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Le frasi più belle di John Green

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John Green (Indianapolis, 24 agosto 1977) è uno scrittore statunitense, autore di diversi bestsellers tra cui “Colpa delle stelle”, un titolo da milioni di copie vendute divenuto poi un film diretto da Josh Boone nel 2014.

Presento una raccolta delle frasi più belle di John Green, tratte dai suoi vari romanzi. Tra i temi correlati si veda Le frasi più belle di Cassandra Clare, Le frasi più belle di Stephen King e Le frasi più belle di Nail Gaiman.

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Le frasi più belle di John Green

Colpa delle stelle

Mi sono innamorata di lui come quando ci si addormenta, piano piano e poi profondamente.

Cos’altro dire? E’ così bella. Non ti stanchi mai di guardarla. Non ti preoccupi se è più intelligente di te: lo sai che lo è. E’ divertente senza essere mai cattiva. Io la amo. Sono così fortunato ad amarla. Non puoi scegliere di essere ferito in questo mondo, ma hai qualche possibilità di scegliere da chi farti ferire.

I veri eroi non sono quelli che fanno le cose; i veri eroi sono quelli che NOTANO le cose, quelli che prestano attenzione.

Mi hai dato un “per sempre” nei miei giorni contati e non so dirti quanto io ti sia grata per la nostra piccola infinità.
[You gave me a forever within the numbered days and i can’t tell you how thankful i am for our little infinity.]

Era sempre di cattivo umore e tristissima, ma a me questo piaceva. Mi piaceva sapere che aveva scelto me come l’unica persona al mondo da non odiare.

Sono innamorato di te, e so che l’amore non è che un grido nel vuoto, e che l’oblio è inevitabile, e che siamo tutti dannati e che verrà un giorno in cui tutti i nostri sforzi saranno ridotti in polvere, e so che il sole inghiottirà l’unica terra che avremo mai, e sono innamorato di te.

Ma io credo nel vero amore, capisci? Non credo che a tutti sia concesso di tenersi i propri occhi o di non ammalarsi, ma tutti dovrebbero avere un vero amore, e dovrebbe durare almeno quanto dura la tua vita.

Non posso parlare della nostra storia d’amore, quindi vi parlerò di matematica. Non sono un matematico, ma una cosa la so: ci sono infiniti numeri tra 0 e 1. C’è 0,1 e 0,12 e 0,112 e una lista infinita di altri numeri. Naturalmente c’è una serie infinita di numeri ancora più grande tra 0 e 2, o tra 0 e un milione. Alcuni infiniti sono più grandi di altri infiniti. Ce l’ha insegnato uno scrittore che un tempo abbiamo amato. Ci sono giorni, e sono molti, in cui mi pesano le dimensioni della mia serie infinita. Vorrei più numeri di quanti è probabile che ne vivrò, e Dio, voglio più numeri per Augustus Waters di quelli che gli sono stati concessi. Ma Gus, amore mio, Non riesco a dirti quanto ti sono grata per il nostro piccolo infinito. Non lo cambierei con niente al mondo. Mi hai regalato un per sempre dentro un numero finito, e di questo ti sono grata.

Ma il mondo non è un ufficio esaudimento desideri.

Io voglio lasciare un segno. Ma i segni che gli umani lasciano troppo spesso sono cicatrici.

Ti senti meglio?” ha chiesto.
“No” ha mormorato Isaac, ansante.
“E’ questo il problema del dolore” ha detto Augustus, di nuovo guardandomi. “Esige di essere sentito.”

Il dolore non ti cambia. Ti rivela.

Contro che cosa sono in guerra? Col mio cancro. E che cos’è il mio cancro? Il mio cancro sono io. I miei tumori sono fatti di me. Sono fatti di me tanto quanto il mio cervello e il mio cuore. E’ una guerra civile.

Tra gli opuscoli che parlano di tumori o nei siti dedicati, tra gli effetti collaterali del cancro c’è sempre la depressione. In realtà la depressione non è un effetto collaterale del cancro. La depressione è un effetto collaterale del morire.

C’è solo una cosa al mondo più merdosa di dover combattere contro il cancro quando hai sedici anni, ed è avere un figlio che combatte contro il cancro.

A volte le persone non capiscono le promesse che fanno nel momento in cui le fanno.

Sono piuttosto fiera di non sapere che cosa va di moda.

La cosa strana delle case è che di solito sembra che dentro non stia succedendo niente, anche se contengono la maggior parte delle nostre vite. Ho finito col chiedermi se in fondo non sia proprio questo il senso dell’architettura.

Sono una granata e a un certo punto esploderò e vorrei minimizzare le vittime.

