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Frasi, citazioni e aforismi sulle api

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Presento un’ampia raccolta di frasi, citazioni e aforismi sulle api. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sulla natura, Frasi, citazioni e aforismi sui fiori, Frasi, citazioni e aforismi sulle farfalle e Frasi, aforismi e battute divertenti sulle mosche.

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Frasi, citazioni e aforismi sulle api

Api

Se le api scomparissero dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita.
(Albert Einstein)

Ogni ape porta in sé il meccanismo dell’universo: ognuna riassume il segreto del mondo.
(Michel Onfray)

L’ape è solo un minuscolo insetto eppure riesce a costruire un alveare che ha la capacità di un granaio e la geometria di una cattedrale.
Il suo insegnamento è questo: se fai ciò che è possibile, di possibile in possibile arriverai all’impossibile.
(Fabrizio Caramagna)

Le api sono “insieme” e non individui. Fuori dalla comunità non possono vivere.
(Mario Rigoni Stern)

L’ape non è un animale domestico e neppure selvatico, ma qualcosa di intermedio, una creatura capace di contrarre rapporti con l’uomo senza perdere la propria libertà; o comunque restando sempre in condizioni di riprendersela.
(Plinio, Historia naturalis)

L’ape ricama fili invisibili da un fiore all’altro e cuce il prato di luce. E il polline che porta con sé, se lo guardi bene, è una polvere d’oro simile alle stelle, solo che anziché galassie crea l’incantesimo del miele
(Fabrizio Caramagna)

C’è un’Ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
(Trilussa, Felicità)

Prendemmo il sentiero degli alveari che d’estate impastano l’aria con un canto di fondo, basso sonoro di fabbrica che cava una goccia di miele da un giorno di fiori. È il canto di una volontà inesorabile di eseguire.
(Erri De Luca)

Per fare un prato occorrono un trifoglio e un’ape,
un trifoglio e un’ape,
e immaginazione.
L’immaginazione da sola basterà,
se le api sono poche.
(Emily Dickinson)

La felicità dell’ape e del delfino è di esistere. Per l’uomo è di saperlo e di meravigliarsi di questo.
(Jacques Yves Cousteau)

Tornare ogni mattina al medesimo luogo, alle stessa ora, per sperimentare la sensazione di eternità provata la prima volta.
Forse è questo quello che fa l’ape quando esce dall’alveare.
(Fabrizio Caramagna)

Ciò che non giova all’alveare non giova neppure all’ape.
(Marco Aurelio)

L’ape indaffarata non ha tempo per rattristarsi.
(William Blake)

Alla sera centinaia di api stanche e accaldate sostavano a prendere il fresco sul predellino dell’arnia, proprio come i contadini che al tempo della mietitura o della fienagione sostano sull’aia… dall’interno veniva un brusio continuo e intenso che dava l’impressione di un grande lavoro di sistemazione dei prodotti raccolti durante la lunga giornata di sole; e di pulitura, fabbricazione di cera e di propoli, rielaborazione di polline e di nettare… E tutto questo mentre la regina provvedeva continuamente a deporre uova… Tutto appariva regolare e ritmato come fosse governato da un perfetto congegno meccanico.
(Mario Rigoni Stern)

Cerchiamo di rappresentarci l’alveare, non quale la vedono le api, giacché noi non possiamo immaginarci in che maniera magica si riflettono i fenomeni nei loro occhi, ma quale la vedremmo noi se avessimo la loro statura. Dall’alto d’una cupola più colossale che non quella di San Pietro in Roma, discendono fino al suolo, verticali, multiple e parallele, gigantesche muraglie di cera, costruzioni geometriche, sospese nelle tenebre e nel vuoto, le quali, salve tutte le proporzioni, non si saprebbero, per la precisione, l’arditezza e la grandezza, paragonare ad alcuna costruzione umana
(Maurice Maeterlink)

Noi siamo le api dell’Universo. Raccogliamo senza sosta il miele del visibile per accumularlo nel grande alveare d’oro dell’invisibile.
(Rainer Maria Rilke)

Siate come piccole api spirituali, le quali non portano nel loro alveare altro che miele e cera. La vostra casa sia tutta piena di dolcezza, di pace, di concordia, di umiltà e di pietà per la vostra conversazione.
(Padre Pio)

Moltitudine di api!
Entra ed esce
Dal carminio, dall’azzurro,
dal giallo,
dalla più tenera
morbidezza del mondo:
entra in
una corolla
precipitosamente,
per affari, esce
con un vestito d’oro
e gli stivali
gialli.
(Pablo Neruda)

