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Le frasi più belle e celebri di Javier Zanetti

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Javier Zanetti (Buenos Aires, 10 agosto 1973), conosciuto anche come “Pupi”, “El tractor”, “Il capitano”, è dirigente sportivo ed ex calciatore dell’Inter.

Javier Zanetti resterà per sempre nella storia come il capitano del Triplete: 5 maggio 2010, 16 maggio 2010, 22 maggio 2010, sempre sul palco a sollevare trofei. Portiere e centravanti: sono gli unici ruoli che Zanetti non ha ricoperto nella sua lunghissima carriera all’Inter.

Presento una raccolta delle frasi più belle e celebri di Javier Zanetti. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sul calcio e i calciatori, Frasi, citazioni e aforismi sull’Inter e i colori nerazzurri e Le frasi più belle e celebri di Lionel Messi.

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Le frasi più belle e celebri di Javier Zanetti

Mi sento interista sono fiero e orgoglioso di essere capitano di questa società che ha una storia immensa e bellissima

Il tifoso interista è abituato a soffrire ma non molla mai, non abbandona mai la barca nel momento del bisogno. Il tifoso interista è un’innamorato cronico, un passionale, un sanguigno. Ha un carattere argentino.. È fedele, appassionato, nel bene e nel male. Ma è anche esigente, così come brillante, intelligente e ironico.

Moratti è un grande presidente, e su Calciopoli è stato un vero signore, così come lo è stato Facchetti.

Sono cattolico e praticante fin da bambino e credo fermamente che senza Cristo l’uomo non possa vivere pienamente.

I giocatori che più mi hanno fatto soffrire? Messi ovviamente, ma anche Zidane e Ronaldo. E devo dire che ho fatto tanta fatica anche contro il miglior Kaká.

La Bmw è la prima macchina acquistata una volta giunto all’Inter. Pensavo di aver esagerato, pensavo mi prendessero per un montato. Poi sono arrivato ad Appiano e la mia era la macchina più brutta.

L’Inter è sempre sola nel senso di solitaria, staccata da tutto il resto, al confine; è sola nel senso di unica, nel modo di pensare, di agire e di rapportarsi con il mondo. Non mi stancherò mai di ripeterlo, a costo di sembrare banale: l’Inter è una creatura diversa rispetto a tutte le altre squadre. Nel nostro DNA c’è una piccola dose, o forse qualcosa di più, di sana, lucida follia; l’Inter è genio e sregolatezza, l’Inter è sofferenza, l’Inter è dolore, l’Inter è estasi. Dall’Inter ci si può aspettare tutto e il contrario di tutto. Vittorie impossibili e tonfi clamorosi, partite della vita e passaggi a vuoto inimmaginabili. È così, storicamente.

Sarò sempre legato all’Inter, che fa parte della mia vita e di quella della mia famiglia. Essere interisti è bellissimo: siamo diversi da tutti gli altri, è stupendo. Continuerò a esserlo sempre, così come sempre rimarrò legato all’Inter: magari in un altro ruolo ma continuerò a essere legato a questa grande famiglia
(28 settembre 2012)

858 volte insieme. Grazie per il vostro amore.
(Javier Zanetti dopo l’ultima partita con l’inter nel 2014)

Grazie. Il Capitano saluta ma non appende le scarpette a nessun chiodo: la Partita Infinita per uno sport di ideali è appena iniziata!
(Javier Zanetti dopo l’ultima partita con l’inter nel 2014)

Cari amici campioni che mi avete salutato con l’abbraccio che tante volte ci siamo dati in campo, magari dopo una bella sfida, cari tifosi delle altre squadre, la rivalità sportiva rende grandi le vittorie e accettabili le sconfitte. Confrontarsi in campo rende lo sport modello di vita. Dove non conta il singolo ma la squadra e dove gol fatti e gol subiti insegnano sempre una lezione.
(Javier Zanetti dopo l’ultima partita con l’inter nel 2014)

Anche nei momenti difficili si rafforza il mio interismo.

Fare felice tanta gente è un risultato che non ha prezzo.

El Tractor è il primo soprannome che mi hanno messo in Italia per il mio modo di giocare e di correre. Alla prima partita che ho giocato, subito mi hanno battezzato così.

La riconoscenza nel calcio esiste, e deve esistere, ma oggi è merce rara.

Io sono un giocatore normale. Mi piace soprattutto essere disponibile per la squadra. Giocare dove la squadra ha bisogno. E dare il massimo in ogni partita.

L’amore che c’è tra l’Inter e i suoi tifosi è la cosa più forte e sincera che io abbia mai visto! Su questo non c’è alcun dubbio.

Ci sono vari momenti della mia carriera. Direi due in particolare: la notte prima dell’esordio con l’Inter ho dormito poco perché vedevo San Siro così lontano che pensare di poterlo vivere da protagonista era come un sogno. Il secondo è la notte prima della finale di Champions League, il traguardo che aspettavamo da tantissimo tempo e che finalmente è arrivato con un successo indimenticabile.

