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Frasi BelleL'aforisma in Italia

La scrittura aforistica di Stefano Lanuzza

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Stefano Lanuzza, autore di libri italianistica e letteratura comparata, traduttore e acuto interprete di figure e percorsi chiave della letteratura francese e italiana, in molti dei suoi libri sperimenta il modello della scrittura aforistica.

Stefano Lanuzza si avvicina all’aforisma dapprima con una silloge pubblicata nel 1989 dal titolo Disjecta membra. Lunario dello Scorpione definita nella quarta di copertina “un taccuino di inquietudini attraversato da una tenerezza a tratti dolorosa e da un fiera malinconia, raccolta di tasselli di un Io irriducibilmente critico e parziale bilancio della crisi di una generazione”.

Nella silloge Disjecta membra l’aforisma di Lanuzza è un pensiero che scava silenziosamente e con pazienza nel profondo, pur nell’estensione quasi sempre limitata della forma e nella secchezza del dettato. Dagli aforismi di Lanuzza non ci si deve attendere la battuta folgorante, quanto piuttosto “l’ironia cum orrore”, una ironia sofferente e sanguinante (talvolta anche una “fiera malinconia”), che capovolge e ridicolizza le maschere della certezze e che testimonia una radicale ribellione alla natura delle cose. “L’unica scrittura ‘vera’ è la scrittura disperata, piena di sollecitudine e orrore, d’avventura e deriva, piacere e dolore… carica di passato e senza fede per il presente, proiettata in un buio futuro” scrive in uno dei suoi aforismi.

Il pensiero di Lanuzza è quello del dubbio, della sospensione, del distacco. In un mondo in cui non esistono conclusioni consolatorie l’unico approdo è quello del nihilismo (“Il nihilismo comincia dove finiscono la fede nella Verità e la fede nella Storia come Verità” scrive in un aforisma e in un altro “Pessimismo: non aspettarsi nulla. Nihilismo: non volere nulla. Il pessimismo conosce l’infelicità, il nihilista la dà per certa. Il primo è un praticone, il secondo è un teoreta”). Per Lanuzza il vivere è sempre “un vivere al di là del bene e del male, nella propria solitudine” e lo scrittore è “l’agiografo – sempre negativo – della propria personale tragedia”.

Disiecta membra è l’unica silloge aforistica pubblicata da Lanuzza, ma l’aforisma continua a fare capolino anche nei suoi libri successivi. In appendice ad alcuni saggi e monografie compaiono infatti delle piccole serie di aforismi (dei “moduli aforistici”, talvolta anche delle piccole antologie di citazioni di autori cari a Lanuzza) che in qualche modo concludono e completano il tema del libro stesso. In questi moduli aforistici non ci sono percorsi e temi a senso unico, tutto è passibile di capovolgimento, in un lavoro di curiosità e contaminazione che caratterizza tutta l’opera di Lanuzza. Così si trovano appendici aforistiche in diversi libri – tutti editi da Stampa alternativa – come Vita da dandy. Gli antisnob nella società, nella storia, nella letteratura (1999), L’arte del diavolo. Un millennio di trame, ribellioni e scritture dell’Angelo decaduto (2000), Gli erranti. Vagabondi, viaggiatori, scrittori (2002), I SognAutori. Trame, linguaggi, scritture della notte (2003), Bestia sapiens. Animali, metamorfosi, viaggi e scritture (2006), Maledetto Céline. Un manuale del caos (2010).

Le riflessioni di Stefano Lanuzza sull’aforisma sono molteplici. In Disjecta membra l’aforisma è “il pensiero cortocircuitante”, “passione del pensiero puro”, “schegge, frammenti, rovine, frattali… Come la vita stessa”, “volantini della disperazione”. In Disjecta membra Lanuzza dedica all’aforisma addirittura un capitolo dal titolo Aphorismòs: “l’aforisma, pratica di riflessione centrifuga, è quanto scarta: è moto di toccata e fuga, permanente approssimazione al plesso del bersaglio (‘anche disinteresse per il bersaglio’), sembiante che rastrema l’oggetto del discorso e l’annichilisce”. E ancora: “L’aforisma una “piccola morte della totalità”, “sfaccettato inesauribile soggetto che ogni giorno si prende la Bastiglia perduta il giorno prima”, “riduzione del superfluo e dispendio dell’essenziale”, “tatuaggio”, “epitaffio”, “risposta che domanda”. E anche: “Le parole dell’aforista sono ambigue perché dense, dissonanti perché lapidarie, involute perché impegnate a orientarsi nel buio, senza potere perché il loro essere, venuto dall’esclusiva attivazione dei sensi, non cerca consenso ecumenico ma punta al piacere: un piacere che non è quello del testo ma, piuttosto, dell’ironia disgregratice”.

