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Tito Lucrezio Caro, più comunemente Lucrezio (in latino: Titus Lucretius Carus; Pompei 94 a.C. – Roma, 15 ottobre 50 a.C. o 55 a.C.) è stato un poeta e filosofo romano, seguace dell’epicureismo e autore del poema didascalico in esametri, di genere scientifico-filosofico, De rerum natura.
Presento una raccolta delle frasi e dei versi più celebri di Lucrezio. Tra i temi correlati si veda Le frasi e i versi più celebri di Virgilio con traduzione, Le frasi e i versi più celebri di Orazio con traduzione e Le frasi e i versi più celebri di Ovidio con traduzione.
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Le frasi e i versi più celebri di Lucrezio con traduzione
Nessuna cosa mai si genera dal nulla per volere divino.
Nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam.
La paura domina tutti i mortali:
perché vedono prodursi in terra e in cielo molti fenomeni
di cui in nessun modo possono scorgere le cause,
e credono che si producano per volere divino.
Formido mortalis continet omnis,
quod multa in terris fieri caeloque tuentur,
quorum operum causas nulla ratione videre
possunt ac fieri divino numine rentur.
A volte, come i bambini che hanno
timore del buio, così noi temiamo, alla luce del giorno,
per cose altrettanto inconsistenti di quelle
di cui al buio ha paura il bambino.
Nam veluti pueri trepidant atque omnia caecis
in tenebris metuunt, sic nos in luce timemus
inter dum, nihilo quae sunt metuenda magis quam
quae pueri in tenebris pavitant.
Questo terrore dell’animo, dunque, e queste tenebre occorre
che siano dissipate non dai raggi del sole o dai lucenti
dardi del giorno, ma dalla visione e dalla scienza della natura.
Hunc igitur terrorem animi tenebrasque necessest
non radii solis neque lucida tela diei
discutiant, sed naturae species ratioque.
Tanto più è necessario che l’uomo si giudichi nei rischi dubbiosi,
e che la sua qualità si conosca nell’avversa fortuna;
allora gli accenti più veri, infine, dal profondo del cuore,
erompono, la maschera cade, il vero si affaccia..
Quo magis in dubiis hominem spectare periclis
convenit adversisque in rebus noscere qui sit;
nam verae ves demum pectore ab imo
eliciuntur et eripitur persona, manet res.
Oh misere menti degli uomini, oh animi ciechi!
In quale tenebrosa esistenza e fra quanto grandi pericoli
si trascorre questa breve vita!
O miseras hominum mentes, o pectora caeca!
Qualibus in tenebris vitae, quantisque periclis
degitur hoc aevi quodcumquest!
L’avidità e la cieca brama di onori,
che spingono i miseri uomini a varcare i confini della legge
e talvolta, compagni e ministri di colpa, a cercare
di giorno e di notte con tutte le forze di emergere
a somma potenza: sono queste le piaghe
della vita, in gran parte nutrite dal terrore della morte.
Denique avarities et honorum caeca cupido
quae miseros homines cogunt transcendere finis
iuris et interdum socios scelerum atque ministros
noctes atque dies niti praestante labore
ad summas emergere opes, haec vulnera vitae
non minimam partem mortis formidine aluntur
Cessa, dunque, di rigettare dall’animo questa dottrina,
impaurito dalla novità in se stessa,
ma piuttosto pondera tutto con acuto giudizio;
e, se ti sembra vera, arrenditi; se è falsa, accingiti a contrastarla.
Desine qua propter novitate exterritus ipsa
expuere ex animo rationem, sed magis acri
iudicio perpende, et si tibi vera videntur,
dede manus, aut, si falsum est, accingere contra.
La stilla frequente con l’assiduo cadere, incava la pietra.
Stilicidi casus lapidem cavat.
In effetti il tempo cambia totalmente il mondo;
in tutte le cose a uno stato deve succedere un altro stato,
e nulla rimane simile a se stesso: tutto si trasforma,
la natura modifica tutto e costringe tutto a cambiare.
Mutat enim mundi naturam totius aetas,
Ex alioque alius status excipere omnia debet,
Nec manet ulla sui similis res: omnia migrant,
Omnia commutat natura et vertere cogit.
Ma, finché ciò che bramiamo è lontano, sembra che esso superi
ogni altra cosa; poi, quando abbiamo ottenuto quello, altro
bramiamo e un’uguale sete di vita sempre in noi avidi riarde.
Sed dum abest quod avemus, id exsuperare videtur
cetera; post aliud, cum contigit illud, avemus
et sitis aequa tenet vitai semper hiantis.
A tante sciagure ha potuto indurre la religione.
Tantum religio potuit suadere malorum.
Proprio la religione
troppo spesso suole produrre azioni empie e scellerate.
Saepius illa
religio peperit scelerosa atque impia facta.
Avanziamo dove il piacere ognuno di noi guida.
Progredimur quo ducit quemque voluptas.
Gli occhi non possono vedere il principio di tutte le cose.
Nequeunt oculis rerum primordia cerni.
