Skip to main content
AutoriFrasi Belle

Frasi, citazioni e aforismi di Nicolás Gómez Dávila

Annunci

Nicolás Gómez Dávila (Bogotà, 18 maggio 1913 – Bogotà, 17 maggio 1994) è uno dei più importanti scrittori di aforismi del Novecento.

Tra il 1977 e il 1992 Nicolás Gómez Dávila pubblica cinque volumi dal titolo Escolios a un texto implícito (Glosse ad un testo implicito), poderosa raccolta di aforismi o “scolî”, che costituisce la sua opera più significativa. Una selezione di aforismi tratti dal grande libro degli Escolios è apparsa in lingua italiana in due libri curati da Franco Volpi con traduzione di Lucio Sessa: In margine a un testo implicito (2001, Adelphi) e Tra poche parole (2007, Adelphi)

Presento una raccolta di frasi, citazioni e aforismi di Nicolás Gómez Dávila, tratti da In margine a un testo implicito e Tra poche parole. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi di Arthur Schopenhauer e Le frasi più belle di Friedrich Nietzsche.

**

Frasi, citazioni e aforismi di Nicolás Gómez Dávila

In margine a un testo implicito, Adelphi, 2001 (Escolios a un texto implícito, 1977-1992)

Il popolo non elegge chi lo cura, ma chi lo droga.

In questo secolo bisogna augurarsi non che vinca un partito − qualunque esso sia − ma che non vinca il partito contrario.

Civiltà è ciò che è miracolosamente scampato allo zelo dei governanti.

La personalità di questi tempi è la somma di ciò che fa colpo sugli stupidi.

La volgarità consiste nel pretendere di essere ciò che non siamo.

Il massimo trionfo della scienza sembra consistere nella velocità crescente con cui lo stupido può trasferire la sua stupidità da un luogo a un altro.

Borghesia è qualunque insieme di individui scontenti di ciò che hanno e soddisfatti di ciò che sono.

Idee confuse e acque torbide sembrano profonde.

La società del futuro: uno schiavitù senza padroni.

Quanto più una cosa è importante, tanto meno importa il numero dei suoi difensori. Se per difendere una nazione c’è bisogno di un esercito, per difendere un’idea basta un solo uomo.

La società moderna si concede il lusso di tollerare che tutti dicano ciò che vogliono perché oggi, di fondo, tutti pensano allo stesso modo.

Che certi uomini autenticamente grandi ci irritino è cosa che dobbiamo ai loro ammiratori. D’altra parte nessuno è del tutto innocente riguardo agli ammiratori che conquista.

Il tempo è temibile non tanto perché uccide, quanto perché smaschera.

Il più grande errore moderno non è l’annuncio della morte di Dio, ma l’essersi persuasi della morte del diavolo.

È facile convertirsi a una teoria ascoltando il difensore della teoria contraria.

Il volgo ammira la confusione piuttosto che la complessità.

Il fine più alto che l’uomo moderno riesca a immaginare è servire i capricci anonimi dei suoi concittadini.

Predicano le verità in cui credono o le verità in cui credono di dover credere?

Da sempre, in politica, patrocinare la causa del povero è stato il mezzo più sicuro per arricchirsi.

Al volgo non interessa essere libero, ma credersi tale.

Convocare un’assemblea che proponga riforme per evitare una catastrofe è il mezzo più efficace per renderla inevitabile.

Chi non teme che il più banale dei suoi momenti presenti diventi in futuro un paradiso perduto?

Il domandare tace solo di fronte all’amore. “Perché amare” è l’unica domanda impossibile.

Amare è comprendere la ragione che Dio aveva per creare quello che amiamo.

La libertà non è un fine, è un mezzo. Chi la scambia per un fine, quando la ottiene, non sa che farsene.

L’uomo intelligente è quello che mantiene la sua intelligenza a una temperatura indipendente dalla temperatura dell’ambiente in cui vive.

Man mano che cresce lo Stato decresce l’individuo.

L’amore per il popolo è vocazione aristocratica. Il democratico lo ama soltanto in periodo elettorale.

La banalizzazione è il prezzo della comunicazione.

La bruttezza di un oggetto è la condizione preliminare del suo moltiplicarsi su scala industriale.

Nichilismo, cinismo o stupidità: queste sono le alternative politiche del nostro tempo.

Quanto più gravi sono i problemi, tanto maggiore è il numero di inetti che la democrazia chiama a risolverli.

L’uomo moderno non ama, si rifugia nell’amore; non spera, si rifugia nella speranza; non crede, si rifugia in un dogma.

Chi sopprime le segrete connivenze tra i propri amori e i propri odi diventa un fanatico che incede tra schemi.

Chi si ostina a voler capire più di quel che c’è da capire capisce meno di tutti.

Compito dell’immaginazione è la redenzione della realtà.

Dio è la condizione trascendentale dell’assurdità dell’universo.

Dio stesso è l’autore di certe bestemmie.

Non è la sensualità che allontana da Dio, ma l’astrazione.

La stupidità è l’angelo che scaccia l’uomo dai suoi momentanei paradisi.

E’ il rango del nostro avversario ad assegnarci il posto: vincere o perdere è secondario.

Nelle dispute l’inferiore ha sempre ragione perché il superiore si è abbassato a disputare.

Duecento anni fa era lecito confidare nel futuro senza essere completamente stupidi. Ma oggi chi può dar credito alle attuali profezie, dato che siamo noi lo splendido avvenire di ieri?