Presento qui di seguito una selezione di aforismi tratti da Disjecta membra. Lunario dello Scorpione (Prova d’autore, 1987-1989) e dal capitolo finale”I passi perduti” (Gli erranti, Vagabondi, viaggiatori, scrittori. Stampa alternativa, 2002)

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Stefano Lanuzza, Disiecta membra. Lunario dello Scorpione.

Culto del “gruppo”… quelli che starebbero in gruppo anche da morti…

Vai scrivendo i tuoi pensieri “laterali”. Gli altri, quelli profondi, li guardi.

Funerali. Nessuno dei presenti all’altezza del morto.

Per colpa della sua invulnerabilità, Achille pie’ veloce non è mai abbastanza eroe.

Lacrime chiuse in altre lacrime, urli in altri urli.

Specializzarsi, cioè aggravare con “competenza”, il problema da risolvere.

Scrivi un libro non per avere qualche misera recensione ma soltanto per differire l’arrivo del Massimo Recensore, la Morte: che da vero “stroncatore”, scrive malissimo.

Ci sono recensori che non si vergognano di recensire libri scritti da chi si è vergognato di scriverli.

Il mondo? E’ già morto. Prendersela con esso è vilipendio di cadavere.

La verità è ciò che è vero. La menzogna è ciò che è anche vero.

Essere al di là del bene e del male: essere soli.

Mai elemosinare: nemmeno la comprensione.

Essere amati perché si esiste e non perché si fa.

La società consumistica: la società “anestetica” che copre il dolore con il consumo.

Basta un “nonnulla” perché, in certe circostanze, si riveli, possentemente, il nulla.

Come fulmineamente ha intuito Nietzsche, la follia – rara negli individui – si manifesta soprattutto nei gruppi, nelle congreghe, nelle sette, nelle massonerie, nelle nazioni, nei sistemi…

Spesso non si può fare a meno di essere ciò che non si è.

Non amava i corpi. Di questi amava, invece, le… ombre.

Il nihilista, il critico sopravvivente in un mondo di annichiliti.

L’unico amore inappagato è quello dell’intelligenza.

Uno scaffale di libri: piccionaia, rete di loculi, vermicaio in cui, tuttavia, brulica la vita.

Essere “alla ricerca di” o “in fuga da”…?

Non uomo qualunque, ma, semplicemente, uomo comunque.

Un intellettuale per così dire “fallico”: in continua erezione mentale.

Cos’è la noia. Forse stare in un luogo e voler essere , nello stesso momento, non in un altro luogo ma in nessun luogo.

La libertà: quella del pachiderma che deve spaccare tutto o quella dell’uccello ferito, che anche se vola sempre più basso, non si lascia afferrare?

Piano piano ti accorgi, giorno dopo giorno, che le più grandi ingiustizie patite, le più irriducibile truffe sono quelle fatte da te a te stesso…

Prevalendo l’offerta sulla domanda, non c’è più spazio per la rivoluzione.

Nessuno è più “giustamente” moralista d’un laico, e ancora di più d’un ateo. La loro morale è ben più pura di quella, fondata sul potere, dettata nei Dieci Comandamenti.

Lo scrittore non è un utente, ma un rivale della lingua.

Pessimismo: non aspettarsi nulla. Nihilismo: non volere nulla. Il pessimismo conosce l’infelicità, il nihilista la dà per certa. Il primo è un praticone, il secondo è un teoreta.

Risolutivo come l’interruttore che scattando illumina una stanza buia…: è lo stile, l’alta tensione della parola, che illumina la struttura dell’edificio verbale fatta libro.

Maturità, tempo in cui si comincia a dubitare di avere uno scopo nella vita.

Il sesso, grande smascheratore.

Beckett: “Nulla è più reale del nulla”. Ecco l’iperrealismo.

Acquisisci titoli, farai carriera.
Ma io non volevo vivere “sulla carta”.

Nessuna crepitante ermeneutica, nessuna memoria né storia: solo disjecta membra.

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Stefano Lanuzza, I passi perduti

 

Il libro è un paesaggio e la scrittura l’erranza che lo anima.

L’errante non è chi viaggia, ma chi ha bisogno di viaggiare.

Si erra nel ‘pieno’ delle strade del mondo. Si fa invece turismo – ‘vacanza’ – nel vuoto: nel vacuum.

Quelli che viaggiano per ‘fotografare’; e poi, a casa, guardano ciò che non hanno visto…

Nello spazio dell’erranza non ci sono luoghi, ma ‘incognite’.

