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Gianluigi Buffon, detto Gigi, è nato a Carrara il 28 gennaio 1978. Fra i pali di Parma, Juventus e nazionale è diventato un mito vivente e icona del suo ruolo come pochi altri. Spesso definito il Maradona dei portieri, pluripremiato da FIFA e UEFA, è stato incoronato miglior portiere degli ultimi venticinque anni da IFFHS, l’Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio.
Presento una raccolta delle frasi più belle e celebri di Gigi Buffon. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sul calcio e i calciatori, Frasi, citazioni e aforismi sul portiere e Frasi, citazioni e aforismi sulla Juventus.
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Le frasi più belle e celebri di Gigi Buffon
La prima parola che penso dopo ogni vittoria è «domani». Sono orgoglioso dei trofei conquistati. Sento di essere un uomo del mio tempo. Ma è quello che ancora mi attende a tenermi vivo e in continuo movimento.
Viaggiare è più bello che arrivare, battersi è più bello che vincere.
Vorrei leggere su wikipedia, accanto al nome di Gianluigi Buffon, che ha vinto una Champions.
È l’alibi migliore per chi non vince; dire che la Juve è davanti perché si comporta in maniera scorretta è una giustificazione da dare ai tifosi. La Juve è come il maggiordomo: sempre colpevole.
Senza sogni non si vive, si sopravvive… senza sogni non sei il protagonista della tua vita ma sei solo una scolorita figura che ha accettato rassegnato la propria esistenza, senza squilli, senza sussulti, senza vita.
Io sono sempre ottimista, positivo, felice. A volte non mi va di dimostrarmi tale in pubblico, però quando sono nello spogliatoio e con i compagni sto bene. Quella è la mia forza e quando sono in campo nulla e nessuno potrà condizionarmi.
Il calcio giocato è sicuramente la miglior medicina per il calcio stesso.
Io gioco per dimostrare di essere diverso dagli altri: a 38 anni posso fare delle cose che gli altri non hanno mai fatto. Questa è la mia sfida.
Mi ritengo uno che si è sempre distinto per il massimo della lealtà in campo.
Sono caduto in depressione, sono stato in cura da una psicologa. Filava tutto storto. Non ho mai capito perché proprio allora, perché non prima, perché non dopo.
Era come se la testa non fosse mia, ma di qualcun’altro. Stavo inghiottito in un buco nero dell’anima.
Sentivo il buio prima che il buio arrivasse per davvero. Peggiorava il corpo, peggiorava la mente, quello stato di me così arrendevole, che non conoscevo, mi accompagnava nel baratro di mille domande. Cosa sta accadendo? Perché proprio a me? Ma non sono bello, ricco e famoso?
Non potrò mai scordare una sfida di campionato contro la Reggina, in casa. Prima della partita, durante la fase di riscaldamento, mi è venuto un fortissimo attacco di panico. Davanti a tutti. Nessuno si accorgeva di niente e questo mi faceva sentire ancora più solo (…) Lì, in quel preciso momento, devo dire che sono stato bravo, perché con quel poco di lucidità che mi rimaneva sono riuscito a scavare nelle mie risorse migliori, quelle dell’ orgoglio, dell’ amor proprio e dell’amore verso il lavoro. Con quel briciolo di razionalità, trascorsi i fatidici cinque minuti, mi sono detto: ‘Se molli adesso e scegli la scorciatoia, scegli di non giocare, lo farai ogni volta che sarai in difficoltà’. Mi sono reso subito protagonista di una parata importantissima su Cozza, quando il risultato era ancora fermo sullo 0-0. Alla fine abbiamo vinto noi, 1-0. Quella parata ha rappresentato per me una scossa clamorosa, ha funzionato da elettroshock.
Ho combattuto una dura lotta contro me stesso. Non mi vergogno affatto a dirlo. Ma da quella esperienza traumatica è venuta fuori una persona più forte e matura. Vincere la depressione è stata la miglior parata della mia vita.