Api,
lavoratrici pure,
ogivali
operaie,
fine, scintillanti
proletarie,
perfette,
temerarie milizie
che nel combattimento attaccano
con pungiglione suicida,
ronzate,
ronzate sopra
i doni della terra,
famiglia d’oro,
moltitudine del vento, scuotete l’incendio
dei fiori,
la sete degli stami,
l’acuto
filo
di odore
che raccoglie i giorni,
e propagate
il miele
oltrepassando
i continenti umidi, le isole
più remote del cielo
dell’ovest.
(Pablo Neruda)

Estraeva dall’alveare le celle foderate di scuri grappoli in movimento, le sollevava e guardava il sole attraverso i favi, colmi di luminoso ben di Dio.
(Vladislav Otrošenko)

L’arnia è una stella casta,
pozzo d’ambra che alimenta il ritmo
delle api.
(Federico Garcia Lorca)

Nel gioco dell’impollinazione,
Il fiore si spoglia di ciò che è troppo suo
e lo dona all’ape.
Poi l’ape reca il dono all’alveare
e sorride nel sentirsi di nuovo leggera.
E il miele nasce così,
in questo miracolo di luce e di aria
che si compie ogni giorno.
(Fabrizio Caramagna)

Le api sono provviste di antenne visive sensibili alle lunghezze d’onda nello spettro ultravioletto e ultrarosso, e perciò vedono colori che a noi risultano invisibili.
(Albert Hofmann)

Gli amanti, come le api, vivono nel miele.
(Frase lasciata da un anonimo nella Casa degli Amanti di Pompei)

L’uomo non è destinato a far parte di un gregge come un animale domestico, ma di un alveare come le api.
(Emmanuel Kant)

Penso alla felicità di Dio quando, durante la creazione, ha fatto le prime prove con le api e ha visto gli esagoni perfetti dei favi e il miele luminoso e la vibrazione di migliaia di ali.
(Fabrizio Caramagna)

Perché le api rinunciano al sonno, alle delizie del miele, all’amore, ai godimenti adorabili che conosce, per esempio, la lor sorella alata, la farfalla? Non potrebbero viver com’essa? Non è la fame che le preme: due o tre fiori bastano a nutrirle, ed esse ne visitano due o trecento ogni ora per accumulare un tesoro di cui non gusteranno la dolcezza. A che scopo affaticarsi tanto? Donde deriva tanto ardore?
(Maurice Maeterlink)

Quale operaio migliore dell’ape o del ragno? L’ape sovrappone i suoi tubi esagonali con una precisione geometrica che non potremmo mai superare.
(Auguste Blanqui)

In quanto alle api, io le considero delle bestie divine, perché vomitano miele, seppure si voglia dire che lo ricevano da Giove. E se è vero che esse pungono, gli è perché là dove è dolcezza, vi troverai unita amarezza.
(Petronio Arbitro)

L’ape è piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori.
(Siracide, Antico Testamento)

L’ape e la vespa si cibano degli stessi fiori; però non producono lo stesso miele.
(Joseph Joubert)

Ogni santo ha un’ape nell’aureola.
(Elbert Hubbard)

Sono una piccola ape furibonda
(Alda Merini)

Dico alla poesia
ed alla poesia soltanto
sii un’ape
vola avanti e indietro
di giglio in giglio
di sponda in sponda
di attimo in attimo
così leggera, così instancabile.
(Adel Karasholi)

Che appartamenti di Trifoglio
Si preparano per l’Ape
Che edifici d’azzurro
Per le Farfalle e me
(Emily Dickinson)

Ape: piccolo insetto capace di fabbricare il cielo.
(Pef)

E ora domandatevi in cuor vostro: ‘Come distingueremo ciò che è buono da ciò che è male nel piacere?’ Andate nei campi e nei vostri giardini, e vedrete che il piacere dell’ape è raccogliere miele dal fiore. Ma è anche piacere del fiore concedere all’ape il suo miele. Perché un fiore per l’ape è la fonte di vita. E un’ape per il fiore è un messaggero d’Amore. E per entrambi, per l’ape e per il fiore, darsi e ricevere piacere è insieme ebbrezza e bisogno.
(Khalil Gibran)

