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Le frasi più celebri e belle di Maurizio Sarri

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Maurizio Sarri (Napoli, 10 gennaio 1959) è un allenatore di calcio italiano. Soprannominato “il Comandante”, la sua carriera è iniziata nel 1990 tra i dilettanti della Seconda Categoria e proseguita nel successivo trentennio fino ai massimi livelli internazionali, allenando alcune delle squadre più forti del panorama calcistico (Napoli, Chelsea, Juventus, Lazio).

Presento una raccolta delle frasi più celebri e belle di Maurizio Sarri. Tra i temi correlati Le frasi più celebri e belle di José Mourinho e Le frasi più celebri di Diego Armando Maradona.

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Le frasi più celebri e belle di Maurizio Sarri

Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis. Ho giocato, alleno da una vita, non sono qui per caso. Mi chiamano ancora l’ex impiegato. Come fosse una colpa aver fatto altro.

Nelle categorie inferiori conosco tanti che potrebbero stare al posto mio, se godessero di attenzione mediatica.

L’esperienza in banca è un valore aggiunto: ho appreso il valore dell’organizzazione e della capacità decisionale.

Faticoso è alzarsi alle 6 per andare in fabbrica. Qui serve solo armonia di movimenti e di tempi.

Se non volevo essere sotto esame facevo domanda alle Poste.

È roba faticosa, la panchina. Quando torno a casa in Toscana mi sento un estraneo. Negli ultimi anni ci avrò dormito trenta notti.

Fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei. Che vuol dire essere fedele? E se un giorno la società ti manda via? Che fai: resti fedele a una moglie da cui hai divorziato?

L’ultima bandiera è stata Totti, in futuro ne avremo zero.

[in una intervista a Vanity Fair Maurizio Sarri commenta il sarrismo, che la Treccani ha accolto tra i neologismi come concezione del calcio ma anche come atteggiamento di sfida all’establishment] Il sarrismo è un modo di giocare a calcio e basta. Nasce dagli schiaffi presi. L’evoluzione è figlia delle sconfitte. Non solo nel calcio. Io dopo una vittoria non so gioire. Chi vince, resta fermo nelle sue convinzioni. Una sconfitta mi segna dentro più a lungo, mi rende critico, mi sposta un passo avanti.

Nel calcio ci si schiera poco politicamente. Per non trovarsi qualcuno contro. La mia estrazione è nota. Papà era gruista all’Italsider di Bagnoli. Mio nonno era partigiano, salvò due aviatori americani abbattuti dai nazisti, li tenne in casa per due mesi. È normale che avessi certe idee, oggi la politica non mi interessa più. Vedo storie di una tristezza estrema.

Il mio look? Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare. A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente.

[Commentando le sue superstizioni] Ne ho meno di quelle che mi attribuiscono. Ho smesso di vestire solo di nero. Mi è rimasta l’abitudine di non mettere piede in campo, dentro le linee dico, finché la partita non è finita. Prima o poi abbandonerò pure questa: già in certi stadi le panchine son dalla parte opposta degli spogliatoi e il prato devo calpestarlo per forza. Quando cominci a vincere, le scaramanzie finiscono.

Io nel calcio conosco solo un modo per togliere lo scetticismo dalla testa della gente, vincere e convincere.

[Nel 2014, quando allenava l’Empoli] Un allenatore che indovina la piazza ideale ha un gran fiuto o un gran culo.

[Nel 2015] Questa frenesia, per la quale un allenatore è un cretino se perde due partite o un genio se ne vince due e un attaccante una schiappa se sbaglia un rigore e un genio se fa un gol qualsiasi, rende molto difficile far vivere progetti e quindi far evolvere il calcio.

[Nel 2017] L’allenatore è come il pesce, dopo un po’ puzza.

Non so dire se siamo padroni del nostro destino. Fosse per me vado al Palazzo a prendere il potere, ma non è facile lottare contro chi di solito travolge tutti. Vedremo di fare il meglio possibile.