I sogni vanno coltivati e sono la cosa più bella del mondo se trovi una sintonia con te stesso e parli con onestà, se ci metti passione e voglia di soffrire. Se uno rinasce dopo la sconfitta, la vita ti dà squarci di vita e di sole bellissimi.
Ho fatto un rapido calcolo: ho iniziato con giocatori nati nei primi anni 60, finirò con i 2000. In un certo senso ho attraversato quattro decenni, cercando di esserci sempre e non soccombere mai. E il mio orgoglio più grande è quello di esserci riuscito.
Le regole sono il modo per giocare nella vita, come nel campo di calcio, alla pari con tutti, evitando la sopraffazione del più furbo o del più prepotente. Anche se la prima regola la devi trovare dentro di te nell’autodisciplina, nel saperti comportare.
Da anni mi chiedo cosa mi spinga ancora a giocare. Questa battaglia interiore mi porta forti motivazioni. Se avessi vinto la Champions sarei svuotato, il fatto di non averla ancora vinta mi sprona.
Un portiere deve essere masochista. Come ruolo può essere paragonato all’arbitro. Ha il potere di comandare ma può solo subire gol, non può segnare, e deve sopportare offese continue. La psicologia dovrebbe studiare questo ruolo così contraddittorio. Per me fare una papera è uno shock. Ci metto giorni a riprendermi. Invidio chi ne commette di più. Lo shock non è così grande.
Non sto a sindacare ciò che ha visto l’arbitro. Era sicuramente un’azione dubbia. E un’azione dubbia al 93′, dopo che all’andata non ci è stato dato un rigore sacrosanto al 95′, non puoi avere il cinismo per distruggere una squadra che ha messo tutto in campo. Ti ergi a protagonista per un tuo vezzo o perché non hai la personalità adatta. Un essere umano non può fischiare un’uscita di scena di una squadra dopo un episodio stradubbio: al posto del cuore hai un bidone della spazzatura. Devi avere la sensibilità del momento, altrimenti te ne stai in tribuna a mangiare le patatine. E mandi qualcun altro, dicendo “io non ce la faccio ad arbitrare certe partite”. È una questione di sensibilità che deve albergare in ogni uomo. Ha preso una decisione da animale.
(Riferendosi all’arbitro Michael Oliver dopo Real Madrid-Juventus 1-3 del 12 aprile 2018)
Non ho mai guardato agli altri per emularli o superarli. Gli obiettivi li ho sempre posti per me stesso, per cercare di essere felice, per scrivere pagine importanti per il calcio. Io ho cominciato molto prima di Zoff. Se arrivo a 40 e non a 41 è lo stesso.
Possono cambiare gli uomini, possono cambiare i dirigenti, però quello che ha di forte questa società sono i giocatori cui è stata tramandata una voglia di vincere, di primeggiare, che non è pari in nessuna altra squadra.
(Settembre 2007)
Non voglio più sentire nulla su Calciopoli, il passato è importante ma il futuro lo è ancora di più.
(8 febbraio 2011)
(25 maggio 2012)
Il giorno dell’inaugurazione dello Juventus Stadium. Ho provato tante emozioni, tutte molto forti. Mi sono detto “ma in che società sto giocando”. Sono riemersi pensieri che non mi toccavano da parecchio tempo. Ho risentito tutto l’orgoglio di far parte di un club con una storia unica, che fa tremare le gambe. Quella sera mi ha caricato a mille, è stata fondamentale a livello di motivazioni, è come se fossi tornato indietro nel tempo.
Possono cambiare gli uomini, possono cambiare i dirigenti, però quello che ha di forte questa società sono i giocatori cui è stata tramandata una voglia di vincere, di primeggiare, che non è pari in nessuna altra squadra.