La regina che vuole sciamare avvisa alcuni giorni prima della data che è stata scelta per abbandonare la colonia per riformarne una nuova; essa si muove agitata, lancia un inno di guerra, le api che la seguiranno emettono un ronzio che fa eco all’inno regale, e dentro le celle opercolate le nuove regine iniziano la loro opera di rottura dell’opercolo e rispondono all’inno di guerra della regina-madre. Le operaie che si preparano al lungo e incerto viaggio si ingozzano di miele per soddisfare le esigenze di circa una settimana, dovendo esse risolvere i problemi alimentari immediati e la necessità di produzione di cera, per la costruzione del nuovo edificio, raggiunta la nuova dimora. Alcune api portano seco una certa quantità di propoli, che verrà usata per tappare le fessure del nuovo edificio, per verniciare le pareti, per eliminare infiltrazioni di luce nel nido, in quanto preferiscono lavorare nell’oscurità quasi completa, utilizzando per l’orientamento le antenne, sede ritenuta di una sensibilità sufficiente per poter lavorare al buio
(Melchiorre Biri)

Obbedendo all’ordine dell’anima dell’alveare, che ci sembra quasi inesplicabile, perché precisamente contraria a tutti gli istinti e a tutti i sentimenti della nostra specie, da sessanta a settantamila api, sulle ottanta o novantamila della popolazione totale, son per abbandonare all’ora prescritta la città materna.
Non partiranno in un momento d’angoscia, non fuggiranno, in una risoluzione subitanea e piena di terrore, una patria devastata dalla carestia, dalla guerra o dal male. Non lasceranno l’alveare che all’apogeo della sua fortuna, allorquando, dopo il lavoro forsennato della primavera, l’immenso palazzo di cera, dalle centomila cellette ben disposte, rigurgita di miele nuovo e di quella farina d’arcobaleno che si dice “il pane delle api” e che serve a nutrire larve e ninfe. Giammai, come alla vigilia della rinunzia, l’alveare è più bello.
(Maurice Maeterlink)

Capita che certe regine decidano di migrare, di sciamare. Ogni gruppo – o sarebbe meglio dire fazione? – di esploratrici valuta le destinazioni. Di qui o di là? Fino a quando non si è raggiunto un accordo, lo sciame non si sposta dalla prima posizione ove si è arrestato. A volte lo sciame impiega giorni o addirittura mesi per raggiungere l’intesa. Se proprio non si trova un accordo, le api costruiscono i favi – la casa formata da celle di cera – nel punto esatto in cui si trovano, e con tutta probabilità sono destinate a perire nel corso dell’inverno.
(Alberto Contessi)

Quando il segnale viene dato dalla regina, le api sciamanti escono disordinatamente dall’alveare e vanno a deporsi su un ramo d’albero che si trova nei pressi e sul quale si è andata a posare la regina; si verifica un momento d’agitazione, poi le varie operaie del seguito si accostano alla regina formando un tutt’uno come se si trattasse di un grappolo.
Il grappolo vivente delle api sciamanti rimane sospeso per un po’ al ramo; è inoffensivo, immobile, composto da migliaia d’api che aspettano il ritorno delle esploratrici che sono state spedite alla ricerca di un ricovero. Questa è la prima tappa dello sciame primario, guidato dalla regina vecchia ma ancora fertile e vigorosa
(Melchiorre Biri)

Benché esposte a certo pericolo, non pensano a ritornare nella dimora abbandonata. Si direbbe che ne hanno irrevocabilmente dimenticato la pace, la felicità laboriosa, le enormi ricchezze e la sicurezza: e tutte, a una a una, fino all’ultima, morranno di freddo e di fame attorno alla loro infelice sovrana, piuttosto che rientrare nella casa natale
(Maurice Maeterlink)

L’allestimento del nido viene fatto con cura: vengono tenute presenti le leggi della ventilazione, della stabilità, della solidità, in particolare relazione alle caratteristiche fisico-chimiche della cera, al tipo di alimento raccolto, alla facilità o no degli accessi al nido, alle abitudini della razza e della regina, alla dislocazione dei viveri e dei passaggi.
(Melchiorre Biri)

La regina esce dall’arnia esitante; essa non ha mai visto la luce, è la prima volta che osserva la sua casa, il suo regno, dall’esterno: fissa nella sua memoria la posizione topografica e, quando si sente tranquilla di poter far ritorno regolare nel suo regno, si indirizza velocemente verso l’alto, raggiungendo altezze proibitive anche ai maschi; le operaie mai si sono azzardate a salire così in alto. I maschi, se vogliono fecondare la regina, devono provarci, e ci provano. Le migliaia di fuchi che gironzolavano oziosi, s’accorgono dell’ascesa al cielo della regina e vi s’indirizzano senza distinzione alcuna in riferimento all’alveare di appartenenza. Si vede allora salire, indirizzata verso la regina, una numerosa schiera di maschi, che sempre più si assottiglia, poiché i maschi più deboli, o più vecchi, o molto giovani, o mal sviluppati, o poco nutriti, man mano rimangono per strada e rinunciano all’inseguimento.
(Melchiorre Biri)