[Sulla finale di Champions] Quando l’arbitro ha dato il recupero, ho guardato Samuel e abbiamo iniziato a piangere. Vincevamo 2-0 e mancavano tre minuti. Walter però, essendo un duro, mi invitava alla calma.

Al termine della finale di Champions League, dopo i festeggiamenti, quando ho portato la Coppa nello spogliatoio, l’ho appoggiata per terra e le ho detto: ‘Ti inseguivo da tanto tempo e ora finalmente sei fra le mie braccia’. E’ stato uno dei momenti più emozionanti della mia carriera.

Che cosa ho pensato mentre ero seduto a terra, con il tendine d’Achille del piede sinistro lacerato? Avevo bene in mente la risposta: è una pagina nuova del libro della mia vita, né una vittoria da celebrare né una sconfitta che mi schiacci. Devo semplicemente rialzarmi, ricominciare come sempre.

È un onore sentirmi accostare ad Armando Picchi e Giacinto Facchetti, due calciatori, due persone, incredibili, che hanno fatto tantissimo per questa grande squadra.

Calciopoli è una pagina tristissima del calcio italiano, ma sono passati ormai diversi anni. In questo periodo sono state dette molte cose, ma la verità è sotto gli occhi di tutti. Anche se qualcuno vuole far finta di perdere la memoria… Il calcio italiano da allora è ripartito ed è giusto pensare al futuro. Noi siamo fieri e orgogliosi della nostra storia, come la Juve è fiera della sua. Di certo, però, non si può far finta che non sia successo niente.

L’Inter è una bellissima realtà in cui credere, che si vinca o che si perda.

Josè Mourinho è un vincente, ti dice le cose in faccia senza problemi. Cosa ci ha detto negli spogliatoi prima della finale di Champions League contro il Bayern? Che avevamo fatto un grande sforzo per arrivare lì, ma che mancava ancora l’ultimo scalino per restare nella storia del calcio italiano. Ci guardò in faccia e ci spiegò che per molti di noi quella poteva essere l’ultima opportunità e che non potevamo sbagliarla.

Le maglie che ho amato di più tra quelle nerazzurre che ho indossato sono: quella della vittoria in Coppa Uefa a righe orizzontali e quella del Centenario dell’Inter, bianca e rossa.

Io ho avuto una infanzia molto semplice e ho dovuto lavorare con il mio papà, per la mia famiglia. La prima cosa che ho imparato è l’umiltà, cercare sempre di guardare avanti, fare le cose per bene. Quando ho cominciato a giocare l’ho capito subito. Poi, ho avuto la fortuna di andare in Serie A, di appartenere alla Nazionale. Mi sono reso conto che ciò che mi ha insegnato la mia famiglia mi è servito molto per essere qui, così come sono oggi.

Tutti pensano che noi calciatori pensiamo soltanto al pallone. Non è vero. A me, ad esempio, si sa, piace la musica, piace l’arte e, dopo, quando si trova la musica e l’arte insieme è l’ideale.

Io ai miei capelli in ordine ci tengo. Anche in campo. Anche se gioco sotto a un temporale. Anche se corro in mezzo alle raffiche di vento. Tutti, persino i compagni di squadra e addirittura mia moglie, mi chiedono come faccio a finire la partita sempre pettinato. La verità è che curo molto la testa.

Soltanto a due persone al mondo permetto di spettinarmi: mia figlia Sol e, quando sarà in grado di farlo, il mio piccolo Ignacio.

Il Piccolo Principe è un racconto che tutti i bambini dovrebbero leggere; anche gli adulti, che troppo spesso si dimenticano di essere stati bambini.

La fascia più importante è quella dedicata a Giacinto, lo è per il rapporto che avevo con lui, per l’esempio che è stato per tutti noi, perché era sempre presente, nei momento buoni e in quelli meno buoni. Da quando è mancato è stato difficile per tutti gli interisti dimenticarlo.

La partita simbolo? Ne ricordo tante che hanno lasciato un segno. Una forse è stata quella in cui ho vinto il mio primo trofeo, la Coppa Uefa a Parigi contro la Lazio. Ho anche segnato lì, è stata una serata indimenticabile per tutti.

La prima volta che ho sentito parlare dell’Inter è stato in una partita col Napoli, perché c’era Maradona e in Argentina davano tutte le partite importanti del calcio italiano. Prima ancora c’erano stati i racconti di mio padre e di mia madre, perché io abitavo vicino allo stadio dell’Independiente e lì l’Inter ha giocato partite importanti. Poi, dopo un’amichevole in Sudafrica con la Nazionale, Passarella mi chiamò e mi disse che l’Inter mi aveva preso, non me l’aspettavo.

Dell’Argentina potrei parlare per ore. È un grande Paese, con bellissimi paesaggi, posti stupendi, tutti i tipi di clima e tante risorse. Vi consiglio di visitarla, non ve ne pentirete.