Volevo solo tornare indietro con lui in quel segreto terzo spazio post-terrestre che visitavamo quando parlavamo al telefono.

Sarebbe fantastico volare su un aereo supersonico in grado di inseguire il sorgere del sole intorno al mondo per un po’.

E’ così che si muore, nel mezzo della vita, nel mezzo di una frase.

Nel tardo inverno dei miei sedici anni mia madre ha deciso che ero depressa, presumibilmente perché non uscivo molto di casa, passavo un sacco di tempo a letto, rileggevo infinite volte lo stesso libro, mangiavo molto poco e dedicavo parecchio del mio abbondante tempo libero a pensare alla morte.

Ogni salvezza è temporanea. Ho fatto guadagnare a quei bambini un minuto. Forse è il minuto che consentirà loro di vivere un’altra ora, e l’ora regalerà un anno ancora. Nessuno può donarti l’eternità,

Ho pensato a papà quando mi aveva detto che l’universo vuole essere notato. Ma quello che vogliamo noi è che l’universo si accorga di noi, è vedere che all’universo gliene frega qualcosa di quello che ci succede, non a noi intesi come forma di vita in generale, ma a ciascuno di noi, come individui.

Viviamo in un universo consacrato alla creazione e allo sradicamento della coscienza. Augustus Waters non è morto dopo una lunga battaglia contro il cancro. E’ morto dopo una lunga battaglia contro la coscienza umana, vittima – come lo sarai tu – del bisogno dell’universo di fare e disfare tutto quello che è possibile.

A volte leggi un libro e ti riempie di uno strano zelo evangelico che ti convince che il mondo frantumato che ti circonda non potrà mai ricomporsi a meno che, o fino a quando, tutti gli esseri umani non avranno letto quel libro. E poi ci sono libri di cui non puoi parlare con l’altra gente, libri così speciali e rari e tuoi che sbandierare il tuo amore per loro sembrerebbe un tradimento.

credo che gli esseri umani abbiano un’anima, e credo che l’anima non andrà perduta. La paura dell’oblio è un’altra cosa, è paura di non riuscire a dare niente in cambio della vita.

Verrà un tempo in cui tutti noi saremo morti. Tutti. Verrà un tempo in cui non ci saranno esseri umani rimasti a ricordare che qualcuno sia mai esistito o che la nostra specie abbia mai fatto qualcosa. Non ci sarà rimasto nessuno a ricordare Aristotele o Cleopatra, figuriamoci te. Tutto quello che abbiamo fatto, costruito, scritto, pensato o scoperto sarà dimenticato, e tutto questo non sarà servito a niente.

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Cercando Alaska

Se solo potessimo vedere l’infinita catena di conseguenze derivanti da ogni nostro minimo gesto.

L’unica via d’uscita dal labirinto della sofferenza è perdonare.

Passi la vita inchiodato nel labirinto, pensando al modo in cui un giorno ne uscirai, e a come sarà fantastico, e immagini che il futuro ti trascinerà pian piano fuori di lì, ma non succede.

Ma mi mancava il coraggio, lei aveva un ragazzo, io ero una frana e lei una fata, e io ero inguaribilmente noioso e lei infinitamente affascinante. Così me ne tornai nella mia stanza e crollai sul letto, pensando che se gli esseri umani fossero precipitazioni atmosferiche, io sarei stato pioggerella, lei un ciclone.

Ama l’imperfetto tuo prossimo
Con l’imperfetto tuo cuore.

Quando gli adulti, con lo stupido sorriso di chi crede di saperla lunga, dicono: “I giovani si credono invincibili” non sanno quanto hanno ragione. La disperazione non fa per noi, perché niente può ferirci irreparabilmente. Ci crediamo invincibili perché lo siamo. Non possiamo nascere, e non possiamo morire. Come l’energia, possiamo solo cambiare forma, dimensioni, manifestazioni. Gli adulti, invecchiando, lo dimenticano. Hanno una gran paura di perdere, di fallire

Non c’era ragione di essere arrabbiato. La rabbia è solo un diversivo dalla morsa della disperazione. Non te la cavi incazzandoti.

Certe cose non puoi prolungarle all’infinito. Viene il momento in cui devi strappar via il cerotto. Fa male, ma poi passa e ti senti meglio.

Era impaurita, certo. Ma forse la sua vera paura era di farsi paralizzare dalla paura un’altra volta.

Ecco perché ho paura: ho perduto qualcosa di importante, non riesco più a trovarlo, e ne ho bisogno. Paura come uno che perde gli occhiali, va dall’ottico e scopre che in tutto il mondo non ci sono più occhiali, e lui dovrà far senza, e basta.

Immaginare il futuro sa di rimpianto.