[22 aprile 2018] Il Napoli sarà sempre la mia squadra del cuore. Quando smetterò, a chi mi chiederà chi hai allenato risponderò subito il Napoli, indipendentemente dalle squadre che potrò allenare nel futuro”

[25 settembre 2015] La maggior parte dei sostenitori della Juventus sono brave persone, hanno solo il difetto di tifare Juve.

[8 novembre 2015] Come può avere un rigore il Napoli? Bisogna fare le maglie a righe.

[marzo 2018] Non so dire se siamo padroni del nostro destino. Fosse per me vado al Palazzo a prendere il potere, ma non è facile lottare contro chi di solito travolge tutti. Vedremo di fare il meglio possibile.

[29 aprile 2018, il giorno dello scudetto perso in albergo, dopo la partita Inter-Juve] La gente non ha più fiducia nel calcio italiano? Bisogna pensare solo al campo senza secondi pensieri, io non voglio pensare a nient’altro. Nella vita tutto finisce, quindi prima o poi finirà anche quello che vediamo in Italia. Il rischio è perdere tanti appassionati che hanno la sfortuna di tifare squadre che sanno di non vincere mai. Impoverendo il sistema, si impoveriscono anche i più ricchi”

[7 settembre 2018, in un’intervista a Il Mattino Maurizio Sarri parla dello scudetto perso dal Napoli, dopo la partita Inter-Juve] Lo scudetto? Mi capita di ripensarci. Sarebbe stato il coronamento di una storia straordinaria, di un sogno mio, della squadra e di tutta la città. Qualcuno ha fatto ironia, ma chi ha fatto sport sa che abbiamo perso lo scudetto in albergo a Firenze.

Ci sono due cose che mi hanno colpito: l’amore, che troviamo in qualsiasi parte d’Italia, e l’odio che riesci a trovare in qualsiasi posto d’Italia. Lo capisci solo se alleni la Juve

[Rivolto ai dirigenti della Juventus al momento del suo esonero] Voi mi mandate via, ma questa squadra è inallenabile.

Avversità contro la Juve nel mio periodo al Napoli? Era avversità sportiva. Quello che ho detto e fatto, magari con mezzi e modi sbagliati, è qualcosa di intellettualmente apprezzabile. Se l’avversario è pronto a tutto per sconfiggermi lo posso odiare ma poi lo posso anche apprezzare.

Prima ero più rigido. Ero più portato a pensare che la tattica fosse un valore assoluto. Ora so che il bambino che c’è in ogni giocatore non va mai spento. Non va mai represso l’aspetto ludico, quello per il quale il calcio si chiama, appunto, gioco del calcio. Quando un giocatore si diverte rende il doppio, ed è uno spettacolo meraviglioso.

[Nel 2016, quando allenava il Napoli] Ho sempre detto in questi mesi che lo Scudetto è una bestemmia, ma io sono toscano e in Toscana si bestemmia abbastanza. Una bestemmia quindi ogni tanto ci può stare, anche perché può capitare di tutto nella vita.

Se c’è una categoria di persone che mi fa paura sono i tuttologi, quelli che parlano in mezz’ora di sei argomenti diversi, io faccio l’allenatore e posso parlare di cose di calcio.

[Dopo la vittoria dello scudetto 2019-2020 con la Juve] Cosa ho detto ai ragazzi nello spogliatoio? Che se avevano vinto con me, allora sono proprio forti

Gli anni ’70 verranno ricordati per l‘Olanda anche se non ha vinto.

[Sul derby Lazio-Roma] Io la partita in cui ho sentito più pressione è stata un Sangiovannese-Montevarchi in Serie C, una rivalità centenaria anche con qualche morto nel dopoguerra,

In questo momento non ho pensieri sul futuro, dopo questa esperienza posso pensare anche di smettere, non so quante energie mi restano e se penserò di fare ancora bene.

Purtroppo per gli altri Giuntoli rimetterà a posto la Juventus.

Ma è chiaro che il calcio attuale ti porta uno stress superiore a quello di prima, lavori in maniera diversa; in più io personalmente mi diverto un po’ meno di prima. Quando non lavori più sul campo ti finisce la motivazione per cui fai questo lavoro, se io devo fare il regista televisivo e lavorare allo stesso filmato per ore il lavoro diventa diverso.