Un solo maschio raggiunge la vergine regina, e questo dovrà avere la resistenza maggiore alle difficoltà perché sarà l’unico eletto:; non succederà mai, per esempio, che un fuco debole o malaccorto riesca a fecondare la regina; la regina vuole unirsi al più forte, al più deciso, a colui che porta un bagaglio ereditario più sicuro, affinché la continuazione della famiglia avvenga con le migliori garanzie offerte dalla natura.
Il maschio ‘eletto’ raggiunge la regina, la afferra, si accoppia con essa compiendo un volo breve, ma sufficiente per completare la copulazione. Compiuta l’unione, i due corpi cercano di staccarsi, e allora avviene lo strappo dell’organo maschile che trascina anche parte del ventre, la massa dei visceri; colpito mortalmente da questo strappo, il corpo del fuco ‘regale’ si accascia e, mutilato, cade nel vuoto. Il sacrificio di questo maschio ha permesso la continuità a una famiglia di api, alla quale forse non era nemmeno imparentato.
(Melchiorre Biri)

Avvenuta la fecondazione della regina, i maschi son divenuti completamente inutili, e vengono tollerati ancora un poco se vi è bel tempo e se è ricco il bottino delle raccoglitrici. Se, invece, i fiori incominciano a diradarsi, se le scorte alimentari saranno diradate di poco, allora viene deciso il massacro. Del resto, in estate, il comportamento dei fuchi diviene sempre più intollerabile perché essi disturbano i lavori ordinari della famiglia, interrompono il lavoro delle ventilatrici, non rispettano le sentinelle che stanno di guardia alle soglie del nido, si prendono beffa delle operaie che tornano cariche di bottino. Quando c’è il sole caldo si adagiano sui fiori per riposarsi, e quando vien sera entrano violentemente nelle arnie e vanno a rimpinzarsi di miele, per poi adagiarsi pesantemente e godere del loro ‘meritato’ riposo.
(Melchiorre Biri)

Un mattino diverso dagli altri sarà fatale per i fuchi: molto presto le operaie fanno circolare la parola d’ordine, che le trasforma da pacifiche raccoglitrici di alimento in feroci giustiziere. Quel giorno non si lavora: serve per liberare la famiglia da una servitù ormai inutile e da individui che non lavorano e consumano a ufo.
I fuchi dormono ancora, spensieratamente si trovano aggrappati alle celle dei favi ricche di miele, o sono in disparte, abbandonati al sonno. Le operaie iniziano la strage con irti pungiglioni lacrimanti veleno.
Le vittime rimangono sconcertate, credono forse che si stia commettendo un banale errore, cercano riparo da qualche parte, o cercano di affossare il loro dispiacere di essere trattati da nemici nutrendosi abbondantemente di miele. Del resto i fuchi non hanno pungiglione e quindi non possono difendersi, l’unica loro difesa è la fuga.
(Melchiorre Biri)

Diverse sono le operaie che si avventano su ogni maschio, e lo colpiscono inesorabilmente, e nel modo più completo. Un’operaia si accinge a segare il peduncolo addominale per troncargli il corpo, altre api si mettono all’opera per segare le ali, qualche operaia cerca di amputare le antenne, di troncare gli arti, di inserire il pungiglione tra le giunture degli anelli addominali. Le vittime, di dimensioni superiori alle giustiziere, ma inermi, si agitano senza possibilità di scampo.
Man mano che i fuchi cadono, alcuni membri della famiglia portano fuori dell’alveare i cadaveri e i detriti di cera che si accumulano sul pavimento: dobbiamo tener presente l’alto senso di pulizia che hanno le api.
(Melchiorre Biri)

Le api, non solo da viole, meliloto e timo, ma ancor da spine e da cepolle e cardi la più suave e miglior parte coglieno e servano, la qual poi da li omini per cibo e medicina si adopera.
(Pandolfo Collenuccio)