Lasciare l’Argentina è stata una scelta difficile, ma l’avrei fatta solo per andare in una grandissima squadra come l’Inter e sono felice di aver deciso così.

A volte mi capita, quando devo giocare con la Nazionale per quindici giorni, al terzo, quarto giorno, comincio a sentire nostalgia per Milano.

Bergoglio ha un grande cuore, è uomo dalla semplicità unica. Parlare con lui di tanti argomenti, della mia fondazione e di tutti i problemi che ci sono nel mondo è stata un’emozione unica.

Io e Paula pensiamo che i nostri figli siano i più bei regali mai ricevuti.

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Frasi e citazioni su Javier Zanetti

Javier, tu sei il mio uomo, io mi fido di te.
(Parole che Peppino Prisco era solito rivolgere a Javier Zanetti)

Javier Zanetti è un leader silenzioso dello spogliatoio.
(Josè Mourinho)

Javier Zanetti è una figurina che ogni padre metterebbe in mano al proprio figlio come un santino, a prescindere dal campanile del tifo: gioca come lui, comportati come lui. Il capitano nerazzurro è da anni una stella polare indicata ai giovani che si incamminano nello sport.
(Luigi Garlando)

Primissimo allenamento, facciamo possesso palla. Lui non la perde mai, gli resta sempre incollata al piede. Quel giorno pensai che avrebbe fatto la storia dell’Inter.
(Giuseppe Bergomi)

Sapevo che è una forza della natura, ma non pensavo fosse questo uomo. E poi il suo passaporto deve essere sbagliato. Non può avere 36 anni, devono essere al massimo 25-26. (José Mourinho)

Anche quando è stanchissimo riesce comunque a mantenere la dignità, la voglia, l’orgoglio di un giocatore professionale, come credo non ce ne siano mai stati.
(Massimo Moratti)

Con Javier abbiamo fatto tanti anni insieme e già a 22-23 anni era un toro e faceva tutto quello che deve fare un giocatore professionale, tutto. Io non conosco un altro giocatore che fa quello che fa lui. Perché oltre tutto lui faceva tutte le partite senza stancarsi mai.
(Álvaro Recoba)

Di Javier Zanetti non si può non pensare bene. Prima ripercorrevo la sua storia in Italia e la mia, lui è uno di quegli atleti che pur non essendo nato in Italia è amato come e anche più degli italiani. Ha sempre dimostrato serietà, correttezza e lealtà. Questo vuol dire che è una bella persona, che ha una grande famiglia e una società alle spalle che lo difende. Non si arriva ai vertici per caso, chi ci arriva vuol dire che è bravo. Ma oltre che col pallone, devi esserlo anche nella vita. Per chi come Zanetti è un personaggio popolare è molto più difficile esserlo fuori dal campo e lui lo è.
(Gianni Petrucci)

È soprannaturale. La cosa più sorprendente non è tanto quanto corre in partita e negli allenamenti, cioè moltissimo, ma la sua velocità di recupero. Quelli che studiano queste cose assicurano che in questo campo non ha rivali.
(Esteban Cambiasso)

Il vero fenomeno dell’Inter sei stato tu, con la tua passione. Zanetti è sempre stato una garanzia: merita affetto e stima professionale.
(Luigi Simoni)

Javier ha tantissime qualità ma la principale è quella di saper gestire ogni momento difficile con il buon senso e la simpatia. Poche volte l’ho visto arrabbiarsi in modo scomposto, anzi usava un altro metodo per risolvere i problemi interni: lo scherzo. A lui bastava una battuta per sistemare situazioni complicate fra compagni o con l’allenatore. Questa sua qualità l’ho sempre ammirata.
(Iván Córdoba)

Javier dribbla un avversario che potrebbe essere suo figlio.
(Telecronista, durante la partita Vaslui-Inter)

L’avversario più difficile che abbia mai incontrato è stato Javier Zanetti. Lo incontrai per la prima volta nel ’99, ai quarti di Champions. Lui terzino destro, io ala sinistra. M’impressionò per le sue qualità: rapido, potente, intelligente, esperto. Ci ho giocato contro altre due volte. È stato l’avversario più duro in assoluto. Un campione completo.
(Ryan Giggs)

Pupi, ti voglio molto bene, lo sai, e ho grande ammirazione per tutto quello che continui a fare all’Inter.
(Diego Simeone)

Zanetti? È difficile trovare una parola per lui, perché è un grande esempio in campo e fuori e noi argentini dobbiamo essere orgogliosi di lui, perché ha fatto la storia di questo club.
(Diego Milito)

Zanetti ha annodato una all’altra quelle delusioni e ne ha fatto una corda solidissima con cui si è arrampicato fino alla gloria somma del Triplete. La sua traiettoria calcistica ha la forza di una parabola.
(Luigi Garlando)