Ho perso poco nella mia vita, ma le sconfitte mi hanno insegnato più delle vittorie. Quando perdo, spesso mi focalizzo sulla bravura dell’avversario e sugli errori che ho commesso. È un modo corretto per non cercare alibi e diventare uomini che si prendono le proprie responsabilità. Non va bene giustificarsi dicendo che il rivale è stato fortunato o ha avuto un aiuto: sono scuse che non fanno crescere. Io ho fatto tanti errori e ne sono consapevole, alcuni di questi erano anche vergognosi, ma sono umano e ho il diritto di sbagliare.
La mia folgorazione per questo ruolo la ebbi durante i mondiali in Italia del 1990. Avevo dodici anni e mi innamorai non di Maradona o di Lineker e neppure di Roger Milla ma di Thomas N’Kono, il portiere del Camerun, che allora aveva già trentaquattro anni ma entrò nei miei sogni e condizionò la mia vita. È involontario merito suo se sono arrivato dove sono arrivato. Era un portiere che usciva dagli schemi, faceva delle respinte di pugno fantastiche, cose che noi non eravamo abituati a vedere. Insomma fu amore a prima vista per N’Kono ma, soprattutto, per il suo ruolo.
[Fino a 14 anni Gigi Buffon ha giocato come centrocampista difensivo. Furono le prestazioni del portiere del Camerun Thomas N’Kono in Italia 1990 a spingerlo ad essere un portiere]
Ho chiamato il mio figlio Louis Thomas in onore di Thomas N’Kono. Dopo che era nato, N’Kono mi chiamò per congratularmi.
I portieri sanno che è difficile per loro di compensare eventuali errori che potrebbero commettere. È una posizione che richiede concentrazione totale. Non ci si può mai permettere di rilassarsi.
Tra le doti essenziali per un portiere c’è in primo luogo la sicurezza che sai trasmettere agli altri, alla tua squadra. La devi trasmettere anche a prescindere da quella che hai davvero dentro di te. Anche se tu non sei sicuro devi far intendere agli altri che hai il controllo della situazione e che loro possono confidare su di te. Un portiere insicuro fa una squadra insicura. E poi serve solidità mentale. È la condizione per durare molto e sbagliare poco. Se ci pensa, tutti i grandi portieri hanno avuto carriere lunghe.
È molto difficile scegliere una parata particolare. Per fortuna ne ho fatte diverse, anche se penso che quella che feci a Zinedine Zidane nella finale di Coppa del Mondo del 2006 in Germania è stata probabilmente la più decisiva.
Se sono in palio i tre punti, se è una partita importante il tuo pensiero, anche quando attacca la tua squadra, è tutto concentrato sull’azione, sulla previsione, quasi geometrica, di quali potrebbero essere le insidie di un improvviso rovesciamento di campo. Ma quando la partita ha un risultato certo o è meno importante di altre il portiere, quando la palla è lontana, pensa ai casi suoi, ai suoi problemi di vita quotidiana. È assorto, spesso guarda il pubblico, ma la sua testa è lontana. Questa è la verità, vera. Ma un buon portiere non si distrae, quando si ha bisogno di lui.
Con le mani i neonati cercano il seno della madre. Con le mani i padri allacciano le scarpe ai figli. Da bambino guardavo le mani dei miei genitori e ricordo il lavoro, la fatica e il sacrificio. Oggi guardo le mie mani e ci vedo dentro tutti i miei sogni, realizzati e non. Con le mani si abbraccia chi si ama. Con le mani ci rialza da terra dopo essere caduti. Con le mani si scava tra le macerie dopo un terremoto. Con le mani si chiede aiuto. Ho visto mani stringersi per la gioia, mani che accolgono, mani che pregano e mani che respingono. Con queste mani, le mie mani, ho combattuto e sono diventato grande. Ho vinto e perso. Ho superato limiti e sfidato l’impossibile. Ho parato palloni e paure. Le ho tese nella continua speranza di arrivare dove gli altri si erano arresi. Ho spinto chi non aveva il coraggio di buttarsi. Ho cercato di trattenere chi voleva andar via.