La nuova consapevolezza maturata in noi di essere parte costitutiva dell’ecosistema e di partecipare in prima persona, vittime e carnefici, alla sua distruzione, ci suggerisce che inquinare l’ambiente significa
avvelenare noi stessi. Che quando i pesci muoiono nei fiumi, quel veleno che li ha uccisi giungerà ben presto nella caraffa d’acqua cosiddetta potabile sulla nostra tavola. Che quando vendiamo per 30 denari una foresta, abbiamo venduto, con gli alberi abbattuti, parte della nostra eredità d’ossigeno, che con l’ape uccisa oggi dalle molecole di sintesi muore la speranza nei fiori del futuro
(Giorgio Celli)

Che fossero laboriose e organizzatissime lo si sapeva, e anche che rappresentassero un indicatore ambientale straordinariamente sensibile. Le api non apprezzano ad esempio i campi Ogm, li evitano accuratamente e a quanto pare trasmettono messaggi di allarme anche alle loro compagne che non hanno ancora sorvolato coltivazioni transgeniche. Ma che fossero gravemente minacciate anche dalle onde elettromagnetiche dei nostri cellulari è una spiacevole novità, annunciata da alcuni studiosi tedeschi dell’Università di Landau: gli insetti, secondo le loro ricerche, rifiutano di rientrare negli alveari se nei paraggi vengono piazzati ripetitori o congegni elettromagnetici. Il loro sistema di «navigazione» ne verrebbe sconvolto, al punto che non riuscirebbero più a ritrovare la strada per le arnie.
(Carlo Grande)

Quale delle nostre facoltà non troviamo nelle opere degli animali? C’è forse un governo regolato con maggior ordine, distribuito in più incarichi e uffici diversi e mantenuto con più fermezza di quello delle api? Questa disposizione di azioni e funzioni così ordinata, possiamo forse immaginarla condotta senza raziocinio e senza previdenza?
(Michel de Montaigne)

E Dio ispirò all’ape: “Fatti case nei monti, negli alberi e in quel che (gli uomini) costruiscono; mangia quindi di tutti i frutti e viaggia mansueta per le vie del tuo Signore!”.
(Corano)

Come l’ape raccoglie il succo dei fiori senza danneggiarne colore e profumo, così il saggio dimori nel mondo.
(Buddha)

Non so chi per primo abbia detto che le api avessero un re. Probabilmente tale idea non venne in mente a un repubblicano.
(Voltaire)

L’ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma al contrario vi aggiunge bellezza e prestigio.
(San Francesco di Sales)

Gli uomini producono il male come le api producono il miele.
(William Golding)

Quante api che rispettano il loro capo e si comportano con tanta disciplina e accortezza! quanti calabroni, vagabondi e buoni a nulla, che cercano di sistemarsi a spese delle api!
(François de La Rochefoucauld)

Si può considerare l’uomo come un animale di specie superiore che produce filosofie e poesie pressappoco come i bachi da seta fanno i loro bozzoli e le api fanno i loro alveari.
(Hippolyte Taine)

Ogni giorno il sole si leva, l’ape vola sui fiori, l’uccello canta. Ma l’uomo, che cosa fa l’uomo? L’ape fa il miele, l’uccello si posa sui rami, il sole tramonta. E l’uomo è solo in grado di dare nuove forme alle nuvole e chiedersi: “Perché? Perché? Perché?”
(Fabrizio Caramagna)

L’animo umano è come l’ape che trae il suo miele anche dall’amaro dei fiori.
(Henryk Sienkiewicz)

La speranza è l’unica ape che fa il miele senza fiori.
(Robert Ingersoll)

L’ape che suda d’estate può mangiar miele d’inverno.
(Proverbio)

Quando l’ape si chiude nell’arnia arriva l’inverno
(Proverbio)

Un’ape vale più di mille mosche.
(Proverbio francese)

Chi vuole il miele deve avere il coraggio di affrontare le api.
(Proverbio africano)

Umile come un agnello, diligente come un’ape, bello come un uccello del paradiso, fedele come una tortora.
(Proverbio russo)

Il sapiente che non mette in atto il suo sapere è come un’ape che non produce il suo miele.
(Proverbio persiano)

Le parole sono come le api: hanno il miele ma anche il pungiglione.
(Proverbio svizzero)

Capii che un uomo, oltre a vivere per il proprio bene personale, deve inevitabilmente contribuire al bene degli altri: se dobbiamo prendere un paragone dal mondo degli animali, allora occorre prenderlo dal mondo degli animali sociali, come le api.
(Lev Tolstoj)