Viene da una parola aleutina, Alyeska. Vuole dire ”ciò contro cui si infrange il mare”, e mi piace da morire.

Alaska cominciò: Ciccio, dire, fare o baciare?
Fare.
Fammi l’amore
E così feci.
Fu un lampo. Io ridevo, ero nervoso, lei venne verso di me, spostò di lato la testa, e ci stavamo baciando. Zero strati fra noi. La lingua dell’uno che danzava avanti e indietro nella bocca dell’altra, finché non ci furono più una bocca e una bocca, ma solo viluppo di bocche.

A questo punto… ma qualsiasi punto va bene per dire che Alaska era bellissima. Così vicina a me, nel buio, odorava di sudore e di sole e di vaniglia.

Ora, io credo che noi siamo qualcosa di più della somma delle nostre parti. Se prendiamo il codice genetico di Alaska, e ci aggiungiamo le sue esperienze, i rapporti che ha avuto con gli altri, la forma e le dimensioni del suo corpo, non otteniamo Alaska. C’è dell’altro, qualcosa di completamente altro. C’è una parte di lei più grande della somma delle parti che di lei conosciamo. E quella parte dev’essere in qualche posto, perché non si può distruggere.

Mi aveva insegnato tutto ciò che sapevo sui granchi, sui baci, sul vino rosé e sulla poesia. Mi avevo cambiato. Mi accesi una sigaretta e sputai nel torrente. “Non puoi cambiarmi e poi andartene via” le dissi, a voce alta. “Perché io prima stavo bene Alaska. Stavo bene così, solo con me stesso, con le ultime parole famose, con i miei compagni di scuola. E tu non puoi cambiare tutto e poi morire.

Arriva il momento in cui ci rendiamo conto che i nostri genitori non possono salvare sé stessi né noi, che tutti quelli che si avventurano nel mare dell’esistenza finiscono per essere trascinati al largo dalla risacca – che, per farla breve, ce ne andremo tutti.

L’uomo vuole avere delle certezze. Non riesce a sopportare l’idea che la morte sia un nero e immenso nulla, il pensiero che i suoi cari non esistano più, e tanto meno può immaginare se stesso come non esistente. Conclusi affermando che l’uomo crede nell’aldilà perché non ha la forza di non crederci.

Come quando tuo papà ti bacia sulla guancia e tutto il mondo è più luminoso e pulito che mai, come se l’Alabama centrale fosse stato messo in lavatrice per due settimane e smacchiato con un detersivo ultrapotente che ravviva i colori, e adesso l’erba è più verde e i bufritos più croccanti.

E poi, cos’è morire sul colpo? Quanto dura il colpo? Un secondo? Dieci? In quei secondi il dolore dev’essere stato atroce, con il cuore che le si spaccava, i polmoni che le si schiacciano, niente più ossigeno né sangue al cervello, e nient’altro che panico allo stato puro. Che cavolo vuol dire “morte istantanea”? Niente è istantaneo. Il riso istantaneo è pronto in cinque minuti, il budino istantaneo in un’ora. Ho i miei dubbi che un istante di dolore accecante sembri particolarmente istantaneo.

Voglio andare a buttare quest’acque sulle fiamme dell’inferno, e poi, con questa torcia, brucerò le porte del paradiso, così gli uomini non ameranno più Dio per amore del paradiso per paura dell’inferno, ma perché Lui è Dio.

Odiavo le lezioni in cui si discuteva. Odiavo prendere la parola, odiavo stare a sentire gente che si incastrava e si sforzava di esprimere concetti nella forma più fumosa possibile per farli sembrare meno stupidi , e odiavo tutta quella gara per indovinare ciò che l’insegnante voleva sentirsi dire.

Le ultime parole di Thomas Edison furono: “com’e bello laggiù”. Non so dove sia quel laggiù, ma io credo che da qualche parte esista e spero che sia bello.

Forse morirò giovane ma almeno morirà intelligente.

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Città di carta

Ho sempre trovato ridicolo che le persone desiderino stare insieme a qualcuno perché è carino. È come scegliere i cereali della colazione in base al colore anziché al sapore.

Per quanto ne so, ci sono due regole di base per i baci:
1. Non mordere nulla senza permesso.
2 La lingua umana è come il wasabi: è molto potente, e dovrebbe essere usata con parsimonia.

Smisi di salutare. La mia testa e la sua erano alla stessa altezza e si guardavano attraverso il vetro. Non mi ricordo come finì: se me ne tornai a letto o se fu lei ad andarsene. Nella mia testa non è mai finita. Siamo ancora lì che ci guardiamo, per sempre.