Ognuno di noi deve trovare una via d’uscita al pessimismo e se te la cavi da solo, ti sentirai molto più sicuro. Io, però, non voglio educare le persone: quello lo devono fare i genitori. In campo posso avere comportamenti giusti e sbagliati, ma questi possono essere uno spunto per discuterne e non devono essere un modello. Il confronto tra le persone aiuta a crescere e ad accettare i propri limiti.
A 13 anni ero solo a Parma, mi piaceva divertirmi e trascinavo gli altri. Una sera, ad una festa, avevo un po’ bevuto e un mio caro amico mi viene vicino tutto esaltato e mi dice: “In tasca ho 5-6 pastichette”. Io pensavo avesse mal di testa, ma quando me ne mette una di queste in bocca, io la sputo. Ecco, in quel momento ho scelto: con la mia personalità e il mio carattere. Magari non sarebbe successo nulla, ma io lo ritenevo insano e stupido: sapevo divertirmi da solo, senza avere dipendenze. La cosa si è chiusa lì, ma tre anni dopo quel mio amico è morto per overdose di pastichette. Ci ho pensato a lungo, ma alla fine ho capito che la colpa era solo sua e io volevo vivere.
A 31 anni ho avuto un’operazione alla schiena molto delicata e molti mi dicevano che non avrei giocato più. Sono passati quasi otto anni e mi sento fortunatissimo, perché mi sono tolto grandi soddisfazioni. Ho avuto la costanza e la voglia di stupire anche me stesso. Però non credete alla gente che non ha paura: io dopo 22 anni di carriera, in certe partite ho paura. Temo di sbagliare e deludere, ma trovare il coraggio per battere la paura ti fa dare il massimo. Io lo dico sempre ai miei compagni di squadra, soprattutto ai più giovani.
Ho coronato quello che era il mio sogno di bambino: volevo questo e l’ho ottenuto. Sono emozioni totalizzanti e per questo non ho paura nella vita, al massimo ho paura per gli altri. Posso temere di non essere stato un bravo papà, ma con il tempo le cose si sistemano. Ho sempre avuto coraggio nelle scelte e credo di poter sempre dimostrare la bontà di quel che ho fatto.
Quanto sei orgoglioso di essere il capitano di questa Juve? Da morire, da morire. Il dispiacere più grande di smettere di giocare è quello di lasciare questi ragazzi. E niente, però, la vita va avanti e spero di avergli trasmesso qualcosa e che ne facciano tesoro.
(Aprile 2018)
Sabato sarà la mia ultima partita con la Juventus e credo che sia il modo migliore per finire questa avventura. La mia paura era di arrivare alla fine di questa avventura con la Juve da sopportato o da giocatore che aveva fuso il motore, posso dire che non è così. E posso dire fino a 40 anni di aver potuto esprimere il mio meglio. di aver espresso in campo prestazioni degne del mio nome e della Juventus. Arrivo a questo saluto sereno e felice. Grazie alla Juventus, nel 2001 hanno preso un talento straordinario e se ora è diventato un campione è perche la Juve ha fatto sì che accadesse. Se a 40 anni sono ancora qui è solo merito della mentalità Juve. Questa filosofia l’ho fatta mia e la userò anche in futuro nel post calcio se dovesse servire
(Maggio 2018)
Sono una persona che si nutre di ambizioni e di sogni, per me l’essenza della vita è quella, trovare una sfida e poi non importa se la vinci o la perdi. Che sentimento provo oggi durante questa conferenza? Mi sento gratificato. Sentire tutta questa vicinanza da parte della società, dai miei ex compagni e le persone vicine a me. Per il futuro, sono un incosciente, non ho paura.
(Maggio 2018)
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Frasi e citazioni su Gigi Buffon
Buffon è il più forte del mondo, è il Messi dei portieri.