Sono grandi ricchezze all’uomo il vivere parcamente
e con animo sereno, perché egli non avrà mai penuria del poco.
Divitiae grandes homini sunt vivere parce
Aequo animo; neque enim est unquam penuria parvi.
L’ingiustizia e l’offesa son simili a rete, che avvolge
l’uomo: su chi le commette il danno sovente ritorna.
Circumretit enim vis atque iniuria quemque
atque unde exortast, ad eum plerumque revertit.
Gli uomini sono desiderosi di calpestare ciò che hanno temuto un tempo.
Nam cupide conculcatur nimis ante metutum.
In realtà quei supplizi che dicono ci siano nel profondo inferno,
li abbiamo qui tutti nella vita.
Atque ea ni mirum quae cumque Acherunte profundo
prodita sunt esse, in vita sunt omnia nobis
Spesso lascia il suo grande palazzo
chi si annoia a restare a casa; ma subito vi torna
perché non si trova affatto meglio fuori.
Exit saepe foras magnis ex aedibus ille,
esse domi quem pertaesumst, subitoque ‹revertit›,
quippe foris nihilo melius qui sentiat esse.
Tanto a questo riguardo sono vari e difformi i gusti,
che ciò che cibo è agli uni, sarebbe per gli altri veleno
Tantaque in rebus distantia differitasque est,
ut quod aliis cibus est aliis fuat acre venenum.
Si allestiscono ricevimenti con decorazioni e portate mirabili,
feste, boccali continui, profumi corone ghirlande:
inutilmente perché in mezzo al fonte di quei piaceri
sgorga un che di amaro, che soffoca anche tra i fiori
Eximia veste et victu convivia, ludi,
pocula crebra, unguenta coronae serta parantur,
nequiquam, quoniam medio de fonte leporum
surgit amari aliquid quod in ipsis floribus angat.
Se ciò vedessero chiaro con la mente e vi s’attenessero con le parole,
si scioglierebbero da grande angoscia e timore dell’animo.
Quod bene si videant animo dictisque sequantur,
dissoluant animi magno se angore metuque.
Breve è questo godere per i poveri uomini;
presto sarà passato, né dopo sarà mai possibile farlo tornare.
Brevis hic est fructus homullis;
iam fuerit neque post umquam revocare licebit.
In realtà nessuno sente la mancanza di sé stesso e della vita
quando la mente e il corpo riposano insieme assopiti
Per quanto riguarda noi, infatti, quel sonno può durare in perpetuo,
né alcun rimpianto di noi stessi ci affligge.
Nec sibi enim quisquam tum se vitamque requiret,
cum pariter mens et corpus sopita quiescunt;
nam licet aeternum per nos sic esse soporem,
nec desiderium nostri nos adficit ullum
Così le cose non cesseranno mai di nascere le une dalle altre,
e la vita a nessuno è data in proprietà, a tutti in usufrutto.
Sic alid ex alio numquam desistet oriri
vitaque mancipio nulli datur, omnibus usu.
Un popolo cresce, l’altro
declina, in breve tra loro s’alternan le stirpi mortali,
e come dei corridori si passano la fiaccola della vita.
Augescunt aliae gentes, aliae minuuntur,
inque brevi spatio mutantur saecla animantum
et quasi cursores vitai lampada tradunt.
Perché non ti ritiri dalla vita come un commensale ormai sazio,
né serenamente ti prendi, o sciocco, un tranquillo riposo?
Cur non ut plenus vitae conviva recedis,
aequo animoque capis securam, stulte, quietem?
Anche se rimane celato agli dei e a tutti gli uomini,
non deve credere che occulto rimanga per sempre il suo fallo.
Etsi fallit enim divom genus humanumque,
perpetuo tamen id fore clam diffidere debet.
Infatti gli stupidi ammirano e amano tutte le cose
che distinguono appena, nascoste da parole astruse,
e accettano per vere quelle cose che accarezzano dolcemente
l’orecchio e che sono mascherate da un gradevole suono.
Omnia enim stolidi magis admirantur amantque,
inversis quae sub verbis latitantia cernunt,
veraque constituunt quae belle tangere possunt
auris et lepido quae sunt fucata sonore.
Dunque ogni cosa visibile non perisce del tutto,
poiché una cosa dall’altra la natura ricrea,
e non lascia che alcuna ne nasca se non dalla morte di un’altra.
Haud igitur penitus pereunt quaecumque videntur,
quando alit ex alio reficit natura nec ullam
rem gigni patitur nisi morte adiuta aliena.
È dolce, quando i venti sconvolgono le distese del vasto mare
guardare da terra il grande travaglio di altri;
non perché l’altrui tormento procuri giocondo diletto,
bensì perché t’allieta vedere da quali affanni sei immune.
Suave, mari magno turbantibus aequora ventis
e terra magnum alterius spectare laborem;
non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,
sed quibus ipse malis careas quia cernere suavest
Tanto più che tutta la vita si affanna nelle tenebre.
Omnis cum in tenebris praesertim vita laboret.