Andar via è terribile,finché non te ne sei andato. Dopo,è la cosa più maledettamente facile del mondo. Essere lontani è troppo bello quando te ne sei andato.

Tutti rimbambiti dalla frenesia di possedere cose. Cose sottili e fragili come carta. E tutti altrettanto sottili e fragili. Ho vissuto qui per diciotto anni e non ho mai incontrato qualcuno che si preoccupasse delle cose che contano davvero.

Il sempre è composto di tanti adesso.

Ci sono così tante persone. E’ difficile dimenticare quanto è pieno il mondo stracolmo di persone fino a scoppiare e su ognuna si può fantasticare e sbagliare di brutto.

Un miracolo capita a tutti. Io la vedo così.

Ognuno all’inizio è una nave inaffondabile. Poi ci succedono alcune cose: persone che ci lasciano, che non ci amano, che non ci capiscono o che noi non capiamo, e ci perdiamo, sbagliamo, ci facciamo del male, gli uni agli altri. E lo scafo comincia a creparsi. E quando si rompe non c’è niente da fare, la fine è inevitabile.

C’è un sacco di tempo tra quando le crepe cominciano a formarsi e quando andiamo a pezzi. Ed è solo in quei momenti che possiamo vederci, perché vediamo fuori di noi dalle nostre fessure e dentro gli altri attraverso le loro. Quand’è che noi due ci siamo trovati faccia a faccia? Non prima di aver guardato dentro le nostre reciproche crepe. Prima di allora, stavamo solo guardando le idee che avevamo dell’altro, come se stessimo osservando una tenda alla finestra, e mai la stanza dietro.

Che cosa ingannevole, credere di una persona che sia più di una persona.

La vera fuga ha senso solo quando te ne vai da qualcosa di importante, qualcosa a cui tieni. Quando strappi la tua vita dalle radici. Cosa che non puoi fare quando la tua vita non ha radici.

Dirci queste cose ci aiuta a non sprofondare. E forse, immaginando i nostri futuri, riusciremo a farli diventare reali, o forse no, ma dobbiamo immaginarlo comunque. La luce esce ed entra.

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Tartarughe all’infinito

Io è la parola più difficile da definire.

Io non sapevo rendermi felice, però sapevo rendere infelici le persone attorno a me.

Nessuno dice mai addio a meno che non voglia rivederti.

E il fatto è che quando perdi qualcuno capisci che prima o poi perderai tutti.

Quello che amo della scienza è che via via che impari non trovi veramente le risposte. Trovi solo delle domande migliori.

Sei reale come chiunque altro e i tuoi dubbi ti rendono più reale, non meno.

Non avrei mai ucciso il drago, perché il drago era anche me. Il mio io e la malattia erano legati insieme per la vita.

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Teorema Catherine

E c’era un freddo, un silenzio, e ti amavo tanto. Adesso c’è caldo, e c’è un silenzio mortale, e ti amo ancora.

Come si fa a smettere, così, di essere terrorizzati all’idea di venir messi da parte e rimanere soli per sempre e non contare nulla per nessuno?

Il mondo va alla rovescia. E’ meraviglioso. E’ come se fossimo dentro una palla di neve, e Dio avesse deciso di vedere una tormenta e ci stesse dando una rimescolata del cacchio.

Che senso ha essere vivi se non provi a fare qualcosa di straordinario?

E la morale della storia è che uno non ricorda cos’è successo. Quello che ricorda diventa quello che è successo. E la seconda morale della storia, se una storia può avere più di una morale, è che i Mollatori, di per se stessi, non sono peggiori dei Mollati: una rottura non si subisce mai. La si costruisce in due.

Ma aveva sempre i libri. I libri erano i Mollati supremi: li abbandoni e loro ti aspettano in eterno; se ti affezioni, loro ti ricambiano per sempre.

E’ che a questo mondo ci sono persone a cui non puoi far altro che voler bene, voler bene e voler bene, sempre e comunque.

Aveva sempre preferito i bagni alle docce; una delle sue regole generali di vita era: “Non fare mai in piedi ciò che puoi fare da sdraiato.

In ogni luogo l’uomo incolpa dei propri mali la natura e il fato, eppure il fato quasi sempre non è altro che il riflesso del suo carattere, delle sue passioni, dei suoi errori e delle sue debolezze.

Ricordo le storie. Unisco i punti e viene fuori una storia. E i punti che non stanno bene nella storia magari scivolano via. Come quando trovi una costellazione. Guardi il cielo e non vedi tutte le stelle. Le stelle sembrano tutte lo stesso immenso cacchio di caos che sono. Ma tu vuoi vedere delle forme; vuoi vedere delle storie, così le isoli nel cielo.