi dell’intelligenza emotiva.
Invecchiare o maturare significa diventare più intelligenti dal punto di vista emotivo.