(Christian Abbiati)
È un punto di riferimento per me ma anche per i portieri della mia generazione. Quando ho cominciato a giocare sognavo di diventare come lui ed ogni volta che lo affronto è sempre un piacere.
(Iker Casillas)
Trovare il nuovo Buffon è difficile, uno come lui è impossibile da imitare, è il Maradona dei portieri.
(Emiliano Viviano)
È la storia del calcio dentro e fuori dal campo.
(Gianluigi Donnarumma)
Se oggi abbiamo vinto è grazie alle parate di uno che non è umano…
(Alvaro Morata, dopo la gara vinta con la Fiorentina che è valsa lo quinto scudetto consecutivo della Juve, 2016)
È incredibile come a 38 anni sia ancora al top. Per presenza, per come sprona la squadra, si vede come tutti lo ascoltano. Èuna guida per i giovani. Uno come lui potrebbe giocare fino a 50 anni.
(Manuel Neuer)
Ero a Parma al suo esordio in serie A quando Nevio Scala lo mandò a difendere la porta contro il Milan e lui era un debuttante assoluto, ma non un dilettante allo sbaraglio. Ero a Mosca, sotto la neve, e nessuno, neanche lui, voleva stare lì, quando ha esordito in Nazionale. Ero a Torino quando ha indossato la maglia della Juventus per la prima volta e si domandava se avesse fatto la scelta giusta. Ero a Udine quando ha vinto il suo primo scudetto e tutti pensavamo di vincere e scrivere un’altra storia. Ero a Manchester, quando ha perso la Coppa dei Campioni, e la faccenda gli è rimasta lì, attorcigliata a un rimpianto che vuole trasformare in rivincita. Ero a Berlino, la notte in cui il “fedele Canna” gli passò la Coppa del Mondo da accarezzare.
(Roberto Perrone)
(Claudio Marchisio) [«Zoff o Buffon?»] Gigi è esploso prima, io sono maturato col tempo. Ma certo non mi sento inferiore.
(Dino Zoff)
Gigi è un Maradona. Uno come lui nasce ogni cento anni. Però ha rovinato una generazione di portieri, perché di Maradona ce n’è uno e gli altri al suo confronto sembrano tutti normali. Gigi ha schiacciato con la sua classe e la sua bravura tanti portieri di talento. (Antonio Mirante)
La prima parola che mi viene in mente è leggenda. Ha fatto la storia della Juve e della Nazionale, come lui non c’è nessuno ed è il miglior esempio possibile da seguire.
(Stefano Sturaro)
Vedere Buffon piangere dopo i playoff persi mi ha commosso. Non è giusto che un portiere che ha fatto la storia chiuda la carriera in nazionale così, potessi gli darei il mio Mondiale. Dovrebbe andarci al mio posto. Se chiedi a un bambino di disegnare la formazione ideale, il numero uno è lui.
(Ivan Rakitić)
Trovare le parole è stato difficile, comincio dal numeri. 269 sono state sue partite, ha il record di imbattibilità ed è stato 89 volte capitano della Nazionale. Ha vinto di tutto e ha conquistato 26 trofei in 22 anni di carriera. Gigi è una persona altruista, carismatica, trasparente, ambiziosa, sincera e onesta. E’ un amico, oltre a essere il capitano. E’ stato in paradiso ed è sceso all’inferno e poi è ritornato in paradiso. Noi gli saremo sempre grati.
(Andrea Agnelli, dopo l’addio di Gigi Buffon alla Juventus)
Vedo le notti mondiali, la Coppa verso il cielo di Berlino, i nostri abbracci; li mescolo a un cucchiaio e a un paio di bordate che ti ho rifilato… e a qualche parata che ti potevi pure risparmiare! E ti dico grazie, per l’avversario e il compagno che sei stato.
(Francesco Totti, lettera a Gigi Buffon dopo il suo addio alla Juve)