L’errante, ossia l”inappartenente’…

Forse Ulisse non vuole andare a Itaca, ma nella propria stessa Odissea.

Il viaggio non è in ‘avanti’, ma in larghezza e profondità…

Sempre, si parte per un luogo e si giunge in un altro.

Il viandante valica ponti sottili come fili di capello, varca porte sorvegliate da mostri, paga pedaggi, pronuncia parole d’ordine…

A volte si viaggia non nel mondo ma fuori del mondo.

Alfine, si può sapere tutto della partenza e del viaggio: ma niente dell’arrivo.

Andare ‘altrove’, verso ciò che ‘potrebbe’ e ‘potremmo’ essere: e non sapremo mai.

Viaggia davvero chi è forestiero ovunque.

Le sue radici non attecchiscono in nessun modo. Se le trascina dietro, qua e là, come fa un polipo con i propri tentacoli…

Errare per non essere qua né là:… ma nell’inesistente’.

I nomadi non hanno storia, hanno solo geografia. (G. Deleuze – C. Parnet)

Si esce dal labirinto allontanandosi dal suo centro; andando verso la ‘periferia’…

Per lo più, si viaggia a ‘Oriente’. Oriente = ‘orientare’. Ricercando il ‘mattino’, l’origine.

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Noto bibliografica 

Stefano Lanuzza (Foto Maleti)

Stefano Lanuzza, nato a Villafranca Tirrena nel 1949, vive attualmente a Firenze. Ha pubblicato opere di Italianistica e di Letteratura comparata. E’ autore anche di diverse traduzioni dal francese. Ha diretto la rivista MOLLOY. Trimestrale letterario (1988-1993), fondata nel 1988 col germanista Ferruccio Masini. Come artista figurativo, limita la propria attività all’illustrazione grafica e a rare esposizioni di pittura, fra cui la Personale L’arte della Notte tenuta al Museo d’Arte Moderna Gazoldo degli Ippoliti – Mantova (16 maggio-6 giugno 1999). E’ collaboratore di numerose riviste letterarie (tra cui “Magazine littéraire”, “Carte segrete”, “Yale Italian Poetry”, “Il Ponte”, “Les langues néo-latines”, “Il Verri”, “Altri termini”,”Metaphorein”, “Lettera internazionale”).

Pubblicazioni di Stefano Lanuzza:

1974 – L’altra Gehenna. Poesia, Forum
1975 – Logosfera. Poesia, Laboratorio della Arti
1979 – Alberto Savinio, La Nuova Italia
1979 – L’apprendista sciamano. Poesia italiana degli anni settanta, D’Anna
1982 – Cartografie del negativo. Scrittura e nihilismo, D’Anna
1984 – Lallazione. Romanzo, Edizioni di “Quasi”
1985 – Scill’e Cariddi. Luoghi di Horcynus Orca, Lunarionuovo-Prova d’Autore
1987 – Lo sparviero sul pugno. Guida ai poeti italiani degli anni ottanta, Spirali
1987 – 1989 – Disjecta membra. Lunario dello Scorpione, Prova d’Autore
1990 – Vittorio Imbriani. Uno spadaccino della parola, Ermanno Cassitto
1993 – Bestiario del nihilismo. Letteratura e animali
1994 – Storia della lingua italiana, Newton Compton
1995 – La nottola e la talpa. Poesia, Il Ventaglio
1999 – Vita da dandy. Gli antisnob nella società, nella storia, nella letteratura, Stampa Alternativa
2000 – Bosco dell’Essere. Poesia, Fermenti
2000 – L’arte del diavolo. Un millennio di trame, ribellioni e scritture dell’Angelo decaduto, Stampa Alternativa
2001 – Dante e gli altri. Romanzo della letteratura italiana, Stampa Alternativa
2001 – Firenze degli scrittori del Novecento, Guida
2002 – Gli erranti. Vagabondi, viaggiatori, scrittori, Stampa Alternativa
2003 – I SognAutori. Trame, linguaggi, scritture della notte, Stampa Alternativa
2003 – Erranze in Sicilia, Guida
2004 – Punto, punto e virgola… Antimanuale di scrittura e lettura, Stampa Alternativa
2006 – Bestia sapiens. Animali, metamorfosi, viaggi e scritture, Stampa Alternativa
2009 – Insulari. Romanzo della letteratura siciliana, Stampa Alternativa
2010 – Maledetto Céline. Un manuale del caos, Stampa Alternativa
2010 – Francesco Zuccarelli, pittore dell’Europa tra Arcadia e Illuminismo