Ogni cosa è chiamata a giustificare la sua esistenza, tranne l’opera d’arte.

È sufficiente che la bellezza sfiori appena il nostro tedio, perché il cuore ci si laceri come seta tra le mani della vita.

Forse il futuro prossimo porterà catastrofi inimmaginabili. Ma ciò che di sicuro minaccia il mondo non è tanto la violenza di moltitudini fameliche quanto la sazietà di masse annoiate.

Ci sono uomini che alla loro intelligenza fanno visita, e altri che vi dimorano.

La fede incapace di ridere di se stessa deve dubitare della propria autenticità.

L’ortodossia è la tensione tra due eresie.

Il credente non è possessore di eredità iscritte al catasto, ma comandante che avvista le coste di un continente inesplorato.

Soltanto i personaggi dei romanzi mediocri risolvono i loro problemi.

Il popolo non si ribella mai al dispotismo ma alla cattiva alimentazione.

Si comincia scegliendo perché si ammira e si finisce ammirando perché si è scelto.

Il rifiuto ci turba, l’approvazione ci confonde.

Ha commesso meno crimini la forza che la vile debolezza.

Il volume di applausi non misura il valore di un’idea. La teoria dominante può essere una pomposa stupidaggine. Ma tale osservazione, invero ordinaria, di solito sfugge allo spettatore intimidito.

In questo secolo di moltitudini transumanti che profanano ogni luogo illustre, l’unico omaggio che un pellegrino devoto può rendere a un santuario degno di devozione è quello di non visitarlo.

L’amore è l’organo con cui percepiamo l’inconfondibile individualità degli esseri.

Una grammatica insufficiente è la premessa di una filosofia confusa.

Rifiutare di stupirsi è il contrassegno della bestia.

Imbecille è chi percepisce solo l’attualità.

La forma sublime del disprezzo è il perdono.

La ragione è una mano premuta sul petto a placare il battito del nostro cuore disordinato.

Le amicizie durature hanno bisogno di goffaggini condivise.

Le nostre aspirazioni, in bocca ad altri, ci sembrano di solito irritanti stupidaggini.

L’intelligenza si inventa coerenze per dormire sonni tranquilli. Fin quando non irrompe l’assurdo.

Vive la vita solo chi la pensa, la osserva e la dice; gli altri, è la vita che li vive.

Il fallimento del cristianesimo è dottrina cristiana.

Maturare non vuol dire rinunciare alle nostre aspirazioni, ma accettare che il mondo non è obbligato a soddisfarle.

Migliorare gli altri è l’ambizione di cui tutti si burlano ma che tutti coltivano.

Pensare come i nostri contemporanei è la ricetta della prosperità e della stupidità.

L’uomo è un animale che immagina di essere uomo.

Tutte le dimostrazioni deludono, come tutti i sogni realizzati. L’incertezza è il clima dell’anima.

Il legittimo proprietario di un’idea è chi la formula nel modo più perfetto.

Il lessico del vero scrittore non si trova in alcun dizionario.

Un tempo credevamo che fosse sufficiente disprezzare le conquiste dell’uomo; oggi sappiamo di dover disprezzare anche le sue aspirazioni.

Un corpo nudo risolve tutti i problemi dell’universo.

Un libro che non abbia Dio, o l’assenza di Dio, come protagonista clandestino, è privo d’interesse.

Non c’è rivoluzione che non ci faccia rimpiangere quella precedente.

Chi denuncia i limiti intellettuali dei politici dimentica che tali limiti sono la causa dei loro successi.

Un che di divino affiora un attimo prima del trionfo e un attimo dopo il fallimento.

Il cattolicesimo non risolve tutti i problemi ma è l’unica dottrina che li pone tutti.

Appartengono alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due volte.

**

Tra poche parole, Adelphi, 2007 (Escolios a un texto implícito, 1977-1992)

Al rimedio che cura preferiamo sempre il sollievo che aggrava.

La verità è nella storia, ma la storia non è la verità.

Maturare è scoprire l’altra faccia delle cose.

La religione non spiega nulla. Complica tutto.

Ormai non basta più che il cittadino si rassegni, lo Stato moderno esige complici.

Il credente sa come si dubita, il miscredente non sa come si crede.

La democrazia non ha sostenitore più fervente dello stupido in tempi di pace, né collaboratore più attivo del folle in tempi di rivoluzione.

La discussione intelligente deve limitarsi a chiarire divergenze.

Le pose rivoluzionarie della gioventù moderna sono prova inequivocabile di attitudine alla carriera amministrativa. Le rivoluzioni sono perfette incubatrici di burocrati.

L’oscurità di un testo non è un difetto quando quello che dice può essere detto solo in modo oscuro.

L’uomo a volte dispera con dignità, ma è raro che speri con intelligenza.

La prima cosa che lo scrittore inventa è il personaggio che scriverà le sue storie.

L’uomo finirà per distruggersi se non rinuncia all’ambizione di realizzare tutto quello che può.

Finiamo sempre col vergognarci di aver condiviso un entusiasmo collettivo.

Ogni individuo con «ideali» è un potenziale assassino.

La Chiesa un tempo assolveva i peccatori, oggi ha deciso di assolvere i peccati.

A volte basta una virgola per distinguere una banalità da un’idea.

Ogni vita è un esperimento fallito.